L'Unità - anno VIII - n.8 - 22 febbraio 1919

L.'UNITA 45 Nelle università Riduciamo le università! In atte.sa di una vera e propria riforma universitaria (alla quale chi .sa quando si ar– riverà, sopratutto in regime d'economia), mi ~embra che il momento presente offra una singolare occasione, che giovcrebb:.: non Ja.sciar passare senza profittarne, di una particolare e parziale riforma, du 11011 cosltfrebbe 11111/a. Tutte le persone sensate e disinteressate conYengono nel ritenere uussit."' il 11umero delle Università in Italia; le quali cosi M>UO cia– scuna ancor pili misere cli mezzi finam:iarii, di quel che sarebbero ~e la spesa generale andasse meno sminuzzata. Ma non .si è mai avuto il t·oraggio. per non ferire interessi e tradizioni locali, di sopprimerne alcune. Le op1>ortunità che il presente momento ci offre sono : (• ) un numero straordinario di cattedre tenute ·per i11caric{l1 essendo stati so:)pesi per la durata della guerra i concorhi per la nomina dei titolari delle cattedre stesse; z• ) la forte probabilit"t che si attivi, per un anno o due almeno, un sistema di corsi seme– Strali1 od altrimenti più sbrigativi, e numerosi di lezion; durante l'anno solare, per affrettare il corso degli studii agli studenti reduci dalla guerra.. Ora, perchè non si potrebbe fare quel che hÌ fa qu rndo si «scio.tic » un Rcggimento 1 in\"iandone i comJ)onenti :1 rinsanguare quelli che rimangono? Ad esempio : si comincia col sopprimere quell'Università che ~i giudica pili tisica, più sterile, più inutile delle altre; e gl'insegnanti di essa sono ripartiti a tenere le corrisron– dentì cattedre vacanti nelle Università , he • rin·angono. Dei mezzi di laboratorio e delle bibliuteche si dispone analogamente. SmDbilitala così una Uni\C:rsità superflua, se ne smobiliterà un' altra {o le Facoltà da eliminarsi, d1 altre) di man1l in mano che nuove , acanze si saranno prodotte. Certo, bisogna avere il coraggio e l'onestà di designare una buona volta, spa-;sionatamcnte, le Università o le Facoltà da abolirsi. Ma quale riforma, per p;ccola che sia, non richiede un pò di coraggio e qualche strappo alle ..:onsuetudini ? Nel ça~o, poi (in licato nel n. 2) 1 che cioè per qualche tempo si bbiauo corsi più nu– merosi, più frequenti -, il rendere disponibili in:,egnanti che re,terebber,) per il m~mento. ~,:a una cattedra fis:;a 1 d ,rebbe modo di sopperire meglio a tali esigenze straordinarie temporanee, come pu: a quella degli scambi d'insegnanti con l'Estero, di cui molto si p ,ria e qualcosa ~i farà senza dubbio. Lasiando ad altri il fare la classifica ge• neral·· dei nostri Istituti Superiori di cultura, chi non vede, per esempio, che in questi trn gruppi di Universit:\ le .1 emilùmc: Panna, Modena, Bologna, (scn7,a contare l' Universitù libera di Ferrara) ; le 3 sicili"ane: Palermo, Ca– tania, Me:;sina; le :, st1rJe: Cagliari e Sassari - almeno una per cia~cun gruppo (come Mo– dena e Mcss na, rispettivamente per il l 0 e per il 2•) potrebbe utilmmt,· sopprimersi ? · Noi facciamo sempre d, i grandiosi pream– boli teorici cd universali. delle gran Commis– sioni e Relazioni, che costano un occhio e - per insufficienza di mezzi, o di iniziatiYa, o per mutamento di ministri. ecc. - rimangono poi sterili monumenti delle buone intenzioni d'un certo numero di Yalentuomin1 : ma quast mai sappiamo praticamente approfittare rli qùelle· vpportunità. che le circostanze \"ia via ci presentano, per maturare, poco per volta ed economica!llente, una rifòrma più organica e radicale. E così, per la gras:)a gallina di un domani che sempre sfugge, lasciJ.mo andare a male il modesto uovo d'oggi. Lt.:JGI EllERY. Apriamo bottega? Chi \fre nel mondo universitario sa benb– simo che i maggiori mali delle Università de– rivano dalla scarsezza dc:i mezzi di studio. È vero che questa :-.car::;ezza è aggra\'ata da sperperi. Quando c'è di mez1.o la megalo– mania tenace di qualche pezzo grosso politico, sorgono istituti mastodontici, che costano un orrore e poi costringono a spc:,:c d'esercizio d~l tutto sproporzionate al profitto che se ne ricava. Ma è anche vero che in generale gli Istituti unh·ersitari stentano a vivere in mezzo a difficoltà d'ogni genere. Le Cliniche specia1- mente vivacchiano di solito in forza di con– tratti fra lo Stato taccagno e le Opere pie mmraie. dibattendosi fra contrasti disgustosi ed esasperanti. E lasciamo stare che persino in certe « grandi » università \ i sono cliniche senza malati, laboratori senza dotazione. iase– gnamenti << dimostrativi ~ a base di lezioni teoriche. Ci vogliono denari dunque. Ma ora, si dice, i denari sono finiti: non c'è abbondanza chi! di debiti; e !