L'Unità - anno IX - n.7 - 12 febbraio 1920

.. 26 Questa soluzione del problema, dal punto di vista nazionale ha il grande vant~ggio di alleggerire l,:1.Venezia Giulia di circa cento– mila slavi, che il t1attato d! Londra ci avreb– be aggregati in più. Nel territorio a noi così assegnato, gl' ital;;ni hanno, fino da or", una leggera prevalenza numerica ; ed essendo còn– centrati ed organb;zati. nella città, aggiungono alla semplice prevalenza numerica una su– periorità ancora più efficace ; la quale con– sentirà, in temp~ non lungo, senza violenze, senza sopraffazioni, la soluzicine del problema della convivenza fra le due stirpi, a patto che il Governo sappia resistere in quei paesi alle suggestioni malfide e pericolose dei nostri nazionalisti, i quali rimarrebbero disoccup~ti, se le lotte fra italiani e siavi non coniinuas• per tutta l'eternità. . li Trattato di Londra, invece, costituendo nella nuova provincia italiana una maggio-• ranza numerica slava, avrebbe dato agli sla;– v1 nelle lotte nazionali una posizione più forte; avrebbe reso assai piì1 difficile il pro• blerua di placare mediante una politica di equità gli odi nazionali - triste stupida ere• dità dei cinquant'anni passap. Dal punto di vista militare, invece, occorre t riconoscere che il confine stabilito dal com• promesso di Parigi non è brillante : passa a venti chilometri da Trieste. Ma quel confine non è brillante neanche per gli slavi: perchè tutta la conca liburnica rimane sotto il tiro dei nostri cannoni, e la ferrovia San Pietro• Volosca giace a sei chilometri dal nostro con• fine. Il vero è che abbiamo diviso il male per metà. Mal comune mezzo gaudio. Del re– sto oggi i cannoni non SOno quelli del tempo del J~rattato di Londra, quando il confine fu studiato in base alla potenza che avevano allora le irtiglierie : oggi la grossa Berta ci ha avve1.zati ai tiri dt cento chilometri ; e ab– biamo la delizia degli areoplani, che in caso di guerra subisserebbero Trieste e città anche più lontane dal confine, assai peggio che non possano le ariglierie. Eppoi, le frontiere non garantiscono nulla': sole garanzie serie sono le amicizie o la superio._ritàrlelle forze mobili. La Germania pel 1870 volle la frontiera si• cura: si creò una inimicizia sicura, e quando il nemico è stato più forte, la frontiera sidu- ra è saltata per aria. L'Austria nel 1866 volle anche lei la frontiera sicura, e rimase da que– sta parte delle Alpi : si fece una nemica si• cura, e non appena abbiamo avuto forze ba• stanti, l'abbiamo ributtata di là. Oggi il trat– tato di Londra ci darebbe una nuova fron– tiera sicura, portandoci al di là delle Alpi e mettendo nelle nostre mani tutti i- valichi o– rientali: ma se questa nostra politica 'di prete- sa sicurezza determinasse un' alleanza fra te• deschi e slavi contro di noi, la frontiera .a che ci servirebbe ? Voci al[ es/rema sinistra. Dovevate dirlo nel 1915, SALVEMINL L'ho detto prop,;o nel 1915 per combattere la politica d'odio fra italiani e slavi. Voci dall'eslt·emasinistra. Dove l'avete detto? SALVEMIN!. Sull' Umtd 'del marno, a– prile, maggio }915, BARBERIS. Proprio non c' è più nessuno che abbia voluto la g'uerra. . SALVEMJNI. lo l'ho voluta. Rivendico tutte le mie responsabilità. Non ne rifiuto nessuna. Ho il diritto solo che l' ideale, per cui accettai la guerra io, non sia confuso con quello che guidò nella guerra i nazid– nalisti e il Governo. (Interruzioni - Commenti). SALVEi\1lNI. E poi c'è nel compromesso di Parigi - mi perdoni l'onorevole presidente del Consiglio la forma forse un po' tro::-,po aspra, ma faccio tutto quello che è