La Voce - anno II - n. 38 - 1 settembre 1910

LA VOCE 387 ,narsi all'acido solforico o al sublimato corrosi\'O, Bisogna dar man alla cazzuola (non simbolica) e farsi a ricostrurre una cinta qualsiasi, una qual– -si asi casa che ci contenga, ci nduni, ci protegga. E non perder tempo. '.\" ella floct! non per aneo ho visto un disegno <1ualsiasi di questo genere. Siamo sempre all'e– poca del piccone. Eccellente stromento ma non ignoto a noi, signor direttore, che oggi dom:1.11- <liamo un po 1 di vasti, cli calce e una modesta -cazzuola. Conoscemmo per anni ed anni di fede. ,di mani nette, di coscienza trnnquilla 1 l'aspra gioia dell'atterrare. E poi? Poi, volgendoci at– torno, ci parve di intendere cht> dopo atterrato tutto, dopo négata Roma presente, é necessario riedificare. Ma riedificare Roma: la nostra Roma, quella dei liberi, dei sani, dei combattenti a viso aperto. Ed ecco il nazionalismo nostro. signor Diret– tore, o meglio il mio. modestia n parte. Nel nome del quale e secondo i fini suoi. corro 1'1- t: i.li: i. '-Cri\'endo, dicendo, g-riclar,do che unn di– serzione da Roma nell'anno vènturo, sarebbe un tr.idimenlo. Anelateci a cacciar chi contrista e ·vende e i11fradicia In grande madre; ma andate. .Prendete posto, col ferro e col fuoco se vi garba 1 •1n1rche presenza sia. A che gioverebbe molto sapère, molto soffrire, molto prometter di sé alle buone ideal!til, se la dialettica, il pensiero, il sentimento conducono a lasciare inJisturhato il vermina io romano? I fulmini di lontano. gli sdegni del!' assenza equivalgono a rnflorzare lo sla/11 quo. Anche e sopratutto in Roma. E allora? La Voce vorrebbe in\·ece aprirsi a promuovere le idee riconquistatrici di Roma per conto degli italiani. Se sbaglio, signor Direttore, mi usi un'al– .tra volta l'amabilità di perdonarmi. Suo (~10\'AKNI BOREl.1.1. E'gregio .':iiguo,·e, Quando mi cadon sott'occhio documenti co- 111equesta sua lettera io provo tutta la vergogna che d'essere italiano si prova quando ci si vede attaccati, per ]a nostra sudiceria e trascuranza, <lai colern. Eguale al colera è la retorica. Badi, ,egregio Barelli, non le parole e la bella lingua, ,che in\'ece d'andar accattando dai libri a\'rtbbe fatto meglio a prendere, più risoluta e chiara, dal rrntio dialetto; non questo io rimprovero. Rimprovero la retorica, questa italianissima abi– tudint: di non veder mai le cose come sfanno. E lei 11011 solo non le vede come stanno, ma nep– pur come furono, e della Toscana non ignora soltanto i fiaccherai (e creda, spP.sso, anche i nostri sindaci danno del cane a Domineclioli ,ma ignora i fattori 1 i politici, gli scrittori, ignor'a quella meschineria borghese, taccagna ed argu– ta. dimessa e ironica, quel positivismo e quel buon senso bottegaio, che formano il carattere <!ella maggioranza dei toscani. Lei non li vede perchè sta cou la testa nelle beate nu\'olc della retorica, perchè lei non conosce nè le abitudini. nè i sentimenti, 11è gli usi, nè la ricchezz:,, nè gli abitanti d'oggi della To:-.cana, ma conosce la Toscana delle cartoline illustrate e dei libri cli testo per le scuole elementari. Lei è degno -compagno di quegli italiani che r~putano ricco il mezzogiorno perchè e' è il sole a buon mer– cato e il mnre è azzurro quando 11011 fa nu– \'l!llo. E questi italiani sono la disgrazia dell' I– talia : e lei che si dit per seguace cli Cavour, farebbe meglio a studiar, come lui fece. le vac– che inglesi e i trinciaforaig·i tedeschi, e a guar– dar meno i nostri marmi antichi, chC lui non li guardm·a affnllo: tanto, senta, anche in affari <11arte le dice assai grosse, come ~ubito le di– mostro. Quando lei mi parla. con quella serenità che i: propria di chi non riflette, e se la gode con le orecchie piene del bel ~uo110 cht la fra.!,e dà ; quando lei mi parla di una (\: prova eccel– lente cli gusto » che ci sarebbe << nel rivi\·ere in modo originale:: Kli esempi e gli stili della tra.dizione nostra miglil)re », lei non si .tccorge di avere riunito in questa frase tante castrone– rie estetiche quante •di aritmetica chi dicesse che quattro più quattro fa no\'e e meno cinque fa tre. Lo stile ~ la manifestazione spontanea d'un tempo, e ri\'ivere lo stile gotico o roma– nico I:: lo stesso problema di pasticceria poetica che risoh·e chi si rimette a far oggi ranzoni di dolce .!'