Ignazio Silone - La scelta dei compagni

lingue. Un'invincibile nausea del verbalismo e delle facili consolazioni ci trattiene dall'abbandonarci ad affermazioni più generali. Un sacro rispetto del trascendente ci impedisce di menzionarlo invano e di usarne come di una droga. E se nessun orgoglio può farci tacere di avere anche noi, nei momenti della solitudine e dell'angoscia, ripensato con pungente nostalgia alla casa paterna, al suo antico ordine, alla sua pace, alla sua sicurezza, ci corre obbligo d'aggiungere che l'amore del vero ha sempre finito col prevalere su quello della comodità. In una situazione in cui le premesse metafisiche, o anche semplicemente storiche, sembrano incerte e discutibili, il sentimento morale acquista necessariamente uno spazio insolito, assumendo anche la funzione di guida effettiva dell'intelligenza. È pur vero che in queste condizioni è facile cadere nel moralismo astràtto e velleitario, ma ciò avviene se il sentimento morale opera in una situazione di tabula rasa. In realtà, anche al di là di una chiara consapevolezza, si è sempre un uomo di carne e ossa, un uomo d'una certa contrada, d'una certa classe, d'una certa epoca. Per quel che ci riguarda, la risorsa vitale che salva dalla situazione-limite del nichilismo è di facile identificazione: la stessa carica emotiva che spinse alla scelta iniziale non è stata affatto esaurita dalle delusioni. Non è un caso singolo. Il noi, a questo punto, non è un'ipertrofia dell'io. Il nostro-numero è legione sempre crescente: la legione dei profughi dell'Interna28 bibliot~caginobianco

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