L'Unità - anno I - n.45 - 19 ottobre 1912

L'UN I TÀ 179 ,,oli, quando il 30_ maggio 186 2 parlava in Napoli al R. lst ilulo d'incoraggiamento : é Vi -mancava - egli esclamava con enfasi, rire.. rendosi alle condi1ioni disgra ziate del Mez– zogiorno - quel benefico alito che svilup– paado • rafforzando il prin cipio di associa– .zione, crea il capitalt, anima la concorrenza, ·raddoppia I' agricoltura, spiana l'industria, ap~e i mercati al commercio e, quasi scio- tilla elettrica, scuote la sovrana intelligenza del popolo • · A.-LAVAR LA TESTA AGLI ASINI .... .._, Ma di Il a poco doveva veders i che il po_– polo, veramente sovrano d' intelligenu, mas– simamente perchè si trattava del suo inte– resse, dava sfogo alla propria esuberanza do• loro sa approfiuando della libert à, in una maniera però che il Pepoli non aveva ma- gnificala. Fra ncesco Colett t INTORNO .ALLA RIFORMA TRIBUTARIA Il pr~getlo di Carano-Oonvi lo sulla Ri– ·forma della finanza comunale è ammire-– vole, se lo confrontiamo coi piani di riforma tribularia che ogni tanto vengono fuori per rivoluzionare il mondo. Ma è ancora un pro• .getto straordinariamente dottrinario. Studiosi •e uomini politi ci ogni tanto si sbinarr iscono • salvare i Comuni facendo il giuoco dei ' ·mattoni ; Tolgono 20 milioni di qua, 50 di 1à; ne ridanno -f.O e 40 e fanno il conto •che i Comuni guadagnano 10. Poi inventano \Una imposta nuova per lo Stato; dicono che è prop rio nuova e che renderà gli 80 mi• Honi che si sono tolt i allo Stato. Ca rano . Si mette anche lui a far ballare le imposte sui 1erreni, sui fabbricati e di famiglia, e la ri– forma ~ bell'e falla. Tullo ciò, sebbe ne espo• -sto con molta cultu ra, è dottrinario. I dottrinari in Italia si sono fissati in testa il chiodo che le imposte reali vadano bene 1>er i Comuni e le personali per lo Stato. È un'idea che hanno preso dalla riforma prus sit na di Miquel, che comincio a ere· dere sia una jett1tur1. Probabilmente la jet– tatura l'avrò avuta indosso anch'io, perchè in qualche luogo devo avere recitato ancb 'io La medesima lezione . In reallà non c'è nulla di più artificia le. PercM le imposte reali debbono andar bene pe r i Comuni e le per- 1onali male? Dicono che cosl si fa in Prussia -e I' ha fatto Miquel. Forse ne aveva inte n– ·zione ; ma bisognerebbe stud iare i bil anci ted eschi per vedere se cosi accade sul serio. fo non credo e credo che sia tutta una su– pe ntizione dei dottrinari italiani que lla di 1 propo rre che i cumuni tedeschi viva no di imposte reali ed abbiano abbandonaloallo :Stato le imposte personali. L' hanno letto sui libri e nei testi di legge e si sono immagi– nato che cosl si ftcesse in realtà. Anche in 1t1lia la t,gge aveva a suo tempo detto che .alla sovrimposta i comuni dovranno ricorrere come ultimo rolio. Viceversa le sovrimposte costi tuiscono il 11erbo delle finan1e locali. Cosi in Germania nel 1907, nei comuni di almeno 10,000 abitanti (e questi comuni avevano un compless o di entrate uguali ai 14/ 31 delle en– trale di /11//ii comuni tedeschi ) su 5;7.200.000 marchi di entra te provenienti dalle imposte -dire tte, ben 300.7 11.000 marchi proven ivano da centesimi addizionali ali' impos ta sul red– -0i10. Ossia ben il 53, 98 °lo delle entrale co – m unali per impo ste dirette provenivano non dalla fon1e che ~liquel, buon anima, aveva as– segnato ai comuni, ossia dalle imposte reali, ma da quell'imposta sul redd ito che Miquel vole va riserv ata allo Stato. Nè nella sola Prussia, le proportioni sono diverse: 244.766.000 marchi JU_.23. 