L'Unità - anno VIII - n.32-33 - 7-14 agosto 1919

L'UNITA La questione dell'Adriatico Riproduciamo la prefa:io,u, du accompag11a /1, secondaedi~1"onc della Questione dell'Adriatico. jinalmmle permessa dalla cmsum. Questo volume s:lrcbbc uscito, per la pri– ma volta, nell'estate del 19t6, se non fosse stato soppresso dalla ccni;ura. Rielaborato as– siduamente in base ,.i nuovi ekmcnti, che erano andati accumul:tndosi fino a tutto il 19 r7, ottenne la libera uscita nel gennaio del 1918. Esscndo,;i presto esaurita la edizio– ne, fu preparata questa seconda, fra la bat– taglia del Piave e quella di Vittorio Veneto, tenendo conto dei fatti e delle polemiche del 1918. La pubblicazione doveva avvenire nel nov~mbrc dc::l 1918; ma la censura ritornò al divieto totale del 1916: mutano i saggi. Oggi che la censura è abolita, il volume ,·iene pub– blicato così come si trovava stampato sui pri– mi del no\·embre 1918 sen1.a nessuna modifi– ca1.ione. Ciò non vuol dire che il nostro sistema di idee sia rima~to del tutto immutato attraverso le esperienze di questi ultimi mesi. Per la città di Fiume - che nel trattato ---diLondra \'on. Sonnino si impegnò a lasciare alla Croazia, senza preoccuparsi nemmeno di as;icurarnc la tradizionale autonomi.i, e che ancora nel Consiglio di guerra del 26 dicem– bre 1918 l'oa. Sonnino si ostinava ad esclu– dere dal programma nazionale italiano, e che solo nel mese di marzo del 1919 la Delega– zione italiana al Congresso di Parigi si decise a considerare come città italiana - per la città di Fmme, che i nove decimi dei più in– transigenti urlatori di questi giorni hanno scoperta solamente dopo la battaglia di Vit– torio Veneto -, noi affermavamo in questa, come nella precedente edizione del gennaio 1918, la necessità che fosse costituita in cillà libera garenllfa da/I' Ilnlia, con diriflo d' i11ter– vmlo de/I' Italia tonlro evmluali allentali della fu,oslavù, (pagg. 61-2). E analoga soluzione abbiamo sempre proposta per la città. di Zara (pag. 273). Fra que.,ta libertà garentita dal- 1' Italia con diritto cl' intervento in caso di necessità, e l'annessione vera e propria, la differen1.a si riduce a ben poco: a una <fdif• ferenza di bandiere », come dicevamo sull' U- 11ilà del J 2 dicembre 1918; ma questo « pic– colo sacrifizio di forma » meritava di essere fatto dall'Italia - spiegavamo sempre nf'II' lf. nild del I:? dicembre 1918 - « per non ferire troppo direttamente le su.scettibilità. degli sla– vi » ~ e rendere meno difficile una soluzione amichevole del problema adriatico. E se po– tessimo ancora sperare in un compromesso italo.slavo, accettato da entrambe le parti con spirito amichevole e con leale volontà di ri– durre al minimo le contestazioni, noi conti– nueremmo a difendere tenacemente la nostra formula di transazione, a preferenza della formula più radicale dell'annessione pura e semplice ali' Italia. Ma, per otto mesi, i diplomatici che hanno rappresentato i popoli dcli' Intesa alla Confe• renza di Parigi, sembrano non essersi proposto, nel problema adriatico, altr,o programma, se non quello di ingigantire le minime difficoltà, inasprire i meno interessanti attriti, esaltare i più grossolani scionivismi italiani e slavi, e nella furiosa esasperazione degli animi rendere impraticabile qualunque via, che non fosse quella di una nuova guerra, a fondo, senza guartiere, nell' interesse della Germania. Sif– fatta politica, <legna non sappiamo se di ma– nicomio o di galera, ha creato oramai a Fiume e a Zara una situa~ione psicologica, in cui la soluzionè di compromesso della libertà garen– tita dall'Italia produrrebbe con:tcguenze assai più gravi e dannose per la pace europea e per la preparo!Jione, i,, un owmire più o meno lon– lano, di amichevoli rapporti ila/o-slavi, che la soluzione radicale dell'annessione pura e sem– plice ali' Italia. Oramai la condizione degli animi, al di qua e al di là dcli' Adriatico, è questa: che in Fiu– me e in Zara, città libere, le maggioranza ita– liane si sen·irebbcro della loro libertà per ri– petere ogni giorno 11 voto per l'annessione: le minoranze slave tenterebbero og11i giorno di rh'oltt1rsi contro le maggioranze, costrin– gendo l' Italia a interventi