L'Unità - anno IX - n.5-6 - 29 gennaio-5 febbraio.1920

onnipotenti i Comitati, organismi occasionali e irresponsabili, e diminuirebbe troppo il \·alorc della libera volontà degli elettori che, quanto più sono colti, tanto più hanno una opinione per– sonale, che va rispettata, sui vari i candida ti. I comitati, anche se facessero del loro meglio, non riuscirebbero certo mai ad aC:contentare tutto il corpo elettorale; e 1_nolti,fra gli elet– tori migliori, si asterrebbero dalla lotta, ve– dendo troppo difficile la riuscita dei candidati preferiti. A far ~i che non si rinnovino le lotte fra i compagni della stessa lista, penseranno que– st'altra volta i candidati stessi, premunendosi con patti chiari e specialmente col rifiutare la compagnia di chi ritengano capace di tramare nascostamente a danno comune. ERNESTO ROSSI. POSTILLA Siamo assai incerti se accettare la difesa, che l'amico Rossi fa del voto di preferenza. Il quale è estremamente comodo per i Comi– tati e per i candidati peggiori: i Comitati for– mano la lista - il potere più pericoloso fra LUtti - e sfuggono alla responsabilità di cla:s• sificare i candidati, scaricandola S\1glielettori; i candidati non hanno il coraggio e la lealt.'1 di imp:>rsi a vicenda e di accettare lealmente, alla luce del sole, un dato ordine di prefe– renza, e si riservano di spezzarsi vicendevol– mente le gambe sott'acqua. E gli elettori, che vedono il gioco, hanno mille motivi per disprez– zare comitati e candidati 1 ed astenersi dal par– tecipare a quella specie di « gioco piccolo >> che è la lotta delle preferenze. L1. quale divente– rebbe feroce colla scheda a tipo belga: per– chè l'analfabeta potrebbe difficilmente fare di più che esprimere il voto di lista; le prefe_ ren~ sarebbero designate dalla minoranza, che sa leggere; i voti di questa minoranza salireb• bero a prezzì favolosi, annullando in realtà i voti degli analfabeti, che servirebbero ~olo ad ingrassare i quozienti. Certo, l'obbligo di stabilire un ordine di preferenza fra i candidati, metterebbe in diffi– coltà gravissime di indole morale i Comitati e i Candidati. Ma queste difficoltà non farebbero male agli elettori: tutt'altro. E nella maniera, con cui sarebbero superate, gli elettori avreb– bero elementi decisivi per fare la ::celta o astenersi. La quale astensione è anch' essa un modo di punire i comitati e i candidati. La possibilità del voto di preferenza illude Comitati e candidati che sia possibile truffare l'elettore; e l'elettore, che non può pre,·edere il resultato del suo voto, e non vuol essere truffato, si astiene. Quando, invece, il Comi– tato sarà costretto a classificarci candidati, ogni Comitato presenterà solamente su per giù tanti candidati quanti spera riescano vittoriosi: e gli elettori dei candidati ultimi nella lista lavore– ranno più che potranno per moltiplicare i ,•oti di lista e assicurare la posizione degli ultimi. Insomma, noi, pur non avendo sui voti di preferenza la stessa ferma opinione, che abbia– mo a favore della scheda a tipo belga e contro voti aggiunti, propendiamo per abolire anche i voti di preferenza. E ameremmo che i no3tri amici discutessero questo punto più special· mente. L'UmM. Il nostro cuore palpitò È stato tenuto il 25 gennaio il congresso del Sindacalo l-laiùmale lU/le Cooperalive, emana– zione (per intenderci) dell' U11itJ1u ilalùma dt! /avo,-(). Rileviamo delle « norme per i rappresen– tanti », che • il Sindacato si differenzia dagli altri organismi del genere, in quanto è con– trario risolutamente a quell'indirizzo che, sptto la veste della tutela, era un vero e proprio parassitismo corporativo a spese dello Stato. » Il nostro cuore ha palpitato, leggendo que– ste parole. C'è, dunque 1 qualcuno in Italia, fra i cooperatori, il quale comincia ad avve-. dersi che la cooperazione, quando sia intesa cosi come la intendono quasi tutti i cooperatori in Italia, non è che strumento di parassitismo corpori1tivo e di autocorruzione elettorale. Ma le parole son femmine e i fatti sono maschi. La « dichiarazione di principio » potrebbe essere come un bel gufo impagliato sulla porta del castello: dentro il quah..., < 1 fosse o non ci foss<: il gufo, la vita si svolgesse lo stesso. L'UNITA Come, dunque, la pratica del Sindacato si differenzierà (per esser chiari) da quella delle cooperative socialiste o clericali? L'ideale, per esempio, della cooperazione di consumo, per Antonio Vergnanini 1 oramai, lo conosciamo: l'Italia agricola divisa in « zone d'influenza », ognuna delle quali starebbe sotto la sovranità di un commissario requisitore so– cialisfa ufficiale: le cooperative socialiste uffi. ciali tengono per sè tutto ciò che è prodotto nella propria regione, e indicano ai commissari requisitori quel che costoro debbono saccheg• giare nelle altre regioni ai prc1.zi più comodi; i soci delle cooperati\,c mangiano e bevono; e gli altri si arrangiano: e siccome le coopera- tive sono concentrate quasi tutte nell'Italia settentrionale. i coo1>eratori socialisti ufficiali dcli' Italia settentrionale mangerebbero e be– verebbero, e i non cooperatori del Mezzo– giorno sarebbero i loro sudditi feudali. I cleric~li hanno lo stesso ideale. i\Ia per ora debbono contentar:-i se ci riescono di parteci– pare al privilegio socialista, salvo creare, in un secondo tempo, un monopolo clericale: mentre . i socialisti vogliono finora ora il monopolio per st. Le cooperati\•e dell' [/mOne ilaii'tma del lavo,-o thiederanno libertà ed eguaglianza per tutti? Questa è la questione! Perchè i telefoni dello Stato sono passivi Il dissesto, che la guerra ha creato nella pubblica finanza, si è comunicato alle aziende che amministrano i pubblici servizi. Tra queste. oram~i pro"erbiale è il disavanzo che persi• stentemente ::-i verifica, alla chim,ura di ogni sincero bilancio, nell'amministrazione telefonica statale. Se i tèlefoni non rendono qu,ello che do– vrebbero, ciò si de\'e a gravissimi vizi di am– ministrazione. Tra i non meno gravi è quello delle tariffe. Prendiamo le tariffe del servizio urbano, che ha importanza maggiore per il numero degli utenti e per la maggiore inflnenza che eser– cita sull'economia dell'azienda. Quali spese incontra l'Amministrazione te– lefonica di Stato per fornire il servizio ad un abbonato di una rete urbana di una grande città? L'abbonato è mu~ito presso il suo domi– cilio di un apparecchio del valore commerciale non inferiore alle L. 350. Una uguale somma rappresenta in media il valore della parte del– l'apparecchio centrale o multiplo, che funziona presso 1'ufficio al quale fa capo la linea tele– fonica. Tale linea, pei materiale impiegatovi ha un valore inferiore non alle lire 480 per le distanze medie di km. 3 dall'Ufficio Cen– trale. Si deve aggiungere la somma di L. 50 per spese di materiale per appoggi e sostegni (pali, mensole, isolatori, ecc.) Sicchè in tutto un abbonato urbano rappresenta per l'Ammi– nistrazione, per impiego di materiale, l'inve• stimento di un capitale intorno alle L. 1230. Inoltre per ilsérvizio di commutazioni occorre spendere in media L. 16o an11ue t>er ciascun abbonato, essendo necessario una telefonista collo stipendio medio di L. 3800 per circa 28 abbonati. Oltre a ciò, per og~i apparecchio ad alimentazione locale, si va incontro o.duna spesa di cicca 10 lire all1anno per con-sumo di corrente. Il capitale di L. 1230 investito per ciascun abbonato rimane sempre di proprietà dell'Am– ministrazione; ma esso rappresenta sempre una spesa, della quale è giusto compensare l'amministrazione stessa coli' interesse Cùm– merciale del 6 °, 0 • E se si pensa che per la naturale continua degradazione dovuta all'uso quotidiano e per le incessanti modificazioni e innovazioni da apportarsi agli apparecchi cen• trali e locali, il materiale stesso si può dichia– rare fuori uso dopo un tempo medio di 25 anni, è necessario che nel bilancio delle spese compaia anche il 4 °/ 0 della somma predetta per consumo di materiali. Epperò ogni abbonat~ costa ali'Ammini– strazione: L. 16o (spese di commutaziorìe) L. 75 (interesse 