L'Unità - anno I - n.49 - 16 novembre 1912

194 L'UNITÀ Le origini dell' I.talia contemporanea. V. L'emigrazione e l'industrialismo al Nord. L'emigrazione continentale. Nelle regioni settentrionali le correnti mi– gratorie meno rare lasciavano, già prima della unifica;ione pre sag ire quello che doveva av– venire dopo la costituzione del nuovo re– gno : esse furono le prime ad ingro ssarsi e a prendere il rilievo e le forme di un fe. nomeno sociale degno di considerazione. È noto, infottì, che l'ambiente vi era meglio preparato, e che l'ambiente industriale rea– giva psicologicamente anche sulle campagne; che la popolazione era meno analfabeta, più socievole, meno restia e meno timorosa del nuovo : tutti indizi di quella certa superiorità sociale, di cui si è cercato rilevare le cause ( Ut,ilà, n. 44). Gli avvenimenti della rivo– luzione nazionale e l'assetto di cose, che ne segui, non potevano non scuotere e mettere fermento negli spiriti, specialmente in quelle parti del territorio ~ presso quei ceti, che più dovevano sentire bisogno di migliorare la propria sorte. Da più luoghi, e segnatamente dalle mon• tagne e dalle valli dei confini, l'emigrazione era tradizionale. Alle consuetudinarie offerte di lavoro, ben presto se ne aggiunsero delle nuove. Grandi lavori pubblici si compivano nei principali Stati vicini : ferrovie, strade, ponti, rinnovazioni edilizie delle grandi città. L'operaio italiano era conosciuto e molto apprezzato. L'offerta è accolta dai nostri con fervore : le partenze si moltiplicano da un canto all'altro delle Alpi e delle altre zone ,,. del Settentrione e anche del Centro e, in molto minor parte, del Mezzogiorno. La mag· giore vicinanza e altri elementi di conve– nienza o di affinilà determinano i luoghi di destinazione ; j piemontesi e i toscani pre– feriscono la Francia, i lombardi la Svizzera, i veneti l'Austria-Ungheria, i paesi balca· nici, la Germania. La facilità, con cui la popolazione rispose all'oflerta, si spiega con la struttura delle modeste economie alpestri che fornivano i maggiori contingenti. Esse t~llerano che i più validi si assentino per una buona parte dell'anno, perchè i hvori necessari possono restare affidati a coloro che sarebbero meno adatti a ricavare profitto al– trove dalla propria forza di lavoro (donne, fanciulli, vecchi). L'emigrazione transoceanica. Ma le occasioni di mòltiplicarsi non man– cavano neppure per gli esodi verso le lontane regioni americane . Vi erano campagne, in cui la classe lavo– ratrice versava in condizioni molto misere, per bassezza di salari e per durezz.a di con– tratti agrari. ia pellagra vi teneva un posto non molto più basso di quello che nell 'altro '!Stremo d' Italia teneva la malaria. Bisogna rileggere le scritture di quei tempi. La que– stione sociale, come era esplicitamente chia– mata, di certe terre del basso Veneto faceva riscontro a quella della bassa Lombardia: ambedue dolorose e preoccupanti. Ciò che più le inacerbiva nell'opinione pubblica, era l'antitesi non infrequente (nel Mezzogiorno povertà di agricolori e di agricoltura era in· vece la regola ) fra la tristezza squallida del lavoratore, e l'alto rendimento di gran parte dei fondi a cui il primo dava le forze e la vita. Esempio la plaga delle marcite lombarde, modello al monJo per l'intensità culturale, vantato da illustri agronomi e economisti di ogni paese e, nel tempo stesso, ricetto di una massa di contadini tenuti al salario della fame. La deplorazione del triste fenomeno è comune agli scrittori di tendenze conservatrici come a quelli di tendenze democratiche, a Gino Ca~poni .e S. Iacini come a C. Cat– taneo . Al sol~ di libertà, queste masse di con•• tadini pi~. non indugiarono. L'idea dell'A· merica non era nuova. Essa ormai si riaf– fermava come piì.t facile e pratica e, dato l'ambiente,. ~on incuteva tanto spavento