L'Unità - anno IX - n.7 - 12 febbraio 1920

ziooe di superficie di attrito permette di spe– rare in una lenta evoluzione dell'attuale stato d'animo. ).fessi alle strette tra il compromesso di P... :-igi e il Patto di Londra, noi dobbiamo i,ceglierc per il compromesso di Parigi. Che fare? lda. una domanda è nècessario fare al pre– sidente del Consiglio. E .... orrei che egli con una sua interrur,ione tagliasse sem:' altro il miù dhcorso. .Volle voc,: Tagli! tagli! onorevole Nitti ! SAT.. VEiHNI. Gli slavi, in conseguenza delle trattative di Parigi, sono stati invitati ad opta– re ua il compro.messo di Parigi ed il Patto di Londra. Assai probabilmente gli slavi faranno come l'asino di Buridano messo fra i due fasci di fieno: non si decideranno nè per l'uno nè per l' altru. Ma il Governo italiano, nel caso che ci :lli,1 una risposta di questo genere, è obbligato ad applicare senz'altro il Patto di Londra, op– .pure ha libertà d'azione tra il patto di lAn• drr. e il compromesso di Parigi i Se il presidente del Consiglio risponde che il Governo italiano non ha questa facoltà, e che il rifiuto degli slavi porla l'applicazione del Patto di Londra., lo voterò contro il Go– •erno, non intendendo appro"arc queste con• elusioni. Voci. Ba.sia! Basta! ( Vivissù11e ti1terr11zioni e cDnversauimi). Y«i. Basta l Basta! SAI_..VEMlNI. Parlerò! Parlerò anche sino a mezianotte ! (Rumori 'Divùsinu). PRESIDENTE. Facciano silenzio, onore• voli colleghi, e lascino parlare I SALVEM!Nl. Chiedo inoltre al presidente del Consiglio se Il compromesso di Parigi im• pegna gli alleati ad una solidarietà più cor• diale, più incoodi&ionata di quella che hanno dimostrata per quel che riguarda ti patto di Londra. Se, come non voglio dubitare, esiste que. sta ,olidariet:1 più incondizionata (Rumor,), ritengo che il Governo debba richiedere a• gli alleati I' applicazione immediata del com• prome.110 di Parigi. Nel quale occorre distin• guere : primo i territori che il compromesso ,ti Parigi ricono5Ce in sovranità del1 1 Italia, pei quali occorre procedere all'annessione im• mediata. Secondo: al di là di questi territori rico– O• l~ciuti in piena sovranità d'Italia, ci sono due tipi di territori.... (Rumon'): quelli la– ..,ciati tn piena 10vranità ali' Jugoslavia nella _Dalmazia continentale meno Zara; e quelli su cui il compromesso di Parigi stabilisce per la sovranità slava limitazioni con?tistenti in controlli Internazionali o In obblighi di di• 8armo 1 oltre a due ctttà sovrane, cioè Zara e Fiume (R11,,,ori). Fino a quando la Jugoslavia non abbia c1:. chiarato di accettare il compromesso di Parigi, il nostro Governo deve mant~nere l'occupa• zione attuale dei territori su cui vi sono ser• vitù ; deve abbandonare la Dalmazia continen• tale, meno l1 comune di Zara (Runwri); e deve _occupare la ciuà di Fiume (Rumori), mettendo fine all'occupazione di 0' Annunzio, che, giusti– ficata in un primo momento, oggi è diventata per l'Italia un flagello, un diimstra ! (ApprQVO– :, ""- - Rur,u,n). In questo senso pre~nto una mozione, in cu, 11rulo nome ha l'onore di e,sere accampa• gnato da quello di Leonida Bissolati. (.4.ppro,. t>a:WNi - (À111mmti - Ru111ori). PRESIDENTE. L'onorevole Salvemini ha dunque presentato la seguente mozione: · La mozione. La Camera riconosc-e che il compromessp di Parigi offre maggiori probabilitl, che il tratt..'