L'Unità - anno VI - n.33 - 16 agosto 1917

che I' Ausflria rimanga .in piedi almeno.. . fin o a un certo p,unto. E naturalmente, · l'Italia deve, non appena le sia possibHe, rit ornoxe ullea .ta della Germania e dell'Austria e nemica «lei no • miei della Germ ania e dell 'Austria. La quc,sUone della Dalmazia è stil.la maneg· giata pe r tre anni dai giolitliani, che si 1arebbe· ro. contentati dello scoo!i o di Pelagosa, per ren· dere impossibil e l'intesa fra I talia e ,Slavia, e tenere aperta cosi la via a un possibile dissidio fra l'I talia e gli attuali alleati, e per niconduNe il po.cse a spasimare per il Prin cipe di Billow . R contro uno Stato serbo-croato-sloveno è nalu · L'UNI1'A raie che questi rappresentanti della servitù le· dei;ca in Italia, si rivoltino come se fo9Se un danno iper 1 'Italia . ' Solamente, non possono spiegro·e chia.ra.menle il perchè del loro atteggiamento. E allora si atteggiano eia difensori della indipendenza del– la Serbia contro lo in!Jidie della Croazia. Questo è il seg reto d~ patti palesi glolittiani. *** Ci resta da stud iare l'a ttegg iamento dei muni- ci1>ali dell 'ir redentismo. E poichè lo spazio ci di– letta, esa uriremo l'argomento al prossimo num ero. C· s. Il movimento slavo Dedichiamo ai falsar-i austriacanti e agli i(/1to– ranti, che negan o l'esistenia di un movimento na – zionale unita1 io antiaustriaco fra gli Slovi ciel .Sud, queste pagine che stralciamo dal lavoro di ANTONIO .P1sCEL, Il con'tlitto aust ro-ser bo e gl'inte – ressi italiani, Milano, Ravd, 1° marzo 1915. li Pi– scel, comp agn o di f ede e di azione di Cesare Battisti, é oggi volontario .... sul serio n ella guer– ra d' lt alic,. La sua insospettabile testimonianza coincide perf ettamente con quell e di Ruggero Fauro e di Cesare Battisti , del Console d'Alla e ctet Civis ilalicus, di Virginio Gayda e di Batti– sta Pellegrini, 7ier smentire la goffa storiella inoculata dall'Idea na:tionale che il movimento jLLOO-slavosia stato inventato clall'Austria. O trialismo o separatrsmo Si tratta d'un popolo di circa dodici milioni (!'anime 1•l1e raggiunse la sua coscienza unita· ria e di indipendenza, mentre fino a poco fa ta– le vincolo comune nazionale non era ancora na· to; ed il &entim en to d'indipend enza di razza ave– va soltanto caratte re di lotta regionale o locale. Finchè suss istevano le condizi on i cor rispondenti a: tale preistor:ia del risv eglio nazionale unitario, era possibila, e !acile e politicamente opportuno per i suoi domin atori, tene rl o diviso e sudd ·iviso, ed in grande pa rte soggetto al domi nio straniero cli Vienna, di Budapest e di Costantin opoli. Negli ultimi anni venne ro invece maturando · si anche là tali muta.menti nella struttura socia– le ed economica della popolazione da r endere ine· vitabile il !.Orgere ed U g-Ì8anleggiare sempre maggiori degli spiriti patriottici e unitari nella coscie nza di que l popolo . La monarc hi a absburghese dopo che il dom.i- 11io turco al sud venne travolto da questa tlu · mana, si trova ora alle prese con questo pro· blema delJ'inevilabile unità e indipendenza degli Jugoslavi, come n el secolo ecorso venne posta: in crisi dag li analoghi movimenti dell'unità e lndip enderu,a. dell' Italia e della Germania . Se •per la cultura e per il nwnero di popola- 1.ione il movimento jug oslavo non è paragonabile con quelli che condusse ro alla formazione del grandi stati d'Italia e di Germania, il suo t,ion – ro in senso anti auslriaco rappr esenterebbe per la duplice monarchia un crollo forse più rovinoso di quelli avuti nel secolo passato : non si tratte– rebbe, cioè, soltanto della perdita di sei milioni cli sudditi, ma di una grande a>reccia aperta in una comp licata e travagliala compagine, sulla quale d'anno in anno aumentano le difficoltà per tenerla insieme. Per ciò nemmeno a Vienna si pensa o si spera di sopprimere senz'altro tale corrente , divenu ta troppo ge nerale e addirittura irr esistibile; si cer– ca invece di inalvearla