La Voce - anno II - n. 14 - 17 marzo 1910

LA VOCE ancora de1 tempo, noi diverremo al di sollo della Turchia. Altre terre s' imposero il problema e, con con energia, P hanno risolto: la Finlandia con lf sue leggi eccezionali riusci, in breve tempo a far ~comparire quasi completamente Hii analfabeti (I). È \"ero, però, che la Fin– landia non è in Italia 1 In Calabria bisognerebbe, prima di tutto avocare la scuola allo Stato pur esigendo il contributo dei comuni e delle provincie. Lo ~lato potrebbe, invece delle solite mulrc 111t fficaci ai padri che non mandano i figli a scuola, sanzionare una pena che facesse passar la voglia di contravvenire: un mese di deten- 1.ione per esempio. Stabilire la ferma biennale; ma far rima– nere tre anni sollo le armi gli analfabeti. :\gli analfabeti proibire di emigrare. 1 Il tr:igico problema impone una soluzione: bisogna risanare l;i, terra, le coscienze, gli animi: bisogna ricostruire paesi, distruggere superstizioni, imporre l'alfabeto, dare un con· tenuto alle lotte, creare le aspirazioni, abi– luare alla civillà i e lutto ciò con la violenza, roichè, per mille cause diverse e fatali, il popolo di Calabria non è in grado di ve· niro, di per sè, alle fonti· del sapere. Risoluto il problema del sapere, di con- 8C8Uenza già altri problemi 1 1 attenuerebbero, - potrebbero anti scomparire. Il popolo in ~rado di prender parie numeroso alla vita pubblica renderebbe difficile la corruzione : eccilate le conoscenze e le iniziative indivi– duali sorgerebbe e s'organizzenbbe l'industria <d il commercio; acquistala coscienza di po· polo manderebbe gli uomini migliori al Par• lamen10 ed imporrebbe al Governo di pro,·– vedere ai bisogni 1roppo a lungo dimenticali dalla no~tra regione. Grandi virtù ancora permangono nelle no– stre popolazioni i bi§(\gna disciplinarle, porle a conlallo con la vita. Forze nuove ed uomini nuo,·i potrebbero rortare impulsi, energie, tnlusiasmi, potreb· bero risanare e rinnovue la terra glorios.1. e La pazienza negli orrori della miseria della fatica e della rame; la forza, il vigore, la regolare proporzione delle membra, lo sPi· rico hero ed ardente: tali sono le qualità che si trovano ancora in queste montagne ; ma bisognertbbe una fortunata combinazione di drco!-tan,e, grande i11cui10e moltissima "ner– gia rer mettere queste qualità in azione » (2). .M'l bisogna cominciare dall'alfabeto. In lempo forse non lontano la patria di Cassio– doro, di S1esicoro, di Telesio e di Campa• nella sarebbe animala da nuove corre-nti di lavoro, di J>ensiero 1 di cultura; la civillà tor• nerebbe a risplendere !-ul i.acro suolo della Magna Grecia. Guglielmo Zagari. ,No11 sit11110 d'arrordo in più punti ro11lo 7.agari: rperialmcnle in quesli: il danno dell'emijrra=ione ,. l'at•oca::ùme della smolt, allo staio. .Voi - da quel du• il ,Forl1111aloe il Salvemifli ha111101110- .rtralo cm, fatti e cifre e argomenti solidi - çiamo siruri rhe l'emi;rra::io,u meridionale l,a 1m11toquesti buoni effe/li: /) imµdito a motta rre11t,: di crepar di fimu, e ciò si dimentica troppo spcs~o; Il) ro11tribuilfJ 1110/li.ssimoal/a fine d,:/ bri– l[«Hla.tr;rìo: /1/J scemalo d'1111afortissima perer.