\t0 di Lond'ra, di evitare una crisi disa– strosa per l'Europa, e di preparare rapporti pacifici italo."Javi per l'a,·,·enire ; invita pertanto il Governo a) a richiedere dagli alleati la loro so. lidar~tà per l'~cudone del detto compro• m~so, sostituendo definiti,•amente tale loro nuovo impegno a11;liobblighi, che erano ine– renti al trattato di Londra; h) ad annettere i terruori, che il com– promesso di Parigi attribuisce ali' Italia in piena sovranità ; L'UNITA . e) ad occupare il corpus uparatum di Fiume e mantenere quest'occupazione e quella del comune di Zara, della Liburnia e delle isole dell'Adriatico, fino a quando la Jugosta. via non riconosca il compromesso di Pàrigi, cioè assuma 1 1 obbligo di demilitarizzare le isole, rispettare la sovranità di .Fmme e di Zara, e ammettere il controllo della Società delle Nazioni sulla ferrovia e sui porti libl![• nici. - G. SALVEMTNI • L. BtSSOLA11. G. SALVE~UNI. Il Giornale [deideficienti] d'Italia ha fatto del discorso c-he precede, il seguente resoconto: SALVEl\llNl lamen1a che in alcune occa• sioni l'Italia non addivenne alla revisione del Patto di Londra e difende la politica dei ri• nunciatari che non è affatto fallita. Se noi avessimo libertà d'azione consiglierei di rifiu. tare il compromesso del 14 gennaio. Si do• manda se non sarebbe cosa migliore il la– sciare alle popolazioni delle città dell'altra sponda di decidere della loro sorte. Crede A sufficienti le garanzie date per le isole 1 nè si preoccupa del confine che passerà vicino a T,rieste, giacchè il fatto che quella città sta• rebbc sotto il ti10 dei cannoni non significa nulla, ora che c'è l'aviazione. In realtà la sola frontiera che garantisce è l'amicizia e la su– periorit;\ (rumori vivissùm). Ma nel compro– messo c'è una macchia : il sacrificio de!Pau• tonomia dell'Albania. Del 1esto la politica che mira allo sinembramento dell'Albania non è cosa d'oggi, risale fino ai tempi dell'on. Gier Jitti. GlOLITTI (che sùde Ire se/lori sollo ii po– sto do,u/,: Salw:111,i,iparla, b.ilza fn pie<l,J- - Non è vero. Al tempo in cui fui al Governo fu stipulato un accordo con l'Austria-Unghe• ria col quale ci Impegnavamo reciprocamente a rispettare l'autonomia della Albania e a non procedere ad alcuna occupazione territoriale. SAL VEMJNi. - C'è un documento pub– blicato dai bolscevichi, e dal quale io ho tratto la ml~ affermazione. GIOLITTI (al,a11do I, b,·accia). - I bol– scevichi non sono nè il Governo italiano, nè quello austriaco. SAt VEMINI. - Allora ella litieoe falso il documento dei bolscevichi ? GIOUTTI (,on fono). - lo non mi oc– cupo che di ciò che ha fatto, il Go\'erno ita• liano. (Bem). Ripeto: c 1 era un accordo com• pleto sul riconoscimento dell'autonomia, con JI impegno dall'astenersi da qualunque occu• pazione. SALVEMlNl. - Ma questo è il p ,tto sti– pulato da Visconti-Venosta ! GIOUTTI. - Non so. Io ripeto che al tempo in cui.... SALVE~UNC (inltrromp,11dolo). - I bolsce– vichi hanno pubblicato .... ('l'tll/1 la Camera ÙJ• sorgt contro l'on. Salvemilu du 110n appena /'011. Gioii/li accmno a parlare lo i11terromjHvio/e11• temmle . .Da ogni parte gl,' si gn'da: Jtfa lo la• sci dire l Poi gli rtpliclurtl). GIOUITJ (sacalo da/Nn/olltro11,a dd Salot– mini. p,ostgue a roc, piri olla). - E falso I Du– rante Ja guerra libica noi ci siamo asteauti di andare a Pr~fresa.... SALVEMlNI. - Allora smentisce I bol– scevichi. Tutta la Camera insorge gridando: Ma lo lasci dire! G1OLITTJ. - Ci siamo astenuti di andare a Prevesa per non intaccare quel patto! SALVEì\UNI. - Ella, dunque, smentisce i bolscevichi? ... (mmon~ to111111e11h). GIOl.lTTI. - Durante il tempo che fui al Governo non vi è stato alcun accordo del genere di quello di cui parla Salvemini. E non ho altro da dire. (Saltttmini /mia di ri– petere lt me ajfermaaiom~ mo la 0,11u,·a lo urla, mm/re Giolith~ cht è tomolo a sedere, couversa sorridmdD con /'pn, Pti1no. cl,e gli siede a lato). L'on. SALVEMlNI, continuando, insiste n~r dichiarare che il patto di Londra è disa• stroso, e cerca dimostrare la ragione di que– sta sua opinione. Non è un trattato elettorale, ma è una macelleria di pop:;li ! ( Vi.rissi1fu pro• tuie, ilan'tà, eommLnli, rumori). Ricorda che fi~ dal 'J 7 i suoi amic'. e lui chiesero la revisione di quel concordato. Ma - esclama l'oratore - si dice : sarà quel che sarà. No, noi siamo responsabili, e non possiamo dire: sarà quel