!lii nuo\·o e ballate alla Poliziano. Lo stile si vive, non si rivive. li passato non tor- 1rn. 11 rifare e roba eia cuochi, non da artisti. La tradizione. nel suo vero senso, ~ andare :wanti, perché quelli che noi chiamiamo artisti classici e tradizionali erano artisti che andavano avanti ; e sia in posticcio stucco che in eterno marmo, con l'umile paglia o con le nobili tegole, il rifriggere, sia pur con abilità, t! rifriggere e non è fare arte. Abbia la bontà di pensarci sopra : e se 11011 hasta, si informi ; e !)entirà che quel eh' io lt dico son \·eritf.l \·ecchie stantie. l.ei crede di rendere un servizio all'arte, e rende un servizio soltanto a quella sacra bot– tega alla quale oggi si dedicano tutti i nostri artisti privi di genio e ricchi di quella scioltezza manuale che li fa degni compatriotti dei lucche– sini con i gessetti e dei siciliani ~on la chitarra: e clomancli perchè e con qual senso dispregiativo si parli a Parigi delle ilaliauerics. E a,·anti. Roma solennizza il cinquantenario, St: 11011 111 1 inga11110 1 della nuova vita cl' Italia. A che cosa de\·on servire queste si1nboliche imi– tazioni cli monumenti antichi? Che cosa c'entra il tre, il quattro, il cinquecento con I111nitàd'I– talia, che, se non erro, si iniziò e si compi nel secolo cleci1110110110 ? Si mandi la vita moderna italiana a Roma. Si mandino gl' impianti elettrici dell'Abruzzo; si mandino le fabbriche di seta milanesi: si man– dino le automobili di Torino: si mandino le ~tofft cli Prato. 1\ln che CO!,,a e' enlri la casa ru• stica romagnola del '400 o il palaizetto rina. scenza della Toscana o che altra archeologia artificiosa ~o io, non C:lJ)isco: o capisco pur– Lroppo. So 1.,ene che lei dice che le altre regioni hanno accettato e che mancherebbe la Toscana. Ora io so in\'ece che i rappresent:lnti di '.'fapoli, al– meno una parte, s' erano oppoo;:ti alla pagliac• ciata, ed ecco già un buon principio. Nè \'edo poi che razza cli ragionamento sia quest'l che poiché parecchi fanno male, anche gli altri debbano imitarli! La roscana, sia pur per la sua taccagneria e ristrettezza mentale, avrebbe fatto. questa volta, una cosa buona. La pote\·a pur lasciare in pace! I nostri mo11111nentiauten– Lici. c't un modo solo di farli ammirare; quello di dar dei biglietti a prezzo ridotto, il che costa meno ed è più utile del costruire opere inutili per dare da mangiare ad artisti senza genio, che sarebbero più utili a11a nazione souo forma cli commessi viaggiatori o di fabbricanti cli panto– fole e ci guadagnerebbero nella stima delle per– sone serie. Set lei, che 'mentre si vogliono spen– dere milioni per queste carne\'alate, a Bari, dove minaccia il colera. manca un'ospedale civile? E che invece c' è, e costò 100,000 lire una statua equestre a re Urnherto, ciel signor Cifa– riello? E che a Barletta manca l'acqua? E che c'è un gran sudiciume in tutta In Puglia? E che sono a diecine le città di Italia senza scuole buone, senza ospedali buoni, senza ac<1ua pura, ma con il monumento « della nobile tradizione?» E \·eniamo a Roma. Lei che parla tanto di rinnovare Roma con frasi altisuonanti cli ferro e fuoco, o non si accorge che facendo il commes– so-,·iaggiatore-apostolico dell'Esposizione, fa tutto il contrario? o non si accorge di pa1rocinare quello stato cli cose (farabuttismo