312.000 provengono ai comuni dall', inkommerslruer. Dove se ne va allor.i la ripartizione di impo ste rea li ag li enti locali e di imposte per sonali agli Stati, che i no– stri dottrinari vog liono imitare in Italia? Ahro dollrinarismo psicologico è que llo di credere facile una imposta sul reddito che frutti t85.oo o.ooo . Intanto è grottesco di re che noi in Ita lia non abbiamo l' impos ta sul reddi to e dobbiamo crear la. Anche qu esta è una delle nostre superstizioni più comic he. la famigera ta income la.\· inglese non è altro che un'imposla•tonglomerala, un comple sso, riunito solo per certi tratli, di t ù1q11e imposte ditferenti ed è pru is:111ttnle la stessa cosa del compl esso delle tre no stre impo ste dir ette sui terreni, (abbrica ti e ricchezza mobile . Il nome, ~ di\'er so, ma la sost anza è ugua le . Ci sono delle differenze; m1 sono di c!ettaglio. No i abbiamo ,i, peggio la ete\'atezu strava– gante delle aliquote e le tro ppo modeste -esenzioni, ;,, mmo la super-/ 1 x, creata per ò solo col bilancio Lloyd-Geo rge in Inghilte rra, ,,, meglio la differenzia1ione delle aliquote a seconda della provenienza del reddito , eno r• me mente più progredita che in Inghilterra. Si può 1 volendo, anzi si deve modificare. Ma non occorre far finta, per modi ficare, di non avere un' impo sta che già abbiamo. Ed è uo1 stravaganza sperar e di ottenere fa– cilmente, col so lo de-cretarla ,·18;.000 .000 lire C'On una sovrimpo sta alle tre imposte dirette pei redditi superiori ad una certa cifra, po– ni amo L. 5000 1 in eomples.<o ; chè questo, e nient 'altro, sarebbe in buona sos tanza I' im • posi• sul reddito auspicala dal collega Ca– rano e da tanti altri professori e finanzieri progettisti. Ci vuo l altro I Prima bisogna ac– '-Certare i redditi da tassare. Qui è il pun to. .Tutto il rest0 sono ciancie. In un mio arti– colo Jui me/odi dello riforma trihulari'a co m.. parso nel fascicolo del 30 sellembre de lla Rivisla del/, socielà comm,rcillli di Roma, dico le ragioni effettive del successo e dell'insucce sso delle imposte sul reddito. Si vede che non si tratta di creare dei nomi nuovi tributari. Di baltelli ne abbiamo fin troppi. Si tratta di studiare invece i mtlodi per costruire un buon sistema ammi,,ùtral i-o . delle impo ste. Poich~ son sullo scrivere, voglio di re che sull'Unità ho lett o un'altra stravaganza riformistica, in materia tributa r ia. Non mi ricordo più chi l'abbia scritta nè la data dell'nrtico lo. Ma lo scrittore augu rava ali' in– circa che si ponesse finalmen te term in e allo sconcio per cui i titoli al por tatore non pa– gano nulla e se ne riprometteva milio ni. Si può immaginare nulla di più inoenaato? I titol i al portatore non pagano nulla? Lascia– mo da parte i titoli di Stato, di cui i più impo rtanti furono espressamente dichiarati esenti ; e furono esentati per la buona ra• giooe che allo Stato <Ot1t1im e rinunciare al– i' imposta per vendere i titoli più cari. Ma viv e nel mondo delle nuvole lo scrittore per dire che le azioni, obbligazioni , cartelle ecc . al portatore non pagano imposta? O non è notissimo che le imposte che gravano su questi titoli non sono bensl pagate dal pos – sessore ; ma sono arcipagate dall'ente -società eh~ ha emesso il titolo? O che si vor rebbe