La Voce - anno II - n. 43 - 6 ottobre 1910

408 LA VOCE produzione di studi intorno ai grandi passati e presenti; concludo contro l'e– s~gerata e non sempre utile e necessa– ria stima che si fa dei critici e de' loro giudizi. Credo che questo nostro sguaz– zare perpetuo fra le opfnioni degli altri e questa diurna e notturna attesa della imbeccata rivelatrice e interpretatrice sia una vergogna e che si dovrebbero leggere e studiare direttamente i crea– tori piuttosto che le pulci e le cimici che vivon loro addosso e si fan belle e grasse col sangue succiato a tradi– mento. Credo che cambiando costume si avreb– be una conoscenza più fresca e personale del passato e che questa tornerebbe a Yantaggio anche della vera perfezione degli spiriti, rendendoli più adatti e ca– paci alla creazione. Oggi quelli che creano sono una minoranza trascurabile rispetto a quelli che li studiano e pare, a sentir questi ultimi, che i primi cleb– ban creare soltanto per dar lavoro e soddisfazione a chi li deve giudicare. Son arrh·ati a dire che ormai non si può far altro che comprendere e spiegare ciò che i padri hanno fatto! l\Ii sembra, se 11011 sbaglio, che le cose dovrebbero anelare un po' diversamente. S'è eletto che uno studio storico o cri– tico val meglio che un poema mediocre. l\Ia quando non si sanno fare i poemi non per questo si deve empire il mondo di saggi inutili e annebbianti e ingom– branti. C'è una terza via che si dovrebbe aver presente: quella cli stare zitti tanto in prosa che in ,·ersi. Giovanni Papini. LA SPAGNACOM'È Durante la riuscitissima turlupinatura dell'a– gitazione ferrerista, il giornalismo democratico e massonico negli intermezzi fra l'npologia del regicidio e la carica a fondo contro il « gesui– tismo », trovò il kmpo cli montare in scranna e di creare la formula ri\·elatrice delle condizioni reali della Spagna, del vero nodo del problema sociale al sud dei Pirenei. Apparvero allora le improvvisazioni, che, come un giuoco di busso– lotti, dimostrarono il rapporto di causalità fra quello che fu chiamato il « feudalismo clericale spagnolo » e l'affare Ferrer e con questo co– modo determinismo il pubblico facilone credette di capire e s'accontentò. Ora la scena cambia: <1uegli stessi giornali, che avevano mostrato la monarchia spagnuola, curva sotto un saio mo– nacale, ne applaudono le « moderne direttive » e con disinvoltura la considerano attraverso al ricordo della lotta fra Stato e Chiesa nella Fran– cia repubblicana. Viene clunqi<:- a proposito un libro (1) 1 che, se non ha origi1u'., ,edute sinte– tiche, se non s' indugia in ana:i:.i tecnicamente esatte, è pure una guida onesta ed oculata at– traverso alla Spagna operaia e contadina, con l'aiuto delle statistiche ufficiali, della legisla– zione, delle relazioni e degli studi, elaborati dat– i' Istituto di Riforme Sociali di Madrid. Ogni libro sul movimento operaio è una pa– gina di storia contemporanea; questo sulla Spa– gna ci mostra come si atteggia la questione so– ciale al sud dei Pirenei e ci prova con.~ certi problemi, lontani fra loro nel tempo e ticllo spazio, si avvicinano idealmente ed a vicenda si rischiarano. A queste relazioni dovrebbe avt!r l'occhio lo storico, che solo con tale esperienza può capire pili e meglio ed uscire dalla miopia del letterato. Giorgio \'alois, dopo a,•er fatto un'analisi bril– lante dell'affare Ferrer in Francia, ossen·a giu– stamente che la Spagna « a conservé ses capi– taux hu1nains n fuori della organizzazione capi– talistica e che quindi il popolo spagnuolo ha man– tenuto le sue energie naturali e il carattere proprio. La Spagna infatti 1 - <:ome appare dalle pagine stesse del ;\fan·aud - ci presenta due aspet– ti1 due movimenti, due tendenze fra loro oppo– ste1 che si rinettono nell'antagonismo economico e nella politica interna. Abbiamo