La Voce - anno I - n. 12 - 4 marzo 1909

LA VOCE assai largamente quella simpatia morale, che la vittima di una prepotenza attira sopra di sè; come, d'altro canto 1 i suoi persecutori non hanno goduto quella vendetta allegra, che nobilment~ sognavano, essendo stati sve– lati, sotto il loro trucco di filosofi, di mo– ralisti, di anime belle e di mistici, quali realmente sono: misera gente, di piccolo cervello e piccolissimo cuore, intenti a sod– disfare, con qualsiasi mezzo, passioni e inie• ressi affatto pri\'ati. Che, se costoro hanno mai pensato di avere esercitato verso me o verso il Gentile un atto d'intimida1ione 1 debbo avvertirli che si sono ingannati. Noi seguileremo a difendere le nostre idee, e a manifestare la nostra opinione sulle scriuure dei prelodati signori professori, con franchezza e vivacit;\ non ceno maggiore, ma neppure minore, di quella usata per l'innanzi. La presente pubblicazione ba tutt'altro scopo; ed è d'indurre a considerare, 01a che tanto si parla di riforma universitaria (di quella riforma 1 che la maggioranza, o se piace meglio, la minoranza efficace e dominante dei pro· ressori non vuole, perchè profitta assai bene degli abusi e del disordine presente)i d'in– durre, dico, a considerare, sopra un esempio vivo e preciso, !-e la condizione, fatta me– diante la legge sui trasferiment1 1 alle persone dignitose e ;;gli animi liberi, sia tollerabile; e se quella legge non finirà di rovinare del tutto la vita universitaria italiana, tanto de– caduta. li trasferimento da un'università all'altra è cosa importantissima, che tocca diretta– mente i maggiori interessi cosi spirituali co– me materiali (che sono anch'essi spirituali) dell'insegnante. Lasciamo ;mdare il caso (che si ,·critica, per l'appunto, nell' Universi!:\ di Napoli) di quelle università, che hanno illi– mit:tto numero di ordinari, in modo che trti• sforimento significa possibilit;\ di promozione e aumento Ji stipendio i ma per un inse– gnante, che sia attivamente partecipe alla vita degli studi, non è il medesimo trovarsi :t Catania o a Firenze, a Palermo o a Na– poli, a Cagliari o a Roma. Or bene: la de– cisione su questa delicatisi.ima questione viene sottratta alla. prova del concorso e all'esamè di una commissione competente, che giudi– chi del merito scientifico ; ed è affidata alle Facollà, le quali non sono competenti, per– chè manca in esse perfino, in quel caso, il professore della materia cui si deve prov,ie– dere, e si fanno guidare, di solito, da criteri del tutto estranei al ,·alore scientifico e pe· dagogico degli insegnanti. Basta che in una Facolt3 si trovino due o tre sopraffattori, in buon accordo tra loro, pcrchè la carriera di un uomo di studi sia inceppata o spezzat:1. La maggioranza, con l'aggiunta del sert·11111 pecus, si costituisce facilmente: e impedisce il concorso, sia col dare e rinno\'are incari– chi a persone incapaci, si:t col chiamare nel suo seno, da altra universi1à, insegnanti che abbiano saputo coltiv:1re buone relazioni cci predetti sopraffatori, e render loro quei ser– vigi, e circondarli di quelle adulazioni, di cui sono avidi. Questo è vero di una buona metà almeno (voglio essere dii.creto) ,1c; tra– sferimenti, proposti dalle Facoltà. So bene ciò che la rellorica degl' interes• sati adduce a difos.1 del lnsciar libera m:rno :i.Ile Facoltà: l'esempio della Germania. Ma in Germani3i per I' :tppuntoi tale sistema dà fnuti deplorevoli; cd è noto, colà, il deca– logo dell'aspirante a cattedre, il cui primo precetto è: sposare l:t figliuola di un \'ecchio profossore. Se le università tedesche sono migliori delle nostre, ciò accade, non per virili di quel sistema, ma a malgrado di esso j ed è sofisma tanto \!Olgare inferire dalla bontà dell'universilà tedesca la bont;\ del sistema delle chiamate, e l'opportunità d' imiiarlo in l1alia 1 quanto s:trebbe dal fatto che un uomo, cieco di un occhio, abbia