cl.te sarà. { Vivi.I• nini r111t1ori). V«e dall'estrema. - Noi no, non siamo responsabili ! ( Vivissimi nunon·, apprOV<Uio11t~ proteste). • E l'on. SAtVEllllNI riprende il suo dire per affermare una quantità di er'csie fratri• ctde che non certo noi ammanniamo ai no• stri lettori 1 fra l'indifferenza e più fra i ru• mori della Célmera 1 che proprio non ne può più e spesso si abbandona ad urli d' impa-– zienza ed a grida di: Basta, ba.sta I Del se• guito del suo discorso naturalmente non si comprende più una frase. Giungono alle nostre orecchie alcune pa- role « Venezia Giulia .... compromesso di Pa• rigi .... niente Dalmazia .... occupare e mante• nere la ,occupaz1ooc.... ,. Così finisce, si può dire, senza che nessuno se ne accorga, e si reca alla Presidenza a presentare una sua mozione. Il segretarlo on.' tONGINOITI legge la mozione S:ilvemini che è molto lunga. Una dim'issione Romn, 7 Febbrnio 19:zo. Caro Gaspnrolto# La malcreata iridisposlzione, che mi ha im• pedito di essere a Roma prima di ieri, ha rotto il contatto fra il « Gruppo del rinnovamento,. e )lle, proprio in questi giorni di crisi spirituale dolorosa per molti fra noi, nel quali più ne• ccssario sarebbe stato scambiarsi le idee. Ma forse è stato bene. Ognuno <li noi, abban~ooato a sè stesso, ha cercato da sè la strada, ali' infuori di quelle suggestioni, spesso ingannatrici, che si formano nelle riunioni di personè, che sentono il dovere di cercare l'ac• corda fra loro anche a costo di sacrifid per– sonali, e che perciò talvolta nell'imporsi i sa• crifici personali sono trascinati dalla loro leale buona volontà al di là della linea del loro dovere. Ad ogni ~odo, bene o male che sia, è av• venuto questo: che la sera del 6 febbraio pa• recchi deputati del Gruppo hanno partecipato a una riunione di deputati e senatori di tutti Elettori e Il regime rappresentativo è oggi in crisi in tutta l'Europa, in parte almeno, perchè i Parla• menti hanno troppe funzioni. E per questo lato il rimedio è da cercarsi nella crear.Ione sia di parlamenti regionali, sia di as:,emblee rappreserl• tati\'e industriali, professionali, commerciali, sot• toposte sempre, s'intende, a un unico parla– mento veramente sovrano, ma godentl~di vasta autonomia e capaci di presentare al primo i pro• getti, a cui esso nou abbia da dare che l'ul• tima mano, dal punto di vista più generale. Ma la crisi nasce anche da un altro fatto, che è stato finora negletto dalle democrazie moderne. Nello sforno per rompere le oligarchie de– gli antichj regimi, estendendo a tutti i citta• dini il suffragio, le costituzioni democratiche hanno trascurato da uo lato il probl@ma del• l'organizzazione del corpo elettorale, e dall'al• tro quello della scelta e del càrattere del rappresentante. Cioè, da un lato il popolo è stato concepito semplicemente come la somma numerica dei cittadini, e lo Stato come la massa degli elettori ; e dall'altro lato si è venuti sempre µiù a concepire il deputato come il delegato, 11 mnndatario, investito di un mandato imperativo dagli elettori: Nelle sue origini - quale lo si può stu– diare nei Concilii della Chiesa, nelle Assem• blee degli Stati gener'ali medievali, o nelle opere di Mar:iilio da Padova, - Il regime rappresentativo aveva un :significato preciso per gli elettori e gli eletti. Gli elettori non erano gli individui, ma le h>ealtità e le I or– porazionl (la consuetu tine sopravvive ancora, ad es., nel diritto che hann() i Pari di Scozia e d'Irlanda di e'teggere nel loro seno un dato numero di loro rappresentanti alla Camera dei Lordi); e gli eletti erano coloro che erano rt1ponsahili per tali località o corporazioni; più che rappresentanti, erano plenipotenziari, veicoli dello spirito della commumlas, che li 27 i colori, in cui però secondo narra « I' Idea nazionale » (7 (ebbraio) ha finito col prevalere il colore del fascismo e del patto di Londra: e