cioè centri in– dustriali, come la Catalogna e le provincie ba– sche, che hanno interessi ed assumono atteggia– menti dE'l tutto contrari a quelli dell'altre provin– cie della monarchia, che sono essenzialmente agricole. Ebbene, la nuo\'a industria, che è sorta sulle rovine degli antichi gremios ossia delle vecchie corporazioni <li mestiere, ha portato ad un movimento operaio, ad una legislazione, ad imprese private e pubbliche, che risentono di– rettamente dell' influenza straniera e specialmen– te francese : i fenomeni, per dir così 1 capitali– stici sono internazionali ! i\la il problema schiet– tamente nazionale, che interessa tutte le pro– vincie di Spagna ed attende una soluzione dalle condizioni positi,·e del paese, senza ingegnose applicazioni delle riforme adottate dagli altri governi! è proprio quello agricolo. La storia del proletariato, sorto come forza battagliera specialmente a Barcellona e a Bilbao si rassomiglia naturalmente-a quella del mo\'i~ mento operaio delle nazioni più progredite in– dustrialmente. I partiti politici in Catalogna e in Biscaglia sono rampollati su dalle condizioni della (T) ANGEL MAR\'AUD. [.g ilUstr'orr sodalt et, Es}'11g11t, Puis, Ak11n, 1910. L. 7 1 00. Vedi pure, del medesimo au1ore: /., so-– ~ialismt tn Esp.Jflne nel Lt Sodalismt ii l'ltr.J11gtr, Paris, Al– nn, 1909 e L1J Poli1r'-1u, Jou.1nr'fre dt I' Es}'11trnt JJ, rQ07. classe operaia proprie delle due regioni: nel capo– luogo cli Catalogna, aperto a tutte le innnenze delle dourine straniere, il proletariato ha seguito 1 1 in– dirizzo ri,·oluzionario della ,·ecchia Internazionale, che mise colà salde radici per opera del Fanelli, amico del Bakounine, e di un altro italiano, Al– fredo Raccherini, predicatore della « propaganda del fatto » ed è quindi poco partigiano dell'or– ganizzazione sistematica ed accentuata e dei movimenti pratici (t); in Biscaglia e special– mente a Bilbao la storia degli scioperi dei la– voratori delle miniere, ci rivela lo sforzo inces– sknte e faticoso di una classe organizzata, che è guidata dalla disciplina socialista e pone sul campo delle agitazioni i suoi desiderala. Nulla quindi di diverso dagli scioperi che si manife– stano altro,·e : richiesta quindi della abolizione dell'appro,·,·igionamento obbligatorio, della li– bertà di abita1.ione 1 della diminuzione di ore di lavoro, del riconoscimento da parte dei padroni delle società operaie, del pagamento settimanale e non mensile. Appunto in Biscaglia il socialismo militante, im– personato in Pablo Jglesias, recluta le sue milizie e·si mescola a tutti i contrasti economici di quella regione. i\la soltanto qui si ha la ,·era e propria lotta di classe quale è intesa dal sociali~i~o uffi– ciale: negli altri rari centri industriali della Spagna dove si è potuto sviluppare un nucleo operaio rag– guarde,·ole, quel movimento d'organizzazione, che, spalleggiato dalla politica socialista, si fa pratico, lavora d'astuzia e traccia a sè stesso un programma, non si è manifestato. Do,·e la resi– stenza non ha avuto un polo cli attrazione - come a Bilbao - l'anarchismo, che ha una tra– dizione nella Spagna, ha alimentato lo spirito individualista cli quel popolo. E Fanarchismo ci appare qui quello che è in realtà: - un movi– mento con feudo razionalista, che dall' idea par– te per gjungere all'azione, che ama la volgariz• zazionc scientifica, si vale della propaganda so– ciologica e pone come pregiudiziale l'educazione intellettuale contro il pregiudizio politico e reli– gioso. Così infatti si pensa fra gli operai di Galizia o almeno cosi dichiara di pensare l'organo anar– chico, il Germinai. L'anarchismo spagnuolo de\'e adunque approdare ad una conclusione intellet– tuale: il Ferrer ne può essere un indice, egli, che è stato dalla compiacente stampa democra– teggiante gabellato per un