L'Unità - anno IV - n.17 - 23 aprile 1915

mania e delfAJJstria. .\l a Ji può parlare pizi di buona fede di qursti parsi, dopo Il' aggres– sio,ii alla Serbia e al Belgio e sopratutto dopo che queste aggressioni sono stat e ap– ,pro\"ate da tutti i cittadini della Germani:1 e dell'Austria, comp rc~ì i prflfessori d'uni – versit:l e i socialis ti ? Noi non ci dissimuliamo, certo, i sacri– fizi, n c11i il nostro parse va incontro. ,1/ n non dipn1dc dn noi l'affrontarli o lo sfuggirli : uria forza, pilt potoite di ogni nostra volontà, à trnsci,w : r quesM /orta r hanno messa in moto, ron la loro folli' i,ii:intivn guerresca, i gowrni, a cui ( amico f l/ nrtmamz . ,\folte del/r cose, cht r /-I artmmrn sait•e oggi per distogliere l' ltt1lù1 da/I' i11ttrvo1to, a•rebbe ben potut o 1/irh\ ne/I' u/Jima setti- La guerra ed il Il connitto europeo ha ptb curato alla causa -del protezionismo una fortuna insperata, nella -conversione di ur.o dei pH.1 colti e vi\ 1 aci fra i nostri giovani economisti, che dopo averla annunciata in una lettera alla Rivista Popolare, la spiega diffusamente nel Gr'or– nale degli Economisti, e la conforma nella Rivist a delle Società Comme rciali, in uno studio sulla depressione agricola dell' Inghil– terra, che vuo le essere l'aspirazione di un recente peccat o liberi sta comme sso dall'au– tore dimostrand o I' inutilit?t del dazio sul grano nel!' impero austro-ungarico. La conversione di Mario Alberti sarebbe stata determinala, quasi fulmineamente, dalla guerra che e eliminando dalla faccia del mondo l'economia mondiale> avrebbe dimo– -strato che e: le relazioni del commercio inter– nazionale non erano che apparizioni d'ordine seco ndario, prescindibili, necessariamente sog– gettt ad interruzi oni ed anche a sospe nsioni durevoli ». Per effetto della guerra l'eco11omia .t1a;Jo11ale sare bbe risor ta nel la sua più evi– dente pienez za, prop rio in Germania, dove dell'e conom ia mondiale s'er a fatta in questi ultimi ann i una nuova scienza >. e La guerra euro pea avrebbe dimost rato -chiaramente che anche nella vita economica mod erna la realtà indistruttibil e è la produ– zione inter ·na. Vivere preva lentem ente delle produzioni altrui per ciò che riguarda i bi• sog ni primi della vita econo mica è corr er~ un'alea gra\'is~ima. Le grandi guerre <oslrin– gono i paesi a dit 1 tr1ire 1 più o meno, stati ,o,m 11ercia/111en1e chiusi >. e Il protirJom5mo, dunque, ha da essere nei tempi lieti della pace, quando il traffico internazional e con• sentirebbe rifornimenti esteri a condi zion i migliori, il premio di assimra{''one, che si paga per garantirsi certe risorse nel giorno trag ico de l bisogno ». ~la l'Alberti è troppo abituato all'osse r• va1.ione dei fotti c.;onomi ci contemporane i per non vedere l'assurdità dell 'affermata ten– denz:t alla chiusura dei mercati na1.ionali e per non prevenire la troppo facile obiezione che si potrebbe de rivare da que lla alf1::rma- 1ione presa alla lettera. Egli nega quindi che il protezionismo miri alla soppressione del commercio esterno, e limita le sue aspira– zioni alla preparazione, in tempo di pace, del p:tese a bastare a se stesso nella produzione degli alimenti strettamente necessari per il mantenimento della nazione e di tutto ciò che è necessario all'ese rcito ed alla marina du– rante la guerra. Sulla necessità di chiedere le armi e le munizioni alla sola industria nazionale non può sorgere alcun dubbio: I' UMilà anzi è andata più innanzi ed ha sempre propu• gnato per que-.ti prodotti l' indus tria di Stato, come il solo mezzo per sottrarre \'argomento vitale della guerra, della preparazione mili• tare e della politica estera alle congiure del capitali smo internazionale e per non offrire un troppo valido aiuto alle manone prote – zionistiche dei siderurgici. Sull a questione in\•ece degli alimenti che in Italia si riduce quasi esclusivamente alla produzi one germanica, non crediamo che la guerra porti alcun nuovo argomento in