La Voce di Molfetta - anno I - n. 5 - 31 dicembre 1950

"' 24 Dicembre 1950 LA VOCE DI MOLFETTA 5 --------------------------- ------------------------------ · J!R pri,me UJUJglll/.,ie J/lo/ jeflW --•-•---- . La più antica tipografia molfettese, di _ cui si abbia notizia, è quell~ che nel 1838 allestì: Tiberio Pansini di Molfetta, il quale, pare, tenne contemporaneamente la gestione anche di una litografia. Apparve, infatti, proprio nel t 838, un manifesto del Pansini, cosi concepito: "Avviso di associazione della tipografia all'insegna del Virgilio a Molfetta, diretta da Tiberio Pansini,,. Si conservano due novene stampate in · quell'anno:. l'una su San Luigi Gonzaga, fatta pubblicare ~alla confr~ternita omonima di Molfetta, l'altra su San Francesco di Gir0la1no,. dedicata al· santo dal cav. Giu- ·. seppe Sigismondo. In entrambe non è indi– cato il luogo di stampa. Tale omissione fa avvalorare l'ipotesi che a Molfetta non esistesse una vera e propria tipografia, ma semplicemente un ufficio, che facesse capo ad una tipografia di Bar i. Si apprende da un documento del 27 maggio 1838 che il consigliere distret– tuale Michele Pappalettere ·da Barletta _scrisseal nostro Vescovo Mons. Giovanni Costantini, chieden~ogli il parere su Tiberio Pansini, che aveva espresso il desiderio di dare alla luce due giornali ·dai titoli: Sacra. Se leva e· L'Ape Peucezia. Si sa, inol– tre che la Polizia generale aveva già concesso l'approvazione, a patto però che venissero cambiati. i titoli dei due giòrnaÌi. Nel febbraio 1848 Tiberio Pansini fece eseguire · nella sua litografia di Bari un lavoro di ·grande importanza politica. Su dieci fazzoletti di seta fu impressa l'imma– gine di Re Ferdinando II e, intorno a questa, tutto· il proclama della Costituzione, che lo stesso Re aveva emanato il 31 gennaio di . . qoeY'anno. _Uno dei fazzoletti fu don~to a Luigi La Vista, morto suHè barricate di Napoli il 15- maggio !848. In seguito I iberio Pansini si trasferì: a N apoH, dove nel t 854 possedeva un' attrez– zata tipografia. Infine risulta da docµmenti che nel J:875 a Molfetta, in Via Cappuccini n. 89, esi– ste;a la direzione della Tipografia« Dante», diretta dal signor Michele Fontana d'Ignazio. F. S. forma colloquiàle e quasi · confidenziale, d'un~ chiarezza apodittica. La morale della favola è che la de– mocrazia è difficile ma· non inipo;sibile agli uom1n1 di buona volontà; é una cosa alla quale non si· può rinunziare perchè non abbiamo altro .da mettere in sua voce. La democrazia che come . princ1p10 e come metodo è libertà e come fine gi~– stizia sociale ; un gioco al quale· non si può barare 'impunèmente; o se ne accet– tano le regole oppure prima o poi la storia · si vendica. Libro profondamente educativo, di es.. senziale ·pedagogia civile ,e politica, che . 1 nvita a ripensare umilmente i, problemi della vita pubblica. Ma chi _è colui che non presume di saperne abbastanza? di essere giunto per lo meno alla zeta dell'alfabeto politico ? Per questo il libro del Sacchi. sani letto da pochi: e sarà un peccato. . V. Q.UINET- La rivoluzione religiosa nel secolo XIX CURIOSITA'DIALETTALI · IL LIBRO POPOLARE a cura di F. Catalano U. E. 45 scechefe[à: crollare, rovinare, sfasciarsi. Voce _panmeridionale che in forme diverse (cufare, cufolare) st~ a denotare l'idea di qualche cosa che_si abbassa, si piega su se stessa fino a cadere. Dal greco kufòo - in– curvare. cìceme: orciolo a collo allungato ancora. in uso presso i1 popolo, di creta non ben cotta e perciò suffici~ntemente porosa. per · mantenervi fresca 1' acqua. Dal basso lat. cycinus, gr. KYKNOS- cigno, per la for.:. ma del collo. grange{eUòen~: grosso sbaglio, errore gros– solano. Deve frattarsi di una metafor; co– me per l'italiano granchio. La parola nel senso proprio non s'usa ·ma. non può essere che •grancevola• e quindi «g~ancevolone .., che è un crostaceo dei nostri mari, specie di granchio grossrye peloso, altrimenti detto, con parola parimenti e inversamente me– taforica, p~ppasuenne, ptr la. lentezza dei movimenti. m~sdsceclze: carne secca, salata o affumi~ cata. It. misalta, mosciame; na.pol. mesesca.. Quanto all'origine faccio due ipotesi: può trattarsi di una fusione o crasi di due_ag– gettivi giu~tapposti: moscia-f--secca;oppure la parola può essere COnQ.essa con l'it. bu– secca, cioè trippa, salsiccia, e come tale va col latino vessica. · f a.rf a rello f. SACCHI: L' A. B. C. del cittadino. .Biblioteca moderne Mond~dori. Il titolo di questo libro· può avere un sapore ironico e perfino sarcastico per poco che il lettore si .rivolga a conside– rare le assurdità e le contraddizioni in cui si dibatte la societa di questo nostro pic– c)lo mondo moderno. Esiste un ABC del cittadino ? e quale può esst~re in tutta questa babilonia? Il segno piu certò della crisi di una .società si ha quando in essa le stesse parole - libertà, giustizia, democrazia - gi_un– gono a significare fatti . e concezioni ·molto diverse tra loro o addirittura anti.tetiche. Allora non c' e altro da fare che ripor- . tare le cose al loro principio, come sug- · geriva Machiavelli. ·Ed è c~Ò che ha ·volut0 fare il Sacchi con questo libretto : proporre alle coscienze in termini piani --e sereni il problema e il prtncipio della convivenza· civile. Da questo tema, che polrebb 'essere l'assunto di una poderosa trattazione sto– rica, il Sacchi ha svolto un discorso in Di que~t' opera potrà interessare al lettore, sino ad un certo punto, la parte relativa al prograri.1rr,a di riforma ·religiosa, onde il titolo. E. Quinet,. sotto questo aspetto, si inseri– sce in. tutto quel 1,rgo movimento che nel secolo scorso fu l'espressione dell'impossibilità di risolvere i problemi religiosi nell' ambito della tradizio.ne postridentina. Interessantissime sono sopratutto le pagi– ne relative alla do:::umentazione della soppres– sione del paganesimo, per· mezzo di una vio– lenta e sanguinaria legislazione. --. ·Tutto ciò il Quinet volle apporre alla dif- . ' fusa credenza che la Chiesa Cattolica av~sse ro- vesciato le religiÒni ~nterìori con la sola forza espansiva della dottrina, con la sola suggestione della persua~ione, della bellezza, ~élla bontà morale? senza che 19- violenza e l'autorità abbiano avuto bis0gi;o di intervenire . c(p. 221 Ma se noq. andiamo errando, il pregio di quest' oper.t con~iste sopratutto. nella "igile preoccupazione dell' aut0re, che il pen– siero cioè non si riducc1 .a pure· formule, slo– gan diremmo oggi, tanto per adoperare una parola in voga, e, peggio, non divenga una balla fulgida, splendente idea platonica, che si è~::~c.. soitan~ 1 contemplare. L. P.

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