verso una soluzione, la qua le, a nzichè minacciare , au.menterebbe di lron · te all'estero la potenza della monarchia da nubi a– na. Ormai la politica aust riaca ha dovuto porsi, come prob lema di vita o di morte, la mèta di mantenere P. conquistare completa.mente le briglie occorrenti a iJUidare a proprio piacimento l'indiri z zo di questo movime nto nazionale; ed ha dovuto conc ludere che tal e mèta non è ra ggiungibile, e sopra tutto non è sostenibile, se non con l'adotta – re u triaUsmo. L'esempio della relati va sotto – missione alla politica absburghese del movimen– to nazionale magiaro, dopo che il blsogn o d 'in- CO dipendenza e d 'unità ebbe parziale appagamento nello Stato unghe rese autonomo ent ro la cornice militare ec()nomiCJJ.e dinastica della monarchia comune, incoraggia a tentare anche per gli Slavi Jn- stessa roluzio n e. Ma la riuscita è subordinala alla nece ssità as– sOll,lla di distrugg ere l'i nd ipen denza dei due nu– dei nazionali - la Serbia ed il Monten egro - che inev.ilabilmente continuerebbero a1trimenti ad escreta.re una influ enza di attrazione in senso se– paratista. Cosi l'istinto della conservazione raf– forza le velleità d'espansionismo e d'imp erio mi– lita.rista nel le varie sfere dirigenti dell 'Austrj a., All'occorrenza questa attuale n ecessità storica della 'P0lilica ail>sburghese potrebbe tollerare il persistere nominale dei due piccoli regni, ma so– lo a patto che essi diventa ssero verso I' Aµstria.– llngheria quello che erano una volta rispetto agli Absburgo il Ducato di Modena ed il Granducato di Toscana. Contro questa soluzione viennese del problema degli Slav i meridfonali sta la concezione an tia u· ~triaca, condivisa ormai dalla maggioraoz ,a degli Slavi meridionali, che riconosce alla Serbia la •les5a m :ssion~ che ebbe il f'1•c1onte per J;t no slra unità ed indipen denza.. Imp oss ibile ora e in seguito un compromesso Ira queste due corr enti nettamente contrappo ste : l'una o l'altra de\'e essere tolalmente schiaccia– la ed esclusa da ogn i possib ilità di continuare a sussistere. Tutt 'al 1,iù la fortuna delle armi o le artificiosità diplomatiche potrebbero arrestare per qualche anno il comp iersi di questo fato sto – rico, con qualche Novara o con qual che Villatran – ca; ma, come avvenne nella nostra epopea, non "8rebbe questa che una momentanea tre gua 'd'ar– mi, peggiore per tutti di una definitiva soluzione. La crisi finale A determinare la situ azione d'estrema. gravità che spinse i dirigenti della politica austro-unga– rica a prepa ra:re ed a volere la guerra con la Serbia, conducendo i preliminari in modo da ren – dere im1>ossibile ogni intervento di terzi 'Per una i,aciflca soluzion e, sopravvennero infine i grandi ~convolgimenti della guerra ba lcanica del 1912 e 1913. Dagli Slavi soggetti alla monarchia quella guer· ra. ru conside r ata una guerra nazionale, qua.si una gue1Ta santa. ~falgrado le proibizioni, man – darono volontari ed aiuti in denaro: l'oper a. di soccorso ai feriti connaz ionali trascese assai lo scopo umanitario . .Malgrado le proibizioni cd i processi, ad ogni notizia di vittoria serba, bulga– ra o monl1negrina, tutte le città slave deJla mo– narchia abbandona.vaosi a grandi dim osra.zioni di testa. Cosi sotto gli occhi delle auto rità, che uon osavano intervenir e per chè tra.ttavasi di un movimento troppo vasto, tu pubblicamente festeg– giala la notizia della presa di Scutari e deU'a·r– rivo dei Serbi a Durazzo; e quelle vittorie si con · siclorarono cc.me riportate, piuttosto cho con tro il turco, contrc, l'altro nemico ereditario, il tede· sco austriaco. Persone che io quell'inverno furono comp rese nella mobilitazione e passarono alcuni mesi nel· la Dalmazia meridi onale e nella Erzegovina, mt asslcu raoo eh~ colà dovette anche allora essere richiamata la leva in mass.a (landsturm), non già perchè si pensasse di pote rla utilizzare in caso 235 di guerra col Montenegro, ma unicamente per poter assoggettare ai rigori della