L'Unità - anno VIII - n.30-31 - 24-31 luglio 1919

fesa proposta dall'apposita Commi,::.ione d 1 in– chiesta, di cui furono relatori per la parte agraria il Lampertico e il !\'[iraglia. L'autorità inso-,pettabile dell'attuale l\linistro del Tesoro. che fu Segretario di quella <::ommis.sione,con– f crma che la legge del 14 luglio 188j « non fissò- sono le sue parole che :>i l ggono nella mirabile memoria da lui dettata intorno agli scambi della Italia con l'e..-.tcro nel cinquan– tennio dell'unità. - Jl equa tariffa proposta dal relatore tecnico della Commissione d'in• chiesta e nemmeno quella leggermc, te più pro– tettiva, uscita dalle discus~ ani cieli Commb– "-ionc mede,ima e fatta propria dai mini.stri Magliani e Grimaldi, ma una tariffa in più parti recata a più alte misure dalla Commis– sione della Camera dei deputati >. « Evidente– mente - riconosce lo Stringher. e la sua te• stimonianza è quanto mai pre1.io! -ia- in quel– l'oct asione bussarono alla porta dd Parlamento molteplici intercc;si, i quali -.ebbene di natur~ e di atteggiamenti diversi, ebbero la \"irtù e la. forza di sorreggersi vicendevolmenlt· non per meditato accordo, ma per co,11unione cli inten– dimenti e di scopi: tutti in~icme cooperando a i,opr;:clevare le gal clk o;en1a distinzione di parti». Ora gli intendimenti e gli :1copi da parte degli industriali non potevano che mirare a questo: precostituire nella tariffa generale un margine di sovraprotezionc tale c.:he potesse eventualmente venire eliso nelle ..:oncc5:;ioni che si sarebbero poi fatte m '-Cde di trattati, senza cl1e per questo ne riuscisse men°oma– mente intaccata l1efficicn1 ..'\ protettiva dei dazi e quindi i <;<>praprofittidelle fabbriche favo• rite. Sta qui, com'è manifc,to, il vizio sostan– zi,Jc originario non solo della tariffa del 1887, ma anche dei trattati che ~ulla sua base fu– rono in seguito stipulati: sta qui, come è fa– cile dimostrare lo sciagurat.., malanno di quel re~ime doganale, che i;econdo l'arguta espres– sione del Dc Viti Dc Marco, « ha fatto il mi– racolo di mantenere la protezione agli indu– striali e di dare trattati al pubblico; protezione di sostanza agli uni e trattati pro-forma al– i' altro!» Perchè i trattati di commercio non hanno avuto - come risulta da pubblicazioni uffi– ciali edite dalla Direzione Generale ddle Ga– belle - sufficiente efficacia ad ingrossare !d. mole delle esportazioni specie nei riguardi dei prodotti agrari? E' facile k\ risposta. Poichè i negoziatori stranieri ben sapevano che la ri– duzione dei dazi industriali italiani era illu– soria, perchè contenuta nei predisposti limiti dcli' extramargine protettivo e non avrebbe quindi agev >lato cffetth·amcnte l'entrata in ItaJia dei prodotti dei loro paesi, el)5i faceva– no lo stesso gioco dei negoziatori italiani; si presentavano alle trattative con l'.1nua di ta– riff"esopr3elevate oltre lo stretto bisogno della protezione, e quindi la riJuzione da loro con– cesse sui da1.i agrari dei lori paesi potevano anche sembrare considerevoli e contentare il &rosso pubblico italiano, ma in realtà non ave– vano virtù di imprimere un potente impulso a11e nostre vtndite agrarie, pcrchè anch' esse non infirmavano per nulla l'azione protetti\•a delle tariffe estere. lii. La politica dei trattati. trattati ..:he I' ltalia ha conclu:;o dal 188i in poi hanno avuto per tale ragione una <lcbolis:.in1a effìcacia moderatrice sul!' aspro protezionismo industriale the ebbe principio in quell'anno, e le cifre pubblicate dietro se– vera Indagine statistica in documenti ufficiali dimostrano in propo~ito che quel i oco aumen– to del nostro traffico di origine agraria effet– tuatosi durante il periodo dei trattati non è dovutu che in minima parte all'azione di que– sti, i quali ben altra ~ fficacia a, rebbero eser– Ctt3to sugli scambi italiani se fossero :,lati con– dott• con spirito di !