>i dovrà tirare innanzi alla meglio. A Roma intant0 il Ministero studia, e di quando in quando ha qualehe bella tro– vata. Coli' immancabile ritardo burocratico, una · circolare in data. 25 gennaio r919 avverte i direttori d' istituti che con decret0-legge del Ii novembre 1918 « i Direttori dei Gabinetti e dei Laboratori sperimentali, delle Cliniche e delle Infermerie delle Regie Università sono autorizzati, quando ne riconoscono la possibi– Htil e la convenienza, ad eseguire, su richie– sta di pubbliche amministrazioni e di privati, ~rnalisi, controlli, tarature, consultazioni ed al– tre analoghe operazioni e prestazioni. Per ognuna di tali prestazion! è do\'uta una spe– ciale indennità secondo tariffe, proposte dai Direttori degli Istituti e « approvate dal Mi– ni:stcro dell' Istruzione, di concerto con quello del Tesoro ». « Nelle Cliniche dipendenti dal– le Regie Universita possono essere ammessi ammalati a pagamento, sernprechè se ne ri– conosca l'utilità per l'Istituto, e salvi gli ac– cordi che, per effetto di convenzioni vigenti, siano da prendere colle Amministrazioni Ospi– daliere ». I proventi di que!>tc prestazioni sa– ranno impiegati « per acquisti e riparazioni di materiale, suppellettile scientifica e didat– tica, per spese riferibili al mantenimento delle Cliniche e delle Infermerie, per i,;pcscdi can– celleria e stampa e per compensi al personale Diretti\"o assistente, tecnico ed inserviente de– gli Istituti predetti ». Insomma, una vera cuc– cagna! Gli Istituti universitari sono dunque auto• ri;,;zati in piena regola ad aprire bottega. Va– dano al diavolo i puritani che vagheggiano la ricerca scientifica. Prùnus vivere. Non bisogna « chiudeNi nella torre d'avorio ». Bisogna « prendere contatto con la vita ». Ammettiamo pure per un momento che si abbia a realizzare sul serio questo incaro– gnimento degli istituti universitari. Ci vor• ranno ugualmente dei denari per mettere tutti gli lstitnti in condizione di lavorare e di guadagnarsi da vivere (lasciando solo i ri– tagli di tempo allo studio cd ali' insegna– mento). Come faranno, altrimenti, a guada– gnare gli htituti che non hanno impianti di nessuna sorta? Forse dovranno cercare prirn– tamente i capitali necessari? Adottando simili criteri commerciali, biso– gnerebbe inoltre - per raggiungere veramente l'intento - lasciare a ciascuna Università, se non a ciascun istituto, lo stimolo del torna– conto; e non mettere troppi ceppi burocratici. Invece, no. Gli incassi andranno tutti a Roma : e saranno assegnati « ogni anno con Decreto del Ministro del Tesoro al bilancio del suc– cessivo cserci1.io del Ministero dell'Istruzione, inscrivendo per 8/10 in aumento ciel fondo che costituisce la quç>ta ri-;ervata alle Univer• sità, pèr le :)pe:i.eda sostenersi con il fondo so~tituito al Maggior Provento delle Tasse Universitarie, in dipendenza della Legge 28 Maggio 1903, N. 224, e per 2/to in aumento della quota riservata al l\lini'stero sul fondo stesso• (fondi segreti del Ministero!). A questo modo, mentre per un \'erso si snaturano gli lStituti universitari, :spingendoli e costringendoli a f.ir quattrini con prestazioni pratiche, si viene per un altro verso a soppri– mere lo stimolo dell'interesse che è la molla d'ogni impresa comrnerciale. Siano pochi o siano molti i guadagni di ciascun Istituto, essi aflluiranno in un fondo comune. che sarà ri– partito fra tutti, o ciecamente con criterio egualitario, o disugualmente suscitando