6 per cento della somma di L. 1230); L. 50 (interesse 4 per cento delle somma di L. 1230); L. IO (corrente). In totale l'Amministrazione dei telefoni dello Stato spende io media L. 295 all'anno per abbonato, ll()n computandovi le spue d'im• pianlo, di ma1111/e11z1011e ed atinè ! di amminislrn– zùme. Quanto ricava lo Stato dall'utente?' Il sistema di tariffa a foifail in vigore in Italia, nella maggio"r parte delle reti urbane, classifica gli abbonati nelle seguenti categorie: Categoria A (industriali, commercianti, eser– cizi pubblici); Categoria B (professionisti privali); Categoria C (giornalisti, opere pie): Categoria D (uffici governativi, provinciali, comunali). Esaminiamo gh abbonati della categoria A. che pagano assolulame11te di pjù, Essi per le grandi reti (Torino, Genova, Napolt 1 Firenze, ecc.) pagano, per le distanze non superiori ai Km. 3 dalP Ufficio Centrale, L. 300 annae, compreso l'aumento di L. 100 apportate dal D. L. 984 24 luglio 1918. Solo a Milano e a Roma pagano, nelle stesse condizioni, rispet– tivamente poco più o poco meno. Oltre le pre– dette 300 lire, de,·ono corrispondere una volta tanto una somma eguale alla metà dell'importo dell'abbonamento di un anno per spese d'im– pianto. Gli abbonati <1ellaCategoria B per quelle reti dove esiste tale distinzione 1 pagano clall~ 220 alle 26o.. I redattori, i corrispondenti, gli ammini– stratori dei giornali politici quotidiani e le opere pie (categoria C) pagano soltanto L. 100 ali' anno. · La categoria D paga il 50 per cento sulle tariffe degli abbonati della categoria A) Per conseguenza gli stessi abbonati, che pagano di più, quelli della categoria A, lascia– no quasi del tutto scoperte le spese di manu– tenzione che non sono indifferenti, e quelle di amministrazione che sono terrificanti. E difatti, se si pensa che circa 16oo tra operai e agenti (a parlare solo di quelli di ruolo) e non meno di 250 tra capodivhioni, segretari e applicati grav.ino per stipendto sull'amministrazione te– lefonica, si c()ruprenderà facilmente come i te~ lefoni debO()n() esser passivi. Non !'lervono ripieghi e finzioni per coprire il disavanzo. L'Amministrazione telefonica è sulla via maestra del fallimento. Sarà però necessario restituirle alla industri,1. privata? Prima di ricorrere a quest'estremo, è in– dispensabile escogitare ogni altro rimedio, che valga a salvare l'Amministrazione dal disastro. In primo luogo è necessario ridurre le spese di amministrazione, che sono invero enormi, e meglio disciplinare quelle di manutenzione, che non danno un porzionato reddito. Sotto que– sto rapporto, la questione telefonica si ricol– lega a quella generale della rifonna della bu~ rocrazia. Questa riforma 1 se per tutte leamministrazioni di Stato è opportuna, per quella telefonica, e, in generale, per tutte le amministrazioni per le quali è necessaria la completa industrializ– zazione, è questione di vita o di morte. Non c'è dubbio che riducendo il numero dei fun– zionari e degli agenti alla metà e fors' anche a un terzo, e pagandoli meglio, e quindi scegliendoli con migliore cautela, si possa ottenere un rendimento migliqre di quel che si Ottiene oggi da una pletora d'impiegati, che grava pesantemente sul bilancio, contri– buendo ad aumentare la massa dei malcon– tenti e le continue agitazioni. Si dovrebbe fa– cilitare l'esodo di quegl' impiegati, che son disposti ad andar via, stabilendo per essi con– dizioni di favore; e bisogna avere il coraggio di colpire inesorabilmente gli inetti e gli in– fingardi. Non insisto su que!:.t0 punto perchè molto è stato detto e scritto, per quanto lassù da quest'orecchio non ci sentano. Ma ricorderò solo che la rete telefonica urbana della città di Firenze, già di proprietà della Società Ge– nerale Italiana dei Telefoni e riscattata dallo Stato nel 1907, serviva prima del riscatto circa 3000 abbonati ; il servizio di commuta– zione era allora disimpegnato da 42 telefo– niste; quello di manutenzione e dei nuovi impianti da 16 operai; e quello di direzione e