gran pensatore e per un sublime educatore. Idee \'ecchie, dunque; vecchi dibattiti fra au– toritari e collettivisti, amoreggiamenti pili o meno palesi con la tendenza sindacalista francese; ma in fondo in fondo ripetizione di formule, che solo ci indicano un disagio economico assiifante e una disorganiaazione, che induce a oltrepas– sare la realtà nuda e cruda per il mito della violenza. Se adunque il movimento operaio, che ha i due ricordati centri nelle regioni industriali, ha preso molto dalle dottrine rivoluzionarie stra– niere, la legislazione della monarchia, sebbene un po' in ritardo, ha seguito le riforme econo– miche e sociali delle democrazie estere. Chi ~i è ràppresentato in ls.pagna uno Stato gesuitico, puntellato da un'aristocrazia feudale, reazionario per la pelle, si mera,·iglierà sapendo che, per opera specialmente dell' Istituto di Riforme so– ciali, anche al Sud dei Pirenei sono stati stu– diati e risolti i problemi più urgenti riguardanti l'operaio delle industrie. Chi si occupa di legislazione operaia non può (t) Infatti l'economista c:auolico Saure os1terv:a che, mentre nel 190, gli opcraisindaca1i crano45,ooo, nel 190-S rrono appco 11 to,ooo. BiblotecaGino Bianco dimenticare la Spagna: anche là si i! cercato di prov,·edere agli infortuni ciel la,·oro, alla prote- 1.ione delle donne e dei fanciulli, al riposo do– menicale, alla previdenza, alla durata delle ore del la\'oro. Fra l'Istituto e le Cortes vi t: e vi è stato uno scambio fecondo cl' idee e di pro– getti. E ·se in fatto di diritto di sciopero la le– gislazione spagnola ha stretto i freni, impo 1 1endo l'obbligo di avvisare l'autorità qualche tempo :wami l'abbandono del lavoro, non è meno vero che nella fissazione della giornata di la,·oro si sono manifestate tendenze ardite, determinando– la cli otto ore, e che nel campo della previdenza si è fondato nel 1908 l'« Istituto Nacional de Prevision » con lo scopo cli costituire le pen– sioni secondo le esigenze del nuovo riformismo. Chi dunque augura alla Spagna la civiltà. ca– pitaliMica e fa consistere in questa il progresso può trovare materia d'interessamento. ;\1a chi cerca nella penisola iberica i caratteri schietta– mente paesani del problema sociale, chi vuole osservare lo sviluppo autonomo e originale del popolo spagnuolo, deve passare d;il campo in– dustriale a quello agricolo ed allora si troverà di fronte alla questione•maclre del reame cli Sp;igm,. N'elle campagne si son numtenuti i si– stemi e si son perpetuate le tradizionali condi– zioni della vecchia monarchia. Poichè i la,·ora– tori della terra costituiscono la grande maggio– ranza della popolazione oper:iia spagnuola, al campo bisogna ritornare, per cercart= la nuova vita e le energie rinno\'atrici. Spagna e Italia per questo possono darsi ),t mano : paesi agri~ coli prevalentemente, l'uno e l'altro hanno lun– ghe distese cli terra da redimere e numerose plebi agricole da elevare col possesso e col la– voro. Le provincie meridionali spagnuole hanno tutti i carntteri, che accompagnano la grande proprietà. Il latifondo si rassomiglia sempre e diventa un danno, quando ,·a unito al cosid– detto « assenteismo dei proprietari ». Tale è il caso del! 'Andalusia e cieli' Estremadura. La di– visione del suolo, dopo la guerra di Reco11q11,i– sla, lutta a favore dei grandi signori, e le leggi di « clesamortizacion » del 1820-55, che fallirono al loro scopo, dettero impulso al formarsi di vasti domini terrieri. Mentre i proprietari vi– vono· lontani, a Madrid e a Si\'iglia, i braceros lavorano per pochi centesimi sotto la direzione del labrador. Chi studia il latifondo sa bene quali sistemi esso adduce cli colti\'azione: sono propri della cultura estensiva i metodi cli rota– zione nelle semine, la costituzione dei pascoli, l'impiego di la,·oratori, che si av,·icinano