L'Unità - anno VIII - n.4 - 25 gennaio 1919

Il " Giornale d' Italia " Scrive il GiOrnale d'Italia, 12 gennaio 1919 1 p1ima colonna, lince 30 e seguenti: e Il pro– « gramma nazionale, racchiuso nel patto di « Londra del 1915 1 è conclamato da tutta la • tradizione italiana, antica e moderna, scien– « tifica e religiosa, letteraria e popolare, mili- • tare e democratica. li grido di oggi tlal • Brennero alle .Di11ariche è il medesimo che « echeggiò nel 1866, nel 1859 e negli anni di « Napoleone I, che ispirò Romagnosi, Cado • Cattaneo, Mazzini, che diresse la Serenissima « di Venezia, che g_uidò la Chieu nelle sue ..-1nillenarie circoscrizioni ecclesiastiche, che fu "-il credò italiano nei secoli del Petrarca e di «Dante». Tante parole, tante bugie. I. Nel I 866 nessuno si sognò le Alpi Di– nariche. Gli emigrati triestini e istriani, nel- 1' indirizzo, che preaentarono a Vittorio Ema– nuele II, il 28 giugno 1866, alla vigilia della partenza per la guerra, dicc\':mo: • Perchè si « possa dire l'Italia C(ll/ilu1/a ne/11 sua wutà « Ml11rale e vtrammle degli it dillni, perchè si « p ,ssano dire ù,violati il suo din'Uo t il sub « onort e comj,i1'te le s•1e sorh~puchè I' Ita/i(l « divtnga ali' Europa guarenti'gia di ordi11e e di « pace e rito~m· e_/ji(oce istra,ne1to della civil à uni– « versale, infine perchè si possa dir1!1 libera « dalle Alpi al/>..A.dri'allf o, è necessario piantare 41: col tricolore italiano la croce sabauda suHa 'I< punta di Flanona, Id dove il priìno sprone « dtll'alp, Giulia sundt a tuffarsi nel prOVtrbialt « QuarMro. Quella punta si noma da antico 'I( PiJXlteU#I, È là soltanto che si può stringere « un pa(to duraturo di pace quale Europa la «vuole». Nel proclama della guerra del 1866, Vii· torio Emanuele li distingueva fra la contpUSla della ~ V enesta e paesi annessi » a cui si ac• cingeva l'Italia, e una eventuale spedizione in Dalmazia. E in vista di questa spedizione, la ufficiosa p,,.,,,.a,,::a - quella di Ruggero Bonghi, non quella di .... Arrivabene - spie– gava nel numero del 4 maggio 1866: "L'Italia « vuole t suoi natura li confini, vuole le pro– « vincte che le vennero rapite, le vuol tutte e dal Brm11eroal Quarnaro; ma le aspirazioni e non vanno più oltre. Potrà darsj che le ne• « cessttà della guerra esigano una più o meno « lunga occupazione militare di qualche punto « della coeta adriatica : ,ono 11«milà passtg:gtre « o inerJita/Jil,: A guerra finita, ciascuno rien– « trerà ;,, CMII 111a e non ne uscirà più ». Niente Alpi Dinariche, dunque. Si cercava così, con alta sapienza politica, di non ecci– tare contro l'Italia i sospetti delle popolazioni slave dell'altra sponda, iu un periodo storico, nel quale, aecondo I a istoriografia introdotta in Jtalia in questi ultimi quattro anni, la Dal– mazia era paese italiano, e l'Austria non vi aveva ancora Jmportati gli slavi per « massa– crarvi» la italianità. Per la guerra del 1859 1 è scritto anche nei libri di testo delle scuole elementari, che la parola d'ordine fu, come nel 1866, « dalle Alpi all'Adriatico». Il tentativo, che si è fatto per trasformare Cavour in precursore dell'on. Sonnino per la Dalmazia, è stato dimostrato privo di base (ANZILLOTTI, Austria e Si ,viO negli scr1llori dei ,wslro Risorgi'menlo> nel volume Jlalia e Jugoslavia, Firenze, Libreria della e Voce», 1918, png. 54-55). 11. Romagnosi non si è mai sognato di portare l'Italia alle Alpi Dinariche: il signor Berga– mini non può citare una parola sola dd Ro– magnosi, che gli dia ragione, salvo che non la inventi. Carlo Cattaneo ha scritto: • Il nucleo « alpino dcli' Istria spingendo al sud i « monti della Caldiera, manda a nord-ovest « i monti della Vena fino a Duine, nel « golfo di Trieste, e costituisce la Pori 1 orim– « /alt della nostra penisola . .Di Id I, Slavia, « di là Fiume>. di qua r Italia, di qua Trieste. « Questo nucleo, quasi temendo le interessate « confusioni dei confini, tutto quanto abbraccia <oC e recinge il golfo adriatico rimpetto a Venezia, « e munisce il Friuli e il Veneto di un nuovo « baluardo, e completa raffona quello che SO· .e vra Trieste a Udine leva le sue punte di .