il tuo discorso alla ,~amera, che ho ascol– tato con trepida attenzione, sperando di tro– varvi materia per riposarmi nella opinione col- . letti\'a del Gruppo, è stata una apologia del patto di Lond1a, a cui si può rinunziare, a tuo vedere, solo perchè slamo in stato di necessità 1 solo per desiderio di pace. La mia con"lnz!one, invece, è che il trat– tato di Londra è stato sempre una cattiva azione e un cattivo affare, e la sua applica• zione sarebbe oggi lJiÙ che mai un disastro per l'Italia. Già altre volte, anzi sino dal primo nostro contatto, si è rivelato quanto il fondo psico– logico, da cui io attingo le mie idee e la mia azione, sia ~i"erso da quello di molti colleghi 1el Gruppo. Questa differenza, anzi talvo!ta antitesi, e lo sforzo che h()fatto finura per superarle in me stessp, mi hanno molte volte esaurito più che le più aspre ,mie lotte politiche. Perchè ricominciare a perder tempo in di• scussioni fra noi, amichevoli quanto si vuole, ma sfibranti e sempre rinascenti? Meglio che lo ml dimetta dal Gruppo in attesa che il congresso nazionale degli ex com• battenti assuma una posizione politica chiara, che mi indichi se debbo far parte del Gruppo parlamentare della organizzazione o dimettermi da deputato; lieto di avere conosciuto •fra \'Oi uomini 1 a cui rimarrò sempre legato da rispetto e da amicizia; desideroso di collaborare col gruppo in tutto quanto sia dl[esa dei diritti degli ex combattenti; pronto a r:lareal gruppo il mio consenso e a \'enlre a cercare in esso, se non mi sarà rifiutato, Il çonsenso ad ogni iniziativa che non intacchi la coscienza poli• tica di nessuno; ma fermamente deliber;,to a conservare intera la mia responsabilità· in tutti quegli argomenti, lo cui io senta hnpegnati i fondamenti delle mie credenze politiche e mo• rati. Ti prego, pertanto, d( comunicare al Gruppo le mie irrevocabili dimisaloni da esso. Di te del colleghi, alT.mo Jlmico G. SALVKMlNJ. Deputati sceglieva, perchè li riteneva i più atti a inter• pretarla con scienza e cosclen1.a. l\la col tramontare degli antichi regimi, svanite le antiche distinzioni giuridiche fra le classi, e le differenze tra città e campagna, nello sfor,.o fatto dalla borghesia per affer– marsi e sotto I' influsso della flloiiOfla indivi• dualista del secolo XVII a XVllI, gli antichi corpi elettorali collettivi si disciolsero nella massa degli individui abitanti in una certa regione. S1>arivano gli antichi ne!lSi corpora• tivi e non eran::> ancora in vista i nuovi. E la società appariva come una mera mnssa o folla di individui messi l'uno accanto all'aJ. tro: l'equivalente moderno della folla delle città greche o medievali, deliberante nella piaz1,a, dopo aver a,icollato I varlf oratori. Sennonchè, a poco a poco, si sono rive• late nuove linee di organizzazione In seno a questa folla, determinate dalle abitudini e dai bisogni locali, dalle affinità. professionali o cui• turali, dalla coscienza di classe, ecc. A poco a poco, ogni società moderna va., 11mtoli's mu• tandis, di\'entando una omm11nitas co111mu,ii/a• "'"'• come era la società medievale; a poco a poco, di bel nuovo l'Individuo viene a tro– varsi in relazione con lo Stato, non senza in• termediarl, ma pel tramite di molti gruppi organici federati, che tacitamente •e e~plicita• mente modifif.:mo la tradizionale costituzione dello Stato. Così il prob~ma c\,el rapporto tra i citta– dini e lo Stato, il problema della possibilità dell 'autogo\'erno, torna a mutare, ne' suoi ter• mini. E la sua urgenza è attestata da molte gravi questioni, che sorgono ad ogni passo: quella, per es., dei rapporti tra lo Stato e le organizzazioni de' suol funzionari. In America e in Inghilterra si è convinti che le cause massime della crisi del regime rappresentativo, e anche del modo lnsoddi• sfacente con cui ha fonzionato la Conferenza

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