legge militare auslrjaca tutta la popolazione valida alle armi e per impedire la continuazione dell 'esodo in massa dei volontarj, Eppure , pel1lno inquadrati con sottu1ficiali e caporali tedeschi, non solo 1 richi ,una.ti della landstunn e della tandw ehr, ma an che le truppe slave di reggimenti dell'esel'cito a ttivo, si a.hba!!donavano a dimostrazioni di gio– ia a:d ogni successo dei nemi ci del loro Go~erno. Nel primo periodo della guerra ogni gia.llooero credeva come ad un dogma al sicuro trionfo del· l' esercit.Q tu!rco contro le milizie .iJ$rovwsate <lei suoi nemici; e le villorje bulgare e serbe 1u- 1·ono cosi ,rap!de, e cosl rapid a fu la débacle delle forze turche, da non dare tempo ai buoni ami ci di Vienna di pensare come soccorrerle. Si sperava a Vienna d'avere trovato oelia Ru– menia un compare che si prestasse ad incomin– cia re le ostilità contro la Serbia, salvando l'Au· stria dall'odiosità e dal pericolo di assumere es· sa stessa l'iniziativa . Quand o, sollo la pressione de.ll' opin,ione pubblica, l 'attitudine del Governo rumeno 1u proprio diversa da quella attesa m Austria , la delusione rintorzò i propositi d 'anà1>· re a fondo. La guerra, io credo, era anche ali ora decisa: la si ritardava soltanto ,per compiere la prepa.ra– ziona e trovare un pretesto, a.llorchè l'attacco im· provviso dei Bulgari, evidentemente protetto e promosso dal!' Austri a, condusse al nuovo inat– teso trionfo delle armi serbe. I dirigenti la poli– tica austriaca vennero allora nella convinzione , manifestata poi in mille modi, che tosse questio– ne di vita o di morte per il dominio austriaco su· gli Slavi meridionali, lo schiacciare completamen– te la Ser:bia, per annetterla possibilmente al re– stante dominio, o almeno per assoggettarla mill – ta1·menle, politicamente ed economicamente, sot– to l'apparenza d'una indipendenza nomina:Je ,., me era a.I tempo degli Obrenovic . Conclusione Se per la tor-.1:adelle anni dei due imperi cen– tral i dovesse durare o raff orzarsi la possibilità per que lle popo lazioni jug oslave di una combi– nazione austriaca. identica o analoga al progetto trialista, ti soffocamento e rapido assorbimento dei nostri connazionali della Venezia Giulia ne resulterebbe fatalmente deciso, e non revocabil e, a malgrado di tutti gli sforzi di quella nobile re– gione. Per ci(, è ben giusto, l'oggi o mai più! che echeggia da quel confine. Se prevarranno invece, con la Serbia, le rl4!'iooi nazionali nella Balcania, portando più a mezzo– gio rno il centro di gravitazione del nucleo jugo – slavo, gli interessi e i diritti d'Italia nell 'altra sponda dell 'Adriatico potran no più fa cilme nte trovare il punto di equilibrio con i nuovi vicinl. A ntonio Piacei. DALLA PRUSSIA Il pensiero di Attilio Tam aro coincide pe?(etta– menle col mio: ed lo ne gioisco profonda.mente !perché lo scritto re t,rieslino mi sorregge con tut– ta l'autorità che gli viene da una originale e perfetta conoscenza. della questione, e con fede incrollabile che l'anima quando rivendica al• l'Italia il diritto assoluto di ricondurre al suo dominio tutta la spond a orientale del Mare No– strum, cacciando ne se ciò sia necessario , se qual– siasi ribellione si accenda contro la nost.ra civil · tà. superiore e contro la nostra volontàdi grande nazione, i troppo quer-uli e i trqppo avidi inva– sori di quelle stir pi che l'Austria aizzava contro i nostri cari fratelli . ·• Naturalmente agli inet'fabili democratici no– st rani, le idee del Tamaro sono apparse eresie: molti ,fllosofetti si son o indignali ed hanno '[)ro· testalo in nom e del principio di na:ionalitcl e di altre divertentissime quanto inutili ideologie dei tempi remoti. Ma Ja. democrazia ha fatto tale pie • tosa prova nella enorme guerra che sl combatte, la sua essenza è apparsa cosi meschina e cosi donne;;ca, che n on vale la pena di fermarsi alle sue st.rlda. (Lega Navale, 31 dic. 1915, pag. 938). Tommaso SlllanJ.

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