-:quarzo e di ghiaccio » (A...~ZILL01TI, op. cii., pag. 59). Niente alpi Dinariche ! L'UNITA Giuseppe Mazzini ha !teritto nel 1866: « Nostra è l'Istria: necessaria all'Italia, co– « mc sono necc~ri i porti della Dalmazia .e agli sla"i meridionali ,._ (Sri/li cdiii e ti,td,1,~ XIV, 2r5). E nel 1871: « I confini orientali « d'l 1 alia erano segnati fin da quando Dante « scriveva: .... A .Polfldentro del Quarnnro Ch'Ila/ia ch/udt ti suoi ler111ù1i bagna. « L'Istria è nostnr. Ma da Fim~1e,lungo la « sponda orientale dell'Adriatico, sino al fiume « Boiano sui confini dell'Albania, scende una « zona nella quale Ira le rtllfJ11it delle nostre co– « /,mie pr domù,a l'elt11u11loslavo. Questa zona « della riva adriatka abbraccia, oltrepassando « Cattaro, la JJ /., n::ia e la regione monte;ne– « grina. Conquistando agli slavi del l\Ionte11egro « lo sbocco del quale abbiiOgnano, le Bocche « di Cattaro, t agli sin i ~/.'n Dalmazi'a le città ~ principali della costa ode /nit», ccc. (Scrith.· edili t inedih~ XVI, 143•l52). Per trasformare Mazzini in conquistatore delle Alpi Dinariche, il giornale « fedele » dell'on. Sonnino ha do– vuto, nel numero dcli' Il marzo 1918 1 falsifi– care le parole scritte dal Mazzini nel 1866. Ha fatto dire a Mazzi i: « Nostra è l'Istria: ~ necessaria ali' Italia come i fo,·li della Dal– « mazi I ali' Italia meridionale ». III. Napoleone non si sognò mai di unire la Dalmazia alt' Italia: anzi staccò la Dalmazia da Vene1.ia! La Serenissima di Venezia occupò le coste della Dahna7..ia, ma non le considerò mai co– me parte, insieme con sè, di un' Italia che arrivasse alle Alpi Dinariche; bensì come un dominio ~niale, analogo a quelli di cui godeva nell'Ègeo. La Chiesa cattolica non si è mai sognata di far arrivare l' Italia fino alle Alpi Dinari• che. Legga I' UGHELLl (Italia sacra, V, 5) il signor Bergamini ; e apprenderà che la de– cima provincia ecclesiastica d'Italia, quella d'A– quileia o d' Istria, comprendeva il Friuli, l' I– stria, la Stiria, la Carinzia, la Carniola, la Marca Trevigiana, la contea del Tirolo, la Lombardia: l'Istria finisce « al fiume Arsa, lenm"ne d>Jta/11 »: niente Alpi Dinariche! Ma il consiglio di leggere l' Ughelli scn·irà. ben~· poco all'ottimo Bergamini : l' Ughelli è scritto in latino : e il latino è ignoto nella redazione del Giornale d'Italia: il quale nel 1916 stam– pava a grandi caratteri in prima pagina : « parturitnt monles ri'di'c11/11s mus.:, » Ma quan– do c'è la salute ... Petrarca definisce l'Italia « il bel paese, « che Appennin parte e il mar circonda e « l'Alpe»: e l'Alpe è quella che noi chiamia– mo le Alpi> dal mar Ligure al Quamaro. Me - li saluta le, il mare e l'Alpe, che circondano l'Italia, e sopratutto quell'Appennino che la parte, se per Alpe si intend°cssero le Alpi.... Dinariche. E Dante fa chiudere e bagnart i termini d'Italia dal Quamaro. Come giudicare un programma di politica estera, che ha bisogno di spropositi e di mi– stificazioni piramidali, come quelle del Gior- 1mle d'.fl"lia, per farsi accettare dal popolo italiano? Credono, in questo modo, di fare ap– preZ1.areall'estero la coltura, di fare rispettare all'estero l'onore dc 1 I' Italia, i « fedeli » del~ ron. Sonnino? Numeri arretrati Spesso gli ,1bbonati ci scrivono per chiedere! numèri arretrati. Saremo sempre lieti di contentarli. 