artistico, ozio~ sita burocratica, pappatoria pubblica) che a Roma è abituale e che durante l'Esposizione diventerà dieci volte pili acuto? Da che pulpito parla, egregio Borelli ! Se noi siamo, come lei dice, al tempo del piccone, lei si tro\'a a quello della b.,ra t: coopera con i becchini. Se lei crede un bel modo cli rinnovare Roma cotesto di molti– plicare la fiera delle \'anit;\ e la caccia alle si– necure. s'accomodi : ma in questo caso lei con– tribuisce a rovinar Romtl e no11 a salvarla. Quanto a quel che facciamo, abbia pazienza: noj, nel campo nostro, che è quello della col– tura, si lavora socio. e intanto. senza cercare artificiali Perugie, qui a Firenze s'è creato un centro di la\'oro. lo sono un oper:tio, e manco del genio necessario per guidare un partito, come fa lei, e quindi. mi sforzo meglio che posso di tradurre in itali:tno, di correggere edizioni e ri– stampe, cli propagare veritil molto element:ni e valori spirituali poco rispettati, di aiutare i giovani che voglion lavorare, e di protestare quando la ver• gog-na· e il disgu,;;to mi assale. Lei dell;i nostrn opern che cosa sa? Scusi. ma se non sbaglio, 11011 è lei quel Borelli che l'anno scorso, discor– rendo, mi pare sulla Vita o altrove, ebbe a dar per vivente, insiem con I.a ,.. oce, il Leonardo che era morto da oramai due anni ? L'esempio è poco incoraggiante e mi fa sup– porre che lei ci conosca più per -;entita dire che per conoscenza diretta. A Roma anderemo, può darsi. Xon pensiamo certo di abbandonarla. Noi \'Orremmo che di– ventasse una ciuà di lavoro, se è possibile; e in ogni modo che le fosse tolto gran parte del potere centrai~. Il nostro programma è: decen– tramento. Questo si sarebbe un bel dono a Roma' Se la sente lei di fare una campagna per il decentramento? Dev'essere nel suo programma. Benissimo. ~la non sarebbe il caso di cominciarla col non mandare i fac-simili e le « geniali• in– terpretazioni del Chini a Roma? Cotesto trionfo di )lardocheo. cotesta sfilata baedekeriana cli mo1111111e11ti, cotesta troppo simbolica carne\'alata Bibloteca Gino Bianco della 11ostr:1. impoten.1.a moderna ~arcbbe ,;n cat– ti\'O principio. l:na proposta: la Toscana vuole partecipare alle feste? Ebbene d partecipi erigendo "-labilmente nel)' Agro romano una scuola di pietra al posto cli quelle capanne di paglia che il Ce1rn, con tanto amore, protegge. L"na scuola, semplice semplice: con cliedmila lire la si può fare: al– i' incirca quanto può cosrnre una sola di quelle pareti, istoriate con stupida retorica. eia qualcuno di quei geni di nostra conoscenza che « ri\'h·e l'italica tradizione ». E comincerò io a sotto– scri\'ere. Ecco : qui parrà la nobilt.\ strn e quella elci "ig-nori toscani che clebbo11cl;ir .,oldi. Basteranno meno, ma spesi meglio. Sa : quando in c:ts~,non c'è la pentola, prima di comprar gli arazzi :-.i :tspelt;t, e non !-.i fa come quelle signorine che hanno sulle spalle i mcrlcui e sotto i merletti la camicia rappezzarn. Parlo cosi. fr;tnco e mele, perchè malgrado tutto la stimo. Kon se n'abbia per male. Lei s'educò con i libri : io con la solitudine e con qualche amico che sferzava. Non le a,·rci dette tante parole se fosse il primo imberille capitato tra' piedi. ~li creda suo non umilissimo scn·itore Crl'SEPJ'I-: PREZZOI.INI. Pro e contro la ' massoneria. Cara Von- Poichè io non credo eh<: la que– stione cieli' .r\gnoletti e della massoneria sia que– stione leggt:ra, poichè fu già mia, essendo io uno di quelle tre persone che n' usdrono a cui alluse il direttore, permettimi d'interloquire, · eh' io spero cli dire cose 11011 inutili. lo credo anzi esista un problema massonico come ne esiste uno clericale· e 11011 creato ar– tificiosamente o per odio a persona : ma sorto spontaneamente nella coscie11.1.adi llltti coloro che osservano pit'l con interesse, co11 studio o desiderio del meglio, I' intrecciarsi delle correnti di vita e cli pensiero. dalle piccole alle grandi, che determin;mo la \'ita spirituale ali' Italia. Dire della mia soluzione a questo problema, sarebbe ora. lungo e un fuor d'opera; ma discutendo, come farò, alcune affermazioni cieli' Agnoletti, spero di illuminare alcuni lati della que!