Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

108 SACRILEGIO In 1m tempo in cui la maestà reale è vilipesa fino a non sentirsi più menzionata senza scherno) l'adulazione verso un Principe, alla rillà che sempre l' accompagna, aggiungerebbe l'intempestivo ed il ridicolo. A lodare oggi un monarca ci vuole pe1· avventura maggiore generosità che altra volla non ci volca per ccusnrarlo all'aperto: sopratutlo se non lraltisi di qnella lode insidiosa usata ultimamente con successo, per cogliere al laccio gl'improvvidi e per inebrial'li, fino a commettersi ciecamente alla balìa dei proprii nemici. li Bo1·bone di Napoli ha rilevalo e sostenuto, diremmo quasi esso solo il decoro del nome regio in Llll tempo che le vili condescendenze, le codarde paure, la complicità nell'anarchia e le concessioni in·eligiose dcprimevanlo quasi per lntlo. Di che non si polria avere migliore argomento, che le disperazioni furiose della demagogia, la quale senlitisi colà rotti i nervi, se n' è vendicata al suo solito colle più malte calunnie e colle invettive le più sfoggiate. Ma forse che sono Questi gli clementi, sn cui debbono formare un cqno giuùizio gli uomini modepli e la storia? Ferdinando fu generoso a concedere pria di Lulli uno Statuto liberale al suo popolo, quando pure avrebbe avuto più di tutti il mezzo agevole pe1' dinegarlo o differìdo; fu leale nel mantenerlo, quando nell'universale disgusto che gli eccessi demagogici ne aveano ispirato, avt'(:bbe po tuto trovare titolo bastero le a ritirarlo; fu dispostissimo a giovarsene pel ben comune, e lo avrebbe fatto, se l' uuive1·sale degli elettori con

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