ot– time g:tmbe, inferire che con\'enga ca\'arsi un occhio per rinforzarsi le gambe. A ogni modo I' llalia 1 sorta dalla rivoluzione unitaria, ha asse110 e tradizioni liberali e non corpora– tive; e il solo sistema universitario, che le si confaccia, è quello dei concorsi i gli altri, anche se tollerabili o benefici in altri paesi, si mutano, per noi, in ,•eleni. li freno all'arbitri~ delle F.icolt\ che do- vrebbe essere ora riposto nel controllo del ~'linistro della pubblica istruzione, si è di– mostrato all'atto pratico {come doveva pre– sumersi anche prima dell'e..:perienu) ineffi. cace, anzi inesistent~. Se l'on. Rava, il quale aveva fa110in Senato le dichiarazioni di ener– gia che sappiamo, non ha trovato luogo a spiegare la sua energia in un c:1so cosl scan– daloso come quello del Gentile, si può stare sicuri che non la spiegherà in nessun altro, che pari potrà darsi, 111:1 non mai peggiore di quello. Una Facoltà è cornposrn di molte persone, trn cui sono, di solito, anche sena• tori e deputati e massoni e altri personaggi autorevoli o intriganti; e preme sul ~linistro con molte forze convergenti. Preme tanto, che, certe volte, io sono tratto, perfino, a scusare l'on. Rava, il quale pure mi sembra, sotto altri rispetti, inescusabile. Cosicchè il dilemm1 1 che si pone, è il se-•• guente: o riformare la legge sui trasferimenti, am· mettendoli soltanto in alcuni c:tsi ben circo– scriui; o lasciare che le maggiori Facolt.1 ita– liane sieno invase dagli elementi più scadenti e meno dignitosi del mondo universitario ; mentre i migliori, quando entreranno per la via dei rari concorsi, resteranno a 1:inguire nelle università minori, privi, perfino, dei necessari stimoli e mezzi di studio. 11 dilemma non tormenta me, che ripongo molla fiducia nell'avvenire della cultura ita– liana, e assai poca in quello dell' Università; ma dovrebbe essere angoscioso per tutti co– loro che prendono a cuore le sorti dcli' isti– tuto universitario italiano. Napoli, 2S gennaio 1909. Benedetto Croce. Rudolph Eucken. In un tempo in cui il naturalismo era quasi di ventato co11uuuuis opi111'o e la vita dello spirito sembrava ridotta a una rncccanica associa1.ionistic.1 e ad un sem– plice gioco di sensazioni e d'immagi~i, R. Eucken alzò la voce per rivendicare l'autonomia del soggetto contro ogni pressione esterna, il valore infinito del pensiero e del l'azione morale. Egli si affermò fin dal principio come filosofo militante e tale è rimasto sempre: inna~ morato della sua idea, ma apostolo più che contemplante. più pronto ad eccitare che capace di illuminare. Di qui il fa– scino di certe sue pagine i ma di qui an· che purtroppo le frequenti ripetizioni, lo stile oratorio, nel quale spesso l' ~bbon– danza delle parole impedisce di vedere i pensieri: difetto assai gravp. nel filo– sofo, che dovrebbe porr~ ogni studio nell'esprimere il massimo di pensiero col minimo di parole; ma perdonabile, anzi, fino a un certo punto, non vizio, ma virtl1 nell'apostolo, nell'idealista pra· tico, il quale più che al pensiero si volge alla volontà. L'ideale di Eucken è, in fondo, lo Spirito assoluto di J [egei, assoluta sin– tesi del soggetto e cieli"oggetto, del pensiero e del l'azione, non immobile so– stanza, ma vita, non puro essere per– fetto in sè stesso fuori elci divenire mondiale, ma inunanente nel divenire, l'ùt sì· del divenire, non mai chiuso, non mai terminato, non necessitato da una causa nè governato da una legge fuori di sè medesimo, ma egli a sè stesso sua causa e legge, perfettamente libero ed autonomo, da sè e per sè. Se non che J [egei ebbe il torto di trascurare troppo il limite della coscienza empirica par– ticolare, alla quale ciascuno, pensando e operando, è inevitabilmente legato. Egli credette di potersi sollevare con un semplice sforzo di speculazione in– tellettuale alla coscienza assoluta, e per– ciò. fatalmente, ricadde