continui pel man- tenimento dell'ordine pubblico: le maggic.ranze, esasperate dalla lotta, avrebbero mano libera nelle due citt:\, da esse governate con poteri sovrani, per opprimere le minoranze, senza che un'autorità superiore estranea potesse interve– nire a tutela di queste, dovendo l'Italia li– mitarsi a garentire le libertà cittadine, e non potendo la Jugoslavia assumere nessuna difesa dei connazionali. Fiume e Zara funzionereb– bero comt due ascessi cancrenosi nell'Adria– tico. La «combinazione», da noi escogitata in vista cli una situa1.ione pacifica, <leve ca– dere dopo che la malvagia follia nazionalista, fomentata da tutti i governi, è riuscita per o,a a prevalere, fra italiani e slavi, sui consigli della ragione e della probità. E noi abbiamo troppo spesso biasimato la politica sonniniana del mulo bendato, pcrchè ci sia lecito impun– tard, per vanità, per testardaggine, a predi– care una soluzione, la quale presupponeva un complesso di condizioni, che non si sono rea– lizzate. All 1 infuori di questa modificar.ione, non essenziale, domandata dagli avvenimenti di questi ultimi mesi, noi non abbiamo nulla da modificare al nostro sistema di idee. Il quale è stato sempre indipendente dalla cosi detta « carta della guerra », cioè dalla vicenda dei successi e degl' insuccessi militari, per cui l'on. Sonnino ~ietava il nostro volume al tempo della vittoria di Gorizia, lo permetteva dopo Caporetto, la vietava da caµo dopo Vittorio Veneto. La soluzione da noi propo– sta è la sola giusta e ragionevole dal punto di vista nazionale, militare e commerciale, e per l'Italia e per la Jugoslavia; è la sola utile agi' Interessi benintesi e permanenti dei due popoli adriatici ; è la sola che possa as– sicurare, con la pa( e italo-slava, la pace del mondo. • . . Al nostro volume, in questa nuova forma, accadrà senza dubbio quel che è successo alla edizione precedente: .sarà accolto con villanie e calunnie ; non gli saranno opposti nè documenti autentici, nè argomenti razio– nali. Le volgarità e slealtà palemiche, di cui abbiamo raccolti alcuni esemplari nelle note ai capitoli e nell'appendice di questa edizione, ed alle quali hanno dovuto, di fronte alla prima edizione, appigliarsi coloro, che ave\•ano l'cbbligo di darsi le apparenze di voler discu– tere, si ripeteranno senza dubbio sotto le sfer- 1.ate contenute in questo libro. Non ce ne spaventiamo, e non ce ne rammaricheremo. Siamo sicuri di essere nel vero. E questo ci basta. Di una sola fra le accuse, che vengono:più spesso ripetute, allorchè si riconosce la impos• sibilità -;licontrastare con argomenti attendibili la serietà e la lealtà intrinseca del nostro la• voro, vogliamo occuparci. Ed è quella, tutta estrinseca, che noi con la nostra e.pera ab• biamo indebolita la posizione de! nostri ne– goziatori nella Conferenza di Parigi: 1° dando argomenti agli Slavi e al Pre– sidente Wilson per sostenere la ingiustizia di una parte delle rivendicazioni territoriali son– ninlane nall'Adriatico: 2° dimostrando che l'opinione pubblica italiana non era concorde, alle spalle dell'o– norevole Sonnino, nell'esigere la conquista della Dalmazia settentrionale e insulare se– condo il trattato di Londra; di Fiume e di chi sa quanto territorio intorno ad essa contro il trattato di Lonctra; e magan di tutto il resto della Dalmazia fino alle bo~che di Cattaro, affinchè l'on. Sonnino assumesse l'aspetto del moderatore, anzi che dell'eccitatore del nazio– nalismo italiano. L'infondatezza di quest'accusa risulta a luce meridiana quando si consideri: 1° che il nostro volume è uscito. nella sua prima edizione, nel gennaio del r918: ma dal 1915 era cominciata la campagna de• gli slavi contro le pretese italiane sulla Dal– mar.ia ; e la ostilità. fuori d'Italia contro il programma territoriale del trattato di Londra eia divenuta generale in tutti i paesi delJ' In– tesa, gi:ì sulla fine del 1916, quando l'Unità riprese le sue pubblicazioni col programma, che ai nostri ben pensanti parera fantastico, dell'Au.s1n·a .Delmda e di un compromesso italo-si,wo, in cui gli slavi dove,'ano ricono• scere ali' Italia la legittimità del possesso della Venezia Giulia, e l'Italia doveva rico• nascere come terra