Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

VERSO GL'INTERESSI DELLA CHIESi\. 107 una civiltà corrompilrice , ha nella semplicità delle sue · credenze quanto basta ad essere meno mi sero per se e meno tremendo ad altrui. Queste :condizioni fecero da qualche scrittore collocare il Regno alla coda delle provincie italiane) lo fecero qualificare poco meno che per barbaro, qnanJo non conosccasi ancora il gergo del parlare furbesco, ~econdo il quale ch·illà significa giansenismo in religione, volterianismo in filosofia e democrazia da Robcspierre in politica. A questo raggauglio Napoli non avrebbe ambizione di passare pel' ci vi lissima ; si sta contenta di stare alla coda, e cP.rto non saprebbe invidiare lo Stato, al quale gli adulatori da trivio han fatto espiare con ranli danni l'ambiziosa pretensione di essere localo alla cima. Nondimeno ci è forza confessarlo: se nel Regno si tt·ovarono meno disposizioni · al male, non si trovò maggiot·e alacrità per combatterlo, e dalla parte dei privati la inerzia civile fu ivi quasi la stessa che pet· tutto altrove; talmente che se la piccola mano di faziosi vi fosse prevaluta, noi per poco vi avrem deplorale le stesse calamità che hanno desolato Io Stato Pontificio, la Toscana ed in parte ancora il Piemonte. Il non esservi prevaluto i faziosi, l'aver risparmiato profonde vergogne e supreme sventure si dee quasi nnicamente alla rettitudine ed alla fermezza di :Ferdinando Il, ed al val or di un esercito, che egli si avea con infinite sollecitudini composto, disciplinato, ispirato di sensi morali e di onore, diremmo quasi creato, atteso le poche cure che vi avean posto i suoi precessori.

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