-incerità e di equità e so– pro una tariff;. non manip,Jata ad csclusi\"O \lntaggio delle industrie politkamcnte più forti. I p.irtigiani della prot~i ne che, fra gli altri argomenti malfermi. adducono spesso questo, dei larghi compensi che I' agri,;oltura avrebbe ncevuti mcrcè la politic~1 dei trattati, non h.1uno dunque buon gioco, e quando essi stretti dalla evidenza dei fatti, debbono pur ricono– t.cere che i mercati stranieri non sono stati conquistati come dovevano e pote\•ano dalle L'UNITA nostre produzioni agrarie, specie meridionali, allora intonano la giaculatoria nazionalista mostrandovi il guadagno fatto dal tilezzogiorno agricolo 1>ereffetto delle più intense correnti di i>Cambio determinatesi fra Nord e Sud in seguito ali' ele,•amento delle barriere doganali in Italia cd ali' estero. &tsi chiama.no guada– gno quello che è stato precisamente una tra le più gravi jatture del Mezzogiorno, il do\"er comprare a prezzo alto i prodotti delle fabbri– che n.Jrdiche e il dover vendere a µrezzo basso i prodotti d~lla terra mcndionale svalutati Ja\la loro ei,uberanza sul mercato indigeno. Da questo discorso non consegue che sia da abbandonare la politica dei trattati. « L'azio– ne dei trattati di commerdo - osserva il Lu– ciolli m una delle prege,•oli pubblicazioni uffi– ciali innanzi lodate - diciamo di quelli che apportano riduzioni di dazi', è e~enzialmente moderatrice, ma l' impvrtanza di tale azione , ari,L a :)c1..ondadella taritTa generale su cui i trattati si fondano e dello spirito che anima le parti <.·ontraenti. La tariffa generale dovreb– be rapprcse11tare il limite massimo di prote– zione che uno tato intende ae;cordare alle proprie industrie: quando, in seguito ad un tratt.1to, quel limite viene riùotto, si può af– fermare con verità che 11 trattato ste~so ha indotto l'intransigenza protc1.ionista a cede– re •· Ecco perchè l'agricoltura del pari che le industrie non protette, e;he sono la gra11 maggiora111.a sebbene non facciano forza in Parlamento e nei Ministeri, e la generalità dei consumatori, debbono propugnare il siste– ma dei trattati di commercio condotti sopra una uriffa i cui dal.i protettl\'i rappresentino il minimo di difesa neces~ario a vantaggio di sole quelle manifatture che di una difesa tem– poranea abbiano bisogno per mettersi a pari con le corren1i straniere. I trattati debbono poi ~re integrati e con– ne~i tra di loro mediante la clausola della nazione più favorita. Ciò principalmente nel- 1'interesse della produzione agricola meridio– nale. Si pensi che i prodotti agricoli del Mez– zogiorno hanno dei temibili concorrenti nei prodotti similari di tutta la zona del Sud Eu• ropa: per l'olio ed il vino ci fanno una forte concorren1.a sui mercati esteri la S1>agna, la Turchia, la Greci.a, l'Algeria, la Tunbia; per le frutta secche anche la Turchia, la Grecia e la S~"agna; per_gli agrumi ci contende aspra– mente il passo la stessa Spagna con una ric– chissuna produzione e con sistemi di penetra– zione commerciale assai progrediti. Occorre quinJI evitare che per tali prodotti gli Stati 1..hesi legheranno al nostro con trattati di commercio possano fare agli altri paesi men– zionati riduzioni maggiori che ali' Italia, <lei qual caso anche le sensibili concc:.sioni che noi potessimo ottenere sulle tariffe estere, ver– rebbero ad essere itreparabllmente frustate. E questo pericolo non si evita se non mediante la clausola della n.1z1one più favorita, la qua– le, 1.ome è noto, impone che si estendano ipso Jiffe all'uno dei paesi contraenti le riduzioni maggiori che dall'altro siano state c~ncesse ad un terzo. Scnonchè la forte frazione protezionista, con sapc,·ole che i previlegi dei fa,·ori daziari mal si affidano con aspicio di lungo godimento alla mutevole politica dei trattati, di questa non vuo: sapere, e propugna il sistema della tarifTiLautonQma. I.... "l Commi35ione Reale per lo studio del regime <loganalc e dei trattati di commercio, bt1tu1ta con R. Decreto del 23 gennaio r913, N. 42, ha fatto suoi i \'Oti del protezionismo manifatturiero, proponendo il sbctema dell"auto– nomia doganale, consbtcntc in una tariffa a due colonne, l'una con dazi più elevati, da applicar~i a tutti gli Stati i quali non ci accor– dino il trattamento più fa\·orevole, l'altra con dazi minori da applicar,.i, in tutto od in parte, agli Stati dai quali si sia ottenuto un tratta– mento di fa~ore. Tale -..1stemanon e.S<.:lude in prmclpio la conclusione dei trattati di commercio, ma in prati· a li rende instabili cd aleatori, e quindi d1 nessuna efficacia. Il paese che adotta la autonomia doganale non \·incola la determi• nata misura di un dazio, ma v ncola soltanto il dazio della tariffa minima, tariffa che può sempre essere ,·ariata con legge autonoma del paese dove essa vige e 1..he è quindi pratica– mente sottratta ad