La Voce - anno I - n. 2 - 27 dicembre 1908

6 LA VOCE la semplicità cli quegli artisti dal puro canto. li trascina a viva forza verso un mondo confuso di simbolica religiosa e mitologica, di astrazioni complicate e di lntenzloni concettuali eh' essi non si so– gnarono m~i di perseguire nella loro schietta cd immediata comunione con l'e• loqucnza della natura e le appari1.ioni intime del sogno. I.a critica ruskinJana non è che un esame analitico del conte– nuto in quanto astrazione, non in quanto forma, - e, quando par çh' ci sia per discorrere di forma organica, si sentirà ricomparire in lui l'uomo di mestiere, il pittore mancato, che volentieri parla di correttezza di disegno, proporzioni anatomiche ed altri simili ingredienti: si ha P imaginc insomma, di un continuo saltellare dal campo di una metafisica fuori luogo a quello di un empirismo inopportuno. Considerate la concezione ruskiniana della storia dell'arle: sembra quella di un Taine riveduto ma scorretto. 11Ruskin vi parlerà di coscienza nazionale in forma– zione e diartichcf,rogredùconosccondo lo sviluppo di quella coscienza, per conclu– dere con qualche asserzione storica stra– biliante. come quella che afferma esser le opere di Raffaello, di :Michelangelo, di Tintoretto, i più splendidi sforzi com– piuti fino ad ora da creature umane per mantenere cligniLà allo Stato mediante la colorazione smagliante e per difen– dere le dottrine teologiche a mez1.o del disegno anatomico 1 ·Messo su questo cammino, il Ruskin scrive intorno a Mi– chelangelo le più idiote cose che mai sl potrebbero immaginare - e tanto piit idiote in quanto sono impastate di un po' di mala fede. SI può non amare Michelangelo, e magari detestarlo; cd io credo anii che pochi sono coloro i quali veramente Io comprendono e lo amano. - ma non è lecito ad un ama– tore di documenti, qual era il Ruskin, fingere di ignorare la biografia di quel- 1' artista per poterlo considerare come un impostore intento ad épater le /Jou,rgeois o come un istrione alla ricerca del fa– vore delle folle. Si dirà che lluskin non ha capito nè poteva capire 1\Uchelan– gelo: e sta bene. Senonchè, se a questa assente comprensione manca la bella pas– sionalit.ì. di colui che nega o rigetta; non se ne nasconde ta causa meschina, conclusa nella concezione cl' un piccolo formulario didattico, diviso in paragrafi numerati, mediante H quale si pretende insegnare cosa bisogna cercare ed ap– prezzare nel le opere d'arte, di che è ne– cessario entusiasmarsi e di qua.li appari– zioni è conveniente scandolezzarsi. Ciò basterebbe per condannare I' opera di Ruskin io tutta la sua sostanza; ma io non sono ancora ricscito a capire come tali cose essenziali sfuggano agli eterni ammiratori stereotipati del!' esteta in– glese, fra i quali son anche molti che intendono l'arte e la critica in tutt'altra maniera. Dove si vede che la cosa più insolita fra tutti i falli umani è di tro– vare degli uomini che siano d'accordo con sè stessi, specialmente quando cre– dono di essere in quella privilegiata con• dizione. Per la produzione cli simile con– cordanza mancante, e per la giustizia di certe valutazioni letterarie, occorrerebbe un piccolo libro su Ruskin, fatto di ci– tazioni e di commenti. dai quali la con• cJusione nascerebbe naturalmente e lo– gicamente col significato d'un' adorna lapide tombale. È un altro libro ùa scrivere, che mi contento di suggerire, per ora, a chi m'intende. A. de Rinaldis. Abbonamento dz·sagg-,:o az· jnnzz· I 2 nunzerz: lzre una, purchè pagata direttamente all'A nimz·nzstrazz·one. Primiasterischi accademici. Sapevamo t,/,e il prof. Ema,,uele Sdla de/– I' Università di Perugia poteva narrare, 11ell'i11- /eresse della vi/a scienlijica 1 mollt ,ose clze i soli/i periodici 11011 possono slamp,,re, per,hè il