-tione, e mostrare alcuna delle vie che: mi trassero fuori di quel fasce, labirinto spirituale in cui era en– trato appena iniziato in massoneria. Anzituno io co11osco bene tutto lo stato d'a– nimo attuale del!' Agnoletti; stato tempestoso, pieno cl' inquietudine, e però tormentoso: che dal bisogno cli ritualizzare la propria vita esote– ricamente, per quella « nostalgia • di riti e cli forme a cui l' Agnoletti stesso accenna (e no– stalgia1 ognuno sa. è sentimento oscuro di diffi– cile espressione) \'a ad un' aspirazione giovenil– mente entusia!-.tica ed indisclii>linata di rin110- vamento sociale; dalla paura della solitudine -:.pirituale alla diffidenza -,uJla compagni;; prescelta; dal contrasto fra la buffoneria cleJ rito e la me– schinità degli uomini che ci circondano, t fra l'impazienza cieli' entusiasmo e il calore degli ideali, ad 1111aspecie di rimorso per l' a\'vili– mento di una co,nica cerimonia iniziatrice subita, ad una incipiente ribellione per In diffidenza che naturalmente si sente intorno per quanto sappia di massoneria. Tutti questi dubbi, queste incer– tezze, inquietudini, tentenna111e1Hinon si \"Ogliono riconoscere rlall' iniziato cli fresco, perché è difti– cile che 11110 riconosca il proprio difetto o morale o fisico ; e allora ci si grida in cuore la gran– clezzn e l'universalità degli idet1li. ci si enumera gli esempi dei grandi uomini che ci si dice es– sere o essere stati mnssoni ; 111a dopo questa ubbriacaturn1 dopo questo ~cintillio ro\'ente t: acciecante di lrasette sopravvengono altre inquie• titudi11i 1 altri dubbi t~ sul mistero cieli' avvenire e dei ){radi massonici più alti, sul compito che i superiori ci assegneranno nella vita. Ed allora ecco il bisogno di altre giustificazioni più v.1ste sulla moralità intrinseca della setta, sulla sua storia (e chi sa quale sicurezza~} e su quello che si vorrebbe compiesse, e il desiderio di rial– zarla là dove cade, e cli purificarla là dove pute, cli perfezionarla là dove difetta. E cosi \'ia ; un succedersi alterno cli dubbi reali e di giustifica– ;,;ioni retoriche. Questo stato a considerarlo cli poi, o dal di fuori n~n C pri\'O cli comicità; mi permetta I' Agnoletti. è uno stato pari a quello dt:I beone fradicio che ora impreca di non 1>0ter porre la cl1iave nella topp:1, ed ora spera cli riuscirvi: caso comico. ma anche pietoso, çhe I' ubhriachezza t bestiale. Vediamo se queste giustificazioni e queste speranze hanno un con– tenuto reale. E prima questa, chi non ha sentito le centi– naia cli volte ripetere che i\1nzzini e (;arihaldi e Carducci furon massoni? Beh ! e non \'i siete mai chiesti se quanto cli meglio hanno compiuto e hanno dato i grandi sia proprio dovuto alla loro qualità di massoni? Ci sarebbe, O\ e fosse il caso, almeno da discutere, e non accettare il fatto nella sua bruta"it::\. ~la non c'è da discu– tere: anche senza contare che di grandi nomi ogni società, OKni grande associazione numerica di uomini, ne ha avuto nel tempo e nella storia (è 11grande argomento dei cattolici), ci si può dire che l.t grandezza di quegli uomini è impli– cit.i. nella coscienza, nell'ingegno, nella cultura. nella \'Olontà che possedettero, nella loro natura. insomm~1; all;, cui estrinsecazione tun'al più la massoneria fu strumento e 11011 causa. )la ci si potrebbe anche domandare se e come la 111as– soneri;1 non fosse causa degli errori, delle colpe e delle cose più infelici che anche il grande ha. Che se poi si \'Olesse addurre queati nomi a giustificazione morale, allora un'altra clomand:t. in noi sorgerebbe: :-.e i pugni !