possibile per dargli un trattamento spe~iale (Ilarild) - c• è una macchia, c'è una vergogna per l'lta• 1ia:, ed è lo smembramento dell1Albania. Noi avevamo una tradizione pu~a e nobile della i,olitica italiana: quella della difesa del– l' autonomia albanese. Alla vigilia del congres• so di Berlino, tre volte la conquista dell 'Al– bania ci fu offerta, dall'Austria, dalla Russia, dalla Germania: tre volte rifiutammo. Il mi– nistro Visconti Venosta indusse il Governo austro-ungarico ad impegnarsi, a voce nel 1897 per iscritto nel dicembre del 1900 1 ad esclu– dere l'Albania dal giuoco dei compensi reso possibile dall'articolo VII della Triplice: lta- L'UNITA lia ed Austria si obbligarono allora, per tutti i casi, a rispettare l'autonomia albanese e a non fare 1.iggiù veruna conquista. Era poli– tica onesta, ed era un buon affare; perchè l'Albania è il paese più vicino alla costa pu– gliese, e i nostri commercianti vi avevaqo già cominciato una spontanea opera di penetra– zione, senza chiedere permessi ed aiuti a nes– suna Consulta, perchè qu3.ndo si tratta di fare le cose sul serio, la Consulta non esiste, ed è meglio che r.on esista; e in un'Albania libera e amica nostra, noi abbiamo la sicurezza di esercitare una spontanea influenza,che nessun altro paese ci potrebbe vittoriosamente contra• stare. Noi avevamo questa bella tradizione. Ma 1'8 magg o 1913, come si legge nel documento c'he è stato pnbblicato dai bolscevichi, l'ono– revole Di San Giuliano e il Governo austriaco si accordarono per dividere l'Albania in due zone d'influenza o parti eguali, con dirittO di occupazione militare da parte dei due con– traenti nella zona d' in0uen1.a di ciascuno. Fu un delitto, di cui il ministro Di San Giuliano, morto, non può più render conto; ma dovrebbe renderne c~nto alla camera e al paese, 11 onorevole Giblitti. (Commenti). GIOLITTI. Ci doveva essere l'indipendenza completa dell'Albania e c'era l'accordo con l'Austria sullo stesso punto. SALVEMINI. È un documento pubbUcatb dai bolscevichi, e non è stato smentito nell:t sua autenticità. GIOLITTI. È assolutamente falso. SALVEMlNI. Allora ella nega l'autentkità di que~to documento? • GIOLITTI. Non mi occupo dei documenti pubblicati dai bolscevichi. Non mi occupo che di quelli fatti dal Governo italiano. SALVEMINI. Dunque quel documento non è autentko? (Ohi Ohi)' GIOLITTI. La cosa è la più semplice del mondo. Si era d 1 accordo su questo punto di lasciare l' indipendenza dell'Albania e di aste– nersi tanto l'Austria che l'Italia dall'occupare qualunque parte àell'Albania. SALVEMINI. Ma quest~ è l'accordo VJ. scontt-Venosta del HJOO. GIOLITTI. Ha sempre continuato. SALVEMINI. L'accordo Viscontl•VenostaJ Goluchouski fo messo per iscritto nel 1900: nel 1897 fu stabilito a voce e messo in iscritto Ilei 1900 (Rumori). Ma i bolscevichi hauno pubblicato una cohvenzione tra il Governo italiano e il Governo austriaco, nella quale, nel maggio 19r3, è stabilità la divisione dell'A1. bania in due patti, coi diritto all'Austria e all'Italia rii occupare dascuna la sua parte. GIOLITTI. È assolutamente falso. Noi ci slamo astenuti in modo assoluto dall'andare a Prevesa e a qualunque .... ( J,,/erruziom· del de– putalo Salvemù:i} ... e questo patto ha durato, sempre finchè sono stato al ,Governo. • SALVEMlNI. Il fatt~ di Prevesa è del 1911; la convenzione pubblicata dai bolscevichi è del 1913. Ad ogni modo rimaniamo intesi che l'o– norevole Giolitti smentisce l'autenticità del documento pubblicato dai bolsceviehi. (Ohl Ohi) GIOLITTI. lo non posso occuparmi dei doc~menti pubblicati dai bolscevichi. I~ posso affermare