Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

CONCLUSIONE. 115 della gi ustizi a. Essi gettandosi ad una resistenza ridi - co la e for senn ata, dieder tempo allo appressare armi non sospette; offend endo le marziali suscettibilità della Francia, ne avrian dovuto demeritare le simpatie; facendola da nemici , dovriano esse re nella impossi bil ità <li capitolarr; e rendendo indi spensabile il loro stermini o fecero più agevole la piena redintcgrazione del <.li· ritto. Intese ro la 1;osa pe l verso suo quei liberali, che per la glorificazione deli' Italia mr tterebbe ro il Papa al se rvizi o dello Czar, e la Chiesa alla dipendenza del Sultano; e gridarono alla stupida forsennatezza di quel- . la resistenza. Ma si ha un bel gridare co lle furie e coi deliri! Avezzana, Mazzini, Galletti da qualunque accomodamento non poteano prome ttet·s i un portafoglio; e però si precipitarono a quel dis}Jerato furore che è il supremo eroismo dei loro pari ; di fare cioè costare qualche cosa alla Società lo smorbars i di queste pesti •. Così a compiere i disegni della Provvidenza parea che si accordassero la generosità di s intere~sata di un Principe cattolico, le pretensioni di prepondera nza di una repubblica atea pel suo Statuto, e la fot·sennatezza infernale della demagogia. Che se ad onta di questi lieti cominciamenti i demagoghi rinsaviti cerchino nella Francia un puntello; se questa rinn egando le sue tradizioni e i suoi doveri verso l'universale della nazione, si decide a porgerlo, gettando nna sci ntilla di guerra europea, se, replico , questo succedesse, c le ultime novelle t ce ne ispirano troppo timore, noi non ci scuoreremmo per questo, l Pa•·igi 15 Maggio.

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