che lo stato si mette sse a correre dietro ai portatori ignot i, ovve ro obb ligasse tutti i ti– to li a divent ar nominativi, quando ha un mezzo cos1 semplice di esigere l' imposta do, ·uta facendola pagare ali' Ente emittente? In Italia si fa cosi, e si fa cosi dappertutto dove si ha la testa sul collo. Co l risultato che le impo ste sul reddito dei titoli emessi da società anonime sono esatte pia11e111mle (in Ital ia tra impo sta di ricchezz.a mobile e tassa di circolazione, i titoli al portatore pagano dal 15 al 20 per cento e più di imposta sul redd ito); mentre le imposte sui commercianti ed indu striali sono in gra n parte evase . An • che di questa superstizione mi sono occupato in arti coli che sono citati nel suddetto mio articolo; e me ne occupe rò ancora per in– dicare i metodi di creare un surrogato alla imposta di successione, che è la sola imposta che i titoli al porta tore in Italia non pagano, per l'ammontare per ò ma ssimo di 10 milion i di lire all'anno uguale al 0,40 °lo delle entrate effettive dello Stato. Ma forse è vano scrivere, per chè la riCorma tribut aria è per quattro quinti qu estion e tecn ica ; e il tecnicismo piace poco ai riformi,.tori. Luigi Einaud i. Col J• del prossimo Novembre la Direzione e l'Amministrazione si trasferiranno in <1orso 'R..egi,za éle– na, 16. I. Come si rinnova la coscie:nza italiana. Con Luigi De Prosperi, siamo stati buoni amici fino ad ieri, e spero che ritorneremo ad esse rlo domani, quando sarà passato c1uesto periodo di ipen:stes ia eroica, che neppu r lui pretenderà pos°'a durare in eterno. Ma appunt o in nome della vecchia arnici:ria ·I! <lella S!ima che anche oggi, nonosta nte l'a– bisso che ci divide, io 1rntro sempre per lui - uno dei pochis 5imi fra i giova ni nazionalisti chC abbian voluto pagar di persona, - mi credo in dovere e.lidire al De Pros1>eri, che tutt o c1uanto egli 1\a scritto sul conto nostro e del 11ostro gior• nale neU'uUimo numero dcli' Idea .\"a::io11ale è un amm,.sso di scioccheue, che si può solo in parte 'gì\lslÌficare con I' inesperienu di un gio– vane, che dopa • ser stato socialista fino a poco tempo fa, ha \'0luto d'un tratto mettersi all'a– vanguardir1 dei 5uoi nuo,•issimi amici, parlan do e spar lando a casaccio di cose e cli persone ch'e • gli non ha mai conosciu te. Jo non inte ndo certamen te confutar le idee del D. P. sull'utilità economica, politica e mo• raie dt>lla guerra di Tripoli o sulla rinascenza del crispismo, a cui il D. P. dà tutta la sua opera, ed in cui noi vediamo inve ce il più gran peri– colo di c1uesto momen to storico della vita nazio– nale, che cominciava a rinnovarsi do1>0vent'anni di atti\'ità modesta, raccolta e tranquilla . Ma non posso lasciar passa re sotto silenzio .:... quand o viene da una persona che devo giudi– care in buona (ede - il tentativo di falsare com – pletament e l'ind ole e gli scopi del nostro gior • nale, considerando lo come asservito alle idee della vecchia democrazia , ed a1,:li interessi della Federa zione degl'ins egnanti. L' U11ild organo della dem ocraz ia di vecchio stile? Ma c'è da far ri– dere i J>Olli ! Ma se il direttore dell' Unild è il ba-bau dei democratici di tutti i colori, che non lasciano sfuggire la più piccola occasione per dargli addosso e cercar di demolirlo ! Ma se ogni nume ro dell' U11ild ha qualche articolo fe– roce - anche troppo - contro radicali e re• pubblican i, e