nella metafisica di vecchio stile che tenta di fissare una volta per sempre le forme della realt:ì. e trasmuta in sostanz~ immobili le cate– gorie della nostra mente. Così pure, BiblotecaGino Bianco praticamente, per il troppo facile tra– passo dall'universale all'empirico umano, l'idealismo assoluto doveva degenerare e degenerò a poco a poco in assoluto antropomorfismo, e quel!a filosofia che era nata da un gigantesco sforzo di transfigurare e sublimare l'umano, con– dusse molti ad una giustificazione incon· dizionata del fatto brutale. ad una in– condizionata antropolatria. l\ila sulla vanità umana prevale la forza del vero. Quando l'uomo dalle spt:culazioni filosofiche scende alla pra· tica, egli si accorge della realtà del li– mite, e allora confrontandosi con l'idea che aveva cli sè concepita, arriva presto o tardi al punto in cui e non sa se il riso o la pietà prevale >. Quanto p1i.1 splendido e superbo è stato il sogno. tanto pita oscura e meschina sembra poi la r~altà; dal l'eccesso d1 csalta1.1011c si passa ali' eccesso di avvilimento; la co– scienza empirica, che si era identificata con l'universale, ricacciata dal contrasto nei suoi propri confini, tenta di oltre– passarli negandosi come coscienza: non potendo esser tutto, vorrebbe esser nulla. Di qui il materialismo e il pessimismo. tentdtivi cli negazione teoretica e pratica ciella coscienza. 1'.1a la coscienza, come non si allarga ad arbitrio, così ad arbitrio non si di– strugge. L' 1101110 non ;; lutto, 111a 110n può 1101t csur 1101110; e non può 11011 a.spirare alla suprema equa::.ione coi Tullo, 110n può 11011 volere t'nnivcrsale. Tale è la posizionedell'Eucken. L'uomo non è tutto: il più piccolo atto col quale egli cerca di affermare sè stesso basta a fargli sentire la realtà del limite. Sol– tanto il sognatore può a momenti smar• rire il senso del limite; ma tuttavia an– che per lui il limite esiste e presto o tardi giunge a turbare la sua beatitu• dine. Il sogno quanto più si fa sogno, tanto pili si perde nell'indeterminazione, cioè tende ad esaurirsi. Il sognatore e• steta è come un gran signore che spende più dcli<: sue rendite e nel la sua beata incoscienza non si accorge che il patri– monio ogni giorno più si assottiglia. Lo stato d'indifferenza, di equilibrio fra sog– getto e oggetto è sempre provvisorio. Invano il soggetto tenta di scansare l'opposizione e il disquilibrio ritirandosi tutto in sè stesso: la sua ritirata non fa che rendere pili acuto il dissidio.Il mondo dal quale vuol fuggire, lo investe da ogni parte; se egli non è attivo, diventa pas– sivo; per aver voluto esser troppo libero, finisce col diventare schiavo d'ogni cosa. Quindi, in nessun modo, dato l'uomo com'è, empiricamente determinato, può negarsi il contrasto fra l'uomo e il mondo. Si fa prr-sto, a parole. a identificare lo spirito umano con l'assoluto, ci vuol poco a parlare di Uomo-Dio, ad esaltare in tutLi i toni l'Umanità. Le parole sole non ci fanno fare un passo avanti, e il piccolo dio terrestre non può liberarsi dal ghi• gno di J\lefistofele. che gli sussurra: « po– vero istrione! mettiti pure parrucche so– pra parrucche: tu resti in fondo quello che sei I » Stando così le cose, non sarà forse somma ::,apienLa quella <leil'uomo pratico che, per dirla in parole povere, prende il mondo come viene, adattandosi alla meglio alla sua sorte, coltivando come può i I suo cantuccio senza darsi troppo pensiero dell'universo? No. la sapienza del cantuccio è gemella della sapienza del sogno: è nell'ordine pratico ciò che quest'ultima nell'ordine teoretico: il ten– tativo di schivare il problema. rinchiu– dendosi nell'individuale. i\[a l'incliviclualc. pur non essendo l'universale. non può essere senza l'universale. L'uomo non è tutto; ma non può rinunziare al Tutto, non può non volere l'Universale. Questa aspirazione è implicita in ogni atto teoretico e pratico; e i I processo