-tul fegaLO e se la voglia delle seggiolate «- sui carissimi fra– telli » cieli' Agnoletti non sien per a\'vcntura la riprova di quel malessere morale cilè ogni uomo ragionante e moralmente libero, risenta ove s'incammini per i tortuosi sentieri di una società secreta. ~= una avventura quella citi gio\'ane cli' entri colà; a\'ventura in cui incapparono anche i grandi i quali oltreché avere la giustificazione dei tempi e delle contingenze storiche, abbiano qut:lla di una errata intuizione della vit.t; cosi che, se bene abbiano prodotto alcunchè o molto cli bello e di forte, non ressa ne' loro riguardi il giu– dizio storico che possa i11colparli di deboleqa nel vincere un errore, di deficienza momle nel persisten•i scientemente. Poichè non è vero che la massoneria ora C(llllt ora abbia fini morali; ne avrit di amorali ; ces– sata la preoccupazione cieli' instaurazione ci\·ilc e liberale che forse ne vinceva ogni altra, riman– gono quelle cieli' utilitarismo dei partiti. ch'essa attanaglia. di quello suo proprio e però anche di quello personale dei « fratelli », fra i quali ma ran· 11a11lls potrebOervi essere degli idealistti, quale, 'ienza dubbio. è 1 1 Agnoletti! Non può esistere setta la quale non abbia ptr giustificaziont: sia interna, sia estrinseca, un fon– damento idealislico. un fine supt:riore ed uui– versale da raggiunJ,?ere: quello della massoneria è espresso e contornato dallo stracco fra~ario cieli' umanitarismo enciclopedico. A che, per esempio, quelle tre domande scritte nell'atto dell'iniziazione: Cosa deve I' uomo a sè stesso, alla patri,1 1 ali' umanità? Rimane forse a qualcuno nitra risposta che quella cli : compiere il proprio dovere? E che vuol dire fare il pro– prio leslamenlo I Se 11011 la promessa, di com– piere il proprio do\'ere per la::-ciart! un nome onorato. il che è per l'appunto il dovere d'OJ.:"lli 11omq anche se non massone. A che tanti ro– bc,anti giur:-imenti, per fare niente altro chi:! quello che è. idea morale implicit;\ in ogni co– scienza? Alessandro Duma~ nel :--110 (,'iusrppe Ralsamu, lingP.che costui ch'era poi Ca)(liO!-.lro, invitasse caldamente G. G. Rousseau a entrare in una loggia; nrn che questi all'invito del giu– ramento rispondesse : « Chi ha un ideale morale eia raggiungere, opera senza costriido11i, in li– bertà». E il lungo discorso cli Cagliostro é com– pendiato nella chiusa della lettera cieli' Agno– letti: buone parole, tante, ma l'atto contraddice :dle parole. Cosi che le risposte a quelle tre domande si risol\'0110 in fangose tirilere reto– riche, senza costrutto, e però insincere; le quali con tutta la paccotiglia cli spade e pugn; i.li e triangoli e formule e che so io. fanno clell' ini– ziazione massonica una commedia inclccoro"-a ; le commedie vanno hene sul palcoscenico ; 111a nella \·ita sono prova cl' insincerità; e un' asso– ciazione insincera t immorale. E qu:'lsi tutti i massoni di « rito simbolico italiano» ossia quelli del blocco, i sociali"ìti, i repubblicani e \'ia, scmo contrari o indifferenti al rito e alla fede; e però, siamo gim,ti, insinceri, verso st: stessi almeno. Ma, dice l'r\g-noletti: <e Immorale 110, dunque, per l;1 semplice ragione che noi massoni morali 11011 permetti:tmo, come non permettevano quelli di cui ci ha indotto l'esempio a entrare in mas– soneria •· Parole cli colore oscuro, cht se eia un lato pro– vano come si entra d.1 molti non vol~ari incli– \'Ìclui in massoneria. dall' nltrn denota una sorta cl' ingenuità molto comune. ['unica opposizione che i massoni morali potrebbero fare contro l'immoralità della setta, perché dentro la loro \OCe sarebbe o male accolta o clc.-risa, s1 t: di

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