Volontà - anno XII - n.2 - febbraio 1959

ti quando si trattava di distribuire i redditi. Ricord'o che in certe fabbriche quando le commissioni interne si recavano in direzione a reclamare aumenti di salario, erano giunte fi. no al punto di trattare solo per volu– me complessivo di danaro, poiché la sua distribuzione era ormai paci– fico che dovesse essere paritaria. E quanti lavori volontari venivano e– seguiti da squadre di disoccupati o anche di operai, durante il tempo libero! Non c'é dubbio - per me - che quest'epoca eroica del dopoguena avesse il suo fondamento nella fode popolare in un futuro egualitari.o. Non che questa idea fosse esplicita, ché anzi si poteva parlarne solo ne– gli ambienti sicuri, dove il nemico non ascoltasse. L'ambiguità la si trovava nei pnrLiti, che tendevano nel assumere un volto democratico e respingevano con orrore il sospet– to che mirassero alla ri,•oluzione so– ciale. Le masse operaie erano infi– nitamente più semplici. Accettavano la finzione come si acceuano certe formalità nelle relazioni con la gen– te, ma in cuor loro pensavano dirit- 10. E operavano diritto ogni volta che potevano. Lo dimostrarono le reazioni, stu– pite dapprima e rabbiose poi, susci– tate in loro quando cominciò ad av– vertirsi il cambiamento, anche al– l'interno d'egli organismi operai e di partito. Allorché la C.G.I.L. annun– ciò l'inizio delle trattative per la rivalutazione salariale, per riporta– re le distanze fra i salari e gli sti• pendi sul piano di anteguerra, innu– merevoli furono le resistenze: era un vero tradimento; poi vennero gli aumenti percentuali che davano sempre di pili a chi prendeva di più. Iniziava lo smantellamento del– le illusioni. Crollavano i co11ettivi, crollavano gli entusiasmi, nonché quc11a sostanziale unità che si era raggiunta nelle fabbriche. Allora lavoravo a Bologna, in una delle fabbriche più grandi della cit• tà. Si trattava di stabilire come divi• de1·c il premio di produzione che si ' era strappato alla direzione. Una torta in fette uguali o Icttc propor– zionali allo stipendio? Ci battem– mo per l'uguaglianza, ma era trop• po diversa la composizione delle forze! Da una parte In direzione; i partiti con le loro cellule che face– vano pressioni individuali e richia– mavano alla fedeltà e alla discipli– na; il sindacato, ancora unitario, che metteva in moto i suoi uomini per istillare il dubbio che bisognas– se pagare il contributo per lo. soli– darietà mostrata dagli impiegati, che altrimenti avrebbero potuto cc Cregarci nel computo dei premi ». Dall'altra alcune centinaia di indi– vidui che credevano solo nel loro di– ritto di partecipare al reddito azien– dale in modo uguale, come avveniva nel lavoro, dove ognm10 dava nei suoi limiti naturali. Fmmno sconfit– ti, naturalmente. Ma non solo noi. Da quell'epoca, caduta l'ingenua fiducia, ognuno eo• minciò a pensare in termini propri. 01,'llUJlO ebbe il suo e< particolare>) da difondere o da conquistare. Tra– sferiamo il problema dai termini spiccioli o quali li abbiamo visti, sul piano pili generale della societlt ita– liana: avremo il quadro di una clas– se che vince perché riesce a impor– re il proprio schema ideologico. Quello dell'individualismo borghese che prevale su ogni considerazione 79

RkJQdWJsaXNoZXIy