fa. vore del dazio. Non \' 1 ha dubbio, e lo ri– pete ogni buon analfabeta che in tempo di guerra ogni stato bellige rante e neutrale rim- L'UN I T À mmw delr agosto 1914, per prottstare ron– tro il /uoa uhi matum del Cot•a110 austriaco alla Strbia, e he f' stato r origi11e della rnrne– .fici11a attuale. Quello tra il momrmo di ts– srre umanitari prr I' li artma,rn, r per tanti t tomi altri 11omi11i d' i11grgno e d'autorità dti– I' Au stri11 e dt/111Cnmania . hw ea tacquero o mt ntiro110. Pnchè f(lcqurro allora? Prr<hè ptzrlmio ora? Prrch,: il desùlaio di rt.ritarr le rcatombi non lo st 11tiro110 allora prr il loro pae.>t, e lo stn– to,io solo oggi, ptr il nostro? La pittò per i dolori della g,urra ; ptr i ttdtschi, ,m arti– colo destinato escfo.sivamnztt alla tspo r,•a:.ione nn' patsi 11,·utrali? L'Un i tà . regime doganale. piange di non a\ 1 ere una produzione interna sufficiente al consum o. ~la questo rimpianto non prova nulla : resta sempre da provare che la protezione doganale serva ad assicu– rare quella selj-suJ/i sance, che si vorrebbe raggiungere. Se la mem oria non c' inganna 1 l'A lberti stesso avea dimostrato, or è un anno, un largo corredo di no1izie statistiche , che in Austria-Ungheria, l'aumento fortissimo del dazio d.1 3 corone a 6.30 e 7.50, approvato nel 1906, non ave\'a porlato ad alcun au· mento sensibile nella produzione grana ria ; se era aumenta ta la superficie coltivat a a grano, era diminuita la produzione media, che da quinlali I I .9 per Ettaro nel qui~– quennio anterior e al 1 906, era sces3 a quin• tali 11.6 nel quinquennio successivo . Nè \'e• diamo che nel suo articolo d'og gi sulla e De– putazione agricola e il libero scambio > egli rettifichi per questa par te le sue conclusio ni . In Italia , ~on un dazio, che nel , 894 fu elevato d:1 L 5 a ;.50, la superficie colti– vata a grano che nel quinqu ennio I 891-95 era di Ea. 4.749.851 1 non i::ra salita nel quinquennio 1908- 9 13 che ad Ea. 4.7j,3 600, e la produzione media che era sott o i g quintali per Ettaro nei quinque nni 1886 - 1890 e 189 1-1895, si manlenne a questo livello anche ne l quinquennio successivo all'appli · cazione del dazio pii.1 alto: solo più tardi, per cause diverse, cominciò a salire, raggiun– gendo nel quinquennio 1908- 19 13 la med ia di quintali 10.5 per Ettaro. In Italia come in Germania, dope un ven· tennio di protezione altissima, manca tuttora da un terzo ad un quinto del quantitativo necessario al consumo; l' incremento medio della produzione è sempre notevolmente in– feriore all'aumento della popolazione. In realtà, perchè il regime doganale ave~se l'efficacia di assicurare ad una nazione I' in – dipendenza alime ntare 1 bisognerebbe ch'esso avesse :mche la virili di modificarne la situa – zione demogratica: fìnchè un paese è sovrap – popolato non sì po1rà impedire ad una gran parte dell:t popolazione di preferire le pro– duzion i più ricche - agricole od industriali - e di tro,·are in esse il mezzo per acqui– stare dall"estero tutti quei vi\'eri che le sue terre a grande stento potrebbero assicurare in quantità insufficiente. Per opporsi a questa tendenza , che si mani– festa ugualmente irresistibile nell' lngh iherra liber o-scambista come in gran parte della Germania ultraprot ezionista, bisognerebbe ri• stabilire le barriere insormonlabili fra na– zione e nazione, limitarne i bisogni , e fre– nare il loro aum t nto di popolazione. L'Alberti 1 sulla scorta di un economista inglese, fa salire a più di 300 mi la le per– sone a cui il risorgere della cerealicoltura assicure,-ebbe il lavoro in Inghilterra; ma non tien calcolo della crisi gravissima che la mancata importazio ne dei cereali determi – nerebbe nell ' industria inglese e della disoc– cupazione a~ai più estesa che ne deriverebbe. Noi ammettiamo che la situazione econo – mica e demografie~ dell'Europa alla vigilia della guerra, rogli aumenti eno rmi della popolazione e della produzione industriale, col fenomeno