alle condizioni di una vera schiavitù. Le indagini nuove sulla proprietà. fondiaria in Sicilia e in Sardegna e del nostro medioevo ricevono luce da questo stato di cose delle provincie meridio– nali di Spagna. Lo stesso si può dire per il fe– nomeno totalmente opposto : il frazionamento delle terre e la varietà dei contratti agrari che ne prevengono. Anche qui possiamo notare re– lazioni ideali fra le nostre cognizioni di storia economica e le nuove esperienze, che ci ven– gono offerte dagli studi moderni. In Galizia la terra C cosi sminuzzafa in appezzamenti brevi e poco produtti\'i, che il colono resta in istato continuo cli miseria. l correspettivi annuali che il lavoratore paga al proprietario gravano la rendita del 75 ¾ e lo pongono in una condi– zione inferiore a quella stessa dei lavoratori del- 1'Andalusia. Con il frazionamento si accompa– gnano sempre le varie forme di locazione, di– stinte le une dalle altre a seconda della durata del contratto, della qualità del censo, della di– versità degli obblighi. Anche qui riscontriamo le due tendenze opposte dei proprietari e dei coloni di fronlè alla durata dell'affitto: gli uni cercano di renderlo temporaneo e quindi a bre,·e scadenza; gli altri cli trasformarlo in per• petuo. L'eterna lotta fra fittaioli, che cercano diventar proprietari, e padroni che tendono solo cli sfruttare il lavoro dei coloni e di affermare il loro diritto di proprietà è qui come altrove sorda e continua. ita in Galizia non si tratta proprio di questo, che è i1n-ece un carattere cli altre regioni di Spagna. In Galizia lo smembramento delle por– zioni di terreno, le subaffitta11ze, i pagamenti di laudemi offrono un vasto campo allo studioso e al riformatore. Nella Vega di \'alenza le loca– zioni sono divenute perpetue e ne è quindi pro– venuta una limitazione al diritto di proprietà. Tutto ciò intere~sa il riformatore: il programma dell'azione dello Stato a favore del proletariato agricolo è quanto mai esteso. A noi più che l'e• numerazione dei di,·ersi provvedimenti ciel diritto positi\'O, interessano le tendenze varie che si son manifestate nella risoluzione del problema agri– colo e l'atteggiamento di un forte partito, che ha avuto l'accortezza di interessarsi di tutto que– sto, del partito, cioè, cattolico. Di fronte ai due aspetti opposti della que– stione: il latifonclismo e il frazionamento, la Spagna ha don,to « mettre en cause le ri:gime méme de la propriété ». Si t; visto, cioè, che la risoluzione del problema sta nel creare una piccola proprietà, come regime più adatto al progres5o dcli' agricoltura e come mezzo per stringere alla terra I' indi\'iduo e dargli cosi l'amore ciel possesso e la coscienza cli un inte• resse proprio. È sempre la politica contro il la– tifondo, che le leggi italiane del periodo della Riforma applicarono per smembrare i vasti do– mini, che eransi ricostituiti nel 6oo. Anche i11 Ispagna queste tendenze si son manifestate i11 progetti arditissimi, come quelli della naziona lizzazionc ciel suolo e di espropriazione p(.'r pubblica utilità. L'attuale ministro Canalejas !)J fece banditore nel 1902 appunto di questa poli– tica della piccola proprietà, che sorpassando gli stadi del fitto e dell'enfiteusi, \'UOI giungere ;1 dare la proprietà ai contadini e a riscattart. quindi dai censi e dai carichi le terre coltivate Costituire: dunque una democrazia rurale; ecco il fine che si son proposti l'Istituto di Riforme e il gon::rno liberale. Il coJtivatore della propria terra è apparso come un ottimo elemento di pace sociale. come un sicuro sostegno cieli monarchia ngitata dai torbidi anarchici. Ed in– fatti una legge del 1907 sulla colonizzazione in– terna mette mano ai beni comuni dello Stato, delle municipalità, degli enti collettid t ne fa il campo aperto alle nuove culture dei piccoli