amministrazione da un direttore, un inge– gnere, un capotecnico, un segretario conta– bile e due impiegate. Ebbene a distanza di 12 anni dal riscatto, la StèSSa rete si è mentata di poco più di rooo abbonati 1 ma si è anche arricchita di un numero più eh,; quadruplo di personale addetto ai sen•izi. Ac– canto al direttore, all'ingegnere, al capotec– nico, al segret;frio, abbiamo oggi 44 impie– gati, cli cui 6 segretari e 8 applicati.: le an– tiche 42 telefoniste si -.ono più che tripli– cate; là dove bastava l'opera di 16 operai non so -.e oggi ne siano sufficienti circa 110! Mentre gli abbonati sono aumentati del 38 010 gli iinpicgati sono cresciuti del 400 010. E il servizio va assai J>eggìo che ;2 anni or sono. Non è propr:o il caso di far commenti ! (Si "deve però notare che una piccolissima parte di detti impiegati è addetto anche al servizio della Direzione del compartimento dei Tele– foni della Toscana). Ma con la sola riduzione delle spese. il pro• blema non sarebbe risolto che per una parte sola. Occorrono maggiori proventi a!JlAmministra– zione. È assolutamente indispensabile rlvedere le tariffe attualmente vigenti. Oggi abbiamo in Ita– li.:~ il sistema delle tariffe a j()lfail accoppiato col criterio della divisione per categorie. Per tale sistema un utente paga non in ragione del– l'uso,che del servizio egli fa,ma per il fatto di ap• panenere ad una piuttosto che ad altra catego– ria. li borsista, il commerciante, l'industriale, si servono del telefono in misura molto supe• riore a quella del vecchio pensionato o del piccolo proprietario, pei quali esso, più che uno strumento di uso continuo, rappre9enta SOio una comodità. Epperò la differenza fra la tassa pagata dai primi e quella pagata dai ,secondi dovrebbe essere eguale alla differenza dell'uso, che è dimolto superiore alle L. 40 annue. Nè é a dire che una innovazione di tal genere apporterebbe un gran danno ai primi. Quante volte ho sentita dire da com– mercianti : « Sono disposto a pagare il triplo, pur di avere un servizio sul quale poter fare assegnamento ! » L'attuale sistema forfait<1rio presenta il grande inconveniente, che colui il quale si serve del telefono in misura maggiore, pur pagando assolutamento di più, paga relativa– mente di meno degli altri. Dai dati statistici si rileva che in una grande rete urbana il co– sto medio di una telefonata si aggira intomo · alle L. o,o62. E poichè l'uso, che un com– merciante fa del suo telefono, è nel rapporto medio di 10 a I rispetto a quello che può fare un abbonato della categoria B 1 ne deriva che il primo, caelen's pa,-ibus, paga, il servizio 7 o 8 volte di meno del secondo. In tal modo il costo del servizio grava per la mag– gior parte sull'utente, che ricava una utilità minore, che se ne serve meno e che per giunta strilla meno : perchè, non bisogna di– menticarlo, le proteste e le rimostranze mag• giori partono da chi paga meno ! Abbiamo poi gli utenti della categoria C. Non discutiamo circa la convenienza o meno per parte dello Stato di accordare speciali fa– cilitazioni o ribassi alla stampa politica e alle opere pie. l\fa che il ribasso non si riduca poi a far. pagare il servizio meno di un terzO' di quello che costa. Perché in tal modo si ag– grava la passività dell'azienda per cause da non imput~rsi a chi l'azienda stessa amministra; e si fa sostenere solo ad alcuni utenti l'onore di un privilegio, dal quale altri traggono ,•antaggio. G_liuffici governativi, provinciali e comu– nali poi colla tariffa D pagano la metà della tariffa della Categoria A. E questo è lo scon• cto maggiore. Perchè l'azienda telefonica, ac– cusata di cattiva amminbtrazione, sopporta una parte non indifferente delle spese, che dovrebbero comparire in bilanci di altri Mi– nisteri o di Province o cli Comuni ! Anche 1>ergli uffici pubblici perciò sarebbe necessa– rio che il servizio telefonico \'enisse pagato per lo meno al prezzo di costo. For~ cosi si apporterebbe un freno alla prodiga abbon.

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