·11- l,mle l'omiridio; Il) roslrdlo gPitaliaui a rurani lr malattie i,,jdtil•,: drJrli orchi: perd,è col lm– <01m111011 s'nth-t1 i11Amerira; 1 1) reso meno /n· qul'ltlt l'llb1J[ralo: l'I) jianlo in mollissimt• leslr lt1 rosde11=ll dr/ bisog110 de/l'alfabdo: il .srgre• /a,-fo eh,: srrit•e per ro11to dell'emi'g'rnlo la lettera u il 1•t1,1;lù11011 senrp,·e è 011esto, e 11011srwpre l111/0si rarro11/a 1•0/e11litn agli ,:s/ra11d, t· do,•e,- (I) w. VAN 1>1-;R \rl.lJGT: Pour la /•l11la11dc, l';1ris, 1900. (2) SwiNUt'llNR, op. cii. voi. , , Sec. X I.I\'. Ì:. un ùllimo libro, intereo;<,ante, acuto, co:-cien,doso. l'n edi1ore intelli~ente forclibe ope1a utile per ,(; P. per la Calabria pubblic:~ndo, oltre tiuelli ci– tati dello Swinburne, ciel Gissing, deli'Oestéren, i "egutnti volumi: WID)IANN: Apulie1t 1111dG,labrien (190.3). ED\\ARO LP..\R: jo11r11als of a La11dsmpe ptti11- te,· iu Sculhe,·11 Ct1!t1bria, {l.ondon, 1852). ,,re• :.ciosolibro, illw,trato da nurnero~i disegni dcl– i' autore. Ilo:-- Ru;11A1t1> Kt-:1•1• .. :1. C1t,\\· .. ::--: A To,o lhrou,gh lht• so11ll1a11pro.,i11res of l!lt' A'i11gdvm ,1,.1/ N,,.,1...:s, London 1821, ecc. 1-arro11ta,·r p,•r co,mmi<ar ro11 la mo~-/ie lonlauo, vedere du r' è 1111 me=::o di star ,mili con i proprl e 11011potersene srn 1 ire, è rosa 11mi– litt11!t-: VII) i dollari degli emijrrali ha11110 reso possibile la r01wrrsio11,: della n11dita. Am– mettiamo pur,: ; da1111i; trlcootisll,o, svo,gliat-e::::a. dlii lm•o,·o e lutti gli altri clt,: lo Za~ari e1111.• 1111:rn r du..a11li a cui il Vi/lari s'è sbigollilo. 11/tt i11l<11tlo sappiamo clte il ro11/adi110 si fabbrica. 1111a casa dea,1/e, si rompra 1111pe;;;;o di /erra. e n"pig-lù, la sua zappa, anche se il pir.co/rl al'li– KÙmo 11011 riapre bottega: e l'trvvenire del 1lfez– Wl(iur,w i pirì 11etta :t1p/m dei co11ladi110 rlu sul ba11ro di ve11dilfl del pirrolo borghese. /11q11a11l0 t1ll 0 idu 1UJove .... Elt, secondo il modo di vedere.' p. e. a,,cJ,.: la fi,ie del brign11laggio, e la dimi- 1w::io11e del/' omiridio ,: dd /urlo, sono idu 111101:e. R poi, a11rJ,e i soldati fra11resi di ritorno dalla guerra d'illdip,:ndc11=a ameria111a porlarouo re,.le strambe idee 111101•e che risraldaro110 un f>orn la , io·vlu=io,u: f, ,auc.re lalc11te. lo so de visu e/te i mc110i11erli calabresi 11el/'11llimo terremoto era,w llpjnmtv i reduci. I. 'altro p1111/o: ovoca=io11e delle scuole allo sia/o, è a11c/1 'esso 1111 problema mollo .l[Tave, ;,, cui i partili /tau le11tato di po,-/ore soh1=io11i eslrr11e, pruo,uetti g-e11erali, rlt,: lo J,r,11110 ù1gor– b11JrlÙ1/o a1trora di più. Ci s0110 d11e vedute: la. prima: meJrlio la /lli11erva che la ramorra lora– li;;::11/a,dm,que più i,,/e11sa, di rerli comuni; la seconda: meglio la possibilità d'w, buon fi111zio• 11amenlv autonomo rhe la certezza d'uno 11011 buono. soffocalo dentro 1111aranlramento buro– rmlico. /11 fo11do - se si guarda bt•11e - la primo è co11vin::io11edi qurl umisrellirisn,o rlte, cvuvinlo il male dr/le istituzioni 1to11 possa <'t!llir tolto, preferisce tulio sia direi/o da q11,:/l'islilu– zio11e su rui si può e.reni/are mag,rior ro1tlrollo: il mal,: dime:::nlo piullosto e/re I' ili/ero. L 'a/Ira è ro,wi11::io1u di 9uelli dte rredono il ·1110/esia lanlo più fari/e di n,ig'liorarlo, q11a11lo le islitu– ::io11i si individualiuino, ciol 11011re;rni su di loro "" 'atmosfera di 111oralildrr(1rù, cht• soffoclti il buono: ma il /JN0110 possa rrspirol'e per co,r/o suo e il callivo 11011 sia lon•a/o dai riflessi di 9uello. E il ma.ssimo ro11trollo e il poter vederci rMaro di lutti SII lutto, i11 quah111que momento. Noi sitimo In, questi seromli, si rapisre. 