come nel Mez_~?giorno. Le compagnie di naviga• zione, soprattutto quelle estere, sguinzaglia• vano già i loro agenti. Genova aveva reso regolari e accresciute le sue linee di nav iga · zione transatlantiche. Ma, se Geuova non piaceva, non erano lontani i porti frances i. Emigrazione e lotte sociali. Altre forme di reazione non ebbero a pale• sarsi tanto efficaci : coalizioni, violenze, scio· peri. Il Governo reprimeva risolutamente. Quando gli scioperi, per il momento scelto, potevano riuscire più efficaci, esso mandava i soldati. I conflitti che scoppiavano, come nel Polesine, fnrono sanguinosi. Ma le orga– nizzazioni non erano salde: al posto di una matura coscienza di classe e di nna buona tattica calcolatrice, vi era l'impulsività mo– mentanea. E cosl alle frequenti e dure scon· fitte di certi movimenti contadineschi segui– rono emigrazioni nuove e più abbondanti. L'emigrazione, al cimento de ll'esperi enza, si presentava come un sostitutivo molto più edo– nistico dello sciopero. I.o seppe la provincia di Rovigo, che vide alternarsi conAitti e fu– ghe di contadini e braccianti. Con i rur ,di partivano pure cperai urbani. Questi erano molto più numerosi che nel Mezzogiorno. Le nostre statistiche ci hanno ben segna lato la presenza di queste classi di lavoro qualifi cato: è una caratteristica setten– trionale, e non poteva, per forza di cose, che essere settentrionale. Del resto, gli operai qualificati si tro>1ano in ogni momento fra gli emigranti dei paesi ad impronta indu– striale, anche quando la produzione industriale fiorisce in patria: la ragione principale è nel desiderio degli alti salarii e in certe pro• prietà internazionali del lavoro qualificato. Eccezionalità del fenomeno migratorio. Ma codeste emigrazioni pronte e un po' tumultuose non ci devono indurre adiscono– scere lo stato ~enerale dell'economia e del benessere del Sett entrione !!è i caratteri che quelle contraddistinguono. Esse non proven• gono da tutti quanti i territori nè da tutti quanti i ceti campagnuoli. Se teniamo tacita– mente presenti nella mente le emigrazioni meridionali, vediamo subito il valore grande di queste restrizioni. Se laggiù la miseria estrema era quasi la regola, si può invece ritenere che nel Nord la miseria estrema era un'eccezione: un'abbondiinte e cupa eccezio– ne, ma pur sempre un'eccezior:e. E cosl , per riflesso diretto, ci è dato ripetere per l'emi– grazione: nel Sud una fuga quasi generale che si propaga da una provincia all'altra : nel Nord forti correnti da plaghe non vaste e bene identificate. Tanto vero, che le propor• zioni degli emigranti transoceanici settentrio– nali restarono sempre, anche prima del veri• ficarsi dei nuovi e felici fenomeni industriali, ben lontane dai culmini altissimi raggiunti da quelle meridionali. l.e cause d{ questi limiti nelle propor• zioni non sono, però, soltanto da ricercare nella costituzione economica agraria e indu– striale del Nord, ma anche - occorre av– vertirlo, dopo quanto si è visto? - negli avvenimenti cosl favorevoli, che sopraggiun– sero quasi subito dopo I' unificazio ne e che furono provocati dall'insieme delle cause le quali occorrerà appena rievocare. Lo Stato vi compie lavori pubblici distri– buiti in più e più punti del territorio. Gli operài, specialmente quelli più bisognosi e meno occupati, i braccianti, vi sono richia• mali e vi trovano buono impiego . Le spese per l'esercito vi si riversano con quote molto elevate, e queste spese, per una serie di ri– percussioni, vanno ad alimentare, per quanto ridotte 1 gli svariati ceti del lavoro e del pic– colo commercio locale. L' industrialismo. L'ambi ente adatto affinchè le energie diano su vigorose si va formando. La industrie sentono il hisogno di trasform arsi avidamente sotto lo stimolo dell' ese mpio e anche della concorrenza estera. I capitali - si è