proprietari di appezzamenti inalienabili. N"oi pen– siamo, nel dir questo, ai nostri beni demaniali del :\fezzogiorno, a tutta la storia degli usi co– muni del nostro diritto e i ra,·vicinamenti sor– gono ancora spontanei. Anche in Ispagna questa alienazione dei beni, appartenenti alla colletti\·ità, ha incontrato mi nemico formidabile nell' intrigo, nella parzialità., nella camorra politica e locale, in qutl feno– meno corruttore della dta pubblica al sud dei Pirenei che è il « caciquismo ». Cosi in Ispagna si è a,·uto l'occhio al sistema delle a/Jillan::e co!lellive per la risoluzione del problema agrario andaluso, che secondo gli eco– nomisti spagnuoli molto si assomiglia a quello della Sicilia. (YITO RASSAL.\Gl:A, I /alif1111di ,· le lcge a,.([rarie). l./ emigrazione, che il go\'erno cerca regolamentare e restringere, genera que– gli effetti economici con relativo innalzamento ciel tenore di ,·ita e t:onquista della proprietà, che da noi come al mezzogiorno dei Pirenei ri– scontransi per gli emigrati ritornati. Come lo Stato, così il partito cattolico, ha11 cercato un appoggio valido nelle campagnt. 1 sindacati agricoli, le casse rurali per il credito agrario, le numerose federazioni, tutti questi or• ganismi vid di lotta e cli difes!l. 1 di proteziont e di conquista 1 sorti per opern dei cattolici in Ispagna stringono alla Chiesa forze gio,·ani e fedeli, che sono così sottratte ali' innuenza della politica socidlista. Alla campagna bisogna quindi che la Spagna si rivolga. ANTOXIO ANZILOTTI. " I Puritani ,, di Vincenzo Bellini. Uno dei più brutti \'ezzi della critica musicale.: eia strapazzo è quel suo ribadimento per inerzia n~entale, degli er~ori d_el gusto ,·olg~re nell' opi– mone del. pubblico. Se per es. : in un'opera teatrale es1~tono brani musicali in cui l'autore abbia, per cosi dire 1 raggiunto 1111' intensitit cli espressione e quale egli non raggiunse mai in altrE: ~ue opere, pur nelle linee generali supe– ra!,~' m completezza l'opera in questione· la cnt1ca sprona al giudizio irriflesso e semi~1ero dd p~tbblico, la las~ia magari a poco a poco di• ment1care e. perdersi nel! 'oblio col suo bello e col s~o brutto, senza almeno tentare il s:i.lvataggio d1 questo bello. A un dipresso ciò accade (o t per accadere) per I Puritani di Vincenzo Bel– !ini. Nell'incoscienza tranquilla dei più esiste 1~1torno_ a ques~' opera l'opinione che essa sia. s1, semmata cli gemme, ma che non valga in fondo, la fatica di ra.ccogliervele, data la pe~an– tezza e la monotoma dello spirito nel su0 in– sieme. l':è .n?i _ci ~·ogliamo aflatto opporre a questo grnd1z10 111 ciò che concerne la totalità deWopera: !I Bellini quasi sempre guidato da un gus~o sqms1to nella_ scelta dei soggetti e libretti t~1tt1!e nell' arn_10111a dcli' intreccio e delle pas– s101~1 ~ nell_:'tC!Harezza verbale, consentanei alla punss11na l11np1dez7:a<lelsuo stile musicale, prese u~1s?le1~1H~abbaglio eleggendo il libretto dei J 11n~a111 1 mcommensurabilmente inferiore ai li– bretti perfe~ta~nente proporzionati e coerenti nel loro nesso .111111110, della Nonna e della Sonuam– buln, per catare le ?P_ere più ammirate, e meri– tatam~nte, de! Bell1!11.Ma dal condannare irre– ~ocab1lmente il Belhm per la cattiva scelta del libr~tt<?dei Pu.!·it~ni, mi trattengono le medesime rag,om che m1 vietano cli schierarmi tra coloro che pre~eriscono. _la 1Vorma e la Sonnambula ai Puntam. Infatti 10 penso che se il Bellini nel quadro ç-enerale del dramma non potè, e non P?te\'a, Il tema essendo refrattario, infondere vita alla sequela slegata cli scene gelide che il Pepoh aveya senzn vera ragione estetica intes– suto sulla ineguale tela del soggetto centrale non per questo d_e~·esi~ir~ che egli abbia agit~ con assoluta cec1ta arusuca musicando il Jun-

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