inquietante dell'urbanesimo, possa esser guardata con poco entusias mo ed anzi con grave apprensione; ammettiamo che si possa desid erare, in ogni nazione un maggiore equilibrio fra ogni coltura ed in– dustria fra campagna e città, ammettiamo anche che talun o possa credere di arrivare ad un tal risultato con la chiusura dei mer – cati nazionali. Ma in · tal caso bisogna esser logici fino in fondo; bisogna rinunciare a tutto que llo che finora ci siamo abituati a cons ide rare come progresso economico, rinunciare a ve· dere nell'aumento di popo lazione un elemento di forza, chiudersi in se stessi, e poichè i dazi protettivi, per quanto alti essi siano, son valsi finora ad elevare il costo della vita e con esso i salari, ma si son mostrati im– polenti a impedi re le impo rtazioni di tutti i generi di prima necessità, invocare senz'al– tro il ritorno ai sistemi proibitivi dei tempi pas~ati. ~l.1. l'Al berti non solo non arriva a ques ti estremi, ma considera l'aumento continuo e rapido della popolazion e come una de lle massime forze nazionali e si preoccup a di garant! re all' ltalia 1 col giuoco della po litica este ra una maggiore espansio ne commerciale nella penisola balcanica e in tutto il levant e. In questa maniera la logica de l suo ragio• namento ci i:embra assai zoppican te: chi vuole infaui l'aumento deMa popolazione e la conquista dei mercati stranieri può invo– care la protezione doganJle com e un aiuto a determinate forme di produzione a cui si voglia assicurare un aumento arti ficiale dei prezzi sul mercato interno, ma non può in– vocarla per impedire o ridurre a minima proporzione l'importazione de i viveri e delle materie prime più indispensabili. È assol uta· mente inconcepibile un paese industriale ed espo rtatore, che voglia rendersi indipendente dall'estero. Del resto l'Alb erti che è stato forse :;pinto a certe affermazioni protezionistiche dalla sua preoccupazione naziona lista e da lla rea– zione contro il liberismo puro e assoluto finora professa to con entusi asmo , finisce poi per di ch iararsi un relativista in maleria doga• nale : proiez ion e e libertà, egl i co nclu de, son due metodi egua lmente buooi a seco nda delle condizioni di tempo e di luogo. In questa conc lusione l' Unità può dichia – rarsi perfetlamente d'acco rdo con lui, poichè essa non ha mai combatt uto per l'abolizione immediata di tutti i dazi protettori, ma per la soppressione o la riduzione della prole· zione eccess iva a certi rami di produzione, ch'essa considera come parassi tari e dannosi - in questo momen to - allo sviluppo della ricchez za nazionale. Ma il male è che certe affermazioni del- 1' Alber ti son prese alla lettera e nel loro significato più eccessivo proprio dai reppre– sentanti di quelle industrie parassitarie, che maggiorm entt: han goduto del la protezione statale e miraao a sfruttare la guerra per ottenere nuovi favori. Son rroprio i giorna li e le riviste, più o m eno scientifiche, che i siderurgici aiutano e moltiplicano in questi mesi, quelli che riproducono i p~ssi più si– gaiticalivi degli articoli dell 1 Alberti, e danno per dimos trat o che la guerra ha determinato la chiusura completa dei mercati nazionali, e· che solo i popo li, abituati in tempo di pace a trarre dalla produzione interna i mezzi della loro resislenza economica e militare, possono oggi guardare gli avvenimenti senza l'assillo della fame e la visione della rovina econo– mica. In nome di queste verità apodittiche - I' Inghilterra infatti è già mor ta di fame - questi signori sfidano gli economisti di tutt e le scuole e i demagoghi politicanti (che saremmo noi) ad uscire da l loro Silenzio e a difenders i da lle accuse dem olitrici che j fatti stessi hanno mosso alla loro propaganda; e rimproverano l' imJ;enilenle Giretti di aver voluto difendere alla Camera un morfo (il liberismo ), che la guerra ha ormai composto nel sepolcro. Allo stringer dei con ti tutta quesla brava gente limiter à il suo