L'Unità - anno VIII - n.32-33 - 7-14 agosto 1919

170 timi mesi, dubitare che tutto il mondo non considerasse il trattato di Londra come un « capolavoro di ingegneria , nazionale, diplo-– matica, militare e commerciale. Non era lecito sospettare che il Presidente \Vilson non fosse anche lui sotto il fascino irresistibile dell'ono– revole Sonnino. E quando il Presidente Wilson, non legato al trattato di Londra, indisposto contro il pro– gramma italiano dalla bestiale tattica di pro– paganda della Consulta, convinto di avere fatto già troppo per noi riconoscendoci l'Istria fino al fiume Arsa, forte della potenza ccono-– mica e finanziaria degli Stat'. Uniti, di fronte a un paese, come il nostro, povero di materie prime e bisognoso di aiuti per superare la crisi formidabile del dopo guerra, quando il Presidente Wilson ha puntato i piedi ed ha buttato per aria le inette eo;cogitazioni di una diplomazia, che era vissuta sempre fuori della realtà, - allora i responsabili del disastro non hanno pensato che a nascondere le proprie responsabilità, pioicttando le loro colpe su chi aveva preveduto il disastro e aveva, in tempo ma invano, cercando di far comprendere che occorreva cambi.ire strada per evitarlo. L'opera nostra non ha servito purtroppo ad evitare uno solo degli errori, che !'on. Son– nino aveva giurato di co1J1mettere ed ha com– messi con tenacia degna di miglior causa. Nè in essa gli Slavi avevano bisogno cli venire a cercare le forze, che trovavano in abbandanza ~a sè nella debolezza intrinseca del nostro pro– gramma ufficiale e negli errori inauditi con cui questo programma è stato presentato e di– feso dagli agenti della Consulta nei paesi al– leati e neutrali. ' L'opera nostra ha servito solamente a di– mostrare, fuori d 1 Jtalia, alle persone di bu/2na fede e di buon senso, che non !utli gli Italia– ni sono mentitori come i propagandisti della politica sonninia1,a; che non tutti gli universi– tari italia11iappartengono al tipo intellettuale e morale dei famosi e 93 » tedeschi del 1914; che nella patria di Ma1.zini esistono sempre uomini, fomiti della probità e del coraggio morale, che occorrono per resistere a cinque anni di censura, di esaltar.ione guerresca, cli villanie e di calunnie oscene pagate dal Go– verno, e per affermare contro le degenerazioni prussiane e levantine della politica ufficiale i principi di giustizia nazionale e di umana e• quità, da cui è uscito nel secolo XlX il Ri– sorgimento italiano. E in quest'ora torbida di irritazione e di disorientamento - risultato di una politica ciecamente sabotatrice, la quale sembra non essersi proposto altro fine che dare al popolo italiano la impressio.ne di un terribile insuc– cesso, succeduto ad una immensa vittoria, - in quest'ora di amarezza e di scoramento, si deve all'opera nostra se ci sono in Italia al– cune migliaia di persone capaci di guardare la crisi di questi giorni con fiducia nell'avve– nire: perchè hanno compreso tutta la infonda– tezza della montatura, che la politica sonni– niana ha creata intorno a conquiste territo– riali, tutt' altr'ò che utili, anzi dannose dal punto di vista, e nazionale, e militare, e com– merciale. E quando a furia di pestarsi e di ammac• carsi, italiani e slavi avranno riconosciuto la necessità di uscire dal miserabile ginepraio, in cui si sono lasciati intrigan! dalla leggerez– za propria e dalla perfidia altrui. allora l'ope– ra nostra aiuterà le persone di sano criterio, al di qua e al di là dell'Adriatico, a trovare -più agevolmente la via dell'accordo. Perchè è bensì vero che dalla Conferenza di Parigi la nostra soluzione esce battuta, non tanto nei particolari materiali del nuovo assetto adria– tico, i quali anzi sono vicinissimi alle propo• ste nostre, quanto nello spirito da cui noi sia– mo stati diretti e animati. Noi abbiamo sem– pre affermato che l'Italia deve « rinunciare » ai territori slavi, che non rappresentano per essa nes~un interesse vitale, non perchè la « rinuncia » fosse fine a sè stesc;a, ma perchè era un mezzo necessario alla costituzione di una intima solidarietà italo-slava per vincere la guerra e per assicurare la pace: il nostro compromesso doveva essere il resultato di una comune volontà di amicizia e di equit.