insistentemente notato _;.. non difettano. Sorge così un po' per volta la grande industria, massi•me nelle produzioni più tradizionali e fa\'orite delle materie pri- V me. La protezione doganale, dapprima al– quanto timida e poi più decisa, ne accelera lo sviluppo, sia pure con qualche de\'iazione sbag liata verso produzioni meno produttiv e e spontanee. Il sistema ferroviario e i trafori alpini, che ricollegano il mercato settentrio– nale con tutti i grandi mercati centrali, le tari ffe dei trasporti che si adattano ai bisog ni dei nuovi organismi, assecondano, con siste~ matica coerenza, la dinamica industriale cre– scente. La grande industria si afferma. E ciò equivale a dire, per i fatti che noi teniamo di mira, che alle precedenti offerte di lavoro se ne aggiungono nuove, continuative e gran– diose. I richiami dei centri indllstriali sono po· tenti fra il piccolo ceto artigiano e giungono fino alle campagne. Molti contadini dell'uno e dell'altro sessJ si i11urba,,o, individualmente o con tutta la famiglia. Altri dividono la famiglia fra le vicin e fabbriche e la conti~ nuazione dell'azienda rurale. Completano il reddito di questa con quello industriale e ot· tengono un massimo di utilizzamento dei rnem· bri secondo le rispettive attitudini : chè sono le donne, e in particolare le giovanette, quelle che accorrono numerose specialmente negli stabilimenti tessili (cotoni, sete, ecc .ì , fiorenti e disseminati per i territori provinciali, come ed es. nell'alto milanese. I moti determinati dalle migrazioni \ 1 erso questi centri e da quella esteriore, e insiem e dalla trasforma· zione di molti contadini in operai industriali, reagiscono automaticamente sui salarii e sui patti agrari. Ciò che gli scioperi non avevano otte– nuto, ottiene per i rimasti la diradazione delle braccia: se agli scioperi avevano spesso tenuto dietro fughe di uomini irati, alla di– ramazione di braccia segue, col crescere dei salari e il migliorare dei patti, il rinsalda– mento dei vincoli colla terra nativa e l'abban– dono del disegno, cominciato forse a vagheg– giare, di andarsene lontano. Le coalizioni e le leghe assecondano questo movimentò ascen• · sionale, che trae però fa prima e vera ra– gione di fortuna dallo stato di fatto creatosi sul mercato delle industri e e del lavoro (chi tutto attribuisce ali' azione di classe cade in uno dei soliti miraggi sociali). La nuova vita economica e sociale. L'economia settentrionale, in breve , rinsan– guata dalle migliori forze d'Italia, esplica l'antica sua potenzialità e riassorbe in parte cospicua la popolaziont aspettante. Ma è fenomeno, questo, a larghi, diramati, capillari effetti. Il seguirne finemente le vie e le forme sarebbe opportuno per comprender– ne tutto il valore. A me però non può com– petere ~he appena qualche cenno sintetico. Basti notare che il fiorire dell'industria si riflette sul commercio grande e piccolo come sull'agricoltura, anch'essa progrediente per capitali disponibili e spaccio di prodotti, sui centri folti di opifici come su quelli rimasti nella modestia antica, che si scaricano dei superflui e imp ortano rimesse dai partiti 1 sulle classi che più direttamente vi portano il la– voro delle braccia, come su quelle profes– sionali e bo rghesi ' che forniscono il lavoro tecnico e industriale più svariato. Accanto a crisi che qua e là si sono determinate per decadenza di industrie locali, sotto i colpi delle grandi, quanto ampia ci appare la dif– fusione del fervore e dei guadagni per altre zone del territorio e per la compagine delle popolazione 1 Chi non lo vede ? Ad una pri· ma e diretta distribuzioue di ricchez.za segue una serie vasta e variabile di ridistribuzioni, di cui è indice fedele il benessere diffuso e generale. Le classi medie, che si raflorzano nella partecipazione diretta, sono anche quelle che molto si giovano