1\ll:1 è necessario che ci siano rimbors:.1te almeno le spese postali; basta mandare solo una cartolina con risposta pagata, quando si chièdono nou pili di due mmieri; occorre mandare, per lettera, francobolli in numero pro– porzionato, quando si chiedono più di due numeri. Gli abbonati, poi, che ci doman– dano dei numeri vecchi, non perchè smar– riti dalla posta~ ma per altri motivi, con– siderino che una copia del giornJle rappresenta per noi una spesa; e aggiun– gano alla domanda il prezzo. Una desinenza Nell'ultimo numero <lellarivista diretta dal ben noto Sillani - quello della Casa dei parti-, e' è un'articolo di Attilio Tamaro, che pretende di dimostrare come sia stata costante e una– nime in tutto il periodo del Risorgimento italiano> l'idea dell'italianità della Dalmazia e del diritto che ha quindi l'Italia su di essa. Chi ha let40 la documcnta;,ione data ne– gli scritti del l'rezzolini e del l\faranelli-Salve– nini, anà per lo meno ragione di dubitare fortemente della csi Tamaro, per quanto que– sti citi molli fatti e nomi, dal 1797 fino agli ultimi anni del Rbiorgimcnto. Ma dei fatti ricordati dal Tamaro io ne conosco esattamente, per a\·erlo studiato ahra volta sulle fonti, uno solo: quello del 1797. E posso attestare che si tratta di un' audace, sfrontata, falsificazione! Il fatto del 1 79; è- associato dal Tamaro alle agitazioni, che precedettero e accompa– gnarono la caduta, prima della oligan.hia, poi della indipendenza veneziana. Dice il Tamaro: « Nel 1797 era gen1.rale la convinzione che « la Dalmazia fosse parte integrale dell',Italia, « fosse una regione che spettava alla « Na– « zione » e che insieme ad essa doveva essere « liberata da ogni giogo straniero. Le ,mmi'ci– « palilà di Vcm:eia e di Verona chùdev.1110 c!tt « lo .Dalmasia fosse>11011 g,a resliluiln a Vi:ue-,a, « bt11sl unila a/In Repubblica cisaipù,a t una e « ti1divisi6ile ». Per chi pretende di trarre dalla storia del passato gli argomenti, che la geografia, l'eco– nomia, la statistica demografica e, sopra tutto, le aspirazioni dei popoli si rifiutano di dare, anche::quella testimonianza del I 797 potrebbe avere un discreto valore. Se non che i fatti stanno diversamente. Nel principio dell'estate del 1797 1 men– tre pendevano ancora le trattative austro– francesi per una pace defi11itiva (che fu poi conclusa a Campoformico ), il Governo austriaco mandò le sue milizie ad occupare I' Istria e la Dalmazia, che erano - sino allora - state dominio della Repubblica veneta. Contempo– raneamente i patrioti della RepubbliCa cisal– pina cercavano di consolidare la propria forza, in\'itando anche i cittadini della Repubblica veneta ad unirsi ad essi. Le maggiori città continentali del dominio veneto erano favore– voli a questo disegno. Ma il go1,•er110 di Ve– nezia, pur aderendo all' invito della Cisalpina, era sopra tutto preoccupato del riacquisto dcli' Istria e della Dalmazia, che diceva ne– cessarie alla forza marittima e al commercio non solo di Venezia, ma di fui/a la nozio,u (lettera ai Cisalpini, riferita dal Romanin, Slo,.ia doc. di Vmenia, IX, pag. 261 segg.) E su questa domanda insisteva in un memoriale al Direttorio di Francia riferita nell'opera « Ii dirillo d'Italia su T,ùsle e l'Islri'a» pag. 54-58. Queste preoccupazioni di Venezia minac– ciavano di far naufragare il proposito d'unione fra i popoli <lell'Italia settentrionale. Un con– gresso convocati) a Milano, a cui dovevano partecipare Venezia e tutte le città venete, andò in fumo (BELL01TJ, Il congresso d/ Bas– sano in Rass. slor. del RiSIJrg. seU.•ot·. 1917, pag. 576). Si temeva che anche il Congresso di Bassano abortisse, giacchè la maggior parte dei governi costituiti nei db.tretti veneti amavarJb meglio lomart vmttùmi che di'vmin dsolj1i11i (Ibid. pag. 585). In queste condizioni, quelle città che te• nevano alla creazione di un;_tforte repubblica nazionale nella pianura padana, protest;1rono contro il contegno di Venezia. E la municipa– lild di Verona votava, per prima, una protesta, di cui inviava copia alle altre municipalità, dichiarando: tabbùww falla per am111l/are ogni lenlallVO co11lro i/ proprio volo di libcrld e di rùmùmt alla rt,?t1bblka cùdpina. La protesta diceva : « La Municipalità provvisoria veronese, « costante nei principi che formano la base « dcli' attuai politica esistenza del popolo che « rappresenta, dichiara in di lui nome ali' I– « talia e ali' Europa tutta, di uon voler aderire « ad a cuna pro/es/a per l'occupazio11e delle pro– « vùm"e fk/1 1 Islnll t della JJalmasia non solo; , ma anzi protesta so 1 ennemcnte