solamente che durante il tempo che fui al Governo non vi è mai stato nessun ac– cordo del ~enere di cui parla l'onorevole S2.l– vemini. ( Approvazi'oni). PRESIDENTE. Onorevole Giolitti, la pre– -go di evitare ulteriori interruzioni. SALVEMINI. La politica di smembramen• to dell' 1\lbania è consacrata poi nel trattato di Londra, che imi)Cgna l'Italia a non opporsi all'abbandono dell'Albania settentrionale al serbi, e della meridionale ai greci. Come mai, essendo impegnata da questo paclttm sceleni la 'Consulta abbia nell'estate del 1917 proclamata l'unità e la indipendenza dell'Albania, è per me un mistero inesplicabile. E l'on. Nitti, a Parigi 1 ha completata l'o– pera del trattato di Londra; anzi l'~ peggio– rata, perchè ha abbandonato ai Serbi più an– cora di quanto non sacrificasse il trattato di Londra. Ed io vorrei, per l'onore d'Italia, che l'onorevole Nitti ci assicurasse almeno che nelle trattative egli ha resistito a lungo, acca– nita1uente, a questa iniquità, così manifesta, prima di cedere. Non entro in altri atgomenti perchè,sa• rebbe troppo lungo. (Commenti). Mi basterà riassumere il mio pensiero : che non c' é da essere nè contenti nè orgogliosi del compro• messo di Parigi. Il trattato di Londra. Ma 1 signori, se rifiutassimo il compromesso di Parigi, dovremmo chiedere l'applicazione del patto di Londra. Ora, per quanto il com– promesso di Parigi sia pieno di difetti, il patto di Londra sarebbe, più che difettoso, disastroso addirittura. li patto di Londra smembra in due parti la Dalmazia; implicherebbe lo smembramento in due e forse in tre Stati, nemici fra loro, dei paesi slavi del sud ; smembra in tre parti, tra la Se~~ia. la Grecia e l'Italia, l'Albania; smembra l'Arcipelago greco tra la Grecia e l'Italia. Qualunque popolo ha incontrato sulla sua strada, ha tagliato senza riguardi nella carne viva. Quello non è un trattato interna– nazionale, quello è una macelleria di popoli! (}nler,-uzioni - Rumon). Per quel che riguarda il diritto nazion°ale italiano, il trattato di LomJra include nel no– stro confine territori di evidentissimo preva– lente carattere slavo, c..he la tradizione nazio– nale non ha mai considerato, salvb rarissime e non autorevoli deviazioni individuali, come territori italiani: dico la Ltburnia, la Dalma– zia settentrionale e le isole de~l'Adriatico. E vic'eversa, abbandona senza nessunissima ga• ranzia di uguaglianza giuridica e di libertà di cultura italiana, senza neanche il diritto di optare per la cittadinanza italiana, i nuclei di italiani che sono disseminati tra le popola– zioni slave al di là della ~linea magica. Uno di questi nuclei è quello di Fiume. A questo proposito, pregherei la Camera di .consentinni di rettificare un'affermazione fatta dall'onorevole Bevione nel suo discorso di itri. Egli ha affermato che nessuno prima della fine del 1918 o dei primi del 1919 ha rimproverato al Governo rabbandono della città di Fiume ai croati. Orbene, io debbo rettificare questa inesat• t'ezza grave. Uno dei motivi per cui nel set– tembre del 1917 domandavamo, non l'abban– dono, ma la revisione del patto di Londra, era proprio questo: che occorreva riparare al• l' ingiustizia commessa a danno della città di Fiume; nel settembre, dico, del 1917, quando la censura cominciò a trattarci meno brutal– mente (I) ( lt1terruziom del deputato Barher,s - Rumori). Questo medesimo motivo, come base alla necessità della revtsione 1 riaffermammo ancora più nettamente, nel gennaio del 1918, quando la censura ci permise di parlare un po' più l;beramente (2). (I) (/11ità, 13 settembre 191;: e La convenzione di Londra