ì. li compromesso. invece, che uscir?! dalla Confc- L'UNITA renza di Parigi, nasce da una lotta lunga e irosa, è imposto dalla reciproca incapacit~ a sopraffarsi, è avvelenato dal rancore e dalla smania di ricominciare la lite, da una parte e dall'altra. àla dalla Conferenza di Parigi usci– ranno battuti, insieme a noi, tanto i naziona– listi italiani quanto i nazionalisti slavi: si sono dilaniati e disonorati a vicenda con polemiche stupide e feroci per quattro anni, nella spe– ranza di strapparsi gli uni agli altri tutte le . terre dell'Adriatico orientale; e invece àovran– no contentarsi di un compromesso incoerente e squilibrato, in cui tanto l'Italia quanto la Jugoslavia otterranno nello st~so tempo più e meno di quanto non anebbero avuto interesse a desiderare: e chi sa quanti di essi si lecche– rebbero oggi le dita, se potessero otterere la soluzione proposta da noi e da essi rifiutata. Ebbene, in attesa che l'ora del ravvedi~ mento" suoni per tut:i. - nella tempesta di menzogne e di violenze. che continuerà a im– pen·ersare anche dopo la Conferenza di Pa– rigi, - questo nostro libro continuerà a dire la parola della giustizia e del senso comune per gli uomini di buona volontà. Arb<Jrn uri– mm quae al/eri satN,lo prnsinl. Combattenti e concorsi 11 recente Decreto l\linistcriale, che ban– disce concor~i a cattedre di scuole medie {Bollelli110 Ujficiale dtl Afm . .I. P., 191';), n. 26, pp. 876-877) dice: « Le pubblicazioni fatte « dai candidati dopo l'anno scolastico 1914-15 • (cioè posteriormente al 30 settembre 1915) << non saranno prese in considerazione dalle « Commissioni esaminatrici >>. Comprendo cd approvo la clausola, la quale ha per scopo di non porre i combat– tenti, o coloro cui un lungo servizio militare abbia comuuque distratti dagli studi, in con• dizioni d' inferiorit;\ di fronte agli altri. Ma meno giusto mi sembra ciò che viene dopo: « Per quanto riguarda le pubblicazioni, le com– « missioni:giudìcatrici avranno facoltà di am– « mettere e giudicare anche quelle portanti « vu.i data posteriore a quella sopra indicata, « quando ritengano che, per la mole di tsst, « p,r la loro importa11za e le dijficoltà delle ri– « urdu, il lavoro del candidato possa consi– « derarsi compiuto entro il termine su indi– « cato ». Il criterio della mole (!), del!' ù11porta11zo t dtlla difficoltà delle ricerche è empirico, ri– stretto, e può prestarsi ad involontarie ingiu– stizie di valutazione. Non pochi, richia1l1ati alle armi nel marzo-aprile 1915, in trincea per anni cd anni, non ebbero modo di stam– pare che molto tempo dopo lavori già pronti fino dal 1914 o dal 1915. E pertanto sommamente ingiu!>tO escludere tali pubblicazioni - se non sembri agli esa– minatori ch'esse posseggano i requisiti di cui sopra - soltanto perché occupazioni di guerra impedirono all'autore di farle stampare entro il 30 settembre 1915. Deve quindi essere ammessa la presenta– zione di /u/11 le pubblicazioni, per le quali sia ri'goro,ameute provato da documenti che erano pronte prima ddla mobilitazione generale del 24 maggio 1915. Gli esaminatori devono concedere .:.i com– battenti questo che spetta loro per elementare equità. FERDINANDO BERNJ~I. POSTILLA. Noi siamo assai più radicali del nostro col– laboratore. Noi riteniamo che non si doveva escludere dai documenti dei concorsi nessuna pubblicazione, anche se preparata dopo il 30 settembre 1915. Nei prossimi concorsi,. si debbono valutare come punti di merito ai combattenti, che non hanno. potuto stu• diare, gli anni di servizio militare e le distin– zioni al valore; e si deve consentire a quelli, che non hanno potuto fare la guerra, ma hanno studiato, di utilizzare il proprio lavoro scien• tifico di questi anni. Ognuno ha fauo il suo dovere come meglio ha potuto: ad ognuno il dovere compiuto deve essere egualmente compensato. Bisogna che questi concorsi di prima ammissione sieno fatti per esame. Volere