sopratutto contro i socialisti? Ma se il giornale è sorto, si può dire, col progra m– ma di sgomb rare il terreno da tutti i sedicenti democratici e preparare - se t poss ibile - una nuova democrazia ! L'altra accusa non t neppur originale : il ti– tolo di giornale dei federati è una felicinima tro\·ata di quel grand'uomo che è Giulio de Fre1u:i, e fa il paio con l'altra della famosa baia di Bomba, ripetuta a sazie tà per una trent ina di num eri, finchè una buona frustata non ha ri– condotto i pappagalli alla virtl'l della discrezione. · Quanto agl'in segnantl fede rati , I' Unild si oc– 'Cupa tanto dei loro intere ssi, che in un anno di vita ha pubbli cato appena un paio di articoli sulla Federazione , e precisamente per segna lare · e scongiurare la pro ronda degen erazione di que . •sta organizzazione , minacciata purtroppo da un •• gretto spirito cor porat i\'istico. E Carlo Maranelli che seco ndo il D. P. sa.– -- bl)e ll prototipo dcli' insegnan te medio , _pe • dantè ' ed egoista, non ha mai insegnato nelle scuofe medie, nè è mai stato federato ; ed è forse il pil'lgeniale e pil'l colto stud ioso di geo– grafia economica che si trovi ora in Itali&.. Ma sopra tutto il D. P. ha dimost rato la sua leggere zza nel tono irriv erente con cui parla di Giustino Fortunato. Noi non abbiamo idoli, nè numi tutelari; rna prete ndiamo che chi scrive su un giornale rlte v110/ rinno: •are la toscie ,,r:a ilalia110, conosca le benemerenze e le virtt\ d 'un uomo che ha dedicato tutta la sua "'ila, la sua attivi1.\e la sua intelligenia alla vera unificazione d'Italia, al rac– costamento del nord e del sud, fondato non sulla retorica, ma sulht giu,çtizia distributiva e sul miglioramento dei paesi più poveri e abban • donati. Quest'uo mo, dì cui il D. P. parla con tant a legge rezza, piangeva nel leggere le prove di valore, di discip lina e di intelligenia date dai suoi ra/011i, e ){ridava villa la ,:uerra, 110 11 pcr– chè credesse alle fanfaron:Ue dei naiionalisti e non vedesse tutto il dann o di quest'impresa, ma pcrchè essa gli rivc\;wa che il sogno di tutta la sua vita sta\'.\ finalmente per comp iersi, che il contr1dino meridionale, dopo 50 anni di unità, diventa\'a finalmente un cittadino d' Italia. E c1ucst'u-.>mo, che è il tipo dell'idealis ta, che tutto ha dato seni. , nulla chiedere per sè, que– st' uomo che hR. suscitato le migliori energie del l\leuogiorno. e che ha salut;-ito con favore il nostro i:iorna le appunto 1>erchè \'tde in esso un mezzo di proseg uire la sua camp.'lgna per l'c f– fetti\'a unificazione di Italia, <1uest'uo mo è attac– cato da un giornale naziona lista per una sem - 1>lice frase staccata ad arte da una lettera e ma– lamente interpretata! Il De Prosperi si convinca che il fervore dd neofita l'hanno indotto questa volta a scrive re una prosa che non è degna nè della sua intel– ligenza, nè del suo carattere. G1so LL"zZATro . 