è ancora suscetti– bile di notevoli perfezionamenti, anche nell'interesse dcli' Italia. Bisogna che la. t.radi,ùmak cqsfituzio,u a14Umoma del m1micipi'o di Fiume sia rara11tita. dal• l' ltali'a.; l>isogoa che agli italiani delle terre dal– mate, IAscfate alra Serbia, sia assicurato per patto internazionale il diritto di avere le proprie scuole, di usare la propria lingua nei tribunali e negli atti amministrativi; bisogna che le ferrovie da. Trieste e da Fiume ai !ispettivi retrovia siauo regolate da patti ioterna:tionali, che rendano impossibili le .:irtifi– ciose concorren1:e • (2) e: Nell'Austria-Ungheria Fiume godeva di una costituzione autonoma, che la separava dal Regno di Croazia, e ghtridicamente la associava, come ente di– verso dalla Croada, al Regno di Ungheria .... E finch! i Magiari rispettarono l'autonomia, cioè fino agli ul– timi anni del secolo X IX, Fiume "isse tranquilla. e In seguito i Magiari bauno ..preteso di magia– rizzare Fiume, e la loro bestiale pPlitica di soprnffa– zioni dette origine a resistenze tenaci, a lotte violente, in cui il partito italiano o e autonomo ,. difese dispe– ratamente e onoratamente le franchigie cittadin,e con– tro un Go\'erno senz' onore e senza dignil:\ e E con le lotte fra la municipalit!I. italiana e il 'Governo di Budapest si sono complicnte le lotte fra gP Italiani e i Croati, i quali ultimi affermavano' in concorrenza coi ~fa.giari il IOfOdiritto a s;chiac• eia.re in Fiume gl' Italiani « Rivelandosi cosi difficile la difesa della vecchia autonomia cittadina, non solo contro i M,1ginrì, ma anche contro i Croati, cominciarono negli ultimissimi anni gli accenni dì un irredentismo italiano, per opera specialmente di gio,·ani. che venivano n fare i loro studi in Italia. e Ma se si ristnbilisse la vecchia costituzione aut~noma, adatt:.i.oclolameglio ai nuovi tempi, e difen– dendola contro eventuali attentati del nazionalismo croato, col fare l'Italia garante della l.'Ostituzionc fiu– mana, questa solu,:.ione conciliefebbe C\'identemente tutte le esigenze etnicl1e e nazionali Come garante dell':1.Utonomia fiumana, l'Italia avrebbe diritto di in. tervento a tutela dei nostri connazionali, qualora l'auto– nomia non fosse rispettata dai Croati • La necessità di fare a Fiume un trattamento speci11le è determinata dal fatto che Fiume è un grosso centro cittadino vivace c. 1>ensibilissimo, al quale non si può paragonare nessuna delle piccole agglomera– zioni, prevalentemente rurali, della Venezjt1 Giulia. Se anche a queste popolazioni sarà prudente che l'Italia lasci in misura più larga che sia possibile le loro i!sti– tuzioni tradizionali, siffatta necessità è più evidente che mai per una città come Fiume, fornita di una classe dirigente capacisMma di amministrarsi da sè, sulla quale il uazionalismo croato sarebbe sempre ten• tato di prepotere, se w1 patto internazionale non lo tenesse in freno )lo, (Q11estioue dell'Adrù1tz'co; prima edi– :tione, gennaio 1918, pag 64·66). Orbene, di questa città di Fiume che cosa avverrà se applicheremo il trattato di Londra? Si dice: sarà quel che sarà. Eh no! Noi siamo uomini responsabili, e non possiamo dire: sarà quel che sarà .... BARBliRIS. No! Noi non siamo responsa– bili!... ( Ilarità -Rumon). . SALVEMINI. L'applicazione del trattato di Londra, per quel •che riguarda Fiume, non sarà quel che sarà. Sarà il _principio di una crisi, di cui non possiamo prevedere i risul– tati e gli sviluppi; o meglio possiamo prove– dere· un risultato, che non sarà certamente utile ali' Italia. E non credo che sia il caso di insistere. A buon intendltor poche parole. Il trattato di Londra, oltre che iniquo da·l punto di vista nazionale, à stato sempre ed è sempre un pessimo affare. Non occorre che io ripeta quello che ha detto !'on. Ciccotti ieri, ricordando i danni, che il trattato di Londra ci ha fatto nella· guerra, permettendo a Casa d'Austria di at– teggiarsi, lei, di fronte agli slayi del sud, a tutrice della loro ucità e indipendenza nazio– nale contro l'Italia, dando all'.