coraggio d~i loro dire/lori sommalo co11 ,pullo dei loro redai/ori e mollip!icalo per 9uello del loro po,-tinaio, non assomma a quel fan/o che occorre per dfr sempre la verità. Cì· è parso obhHgo nostro invi/arlo a parlare; le sue 110/e e/te qui puhhlicl,iamo sono di grande j,r/eresse e, per quel cl,e sappiamo di casi consimili da a/Ire parli, una ci11emalografiadnl vero. Accolgo l'invjto e butto giù questi asterischi. Non farò nomi. Mi limito a constatare dei fatti, e non propongo rimedi. Credo che que.:..a ~ia ora Ja miglior cosa per due ragioni : perchè i rimedi dovranno essere indicati in base ad una più v:ista esperienza di fatti che non sia la mia, perchè mi pare che oggi tutti de,•ano chiaramente e lealmente parlare, se è vero (come io credo) che il rinnovamento dei no– stri studi universitari sin una delle più grandi e più utili riforme c!:ie possa attendere I' Ita– lia contemporanea. Devo poi aggiungere che molti nrnli qui lamentati sono inerenti alla natura umana, pii.1 che alle istituzioni, Il farli conoscere, il renderli di pubblica ragione è sempre un ser• vizio che si rende alla scienza e al paese, pcrchè contribuisce a rinvigorire il culto del dovere e in genere quelle qualità morali che sono il fondamento della vita sociale. . .. li Ministro Rava si preoccupa del fatto che i professori universitari fanno poche lezioni. Nel disegno di legge presentato al Parlamento si fissa infatli un minimum di 50 lezioni; e percbè questo diventi un freno anche per gli studenti si stabilisce che il corso 11011 sia va– lido se non comprenda almeno 50 lezioni. lo non voglio fare una crilica a fondo di questa pane del disegno Ravà. Riconosco ar-zi che del male questa misura non ne farà. Temo però che in pratica avremo questo resultato: che nessun professore farà più di ;o lezioni: non meno, ma non più. Infatti chi sarà grato ai professori di aver fatto più di 50 lezioni? Nessuno_ Essi avranno la sola approvazione della loro coscienza. Un mio amico mi di– ceva queste testuali parole: io faccio il minor numero di lezioni p.•ssibile pcrchl': cosi esse valgono di più. E infatti - siccome lo sli– pendio è sempre lo stesso, far meno lei.ioni vuol dire aC<:rescereil rendimento economico di ciascuna. Ma sarebbe errato generalizzare questa teo– ria, e anche più far dipendere il fatto lamen– tato da ragioni meramente economiche. Dividiamo i professori in due categorie : quelli che voglion far carriera e quelli che si contentano del posto che occupano. Questi non hanno alcun interesse ad aumentare il · numero delle lezioni. Ci potrebbe essere quello di propagare un nuovo indirizto scientifico. Ma spesso gli studenti esigono corsi per pro– fessionisti, vogliono I' a b c. I professori 11011 sarebbero dunque secondati nelle loro ardite iniziative. I professori poi cbe sperano di salire an– cora si trovano in una strana posizione. Sono più giovani, meno scettici. Ma chi è grato a loro di questo lavoro didattico? Tutti sanno quale sforzo costi la lezione quando è ben fatta. È una grande somma di energia sottratta al lavoro scientifico. Molti giovani professori sentono tuttavia il fascino di questa divulgaz.ione scientifica. Hanno la stolTa.di maestri. Conquistano l'animo dei loro studenti. Si fann<?amare perchè vivono nella collettività della scuola. Ebbene a eh.e giova? Quando si aprirà un concorso non si terrà conto che della produzione scientifica, delle pubblicazioni. I diligenti saranno quindi bat– tuti dai meno diligenti. Entro certi limiti si può affermare che si fa tanto piit facilmente carriera, qu3nto più si trascurano i proprii doveri didattici. Si potrebbe osservare che dopo tutto il la– voro che pill importa è quello strettamente Bibloteca Gino Bianco scientifico : quello di laboratorio o quello speculativo che