ogni vincolo. Il sistema reca pertanto la quasi msupe• rabilc difficoltà di stipulare buoni accordi com– merciali e conduce ali' inasprimento della pro– tezione. Ammesso difatti che la tariffa mini– ma debba implicare il minimo di protezione accordata alle industrie nazior.ali, è owio che gli interessi di tali industrie si colleghino e facciano f 1rza sulla rapprescntanz.1. politica pcrchè questo minimo sia portato al più alto livello possibile. Si ha così che la lan!fa mi- 11ima riesce, se non più, almeno altrettanto elevata che una tariffa generale, con la dif– ferenza che mentre questa non preclude la via a buoni trattati di commercio, quella li rende inefficaci per la sua rigida inderQgabilità. Senza contare che la semplicità del sistema è soltanto apparente. In effetto si hanno più di due tariffe. 11 regime propo ..to dalla Com– missione italiana ne porterebbe 6. Oltre la ta– riffa massima e la minima, vi sarebbe la ter– za tariffa applicabile alle colonie, e poi la quarta d.1 accordarsi, in cambio di adeguati '"antaggi, ai paesi coi quali si voglia entrare in rapporti più stretti, ma solo riguardo a singole merci, e poi la 5\ quella di rappresaglia, ed infine la 6·, quella di concorrenza. Come si vede, un congegno assai complicato nel rispetto formale cd inflessibilmente protezionista nel rispetto sostanzia 'e, tale da dovere essere vigo– rosamente combattuto non soh dalle rappre– sentanze degli interessi agricoli, ma an he dalle industrie non protette, le quali lottano per la conquista dei mercati e.<neri,conquista che sarebbe t:on l'adozione dell'autonomia do– ganale irrimediabilmente compromessa. Bisogna quindi che gli agricoltori uniscano la loro voce potente a quella di tutti coloro che non sono assoldati a cricche affaristiche, 1>er chiedere che l'Italia non abbandoni la politica dei trattati e solo la slacci dai ceppi rigidi della protezione che fin quì l'hanno fatta ostile ai veri e sani interessi dell'attività economica nazionale. In particolare, considerato che la prote~ zione negli ultimi anni si è venuta mitigando non tanto per effetto dei trattati di commercio, come abbiamo visto, quanto per Il rialzo gene– rale dei prezzi - talchè ciazi che rappresenta– vano dapprima il 20, il 30, il 50 per cento oggi si sono automaticamenle ridotti a proporzi~ni molto minori - noi potrt:mmo far voti is~– rall ad una grande moderazione chiedendo non più, come sarebbe stato lecito anche pri– ma della guerra, forti falcidie nei dar.i della tariffa generale, sibbene che diventi generale la vigente tariffa conven.donale, quella cioè risultante dall'applicazione dei trattati di com– mercio e che è praticamente la :,ola in uso. Chiederemo inoltre la stipulazione sempre più e,,tcs.1 di trattati liberali, che tengano parti– colarmente conto dei mercati non ancora mes– si a profitto per i prodotti del Mezwgiorno. Chiederemo la clausola della nazione più fa– vorita. I voti della cla,se agricola non sono in con– trasto con gli interessi della economia nazio– nale; sono si In contrasto con gli Interessi di alcune industrie eternamente protette che non possono protperare, vivere o mal vivere &enon a patto di perpetuare il loro privilegio e cioè il salasso dei contribuenti e il danno dei produt– tori non protetti. L'a;ricoltura e le altre gran– di industrie e:,portatrici italiane hanno in e– ressi comuni in quanto debbono tendere alla conquista dei mercati forestieri, conquista che non si ottiene senza le facilitazioni daziarie di quei mercati, facilitazioni che non si otten– gono 3Cnza adeguate riduzioni d1 dazi Italiani alla entrata dei prodotti stranieri. IV. Trasporti ed organizzazione commerciale. La politica doganale, anche moderata da spirito più liberale, n.