intrighi truffe e recriminazioni senza fine. Per conse- gucnza, nessuno si sentirà allettato ad un lavoro da cui non vedrà scaturire un utilità sensibilmente proporzionale. E i meno scru– polosi continllernnno a fare come prima, a bvorare cioè alla chetichella per trattative private. E intanto a Roma si avrà una scusa di più per chiudere la borsa: dal momento che gli Istituti possono guadagnare lavorando, non occorre aumentare le dotazioni, anzi si potrà sopprimerle o ridurle. C'è poi una difficoltà, che la burocrazia romana prende troppo alla leggera. Le Cli– niche, per ammettere ammalati a pagamento, dovrebbero essere autonome o dipendere e:)clu– sivamente dall'amministrazione dello Stato. E invece, salvo a Roma, e sporadicamente qua e là per eccezione, le Cliniche sono legate alle Amministrazioni ospedaliere, che difendono ac• canitamente i propri interessi, cd avrebbero ragione da vendere negando alle Cliniche di :-ciercitare un commercio, che non ha nulla che vedere con I' insegnamento e con lo ~tudio scientifico. E pure ton ragione sarebbe rinfo– colata l'ostilità dei medici pratici, che già ab• bastanza vedono gli Istituti universitari come il fumo negli occhi. Se questa riforma, intrinsecamente brutta e sporca, verrà attuata, non raggiungerà punto il suo scopo, e gli Istituti universit.a.ri hngui– ranno peggio di prima nella miseria. È inutile: i nostri governanti devono persuadersi che l'insegnamento e la ricerca scientifica disinte• ressata non possono prosperare, se lo Stato non se ne cura, mettendo da parte ogni gretto criterio commerciale. O altrimenti si dic_ache « la più grande Italia » si deve contentare di Università monche e zoppicanti, ove quel poco che si fa di buono è merito esclusivo di sin– goli individui che lavorano malgrado tutto, Ciò sarà romanticamente bello, ma è disonore• vole per uno Stato che pretende di essere civile. ERNESTO LUG,\R0. In .. cammino .. ... •La Direzione Centrale del Partito Radi– cale ha chiesto « che le prime elezioni « del dopo guerra siano fatte su scrutinio di « lista a larga base e con la regola della rap-– « presentanza proporzionale; conseguentemente « propugna la rifotma del sistema elettorale,._ Purtroppo questo voto è sommerso in due intere colonne di giornale, in cui si fa un'al– tra infinità di voti de om11ib11J rebus e/ de qui– husdam aliis. L'abitudine di classificare le proprie idee in ordine d'urgenza, occupandosi attiva– mente dei soli problemi improrogabili, e rin– viando tutti gli altri a tempi successivi. - que– st'abitudine, senza cui in politica nulla si conchiude di serio - non è ancora entrata nella mentalità dei nostri partiti democratici. Ad ogni modo, è interessante e lodevole che il Partito RadicalC esiga la riforma elet– torale ùnmediala/ e non faccia come il Fascio parlamentare buon'anima, che ha rinviato la rappresentanza proporzionale alla futura Ca– mera! * .. Anche il Partito Clericale - Partito Po– polare Italiano - ha affermato che la rap– presentanza proporzionale deve essere adottata da questa Camera 1 affinchè le prossime elezioni non sieno più fatte coll'obbrobrio del collegio uninominale. E anche il Grand'orientc della Massoneria ha invitato i fratelli a caldeggiare la rappresentanza proporzionale. Eccoci, dunque, d'accordo coi clericali e coi massoni per la riforma elettorale, come siamo stati d'accordo coi nazionalisti nel volere la guerra, come siamo quasi d'accordo coi socia– listi turatiani nel programma della pace. Marciar divisi e colpire uniti. Il Corriere d'It"lia pubblica un interessante articolo per combattere le obiezioni infondate, che si oppongono alla riforma. A coloro, che si preoccupano del pericolo che la scheda plurinominale trascini le masse anal-. fabete a incoscienti manifestazioni elettorali, il giornale cleric-ale oppone che « il fenomeno « dell'analfabetismo non può condurre a res.ul – « tati molto dissimili, sia con la scheda unino– « minale, che con quella plurinominale. Anzi « a,mnessa, e conces-;a « ad abundantum », una « minore maturità politica del\' analfabeta, è « assai più facile la corruzione col collegio « uoi,;1.ominale,dove hanno modo di svolgersi « le forme più insidiose di coazione, che nel « collegio plurinominale, nel quale le liste in « contrasto stabiliscono una più larga opposi– « zionc di idee e di interessi, che orientano « la coscieWta dell'elettore verso concezioni più « elernte e, certo, meno localistiche e perso– « nalistkhe. Quanto poi alla possibilità che « la riforma elettorale venga applicata con un « Decreto.... catenaccio, è cosa fuori di ogni « buon senso. Noi infatti chiediamo che sia « l::i.Camera a fare un atto di energia e di « vitalità, dato anche che il GoverO'> - al– « meno pubblicamente - non ha preso im• « pegni nè pro nè con~ro. Si sentono gli at– ' tuali rappresentanti del Paese di ascoltare « le voci imperiose che salgono dai partiti or– « ganizzati? .Forse avrebbero molto da gua– « <lagnarci: in caso diverso, hanno tutto da «perdere». • . . Nello stesso giornale Jeggiamo, sempre sulla riforma elettorale, un interessante arti– colo di L. A. Caputo, in cui si esaminano gli effetti benefici, che la rappresentanza propor• zionale avrebbe nel Mezzogiorno d'Italia. , .: Libertà per il Mezzogiorno - scrive il « Caputo, e noi conveniamo pienamente con « lui - libertà per il Mezzogiorno è lo scru– « tinio di lista e la rappresentanza proporti<>– « nale. Per essa finirà il feudD politico meridlo• "' nale; finirà tutta la piccola camorra che va « dalla conces:,ione della rivendita, all'appalto << delle modeste strade comunali, alle nomine « governative nelle svariate commissioni cb.e « tanta ingerenza hanno nella vita odierna. « Oggi il deputato è il servo del Governo, « perchè è il Governo che lo elegge nel « Mezzogiorno. Lo elegge a mezzo dei Pre– « fotti, che non solo rilasciano il porto d'anni « ai malviventi, che sarebbe il minor male: « ma contrattano l'elezione coi sindaci affa– « risti, coi segretari comunali scrocconi, con « gli amministratori delle opere pie .... abituati e ancor meglio, con gli appaltatori disone– .: sti; con tutti coloro che devono reintegrare « malversazioni, rilasciare demani usurpati, da– « re rendiconti ecc.... Tutti costoro, aspettano « il periodo elettorale per .... sistemarsi, e il • deputato diventa maggiormente ministeriale « a misura che si avvicinano l'elezioni !... « Con lo scrutinio di lista e la proporzio– « nalità, il feudo elettorale sparirà di colpo, « tanto pill se sarà a larga base, oltr.c la pro– « vincia. Con lo scrutinio di lista a larga base .: e con la proporzionalità, anche le plebi me– « ridionali potranno viuc:ere l'oppressione di « tutte le camarille locali sfruttatrici, che « hanno dalJa loro l'appoggio del Prefetto, « fucinatore di deputati, e preside11te di tutte « le commissioni, per le quali tutta la vita. « del cittadino deve passare. Potranno per « esso essere attratti da correnti di idee, far « sentire la loro voce diretta nel consenso della «Nazione». • .. Un'obiezione alla riforma elettorale, che circo 1 a timidemente in alcuni giornali di pro– vincia, è data dal sospetto che la riforma possa ritardare le elezioni e prolungare la vita. oramai insopportabile, di questa Camera. Ma il sospetto è infondato. 1Vonsi traila di nformare in 11essu11modo le liste eltllora/1~ che sono in via di compilazione. Si tratta. solo di riformare le circoscrizioni elettorali e il metodo, con cui devono essere conteggiati i voti. La stessa procedura della votazione p ò rimanere immutata anche colla rappresentanza proporzionale: una busta e una scheda da mettere dentro la busta. La Ca– mera, dunque, potrebbe discutere anche per due mesi di seguito sul migliore sistema di rappresentanza preporzionale, senza che que– ste discus~ioni abòiano a intralciare in. alcun modo i preparativi delle elezioni. Unico cambiamento sarebbe che il conteg– gio dei voti sarebbe fatto in un ufficio cen– trale, nei giorni successivi alla domenica delle elezioni, anzi che nelle sezioni elettorali nella sera stessa ~ella votazione.

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