Volontà - anno XIII - n.4 - aprile 1960

babili1à di riuscita e con la quasi certezza di sacrificare la loro vita, an– davano a Roma per cercare di sopJ>rimere Mussolioi. A distanza di tanti &ooi, trovo ancora la giustificazione di quel loro gesto. Quante distru– zioni, si sarebbero c,•itate, quante migliaia e migliai di uomini si ~u– rebbero salvate se il nostro paese fosse stato sbarazzato, per tempo, dal triste e pericoloso fantoccio che era diventato padrone d'Italia. Ho 1>artecipato con tutto il cuore all'iosÙrrezione del popolo spagnolo; gioito per le sue vittorie, sofferto profondamente per le sue sconfitte. Ho aiutato, nei limiti delle mie 1>ossibilità, coloro che combattevano contro Franco in una guerra che è durata tre anni. Ho odiato, come forse pochi sanno odiare, le·trist.i e luride spie che Mussolini ci metteva tra i piedi all'estero per renderci difficile una vita che era già cosparsa di amarezze e di dolori e mi è sembrato, in certi mo– menti, che sarei slnta capace cli sopprimerne qualcuna, ed avrei avuta l'im– pressione di schiacciare un rettile velenoso e non un uomo. Durante l'ultima guerra mi sOno sempre sentita vicina ai resistenti che combattevano, non per la vittoria di un esercito, ma per la fine di una dit– tatura e l'instaurazione di una vita sociale più umana. Ho seguito, solidMizzando moralmente, la rivolta del popolo unghe– rese che vole"a la sua Jihertà, cd' ho sofferto per la sua sconfitta. E per citare anoora un esempio, tralasciando tutti gli altri in cui la mia solidarietà era dalla parte degli oppressi e degli sconfitti nella lotta che così spesso si ripete nell-a storia tra innovatori e conservatori, ho ammirato Francisco Sabater e gli nhri quattro che con lui honno trovato la morte alla fine del 1959 in un disperato-eroico lentativo di protesta contro la tirannia di Franco. So, ed è questa in me una certezza assoluta, che non mi lascerei strap– pare uno dei miei, sapendolo destinato ad una tragica fine, senza reagire anche con la violenza se mi fosse possibile. So, che se sapessi che in qualche parte di questo mondo, si stanno preparando dei campi in cni domani saranno raccolti milioni di uomini per essere sterminati, mi sentirei vile e responsabile del [uturo massacro se non esprimessi la mia protesta, anche servendomi della violenza, contro coloro che fossero responsabili dei futuri genocidi. E ne deduco che non sono una pacifista integrale. Uomini, molto sensibili nella dilesa dei valori dell'uomo e della CÌ· viltà hanno accettnta quella parte di violenza che ("al servizio di una giu– sta causa. Le belle scritte che Cnlamandrei ci ha lasciato sui muri di alcune città d'Italia, in memoria di resistenti, sono l'esaltazione di atti eroici di ri– volta. Le testimonianze di libri su quel periodo della resistenza dei pochi che si sono salvati dai genocidi, suscitano odio per i massacratori, per il fascismo e i suoi sistemi, ma l'odio alla tirannia porta a volere, o a dci;i. derare, la morte del tiranno o dei tiranni. Ed è proprio di questi giomi tmo scritto su un quotidiano 1 sulla resi- 1 IA Si,impa. a. 94, n. 72, « Quella notte del '43 • di A. Calante Carrone, 215

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