>n è il solo fattore che agbca sugli scambi; la su.1 azione può essere resa nulla dal mancato concorso di altri fat– tori non meno im~ortanti, fra cui principali il regime dei trasporti terr~tri e marittimi e l'organizzazione commerciale. Insieme coi voti concerncnt la politica doganale nÒi dovremo pertanto fame altri riguardo alla politica dei trasporti. I..' Italia è per questo capo in con– dizioni di assoluta e gra\·e inferiorità rispetto 163 agli altri grandi Stati. La mancanz.1 di navi– glio mercantile e l'alto costo dcli' cscrcfaio ferroviario le rendono estremamente difficile di fronteggiare la concorrenza degli altri grandi paesi nei mercati di esportazione: il che co– stituisce una ragione di più per fare delle istituzioni doganali italiane un'arma agile e potente di penetrazione in quei mercati dO\"C più aspra si sferra tale concorrenza. E tut– tavia sarà sempre necessario coordinare al re– gime daziario un complesso di provvidenze in materia di trasporti, le quali facciano sì che le agevolezze ottenute dagl: altri Stati ai nostri prodotti non ci siano in effetto tarate dagli alti costi di esportazione. In questo ri– guardo e per ciò che concerne il rapido ed economico avviamento delle derrate meridio– nali sui mercati transoceanici ed orientali, tutto il sistema dei trasporti è da rico13truire.Occor– rer:l istituire linee marittime celerissime con piroscafi dotati di mezzi refrigeranti per l' in– vio dei prodotti deperibili. Per gli scambi coi merc:iti dcli' Europa centrale e settentrionale bisogna rafforzare la potenzialità tecnica delle linee ferroviarie del Mezzogiorno, specialmente di quelle litoranee, ed adottare un sistema di tariffe <litTcreniiali modicissime, senza di che, qualunque possa essere la perdita temporanea dcli' azienda ferroviaria, sarà vano competere colla vigorosa concorrenza degli altri Stati che distanzia gi:\ di parecchio la penetrazione ita– liana. Quanto all'organizzazione commerciale, gli agricoltori hanno di certo appreso con compia– cenza le dichiarazioni fatte dal Ministro Ciuf– felli nel recente congresso vinicolo di Firenze circa la tutela e I' impulso delle esportazioni italiane, dichiarazioni cQndivisc per bocca drl Prefetto Olgiati dal Ministro Riccio. La lsti• tuzione già attuata dell'Osservatorio C11mmcr– ciale presso il Ministero dell'lndustria, la fo1- mazione del Comitato per le informazioni com– merciali, l'invio di nuovi addetti nelle piau:c estere più importanti e sopratutto il proposito di conferire a tutti questi organi e alle loro funzioni un'alacre agilità di movimenti ed una rapidità di responsabili iniziative che ne fac• ciano qualche cosa di diametralmente opposto ai soliti elefanteschi organismi burocratici, sono ottimi auspici per una più robusta e più razio– nale e vigile ripresa dei nostri scambi. Senonchè gli organi centrali non possono essere che di guida, utilissima quanto si \'\loie, indispensabile anzi - e fin qui si può dire sia quasi totalmente mancata - ma semplice guida. L'importante cd Il grave è che nel Mezzogiorno manca la funzione tecnica specificat:t del com– mercio di esportazione: ncll t nostra Calabria, che pure dà. un contributo cospicuo mm mai però quale potrebbe divenire in ,Jppresso, al traffico di uscita, tale commercio s1 svolge in masshua parte per via indiretta, attraverso al– tre piazze del Regno ed attraverso lunghe se– quele di rapppresentanti e di intermediari che non è a dire di quanto riescano a falcidiarne il reddito. Ciò, non pure a causa delle gravi deficienze del sistema del rapporti interna1.io– nali che trascura gravemente i porti del Me:r.– zogiorno, ma anche per l'assoluta Imprepara– zione della quasi totalità dei nostri esportatori ai quali manca la conoscenza dei mercati esteri sia nel rispetto dei gusti dei consumatori, sia nel rispetto degli ordinamenti doganali, sani– tari, creditizi delle piazze importatrici. li che spiega come, pur quando la rifinitura o la con– dizionatura cui assoggettare il prodouo per adattarli al gusti del consumo, siano di poco rilievo, tali scmplic:i Oj crazioni non vengano assunte dagli esportatori calab1esi, i quali prc• feriscono trasferirle in altre mani di altre piazze fuori della regione, col conseguente ri– dursi, talora in misJr<t rilevante, del loro gua– dagno. Come porre riparo a tutto ciò ? (n verltt~ non si tratta tanto di riparare, quanto di creare un nuovo ordine di cose in questa materia difficile delle esportazion1. Bisogna anzitutto persuadersi che in oggi e più in avvenire non potrà sussistere un florido commercio di espor– tazione, se condotto dalle iniziative slegate dei singoli. L'associazione delle forze individuali che trionfa in tutti i campi dell'attivit!\ pra– tica degli uomini, si palesa assolutamente in– declinabile in questo, stante le agguerrite con.– petizioni insidiatrici che \'i si sfcrra'no da parte di tutti i popoli che voglio110pro:retlire nella

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