11. Affarismo e naiion alismo. Si \'ede che il nostro uti colol)isi nvolho-a na::io- 11nlisla (Uniltt, n. 41) hri tocca to il lato debole dei signori dcli ' Idea Na'1iom,I,:, se essi - clic pur tant o dura hanno or mai I:, cotenna e tan to bene hann o imparato a soppor tare le strigliature - continuano a guaire sulle colon ne del loro gior– nale, chiamando in aiuto tutte le lettere dell'a l– fabeto! Prima era g. d . f., ora subentra a lui I. d. p., ud compito di dir scemen ze e di ten• tare qualc he ingiuriola goffa ed - ahimè - non originale. Pare che il nostro accenno alle • bugie sve r• gognat e, con cui i naiionalisti tripolmi, dopo a\·er lanciato l' impres.'I militare, cercano ora di \·arare i grossi affari degli appaltatori e i mono– pOli protezionisti delle industrie parassi te •• li abbia offesi sul serio . E fanno la ,·oce grossa; e il signor De Frenzi ci intim a di dichiarare se abbiamo inteso alludere proprio a lui e ai suoi consoci dell'Id ea e di • quali appalti e di quali monopoli essi si sarebbe ro ... • • Il Signor SiIva - scrive il grand'uo mo - sa perf ettament e che l'Id ea 11a:io11ale non si è mai occu pat:l di afTarì, grossi o piccini, nè di monopoli prote zionist i. t..., qu~lilica nazionali sti è applicata a secon da dei casi, ora a coloro che - come noi - partecipano regolarme nte a un movime nto politico organiuato e disciplinato, ora a tutti quelli che occasionalmente, per una convergenia accide ntale di idee, di sentimenti o di interessi, hauno conse ntito con noi nella nece ssità dell'impresa di Libia. L'allus ione, dunqu e, non può esse re rivolta a noi ; ma col solito gesu itismo, è esp ressa in modo da poterci coinvolgere impun emen1e in un sospe tto . Ora un galantuomo, quando parla di cotesta roba, ha il dovere di esprimersi piil chiaramente • · E dop o, il Sig. De Frenz i, si fa, avanti a ri~ cardarci l'obb ligo di • farci \iivi • per chiar ire le nostre insinuazioni nientemeno che diffamatrici. Ebbene, eccoci <1ua a soddisfare i fabbricanti della Gra nde Italia nella loro legittima curio – .sità r Ci sono oggi in Italia dei gruppi di industriali (per es. i side rurgici e i cementai) , i quali si af. fannano per oth::nere dal Gove rno che il regim e doganale della Libia sia organizzato in modo da assicurJre nella Colonia il n1onopolio delle indu– strie cosl dette nazionali. Inoltre, sulla illusione delle imme nse riccheue naturali della nuova colonia - illusione a crea • re la quale hanno contribuito meglio C'he hanno potuto con tull e le esagerazioni e le in\·t nzioni immagi nabili, pare cchi fra i più autorevoli cori– fei del nazionalismo - su quella illusione si appoggiano comodamente tuui gli appaltato ri dt grossi alfari per cercar di lanciare il nost ro paese in . un \'Ortice coloss:.11"! di spese per forti, f'!rrovie, strade, acquedotti , ecc. ecc., di cui l' Itali.\ pagherebbe i conti, ed essi, gli tip• paltatori , inta schereb hero i profitti : cosl come la stessa illusione della favolosa • ricchezza aspettinte • ser\'I, or è un anno, ai Sigg. De Frenzi e C.i per esalta re la 01>inione pubblica e trascinarsela diet ro nclln e passeggi ata mili• tare » verso gli arabi e che ave\'nno preparate le bandierin e •. Forse il Sig. De Frenzi allude anche lui a queste aspirazioni protezionist e e appaltatrici, allorcht si applica a distingue re il • movimento politico organizzato e disciplinato •, di cui egli fa parte, dall'a -1,ione di tutti quegli altr i naziona– listi .... occasionali, che consentono alla impresa libica per convergenze non essenzia li di idee, di sentimenti o di interessi. Solamente il Sig. De Frenzi dimentica che non basta a un uomo politico tenersi formal – mente dist into da un deh:rminato gruppo di inter essi, perchè il pubblico abbia il dovere di escludere sen z'a ltro in quell'uomo politico ogni responsabili tà nella even tuale prevalenza d i qu e– gl' interes~i. In politica, oltre