programma d 1 indipen – denza economica nazional e alla richiesta sem• pre in nome della patria - di un maggi or dazio su lla ghisa e sull'acciaio (per diminuire la spesa degli armamenti o delle costruzioni navali! ), o di una diminuzione della tassa di fabbricazione deg li zuccheri. ec Gino Bianco 667 Ma allora i silenziosi od i morti di oggi saranno più vivi che mai ; e speriamo che anche Mario Alberti sarà nuovamente con noi contro un tale travisamento del suo pensiero e per la di fesa dei veri interessi naziona li. G. Luzzatto. I SEGRETI DEL SANTUARIO Un'inchiesta eseguita da un ispettore de– maniale coraggioso su l serviz io degli Uffi– ciali Giudiziari di l\lilano ha rivelato fatti, che cos tit uiscono un:.t vera e propria ver– gogn:.t per un paese ci\'ile e che sono in• dice di tutto uno sfacelo ed una disorga– nizz..1.zione nell'amministrazione della giu – stizia. Si tratta sempl icemen te di un sovverti – mento di val ori. Nella gerarch i:1 giudiziari:1 noP sono le persone depositarie di m:.1ggiore autorit:\ , gravate di maggiore respo nsabi lità, fornite di maggiori studi , che sono maggiormente retr ibuite : no, i compensi maggiori sono riservati ai fun ziona ri più umili, a quelli che esercitano le funzioni pilÌ mode ste, a quelli ai quali è richiest:i una cop ia assolu– t::imcnte nulla di stud i e di preparazione. (Fino ad ieri per gli Ufficiali Giudizi ari si ri chiedeva la sola licenza .... elementare) . Par e ;ncred ibilc, ma è vero : nella capi– t ale mora le d 1 Italia (e non in essa sol– tanto, ci si assicura, ma nei più importanti centri giudiziari del Regno) si assiste allo spe tt acolo di vedere i Pretori retribuiti as– sai meno dei di pendent i Ufficiali Giudiziari; i Giudi ci, P residente di Tri bunale e Procu– ratore del Re a.ssai mtno degli Uffici:.tli Giu– dizi:.tri addett i al Tribuna le, il Primo P re– sident e, il Pr ocuratore General e cd i Con– siglieri e Sost ituti Pr ocuratori Generali di Corre d'Appello as.soi meno dei rispettivi Ufficiali Giudi ziari addet ti alla Corte d'Ap– pello. Che più ? il Prim o Pt esidcnt e cd il Pr o– curatore Generale della Corte d'App ello di Mila no, i due più alti magistrati di 'Mi lar.o, sono pagati meno degli Ufficiali Giu– diziari del!' ultima Pretura di )li lano , il IX )fondam ento . Dai prospetti ufficiali dei pro,·enri de– gli Cfficiali Giudiz iari addetti alle Pretur e di ~lilano nell'anno 1913 stralciam o al– cuni dati : Pren11a I I Mandamento. Uf– ficiali Giudi ziari JJcrgami, Camp agni e Quanti , Cada11110 L. 7.074 .50 Pr etura IV i\landamcnto . Uf- ficiali Giudizi:i ri La i\lonica e J\loscatc lli. Cada,wo » 9,729.52 Pr etura V .Mandamen to. Uni- ciali Giud i1.i,ui Beni e Dc Stefano. Cadauno Pr el ur a V[ i\fan<l.1mento . UOi– ciali Giudiziarii l\lorangoni e Trezza . Cadauno . » 9.205.80 Pretura \ 'I I ;\l,rndamcnto. L'f ficialc Giudiziario Fumag,1lli 11 16,839.35 Pretura VJ 11 )l and,1mento. Uf- ficiale Giudiziario Buni . 10,984.- L:flì.cialeGiudiziario Stuppi 12,459.02 Pretura IX :\landa mento. Uf. fit:iale Giudiziario Fugazza 15 1 687.70 L'fficiale Giu dizi ario Pa ga- nuzzi 16,5 55.7 7 Si tratta di cifre veramente impressio– nant i, tanto più se si pongono a raffronto cogli st ipenclr dei magistrati, che, come è noto, sono di 4, 5 e 6ooo lire pci Pr etori e Giudici; di 7, 8 e 9000 lire pei Consig lieri d'Appello, P residenti di Tr ibun ale, Procu– ratori del Re, Sostit uti P rocuratori Gene– rali di Appello; di 10.000 lire dei P re~i– denti di Se,.ione, Avvocati Genera li di Corte d'Appello, Consig lieri di Cassazione ; di 12.000 lire pei P rimi Pr esidenti e P rocu– rato ri Generali di Corte d' Appello. E manco male se i prospetti ufficiali de– gli Ufficiali Giudiziari fossero :11 vero con– form i, ma e~!-i - almeno per que llo che riflette quelli degli ufficiali Giudiziari ad– detti al Tribunale ed alla Corte d'Appello di Milano - non lo son.o affatto; son o

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