Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

VER.SO GL' INl'EHESSI DELLA ClllESA. 105 . splendo t· del trit·egno. Ma ciò che dimos tra? dimost ra che sul Vaticano l'autorità temporale fu ripu~ata come un fa1·del!o non lieve; che comunemente chi potè disfarsene si ten ne beato, e che là non si credette giammai che l'esse re eli Sovrano potesse dispensare dalla pratica delle virtù cristiane. E nondimeno quel fardello non liere, quelle brighe tempora li, elle molti non avrebboo voluto, diciamo ancora quell'accidentale impedimento che può venirne alle virtù evangeliche, tutto fn abbracciato, fu sos teuuto per assicurare alla Chiesa quei vantaggi che noi abbiamo fin qui ragionati. Qui non si tralla di sapere se S. Gregorio \'Il o S. Pio V, pe1· esempio, avesser potuto esser più san ti in condizione ùi privati; sì verameute si tralla di sapere se in cont.lizion di privati avreLbe r po tuto con più sciollezza , con più efficacia, con meno impedimenti govcruar la Chiesa; ed a questa iuchiesla, che acclu de il vero cardiue della quistione, la risposta non può essere dubbiosa. Sia pertaoto che il poter politiw dei Pontefici rechi qualche rischio, esiga alcun sagrifizio, po rti qua lche incomodo; ma i vant agg i che se ne hanno in contracambio sono di t[IJ porta tJ ~ e per qualcuno di una convenienza cotanto stretta, che sar ia stollizia impe rdonabi le abùicarli al solo titolo ùi declinare queg l' in comod i. L'umana prudenza ben rare volle è chiamata ad arbitrare nella coucorrenza di diversi . . Leni reali: quas i semjlrc il suo còmpiio è ri st retto nella scella da i mali mino ri, i quali in comparazion dei maggiori si appellarono col nome del loro contrario. Ora a noi sembra di ave re abbastanza dimos trato che

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