11 più facile in OJr11icaso mùrliorare 1111 pirrolo orl{tr· 11ismo ,naloto·rhc 110,, i11/ondcr vita e s11elle=:ra a 11110mastodontico, .rlag11a11te ,gid i11u11a tradi– ziono di buror,--alismo nie,,l'nffiillo lurido e poc,; vn,:slv froppo spesso. Se ,nai lo si potrà sanare a/le~gere11dolo, 11011 sopraaarica11dolo. Tmllo più rJ,r la flli11cn•a av,·ebbe grià potuto, a11::id01,ulo, - per /111/a tuta serie di leggi scoh,sliclu - ro11• tribuire. ro11cast,:Srlti e da11ari, al 611011/,m::io– name,r/o dcli,: SCNole ro,,uomli. J:: t•eda lo 7.a.S[ari quante i-otte e.ssa l'abbitt fallo. s. s. Pensieri di F. HEBBEL. l)i flt•bbel (11alo net IJi/)tmarsclte11 - Ho/s/ei11 - il 1813, morto a Wie11 11el 1863) gr italiani colli sa11110911t111/o basti a proclamarlo 1111 rgoi– Slll imli11ùfunlisla ;re11it=scltia110. A11cht: t 1 trgt1· mente .ff111110 di certi suoi drammetti e di ,ma ll'd/ (111srlta111111.tr pa1 1lragicisla. Si se,-;;,,, U suo uome qrrnlrlte 1 1 otta per timore d,c gli allri, cht· mm lo ro11osro11n,crrdauo 11011 lo si ro110:.·<a. /_•,: 11omi11a11dolosi dil•r11/a rossi. Pe,·r/1è ili fondo sentiamo dlii poro du: di lui .s'è polulo lt'g'j[ere: - daiens,·r 11110 clte "" ,trid risdriaralo nostre cose osrurt:,rhe !,a gid giuslijif'tllo cou 1111'oper1111,·tis/ica il dissidio di rui siamo ancora strazio e ci ftr a mo– meuli dubitare della 1,os/n1 ,:pom e ri 1w){aquasi la possibililtJ di esprimerri i11 pttrole rijiore11li per tuttll la storia. Jleb!H:I i rom,: ,mo sia/o d 0 a• 11i1110 trnrerso rni noi ro,ni11ria1110 a pn.ssare. Cli spiriti pili lo,·meutt,/i alk11do110d11Jlebbd l'aiuto a pe11rlrt1r più dentro 11e/ /or111c11lo fH•r pot,:rlo srioglicre; nu::i f/ttaldu: 1•otta, nel bisogno assoluto di riposo. lt-11/Ùtmodi rom•ù1r.erci clte /'llalia rou quale/te suo poeta si sia .trù) lil>e,-a/a da lui. Ab– biamo quasi paun, di ro11osrt1rri in lui. J-,,ppure dobbiamo. Prima di dfre qualdu· cosa di lui, mamlo avauli come sl"jfettt· (o ~,r,111.sla/ol'i, t1ll'occorr,•11::a) atomi pe11sieri, lr,ulotti d(ti .: 'lì,;rt·bi,cher » di rui 111 co/ftt::ioue « Cultura dell'<mima » pubbli– rht'rt) 111,a!t,rl[t1 sedia. /',:r rù>, preg", 1/ebbd 11011 sit1 giudiralo da Ire qrwrli di <olomrn di ro,-pu S: a ,,u,,-e la smanitr di illrasdl11rr', d,iud,:r /(1 r11sdltl l' t•ia ! per i falli propri. s. s. Pcrchè non posso ascoltar della musica pili d'un ( 1uarto d'ora? lo mi penso: c'è un profon– di!-,simo dell'anima; se lo si eccita, può esser ~olo o torturalo o agghiacciato. 11dolore è so– pratutto ndln durala, la gioia nell'attimo. Bibloteca Gino Bianco * t\el momento in cui noi ci formiamo un ideale, in Dio nasce il pen,.iero cli rrtarlo. • Est:lsiare gli dei si può, non for piangere i La passione è la chi;;1ve del mondo. • Non ci do,·rcnm10 lai;nare che tulio è muta• bill;'. 11 mutabile, se ci tocca veramente, ci ri– sveglia un immutabile. * lo son convinto, i111i111tw1e11/e convinto, che la vita a lungo and1ue non è ingiusl:\ con nessuno; e chi cosi brontola, scambia la giustizia con il buon mercato, e , uol arraffarsi un do110 come fosse un tributo. Ma guai! o meglio pfui ! a chi va in malora 1)erchè non riceve doni. ~~uno scrive, che non scri\Ta la (lr01>naaulo• biografia: e ottimamenle quando 11011 se ne accorge. • Tutto l'orquisilo ha rapporto e influsso solo nel cerchio terreno; solt:111tol'innato lo supera. • C'è una mast11rba::io11e :;pirituale a cui parecchi si dnnno, a tempi nostri. * L'ingenuo (inconscio) è l'oggetto di tutte le rappresentazioni; ma esso non è solo nelle cose, si Mche nella parola. Qualche parola sfrin– guella i segreti pÌl' nascosti dell'anima. * La filosofia s'affatica sempre ed dernamente inlorno all'assoluto; eppure proprio (Juesto è