si racchiude nei libri. Non dico di no: ma le più elette menti sono quelle dalle quali scaturisce l'insegna· mento, la parola alata. e feconda ; quelle che fabbricano libri econtemporaneamente uomini. Si può anzi affermare che il I ibro è morto se non si trasforma in pensiero altrui. Ora il modo come si insegna è un indice, un si11- lomo dell'organi1.Zazione cerebrale del profcs· sore. Constato dunque che di questo indice, di questo sintomo non si tiene nessun conto. Socrate, in Italia, non è ammissibile. . . . Questo argomento si collega con quello delle vac.:mze abusive. Ma le vacanze sono la liberazione! Chi ha lavori in corso, o chi ha concorsi alle viste sa che potrà finalmente restituirsi alla serena indagine scientifica o che potrà finalmeule dedicarsi a tutl' uomo a confezionare una di quelle lrappole per gli imbecilli 1 quale ~ spesso un libro, pardon, un titolo! 1 commissari credito non ne fanno e se al nuovo concorso un concorrente non pre– senta un lito/o nuovo egli si sentirà dire: che si lascia andare, che non lavora piì:1 .... Conclusione: il motto dei commissari è spesso questo : ~ nego P uomo :.. Per gli studenti la quistione delle vacanze abusive si risolve talora in una quistione eco· nomica: di dieci giorni non sanno che far– sene. Se le vacanze durano un mese ci ripi– gliano il viaggio per andare in famiglia, la– sciano andare per un mese la camera d'affato 1 e coi quattrinelli di mammà fanno il regalo alla fidanzata. Gli studenti realizr.ano allora anche un altro van1aggio: quello di avere una quantità minore di materia per l'esame. . .. Gli stipendi attuali non bast,mo a vivere: ma secondo me non è questa la peggior cosa. La legge Casati cercava di Jasciar libero l'ar– ringo accademico a tulti coloro che avessero doti intellettuali sufficienti. Per concorrere a una cattedra universitaria non è necessario essere laureati o avere una qualunque licenza elementare, tecnica, ginnasiale, liceale o di istituto tecnico. li ministro Nasi cercò di vuluerare questa legge disponendo che non si poteva concorrere al posto di straordinario se non avendo la libera docenza, e che non si poteva ottenere la libera docenza se non due anni dopo In laurea. Veniva con ciò a negare tutto lo spirito della legg,! Casati. Per fortuna nostra non ci riusci. E ora siamo ritor– nati, almeno per questo riguardo - eccetitJne fatta per alcuni ritocchi che subi l'istituto della libera docenza - al regime tradizio• nale. Ma questo regime tradizionale ha dato origine a un altro privilegio : quello della riccheu.a. Per diventare professori d•Univer• sità è soprattutto necessario potere attendere, polere spendere, in altre parole, essere ricchi. So di alcuni professori di medicina {dove la carriera è in particolar modo lenta) che preferiscono come assistenti o allievi interni giovani intelligenti si, ma ricchi. Essi po– tranno spendere per le scienze e non avranno bisogno di guadagnar subito. E chi li può criticare seriamente? Se manifestassero ques{a preferenza per i più poveri, i professori avreb– bero maggior probabilità di vederseli strappare dalle supreme necessità della vita. In altre discipline le spese di stampa sono opprimenti : le riviste non bastano a dar ospi– talit~ ai lavori : bisogna pubblicarli a proprie spese. Gli editori non vogliono !;aperne di lavori monografici che hanno uno scarsissimo pubblico, E hanno ragione perchè spesso que– sti lavori non sono libri ma sono lito/i. Il titolo sia al libro come la venere solitaria sta all'amore. Ma possiamo anche prescindere dai lito/i. Uno scritto di matematica superiore può sperare al piìi di avere otto o dieci lettori : la metà nel paese, gli altri all'estero! Alcuni giuristi sono più fortunali, perchè hanno il pubblico degli avvocati; ma i cul– tori del