spettante agli Slavi la Dalmazia. La opinione pubblica dei paesi dell'Intesa, dunque, non ha avuto nessun bisogno di aspctlare gli argomenti raccolti nel nostro volume per considerare iniquo il trattato di Londra per quanto riguardava la Dalmazia: tutti nel mondo sapevano e sanno quali sieno le vere condizioni nazionali del• l'Adriatico orientale. Solamente in Italia la censurn, vietando ogni discussione, e la pro– paganda governativa diffondendo menzogne su men:ogne, sono riuscite a far credere che la D~i:ll.azia sia terra italiana oer diritto na– zionale o necessaria alla vita nostra per ra– gioni militari o commerciali. Questa propa– ganda di mendacio. organizzata anche all'e– stero dall'on. Sonnino, e non l'opera nostra, ha ottenuto il resultato di rendere la politica ufficiale italiana spregevole, oltre che odiosa : odiosa perchè prepotente, spregevole perchè bugiarda; 2° che nè l'opinione pubblica dei paesi alleati, nè i Governi di Francia e d' Ioghil• terra, e meno che mai il Presidente '\Vilson, avrebbero tremato di paura di fronte ali' Ita– lia, invece di fare quel che hanno fatto, se l'opinione pubblica italiana si fosse mostrata compatta nel sostenere o nel credere le bugie e le perversit::"tdella propaganda sonniniana, nvece di dividersi in una esigua minoranza di pubblicisti, che non si lasciavano travol– gere dalla corrente generale, e una enorme maggioranza, in cui si rimescolavano caotica– mente, per motivi appostissimi, a sostenere la p)litica ufficiale, giolittiani e nazionalisti, cle– ricali e massoni, neutralisti e inte1ventisti, au– striacanti e irredentisti, agenti della propa– ganda tedesca e salariati della Consulta, e . una moltitudine suggestionata e fanatizzata da un orribile avvelenamento metodico di qu.1tt .. "ù anni. Se invece di troYarsi di fronte Sonnino, Orlando e Barzilai, il Presidente Wilson avesse a\'uto Sonnino, Orlando e Bis• solati - tutti concordi nel volere ciecamente il rispetto del trattato di Londra in Dalmazia, più la ,·iolazione del trattato di Londra a Fiume - \Vìlson sarebbe andato lo stesso per la sua strada: e avrebbe messo in un unico maz1.o con Sonnino e Orlando, non Barzilai, ma Bissolati: ecco tutto. E la ri– prova di quanto affermiamo si trova in quc• sto: che \Vilson ci ha disputato non solo Fiume, ma anclre il territorio fra l'Arsa e il ~fonte Maggiore, sul quale il sentimento na– zionale italiano, dal I 866 ad oggi, è stato sempre concorde ! . .. Se si vogliono trovare i motivi, per cui il Presidente Wilson si è rivel;1.toirriducibile non solo sulla questione delia Dalmazia, ma anche su quella di Fiume,e anche su quella del Monte :Maggiore, bisogna cercarli altrove: nella debo– lezza intrinseca del trattato di Londra e nella spregevole propaganda, che per giustificare quel trattato è stata fatta dagli agenti della Consulta, durante la gu~rra, fuori d'Ltalia.. « Da due anni - scrivevamo nell' (Jm1à del 9 luglio 1917, diciamo millmovtctnlod.tias~lle - i nostri propagandisti ali' estero non fanno e che accapigliarsi coi nazionalisti slavi nella « questione della Dalmazia, trascurando quasi « del tutto la questione di Gorizia, di Trieste, « dcll' Istria. Così la qualiofle del 'Istria è rimasta ~ abbandonala alla propagando dei ,rauimalisti « slavi. Ma uno sproposito cosi grossolano non « era sufficiente. Anche rivendicando all'Italia « tutta la costa adriatica orientale, i nostri « nazionalisti avrebbero potuto avere il buon « senso di non dichiararsi contrari alla unità , nazionale serbo-croata-slovena, anzi avreb– « bero potuto presentare le occupazioni terri– t: toriali italiane sull' 2.ltra sponda come un « compenso, a cui r Italia avrebbe diritto per « il suo concorso alla cc-stituzione dell'unità « nazionale sud.slava, compenso analogo a quel– « lo che t,bbc nel i859 la Francia con Nizza e e Savoia; avrebbero do\uto promettere sem– « prc la cguaglian1..a giuridica e la libertà cui• 169 « turale alle popolazioni slave introdotte nel « nuovo confine italiano. Essi, invece, si sono « dati a proclamare che I~ conquista della « Dalmazia sarebbe una conquista coloniale. « che nella nuova colonia l'Italia dovrà te• « nere alla catena od espellere la classe intel– « lettuale slava, e potrà italianizzare in pochi « anni il contadiname slavo, e dovrà aizzare « i contadini cattolici contro i contadini orto– « dossi per raggiunger meglio lo scopo, e do– « vrà fare in modo che la Serbia non oltrepassi « il Narenta, e la Bosnia le sia così negata, e do– « vrà opporsi alla unione fra Montenegro e Ser– « bia, fra Croazia e Serbia. tenendosi amica dei « Bulgari e dei '.Magiari.