compilo della poesia. * La stessa nostra fontasia non sor,•ola sopra l'ordine della natura, sopra le combinazioni por– sibili e immag-ù,abili. Accadesse ciò, s'arri\Te• rebbe a 1111 punto soprn Dio o alla paz.:ia. * La filosofia non è compresa nella sft:ra del– l'arte già perchè l'arte esige qualcosa di asso– lnt;.uuente fermo, immulabile, anche se stac– calo e isolato. L'arte eguaglia gli esploratori di Giél1Jè che recaron notitie della terra promessa: si poteva pensare ciò che si voleva delle loro notizie. tu!la\Tia essi che avevano i1isto, in ogni caso non potevano esser confu1ati che per meu:o del t 1 edere. * « Ma se non può essere altrimenti! • si dice spesso. \'a bene: ma la maledizione sta appunto in questo, rhc non può esser altrimenti. * Se- nell'arte im1>0rta \'eramente un'idea ricca di contenuto e la sua viva espressiont: 1rn,·erso un'immagine luminosa, e non il suo concrela• mento, da che cosa assume valore e importanza la 1ragcdia greca, p. e.? * Tu de\'i riflettere che una menzogna non ti costa solo una verit:\, ma addirittura la verità. * Non serve proprio a nulla parlare del di"ino e del sommo 1 :mchc se lo si fa con bocca d'an– gelo. Bisogn:l rappresentarlo, cioè biso~na 1•iverlo. E ciò a""ieue solo se eso;o rampolla !!li dalla /1•1-rtt, ad 0111adei limiti di lei, in forma mar• cata, robusta, e "ive con lei in accordo. * l'n giorno di magJ,!iO è un imperativo cate- gorico della gioia. * 1)1'; l10RTCIS :--11. ?-1S1 !IENE. Ma anche messer il boia è morto. Per la " Secchia Rapita". Quale e quanfa è dunque l'importanza del– l'opera del prof. V. Santi Lt1 Slt1rù1 nella .'ier· rhi11 A'apiln f f.: proprio quella che da alcuni me~i in <JUa cli su giornali e di su ri,•isle si \'.I insole111e– mente strombazzando? t·n amico mio, un mese fa, mc ne parla,·a come di una vera e llropria « cliscovcrta del ,·ero Ta,soni • ed un altro, in 11110 dt:gli ultimi numeri del 1l/t1r::ouo, chiama il Santi « nostra guida mi){liore, conoscitore e inteqlrclt: primis– :-imo del nostro poeta prediletto .... che luce nu0\';t, ;ttnJ)ia [sir] pio\'crfi. !-ugli eroi della Sec– chia' ». :-.=on ocrorre un e"tamc molto minuzioso di 287 quell'opera per poter 'tlabilire che l'importanza n~ e infinitamente minore. Ci s'impara forse che da qualche persona vivente e conosciuta ai suoi tempi il 1>0eta ha !ratto qualche lineamento pei suoi 1>ersonaggi? :'Ila questo non lo sappiamo da quasi tre secoli? 11 Tassoni stesso, infatti, confossa al Barisoni d'aver tratto line:lmenli e ispirazione pel suo conte di Culagna dal conte di Bismozza « ,·an– tatore e poltrone in cremesino » (lettera del 16 Giugno 1616) ma dichiarn 1>oianche energi– camente che « non occorre andar fantasticando che io abbia voluto in1endere nè q11es10nè quello: perchè ques1a è stat:i la mia intenzione, di vo– ler descrivere un zerbin romanesco [nel Titt:l] e un pohrone ambizioso [nel conte di Culagna] • (leuera del 18 Ottobre 161S, al Bmisoni); e, nel 1624, ancora più esplicitamente, sotto lo pseu– donimo di Risquadro, affem1a di sè: « Egli (l'autore] 11el rapprese11lare lt prrso11e passale s'è servilo di mollt' prese11ti, come i piHori che ca,·ano dai naturali moderni le fa,cce anliche; perciocchè è verosimile, che quello che ai di nostri veggiamo, altre volte sia stato, ecc. •· {Prefatione all'ed. di Ronciglione, 1624). Ci si lro,•ano, im·cce, di tali contemporanei ciel poeta ammassale le a,•venture ph, o meno sapide che, o non conosciute o dimenticate dal Tassoni, furono, ad ogni modo, tAciute