diritto romano, della storia e della filosofia del diritto, dell'economia politica e della statistica sono in condizioni disgrazia– tissime. Ora se si considera che in media a tren– t'anni si consegue un incarico, :i trentacinque uno straordinariato in una università eccen– trica {con L. 3000 lorde) j se si considera che le spese di stampa sono aumentate a) per l'aumento del prezzo della composizione, b) della carta, e) delb mano d'opera, d) per l'esigenza dei commissari che vogliono titoli sempre più acrobatici (per lo sforzo che il loro peso richiede nel sollevarli da terra); se si considera che la libera docenza è di– venlata assai costosa ; se si considera che il costo della vita (dalle pigioni al mensile della serva) è grandemente aumentato; se si considera che l:1 carriera è ora più lenta e piò aleatori:1 che non fosse or sono ven– t,anni, si vede come non sia esagerato l'af– fermare che l'insegnamento nni,•ersitario ten– de a divcnt:ue sempre più un privilegio della ricchezza. . .. In certe discipline talvolla le cattedre si ereditano. Questo vale specialmente per al· cune materie che consentono 11esercizio della professione. Sono trasmesse come un quid connesso alla clientela. Fra le ragioni per le quali un professore non vinse la cattedra di un' Univer~ità ita– liana c'è questa : la moglie di questo can– didato era temula come una possibile rivale da una signorina intelligentissima che aveva simpatia per un professore della città in cui qucll' altro professore avrebbe dovuto venire ad insegnare. Lt signorina contribui a pro– curargli un ambiente ostile ali' insaputa di tulti : e per carità non cbiudiamoci i Jadri in casa 1 » . . . Un altro pregiudizio accademico è questo: gli interessati non devono mai lamentarsi. Chi strilla ha sempre torto. In qualunque al– ,m r:1mr= i llmmesso oacificamcnle che P in– teressato ha diritto di far valere le sue ra– gioni. Nel campo accademico no: questo è accademi'cammle scorretto. Un mio amico che fu commissario mi diceva : « bisogna star zitti. Una breve considerazione psicologica ne dimostra la necessità. Chi giudica i::onoi commissari 1 e sono sempre gli stessi. Preten• dete forse di convincerli che hanno fatto male, che sono stati ingiusti o peggio che non hanno competenza sufficiente? È un as– surdo il pretenderlo. Nessun uomo riconosce volentieri d'avere sbagliato. Invece, tacendo, si ottiene una specie di spontaneo esame di coscienia del commissario. Esso finirà per rendervi giustizia spontancc1mente, per sa– nare l'ingiustizia precedente>. Questo è vero. Ma questo contegno può essere suggerito a piccoli uomini : non a grandi uomini. Esso è buono per allevare delle mediocrità 1 non per far spiccare il volo :1lle aquile. Le ali lunghe ostacolano il volo dell'aquila che è a terra, ma la rendono pii.1 mae.o::tosa e più forte• quando essa è riuscita finalmente a levarsi in nito. Rimane dunque assodato che non bisogna strillare: neppure quando i commissari hanno dato il giudiz.io commettendo errori di fatto, facendo delle critiche errate su particolari tecnici che non conoscevano. (Continua). Emanuele Sella. dcli' Uninnu4 di Per.igU. L'ABATE HOUTIN ,. - Lettera da Parigi. Dieci anni fa l'abate I loutin non ern che un modesto insegn:111tc di slori:1 nel piccolo semi– nnrio di Angers, il quale, fra una lezione e l'nltra, occupaw, il suo tempo a indagare le origini dì quella chiesa applicando i criterii che già erano stati legiuimal'i (!al Duchesne. Che cosa bastò pcrcht dall'invcstig:1tore delle leggende angioine e dall'accademico ,Jclla &dd,i 11a:donnle d'agri– rolttwa tii sckuze e d'a,·li d'1\11gers csc:issc fuori lo storico dcli' americanismo e della quistione biblica e il rc<lattoredel .Siede I L'ombrosa ca-

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