della vita che, in apparenza, sembra mor– tificarla, non fa che crescerle vigore. Il dolore stesso e l' ironia sono la pii1 eia- quente dimostrazione della sua costanza e inclistrunibilità. La stessa negazione pili radicale, lo stesso pessimis:no nihi– lista non fa che confermarla, non è in fondo che una estrema affermazione di questa volontà invincibile dello spirito umano. Non solo; ma chi dalle an~ustie del vivere quotidiano si sollevi senza pre– concetti alla contemplazione della storia, deve riconoscere che quell'ideale cli as– soluta spiritualità. cli vita perfettamente ;i.utonoma e libera si viene attuando no– nostante i contrasti. anzi per mezzo degli stessi contrasti. La scienza, l'arte. l'etica, la religione sono nel mondo umano Ja realtà cieli' Universale. forme di vita che oltrepassano le rappresentazioni. gli in– tt,ressi e le volo,1tà particolari, conquiste cli una attività che non nasce C' non muore con gli individui e con y.rnppi di indivi– dui. È vero che molto d'impuro circola nella società col nome di scienza, d'arte, di etica e di religione; ma la moneta cattiva presuppone la buona, e l'ipocrisia con la quale g-li uomini si sforzano <li nascondere sub sj,eci'e actcnn: i loro scopi temporali è anch'essa un omaggio reso all'eterno. .La vita del lo spirito non è dunque una idea platonica che totalmente tra– scende la coscienza empirica. ma nem– meno immane totalmente in quest' ul– tima. I~' alternativa di immanenza o trascendenza è una falsa alternativa i la sua posizione cl!!riva dal la abituale con– cezione statica. difficile a superare anche dal pensiero pili esercitato al la specu– lazione filosofica. Si tende sempre a considerare lo spirito come una gran– dezza determinata. come qualcosa che è una volta per sempre. e perciò si dice: o qua o là, o dentro o fuori. In realtà lo spirito è qua e là, dentro e fuori, appunto perchè non è mai possesso de– finitivo, perchè eternamente si conquista e si crea. La dottrina della sola imma– nenza conduce. come abbiarn visto. al– i' antropomorfismo, ossia a una degra– dazione della vita spirituale. Dall'altro canto, la dottrina della ~ola trascen– denza conduce ad una eccessiva degra– dazione dell'umano e rende la vita dello spirito inaccessibile alla coscienza em– pirica. Bisogna scansare i due estremi del dualismo e del panteismo, quasi che ci fosse una realtà spirituale e una non spirituale, o quasi che tutto fosse egual– mente e indifferentemente spirito. Nel primo dei due estremi tende sempre a cadere lo spiritualismo religioso, nel secondo l'idealismo fiJ05,ofico. Il filosofo non può rinunziare a con– cepire la vi/a come 1mità, e quindi fa– cilmenle è condotto a trascurare le dif– ferenze, a disprezzare l'individuale. An– che quando parte dal soggetto. anche quando, come nell'idealismo tedesco, afferma che i I reale è sintesi cli sog– getto e di oggetto, pur tuttavia sempre tende a concepire questa sintesi come pura oggettività. ])' altra parte, l'uomo religioso non può rinunziare a volere la vita come unità; ma quanto pili pro– fonda è questa sua volont<\ <li ::,iHtcsi pratica, tanLO più aspro e forte egli sente il contrasto; onde, facilmente, nel fervore della lotta egli perde di vista la mèta ultima per non badare che al nemico che ha dinanzi. Quest' oggetto che resiste al suo spirito egli spesso fi. nisce col pensarlo come assolutamente fuori dello spirito; e così, mentre era stato mosso dal bisogno di unificare la sua anima col mondo, egli tende in ul– timo a rifugiarsi nella pura soggeuività. li filosofo e il religioso hanno torto staccati l'uno dall'altro. Lo spirito è la sintesi di tutti e due, del pensiero e dell'azione unificati nel concetto supremo cieli' Attività. Di qui il nome di « attivismo » che l'Eucken ha dato alla sua 1Vetta11sc/1auung. Il quale attivismo evidentemente non ha

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