Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

62 TIRANNIDE l te e poco meno che barbar·i ; ed eccone il come. eu , •. Te r~a osserva-;. ione. Una delle più gr~avJ ~~coeren~ ze del nostro secolo , la quale si fa radrce d1 erro n gravissimi, è questa ) se io veggo nulla. Si p~rl~ _e .si straparla con una in temperanza portentosa d1 ctvJIIa: se ne assegnano a varii popoli varii gradi , ed a cui tocca esser localo alla cima , a cui restare al piede : si di sserta degli ostacoli che l'arrestano o la ritardano,: sì di vi sano i mezzi per ottener!a e per crescerla; e non ci è sacrifizio che ad un popolo debba inct·escere tanto solo che se n'abbia a compenso un incremento di . civiltà. Tutto ottimamente pensato! ma ab~ biam noi chiaramente defin ito che abbia ad intendersi per civiltà? Questo è il punto saltato a piè pari da molti di ssertatori ; ed è appunto questo che per la sua incertezza si fa occasione di giudizii opposti sul medesimo soggetto. Perciocchè se voi tenete civiltà essere, per esempio, una ricchissima aristoct·azìa, barbarie una pratica universal del Vangelo: se io tengo appunto il contrario; noi porteremo su Londra e su Roma giudizi i contradditorii e pugnanti; ed a voi Londra parrà civilissima e Roma barbara, a me Londra parrà barbara e Roma civile , appunto perchè nella prima ci ha una strabocchevolmente ricca aristocrazia, nella seconda ci sono più che altt·ove i mezzi copiosi di una pratica universal del Vangelo. Non è di qnesto luogo determinare in che sia posta la civiltà di un popolo; ma è bene ùi ques-to luogo l'osservare, che dietro le idee protestantiche e volteriane, i moderni scl'iltori anticattolici e antipapali si sono fol'molato e stanno inculcando un

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