o volare, l'esame è sempre il metodo meno di~ fettoso per i concorsi. E in tutto il mondo i concorsi per le prime ammissioni nelle pub– bliche carriere si fanno per esami. - Elimi– nati mediante gli esami gli inidonei, sarebbe stato giusto, nel graduare secondo il merito gli idonei, tener conto non solo della bontà rela• th•a delle prove di esame, ma anche di tutti gli altri meriti di ciascuno: servizio prestato come supplenti e pubblicazioni, per chi non ha fatto il soldato; servizio militare e distinzioni al valore, per i congedati dal servizio mi– litare. i\Ia in questo nostro paese di privilegi hanno co~inciato i combattenti a volere met- tere in condizioni di inferiorità i non combat– tenti. Creato questo privilegio, subito si sono fatti avanti alcuni gruppi di combattenti a fare ossen 1 are che le pl!bblicazioni scientifiche non sono una esclusività dei riformati, ma ci sono combattenti che avevano pubblicazioni pronte fino dal 1914, e se non hanno potuto stamparle subito, non è colpa loro: cd ecco allora la 1\linerva a dare alle Commissioni esaminatrici la facoltà di tener conto di quelle pubblicttzioni, cli cui a occhio e croce, per la mole (sic) e per l'importanza, si può giudi– care che sieno state ponzate prima del 30 set– tembre 1915: quale :cuccagna per i giudici poco scrupolosi! Ma allora si fa avanti il no– stro Bernini, e fa osservare che ci possono essere lavori, noQ grandiosi, eppure preparati prima del maggio !915, e stampati cinque anni dopo, perchè l'autore aveva altro da fare in questi anni: ed )la ragione anche lui. Ma dietro al Bernini può venire un combattente, che ha trovato modo in questi anni di stu• diare anche in trincea (Cesare Battisti prepa– rava sull'Adamello il volume sul Trentino!), e può protestare perchè si neghi proprio a lui, che ha saputo combattere e studiare e il cui merito perciò supera quello di tutti gli altri, il diritto di far valere le sue pubblicazioni del tempo di guerra. !\fa ci può essere anche un combattente, ferito nel 1915 1 e riformato in seguito alla ferita, che fra il 1915 ed oggi ha studiato seriamente e pubblicato qualche buon lavoro: perchè non se ne deve tener conto? E bisognerebbe fare per ciascuno un' inchie– sta, per sapere quando precisamente e come concepì il suo parto stampato. A questi pasticci si arriva, quando si è perduta - e questo è i! corso dell' ltalia - ogni idea cli diritto cgu.ile per tutti. / I combatte~~~T\ Ho letto l'articolo dcli' Ansaldo sui « Com– battenti ,., Teoricamente e logicamente ha, non una, ma cento ragioni. E assurdo che il fatto d'a,,er passato o poco o molto tempo in trincea, dia capacità o maturità politica a chi è andato lassù, perchè ce l'han mandato per forza, e vi è rimasto perchè non poteva far altrimenti. È pericolosa un'organizzazione di combattenti, che premono sullo Stato per ottener privilegi, e avendo fatto l'Italia una ora s'accingono a mangiarsene due, ecc. ecc. Tutte cose giuste e sacrosante e ragione– voli, finchè si rimane fuori del movimento dei combatte11.ti.l\la provate ad entrarci in mezzo, e la realtà che è sempre la co~ più illogica e pili assurda di questo mondo, si incaricherà di mostrarvi che le prevenzioni e le diffidenze apriorbtiche eran quasi tutte ingiustificate, e che, ad ogni modo, dal movimento dei com– battenti possono scaturire i maggiori e più impensati benefici. l\Iass,, secondo me, questi : 1° l'ufficiale (l I borghesia) riprende con– tatto col soldato (plebe, proletariato); il che in .Italia non si sa om1ai come pos~a avve– nire altrimenti che col movimento dei com• battenti; 2° si crea nel:a massa della gioventù italiana delle varie classi quel stmo della guerr(i e dt/11, villoria, che è il necessario presupposto per lo sfruttamento culturale ed economico della guerra vittoricsa, e che fino– ra purtroppo è in Italia allo stato crepusco• lare e minaccia di s,•anire prima ancora di delinearsi. La mia esperit:nza personale è questa : partito dai preconcetti ragìonevolissimi del- o Bianco l'Ansaldo, sono giunto alla Educia realistica del Salvemini: entrato con