alle complici tà at• tive ci sono, e non meno importanti , le compii, cità passive. Sta il fatto che nè ìl Sig, De Frensi nè il giornal e nazionali sta di cui egli è condirettor e, hanno tentato finora ma i nessuno sforzo risoluto e sistema tico per mettere in guardia i loro let– tor i contro gli ap1>etiti libici dei sider urgici, dei ceme ntai, dtgl i aspiranti AJ>paltator i. Inolt re, mentre nell'Idea Nazio11nle - organo de l grup1>0 organiuato , disciplimtto ecc. - i Sigg. De Frenzi e C.I ignorano O'itinatamente i pericoli del protezionismo doi,m ale e dell'affa– rismo libico, gli stessi ~igg. De Frenzi e C.i S?no_ ,4,nche redattori di grossi giornali quot i– d1an1 che fanno a1>ertamente per la Libia la campagna a favore degli industriali protezio ni– sti, e che continuando periodi camen te a lan– ciare notizie sbalo rditive sulle famose ricche.ne aspettanti della nuova Italia, mantengono i loro lettori in quello stato dolcissimo di ebete bea • titudine, il quale ~ indis 1>ensabile ad assicurare il buon successo agli attenta ti affaristici. Di fronte per es. alle man ovre dei siderurgici, il Giornale d' llalia, di cui il Sig. De Frenzi è redattore, tiene un contegno di ape rto e risoluto favore proteiionista; mentre l'Idea Na::io11ale, di cui il Sig. De Frenz i è condi rettore per conto de l gruppo organinat o, disciplumto, ccc. ecc., 110 11 <licc nulla . Osse n'ando <111ts ti fatti, noi ci sent iamo in diritto di atlCrnrnre che l'niio ne polilica dei Si • i;;nori De Frem:i e C.i è tale che da essa i soli interessi inconfcss11hili, che bru licano intorno alla i111>rcsa libica, ne possono essere aiutati e soddisfatti; mentre un'azio ne diversa di con• tra ilo, di denuncia, di 1>rotesta impedireb be a molti paras~itismi d i esse re varati . Con questo noi non intendiamo affermare , CO· me il Sig. Dc Frenzi trova comodo farci dire, che i Sigg. Oc Frcnzi e C.i si ouupa 110 di af– Ja,-i o si sono ,,,usi al sen,i:io di t1ppallalori, che cioè sono personalmente pagati da qual – cuno pC'r seconda re qucKli interessi, che non fanno pnrte del loro gruppo organizzato e di sci– plinato ecc. t'CC., ma solo hanno con l' azione del sullodato grupp o una occa-.ionale conve rgenza . Noi non sa1,piamo a~solutamentc nulla dei motivi della condotta dei Sigg. 01 ! Frenzi e C.i e nrn~ c'impo rta sape rne nulla , perch<: la per– sonali tà morale dei Sigg. De Frenzi e C.i non ci interessa affatto. Noi ci limitiamo, com'è nostro diritto, a no• tar e cer ti fatti indiscutibili e ad illustrare il danno che dall'aiion c, documenta ta da quei fatti, dcr ivr1 agli interessi generali del nostro paese. J'=. chiaro? PrnTRO 511.vA. Il i. Facce toste. li caso A1amaool, li Signo r Dc Frcnzi si è deciso finalmente a esp rimere i pensamenti del suo pensiero sul caso. del capitano Alamanni. 1 quali pcn~men ti sarebbe ro i seg uenti : 1° Il suddetto capitano non è che un sem• plice ufficiale della milizia territoriale, richiamato in servizio a Bengasi come interprete, e sotto• messo a consiglio di disciplina non appena fu denunciato il tru cco dei falsi dOCumenti cri– spini. - 2° L'Idea 11atio11ale non pt n'ia a difende re il Ministero della guerra, del quale ha censura to e censura ben altre malefatte • che non sia que• sta di non avere abbastanza incrudelito contro I'Alamauni •· 3° 11 caso Alamannì interessa mediocre.

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