ç\.ustria, dopo la primavera del 1914, un .ritorno di gioventù. Quanti ~omini nostri sono stati uccisi, non dalle armi nemiche ma dal trattato di I.on• dra, non lo potremo mai calcolare ! · Dopo di aver accentuato i dolori della testè finita guerra, il Patto di Londra ci da• rebbe una pace velenosa, preparatrice di una nuova prossima guerra I... ( Commenti - Ru– mori). Si è affermato in ,questa Camera che i tecnici considerano necessario il possesso della Dalmazia del Patto di Londra alla· sicurezza italiana nell'Adriatico. Ma i tecnici abbiamo Imparato ad apprezzarli per quel che valgono, durante la guerra testè finita. La Dalmazia è necessaria militarmente, non all'Italia, ma ai tecnici, perchè ci obbligherebbe a en◊rmi spese militari di te.rra per proteggere il nuovo . fronte terrestre al di .là del mare; e questa necessità ci gorterebbe ad aumentare i corpi d'armata e i gradi corrispondentJ. Ci obbli• gherebbe inoltre a tenere impegnato per i rifornimenti nell'Adriatico un enorme naviglio commerciale; e per assicurare il movimentO di questo naviglio in caso di guerra, biso– gnerebbe tenere nell'Adriatico un corrispon– dente navi;;-lio militare. Ed allora avremmo l'ampliamento degli Organici della marina, corrispondente all'ampliamento degli organici della guerra. Ma la Dalmazia, necessaria militarme'nte ai tecnici, non è necessaria militarmente al– i' Italia: anzi sarebbe dannosa perchè, in caso ,.... di guerra i nostri centri vitali non sarebbero In Dalmazia, ma nella Venezia Giulia: a Go– rizia, a Trieste, sulla costa Istriana; e ogni uomo che dovesse essere diStratto dal fronte giuliano per andare a buscar avventure al di là dell'Adriatico, rappresenterebbe un tradi– mento per la reale sicurezza italiana. La sicurezza del mare e i! suo dominio non è dato dal numero delle basi navali, ma dalla preponderanza deJle forze armate, quan– do v,isia un minimo sufficiente di basi navali, opportunamente coordinabili. L'Inghilterra tie– ne nel Mediterraneo tre sole basi navali, e non si è mai sognata di Conquistare tutte o quasi tutte le coste e le isole del Mediterraneo, come vorrebbero i tecnici nostrani per !'_Adriatico. L'Italia, avendo il saliente marittimo dell'Istria con Lussino nell'Alto Adriatico, Lissa nel Me– dio, Vallona con Brindisi e Taranto ali' imboc– catura, ha basi abbastanza per la sua sicurezza in questo mare. (Vivùsimi rumori e convenaziom nell'aula). Mentre peggiorerebbe la nostra situazione terrestre, e non sarebbè neces.,;aria per la no– stra sicurezza navale, la occupazione della Dal– mazia del Trattato di Londra creerebbe poli– ticamente un odio eterno fra noi e gli slavi· del sud: 12 milioni di uomini, la cui inimicizia inespliabile peserebbe da ora in poi su tutta la nostra politica estera e militare; le risorse di 12 milioni di italiani i1J1pegnateda ora in poi a fronteggiare quelle di altrettanti slavi. Sarebbe come se uscissimo da questa guerra a,·cndo perduto quasi un terzo del nostro ter– ritorio nazionale. Il compromesso di Parigi, invece, circo'– scrive, per quanto è possibile, le superficie di attrito tra noi e gli slavi; e questa delimita'-.

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