- Date queste follie, « è naturale che fuori d'Italia la gente op. « ponga oramai un seRso di diffidenza e di « ostilità non solamente al programma na.zio– « nalista, ma anche al programma dcmocrati- 4:: co ! Dobbiamo fare i conti con la opinione « pubblica dei paesi a noi alleati. E questa .e: opinùme pubblica non so/ammle 110n abbiamo « fatto 11ullaper trnqwilarla, 1110 abbiamo fallo « fui/o quello che potevamo per ùu spellirlt, e di– << sgu.slorlo. Nel World di New York del 25 « maggio 1917, parlando del mutamenti terri– « toriali che dovrebbero essere preparati dalla « presente guerra, si assègnano all' italia sola– « mente « il Trentino e Trieste»: si noti la « differenza fra il termine regionale « il Tren– « tino », e il nome della semplice città «Trie– « ste », che esclude la regione -:!i cui Trieste « fa parte. E il IVorld è considerato come il « giornale ufficioso di Wilson. Non illudiamoci! « I problemi della Venezia Giulia e delle po; « sizioni militari nelle isole foranee dcli' Adria– « tico orientale e delle garanzie che devono « assicurare eguaglianza giuridica e libertà di « coltura nazionale alle minoranze slave e ita– « liane, che passeranno al di quà del nuovo • confine italiano o che saranno incluse nella « nuova Serbia, - q11esti problemi non sono « cosi semplici come il facilonismo di certi e propagandisti ha potuto far credere in Italia. « Occorre che il Governo si affretti a stabilire « il suo programma in quei limiti di equ:tà e « di ragionevolez?.a, che possano disarmare il e nazionalismo slavo nella opinione di tutte le « persone di buona fede e di buon senso, ed « affidi la propaganda di questo programma a « gente nuova: a persone che abbiano la col– « tura· e l'autorità e il tatto necessario per 4 tener testa in Europa e in America alla pro– « paganda dei nazionalis•i slavi.» E nell' l/iu/d del 16 febbraio 1918: e Di– « scutendo la convenzione di Londra, la Nation, « rivista assai diffusa e autorevole di New-York, « deplora nel nu 1.ero del 6 dicembre, che l'!– « talia domandi non solo il Trentino e la Dal– « mazia, mo anche I' /stna. Per la grande rivi– « sta americana, l'Istria sarebbe anche meno « italiana della Dalmazia. Uno sproposito di • questo genere merita di essere attentamente « notato, perchè è indizio di uno stato d' ani– « mo assai diffuso nei paesi dell'Intesa, e pe– « ritolosissimo per noi: Il problema dcli' Istria « è del tutto ignoto ai più. Queste faccenduolc « lasciano indifferente l'on Sonnino. Ha in « tasca il suo pezzo di carta e dorme tran– « quillo. Ma noi, roveri mortali, non dormia– « mo tranquilli. E ripetiamo ancora uoa volta « il grido: salviamo l'lslrial » E nell'Omlà del Zi aprile 1918: « Il pro– « blema dell' Istria C, peggio che ignoto, un « problema compromesso assai gravemente, « L'errore funesto della con\-'enzione di Londra. « fu appunto questo: ùi contenere un pro. ._gramma, di cui una parte, quella riguar– « dante la Dalmazia, era moralmente insoste– « nibile, e che gettava un'ombra di discredito «sull'intero programma, e faceva il gioco dei « nazionalisti slavi anche nel problema dell'I– « stria. È necessario che Il mondo alleato e « neutrale sia condotto a riconoscere giusto, nel e problema dcli' Istria, il programma italiano. « Per raggirmgere questo risultato, dobbiamo « cominciare coli' arrenderci all' e.11,perienza, e e riconoscere funesta la tattica di contrappor– ~ re gli eccesii del nazionalismo italiano a « quelli del nazionalismo slavo. Per vincere i e nazionalisti sla\'i nella opiniono della gente e dabbene, dobbiamo dimostrarci non ingiusti e come essi e più di essi, ma più giusti di « essi :i.. Furono, naturalmente, parole al vento. ln Italia non è stato mai lecito, fino a questi ul-

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