diffidenza nel mo– vimento, ora vi rimango volentierissimaruentc ; in meno di ae mesi mi sono convinto nel modo pill irrazionale. ma nel modo più sicu– ro, che la nuova democrazia italiana puù sor• gerc dal movimento dei combattenti. fecon– dato dallt: idee dcli' Unità, se tutti gli uomini del calore dell'Ansaldo si metter.inno con noi al lavoro. A. )(o:-.rr. / Lo Stato progettista Quando fu istituita la navigazione di Stato fra Kapoli e la Sicilia, la burocrazia rerro,·iaria sentì il bisogno di rinnovare i piroscafi: tanto, paga Pantalone! E furono così costruiti quattro nuovi piroscafi per passeggeri: Cillà di A1/cr1110, Cillà di llftssùl(l, Cillà di C1/a11ia, Cillà di Si– racusa. 1 piroscati furono costruiti con la mentali– tà... ferroviaria: cioè :,enza cabine. ma con scom• partimenti ~ ~cdiii e mensole per i baga~li, in modo che i vi ,ggialori dove,,ano srnrc seduti come nei treni. Si guadagnava cosi molto spazio per aumentare il numero dei viaggia·ori tra– sportabili. Dopo tu110, pensarono i ~apientoni delle ferro,·ie dello St.tto, un viaggiatore, che sta seàuto in treno, p6 una notte, fra Napoli e l\le:-sina, può fare altrettanto in piroscafo. Non pensarono, però, i comendatori romani che il mare non è la terra, e il piroscafo non è un treno. Il piroscafo balla sull'acqua, men– tre il treno scivola sulle rotaie. Motivo per cui i bagagli, nei piroscafi, costruiti come se fossero treni, saltavano sulle teste dei viaggia– tori; i viaggiatori erano sbattuti gli uni nelle braccia degli altri; e c'era nei piroscafi quel che non c'è nei treni: il mal c~imare! Inoltre i piroscafi consumavano tanto di quel carbone, che presentavano un deficit annuo di due milioni. Motivo per cui i quattro piroscafi bisognò rifarli. Ma il progettista e i burocrati, che :we– vano approvato il progetto, continuarono a far carriera. Tutto il contrario de!l' industria pri– vata, dove i responsabili dello sperpero sareb– bero stati mandati subito a spasso. Bisogna requisire I È la parola d'ordine d1 tutti gli « amid della povera gente ». Quando è la folla, che requbiscc tumultuariamente, una. buona parte delle merci è distrutta ipso fiuto,· e quel che non va a fin re !-ubito in ca!>adei rcquisitori, è portato alle Camere del lavoro, dove "a a male se non è subito rimesso in circolazione. Conclusione: merci distrutte, e merci che pas– sano di'>ordinatame111eda alcuni padroni ad altri padroni, che diventano alla loro ,·olta .... pescicani. Quanào le requisizioni sono fatte dalle autorit.'t regolari, le cose non v.inno meglio. Pcrchè, se requisire è facile, conserva1e è di:·– ficile. Il commen...io non è un';1rte facile: ogni merce esige cautele speciali per essere conser– vata, secondo le qualità, i luoghi, le stagioni. E quest'arte la possiede per ciascuna merce il commerciante specializzato per il trattamento di essa, mentre i pubblici fun1.ionari requisitori non posseggono n,essuna arte di nessun genere, meno quella di scriver carte e di rovinare tutto ciò che cade sotto le loro unghie. Ne consegue che le requisi,:ioni burocratiche distruggono spesso più merci che le requisi– zioni rivoluzionarie. Ecco per es. che cosa ci fa sapere il &le del 1 °, 2:, 5 luglio sui capolavori delle requi– sizioni militari vinicole: r. - Una partita di 20.000 ettolitri di vino !>iciliano fu abbandonata in cistemc me• talliche mal smaltate di piro!)calì per un mese e più. Il vino divenne inchiostro e depositò tale fcciume di composti ferrici da essere im- . possibile utilizzarlo ancora come vino. E si tratta di un valore di 2 milione almeno I 2. - Una parfita di oltre 10.000 fusti da ,·ino (tanto ricercati e tanto mancanti al com– mercio) giace inoperosa da due anni a Mestre. I fusti naturalmente non sono curati da alcuno. 3. - Un gruppo di 40 serbaloi da vino sta da un mese fermo agli scali di l\lcstre, in :1bbandono, mentre il commercio cerca col lanternino i serbatoi. L'autorità militare ne re– quisì 900 sui 1800 che l'Italia possiede; è ora di restituirne almeno la metà e più.

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