nel poema, e che, quindi, hanno a che fare con esso come le nvventure mie o c1uelle di qua– lunque altro dei poveri mortali che comparvero o compariranno sulla terra. Ora, come da tal farragine di aneddoti che nel poema, abbastanza evidentemente, non figurano, piova su di esso tanto nuovo e meraviglioso splendore, io asso– lutamente non vedo. Che luce danno, io domando, ad un passo qualsiasi della Secdtia Rapita, la burla dr\le medaglie fatta dal Tassoni al Sig. Orazio Bianchi di cui non tolse che il nome, storpiandolo in Nera:iio, per d.-rlo al condottiero delle genti di S. Felice, di ~ledolla e di Camurana? e l'altra burla dei salami del Teggia? E dalla prigionia di Vespasiano Pauani e dei curiosi capitoli ch'ei doveva osser"arc s'ei ,·olcva reintegrarsi nella grazia perduta di suo padre che luce viene al poema? Per godere la sovrana bellezza del Ce– nacolo c'è proprio bisogno di sapere il nome, gli anni di nascita e di morte, la fortuna co– niugale, il numero dei figliuoli, il mestiere, le avventure, gli .amorazzi e le prigionie di quel teppista del cui fosco ceffo si valse la fanlasia di Leonardo per costruire quello del suo Giuda ? Noi sappiamo che sulle spalle di Minosse Mi– chelangelo pose la testa di Biagio da Cesena per fargli dispetto; saper questo giova mollo per innalzar l'animo alla comprensione del sublime del Ciudi::io { ',,iz,ersale I Domande di questo genere si potrebbero ri– petere per quasi tutte le notizie dal Santi acCU· mulale, con pazien:ia, del re~to, e diligenza de· gne della più alla ammira:iione. Rimane che il Santi abbia inteso di dimostrare che Ittita la Secrhia Hapila 11011 è che una satira personale e del momento; impre:-a disperata, a mio parere, e in aperta contraddizione con quanto nei brani sopra riportati, ant!rma di sé, esplicita– mente e insistentemente, lo stesso poeta ("011 or– correa11darfa11/aslica11do r/1e io abbia voluto inle11- dt•re 11èq11esto11èquello, ecc.), ma che, riuscila che fosse, porlerebbt, più che ad un impoverimento, .td un totale annichiiimento clell'opcrn d'arte, togliendole ogni valore ideale e riducendone l 'alte1.za a quell:i d'un giornale caricaturis1a come il 'lì-m:aso o il Cuuriuo. Perchè quello a cui giunge l'amico Nascimbcni con tutta la sua sbornia (abbastan~a acq,rntica, del resto) non si distingue bene se per Alessandro Tassoni o per \'enceslao Santi, è precisamente tiuesto, quando dice che « intenzione di lui principalissima, nn:ri 1111ica » fu • di rap1>rc~entare, ~tto le sem– bianze comicamenle Cb;1gerate e deformate dalla caricatura, personaggi del suo tempo». (C:ion1. Stor. della Lett. XLIX) (1). In tal caso l'opera dd Santi a,•rebbe davvero J>ortata c1ualche novità, perchè avrebbe risolta, o meglio, aiutato a risolvere una que!'>tioneeste– tica abbastanza seriamente dibat1ula (quando c'entrano crilici come il Carducci, il Croce, il De Sanctis e il Cesareo) sul valore artistico della St:crhifl kt1pilt1. E l'avrebbero risolta in un senso che a me, in ,·erit:\, non pare il giusto. • Il De Sauctis mostra gii, di non aver colto la ~ignificazione intima lh.-llJ. S'rrrlti11 quando (1 Il C•oc&. Mlrul111~ Cr,1iu .:hi1rn• I• S,,dtiJ R"f'"'• riJ<>1t1 m qunli 1ermin1 un.1 • inlilnt• di "fheni • ch,..,•e • con fr1•e r'-!1!1t1ima. Il SuCl)UU:~1 11t>.11c cllt. 1\ efrnlr.tri ... il T.i.S~:-11b• ~ m c111C,.h..r••nchr po-r,o.,•ggi Jrll~ Curi< Romana, come ,e Jir qu 110 no11 fo<i•e ul\ conrc,marr 1'1•'<'1• tionc del Croce

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