Volontà - anno XVII - n.11 - novembre 1964

la divora, la stritola e l'annichilisce; quando si proiettano sui comuni le om– bre delle « signorie •. del « principato • e si profila all'orizzonte la formazione clegli « stati nazionali• di Francia, di Germania, d'Austria. Ma prima i comunitari devono vivere il travaglio di darsi una organizzazione rispondente alla tradizione di libertà e uguaglianza; devono ardere della fiamma intesa a rovesciare, anche se inconsciamente, lo « sta tu quo» sociale e politico-economico vigente; devono giurare la fermezza e la sicurezza del loro accordo; strutturarsi secondo i deltami della loro rinnovata coscienza, se.condo quei principi che lo spirito e– difica !:! che la volontà sanziona. Perciò la lotta contro i tre istituti autoritari, monarchia papato e aristo– crazia, sta a11a fine dell'evoluzione co. munale nel senso della libertà e del– l'antiautorità. Non è più il fenomeno associativo che differenzia e distingue un « modus vivendi • sociale che prima non c'era e che ora risulta in contrap– posto; una chiara e manifesta sociali– tà: « oscietas ,. che le leggi imperiali e feudali non possono nè subordinare, nè circoscrivere, nè circostanziare; ma la difesa e la salvaguardia di ciò che era sortito fuori dal travaglio di diver– si secoli e su cui la rapacità dello Stato voleva gettare la sua lunga mano, ri– durre in sudditanza e restringere al suo dominio. E' la lotta delle libertà comu– nali contro il dominio autoritario che le vuole soffocare; è la resistenza te– nace per difendere ciò che gli uomini volontariamente e liberamente hanno stabilito con l'operare una rivoluzione e un rivolgimento della società contro quegli istituti che per tradizione e per 654 naturale disposizione erano tirannici e liberticidi. E fino a quando il comune si trovò fuori il protezionismo dello Stato e della Chiesa, nè ancora era uno Stato, visse nell'armonia dei suoi consociati, nella sistemazione dei suoi principi li– bertari ed egalitari. Ma quando l'aristocrazia feudale ca– pì quale fonte di ricchezza le sarebbe venuta se l-i fosse trapiantata nel co. mune, quale potenza avrebbe trovato da opporre allo Stato accentratore con l'incanalare le fort:c comunalistc a so– stenere il suo destino, allora il comune fu arrestato nella sua marcia verso la più integra e totale libetrà, sia indivi. duale sia collettiva dei suoi consociati. Si dovette piegare alle forme anti– libertarie, ricostituirsi in base alle di– suguaglianze di classe, riesumare il principio di autorità; in una parola di– venne Stato, anche se non si estendeva al di là delle mura cittadine e del con– tado. Una volta ricostruito, lo Stato-citta– dino, o la città-Stato, pensa da sè ad abbattere le garenzie di libertà, a so– vrapporsi come potenza a sè stante suL la mo1titudine dei cittadini, a crea.re un ordinamento gerarchico-burocratico, a stabilire le norme giuridiche politi– che ed economiche, e ad imporre il più ferreo rispetto e la più cieca obbedienza verso quelle norme. li comune ora fa la sua politica in– terna ed estera, fa le sue gue1Te di espansione. stipula trattati, cerca al– leanze, possiede un esercito una diplo– mazia una classe dominante e una clas. se di assoggettati. GIANNI DIECIOUE (D:1 • Considcnz.ioni sul Medio-evo•, Palermo, 1954).

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