contro qua– « lunque atto che tendesse ad unirla » (la, non le, cioè la municipalità veronese, non l'Istria e la Dalmazia, come è anche evidente dalle precedc.nti parole sottolineate e dalle altre, sopra riferite, della circvlare d' tn:r ,m pagnamcnto; senza di che la protesta 11arebbe: prh-a di senso comune) « con un altro pop\1h), « fuorchè colla Repubblica ci,alpina u!la ed « iodivibile, confonne al voto c~presso ». Cio~ la Municipalità vervnc~e dichiarava.: noi vogliamo esser :sicuri che :,ia accolro il nostro voto di unione alla repubblica ci~alpma: dell' Ist1ia e della Dalmazia non intendiafflO curarci, anche se e::;:-iesiano occupate dagli Austriaci. E questa dichiarazione per il Signor Tamaro diventa una rkhiesta, 1.:hela Dalmazia fosse unita. come terr,\ italiana, all,t repubblica cisalpin l I ~t! :,i rmi'i ~pieg,1rel'interpretazione come frutto dell'errore di riferire alla Dalmazia (e all'Istria) il la di ,mù-/t1. E' troppo chiaro il significato delle parole precedenti, in cui Verona si dichiara jndifferente alla occup.1z1one austriaca della Dalmazia. Si tratta, tome di– cevo. di un'audace, sfrontata falsificazione. E con questi e con altri simili argomenti, (ci capiterà l'occasione di esaminarne ar,che altri) si dimostra il diritto storico dell'Italia! Lo ST0R1co· cu~,1..P1No. POSTILLA Nella seconda edizione della Q11estioutJel– /'Ad,.iatico noi abbi ;i.mo riprodotto integrahuente tutto un lavoro del Tamaro, documentand~ parola per parola le inaudite falsificazioni, che è stato capace cli mettere insieme questo signore. L'on. Soni\ino vieta la p·1bblicazi01.e del nostro volume. E il Tamaro continua a im– perversare dando fuori d'Italia la impressione che in Italia siamo tutti o furfanti o ciuchi. La mistificazione dimostrata dallo « Storico cisal– pino» non è che una delle infinite o inaudite menzogne, con cui da quattro anni una mezza dozzina di italiani, pervertiti dall'educaztone auStriaca, e protetti dalla fonsulta, hann• lavorato sistematicamente a intossicare l'Italia. M.-S. Il Padreterno L' on. Chimienti domanda all'on. Bissolati: « Credi 'tu, Bissolati mio, di aver la fona e « l'autorità storica cli levarti come Farinata in « questo momento che la storia dell'Italia. si « fa, e non ·solamente per opera nostra, per « assumerti la· responsabilità gravissimc1 òi « tracciare i confini della patria per terra e « per mare? • Evidentemente, per I 'on. Chimienti il ltOle, che abbia diritto di levarsi come Farinata e di tracciare i l"Onfiniper terra e per mare. è l' on. Sonnino. Ma insomma I' on. Sonnino chi è? Il Padreterno infallibile? E in un problema, dalla cui soluzione dipende l'avvenire d'Italia per almeno mezzo secolo, il solo on. Sonnino deve decidere, e tutti gli altri 37 milioni di italiani devono rimanere proslemati in silenzio. in attesa che sia fatta l.,1 luce? Che feticismo t! mai questo? Vogliono proprio gli adoratori del\lon. Sonnino ridurci tutti allo stesso livello di brutalità, a cui lo Stato Maggiore tedesco ridusse i famosi « 93,. nell'agosto del 1914? Chi fa la guerra e chi fa la pace . • li popolo italiano più che molti altri, ha s9pport,110 il poso e gli oneri della guerra. Pensate, egli ha detto, al pre110 col quale voi e noi abbiamo acquistato la vittoria: pensate al prezzo di :,anguc e di ricchezz..:, al prezzo di lacrime, al prezzo di fama d., parte dei piccoli bam– bini, alle protratte speranze e alle spaven– tose prospetri,·e che gra l'avano pesante– mente sulle case e sulle famiglie dell'umile popolo ovunque. Questo /; il prezzo della libertà. • Coloro Jm 11oi che fau110 i piani di battaglia e colol"O che dirigo110 la politica 110nsopporla110 il peso di lutto ciò. Noi ordiniamo e gli altri eseguiscouo ~. < Forse voi pensate ai membri del vostro Governo, ai membri di altri Go– verni, che stanno per conferire nella città di Parigi, come ~e fossero i veri fattori della guerra e delL.t pace; ma essi uo,i lo so110.Siete voi i fa/lori della guen·a della pace•· W1LSON.

RkJQdWJsaXNoZXIy