delle distribuzioni di seconda e di terza mano di lavoro e di gua– dagni. La classe ch e già era valida e promet· tente, come si vide, prosegue nel suo con- . solidamento con beneficio della stabilità e dell'equilibrio di quel l'organismo sociale. Nessun.a.....mec.a1tfglia che ciò avvenga. L'inter· dipendenza dei fenomeni, tanto più stretta e sensibile quanto pili lo stadio sociale è pro– gredito, fa partecipi molti al bene e alla for· luna, come del pari ai danni delle rovine e delle decadenze. L'Italia settentrionale, fervente e produttiva, è un esempio sicuro della ri– percussione ben efica, come la meridionale di quella opposta. Che la tendenza crescente all'espatrio si trovasse, in questo modo, bruscamente at– traversata, è naturale . L'offerta interna faceva, con successo felice, concorrenza a quella este• riore. La più battuta doveva essere I' emi– grazione transoceanica, perchè, mentre la temporanea era per una parte radicata nella tradizione, adattata a lavoratori rozzi e non qualificati e quasi sicura del buon esito a cui andava incontro, l'altra era relativamente re· cente, rischiosa, e poteva rappresentare per ciò, in molti casi, un mezzo di riadatt amento meno conveniente di quelli che abbiamo or ora accennati, i quali, si badi bene a ciò, erano combinabili e flessibili in più modi e quindi idonei alle esigenze diverse e multi• formi dei gruppi di popolazione. Conclusione. Quello che qui occor re fissare bene, a mò' di conclusione, è che l'influenza limitatrice esercjtata dalla trasformazione e dallo svilup• po di quella ene rgia industriale e commerciale, che sotto l'Austria si è vista ostilmente com– pressa, si manifesta non nel senso di abbas– sare la cifre effettive delle partenze, ma nel senso più delicato, riposto, e direi, latente, di impedire il pieno e indefinito sviluppo dina– mico a cui il fenomono migratorio tende per forza propria. In ciò, appunto, è la diflèrenza tipica fra questa dinamica del Nord e quella meridionale. La prima non è che u·na risul– tante, un residuo di due forze auto-genetiche, le quali si contendono vivacemente gli ele• menti della popolazion e, mentre l'altra è la risultante quasi incontr astata del dinamismo intrinseco al fenomeno. Non si può dire d3: alcuno, con precisione, quante siano le brac– cia che la grande offerta indigena ha strap– pato all'emigrazione. Certo, le migliori con– dizioni nelle quali in complesso versavano le popolazioni lavoratrici settentrionali, lasciano presumere che fra queste gli effetti del dina• mismo del fenomeno sarebbero stati sempre ben più limitati che oon nel Sud. La mente ricorre a quanto di recente è avvenuto in Germania e doveva formare ti– tolo di cosl alto e sonante orgoglio per quel popolo. li sempre più grandioso sviluppo in– dustriale non solo vi ha frenato lo sviluppo potenziale della copiosissima emigrazione, ma vi ha ridotto la stessa in limiti assoluti in– significanti; e questo ·contemporaneament e a due altri fenomeni che elevano la impor– tanza del primo: voglio dire l'accrescimento naturale notevoliss!mo della popolazione e l'attrazione di una discreta immigrazione da qualche Stato confinante. Il fatto starebbe a misurare la diversità che esiste fra lo svi• luppo industriale nostro, che ha solo com– presso la dinami ca potenziale dell'emigrazione di una parte del paese 1 e quello della nazione vicina, la quale è riuscita ad eliminare quasi per intero le cause cosl forti e diffuse delle sue prime emigrazioni. Francesco Coletti. ABBONAMENTI CUMULATIVI Unità (Lire 5) e Riforma Sociale (Lire 15) e Italia al 'Estero (Lire IO) (Lire 12) e Voce (Lire 5) per Lire 16,- Lire 13,50 per l'interno. Lire 18,- per l'estero. Lire 9,- ABBONAMENTO STRAORDINARIO CUMULATIVO I." Novembre 1912 - 31 Dicembre 1913 Unità e Voce - Lire 10 •

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