L'Unità - anno I - n.45 - 19 ottobre 1912

178 gran parte dei loro impianti, miglio.:rare la col– tivazione ed aumentare il t~nore saccarifero delle barbabietole, ecc. ecc. ? Lasciateci ancora alcuni anni di pace e di tranq~illità fiscale, ~r• metteteci di crescere e di farci robusti anche noi e poi vedrete quali mir~coH sapremo fare . " Ora, come dato di fatto, molti degli attuali zuccherifici esistono e lavorano in Italia da dicci, da quindici e più anni. Nessuno di essi ha co– minciato ancora a riconoscere che non è più .... bambino e che perciò dovrebbe oramai conten– tarsi di u1ia protezione decrescente. Tutti sono magnificamente avviati per la strada di quelle industri e americane, le quali sono sempre bam– bine, dopo più di 120 anr.i da quando il presi– ·dente Hamilton proclamava per la prima volta in loro favore il dovere che aveva lo Stato di aiutarne coi dazi i primi passi malsicuri. Ua problema 11ut acmpllc. . L'anno scorso alla mostra internazio nale di , 1 Torino si poteva ammirare uno splendido padi• glìone della • Unione zuccheri ", superbamente decorato nelle pareti con diagrammi e quadri. Purtroppo la serie dei quadri non era ancora completa. Ne mancavano due: quello della me• morabile seduta parlamentare, in cui venne ra• tifi.cala l'opera dell'on. Maraini a Bruxelles; e quello del supplizio di Tantalo, al quale sono sottoposti i consumatori itali ani allo scopo di assicurare un lauto reddito mOnopolistico ai fab– bricanti confederati nella • Unione zuccheri "· In compenso, ai ,·isitat ori era distribuito un elegante opuscolo, che sono riuscito anche io a pr ocurarmi, e che aveva per fine di diffondere fra gli italiani la conoscenza degli innumerevoli -ed immensi benefizi dei quali i fabbricanti di° zucchero pretendono essere sta!i prodighi verso il nostro paese in compenso dei pochi e trascu• rabili aiuti, come hanno il coraggio di definirli, che la legge ha loro accordati t:d accorda. Ora, secondo quest'opuscolo, vi erano nel 1911 in Italia 37 fabbriche da zucchero in attività, oltre a 3 stabilimenti di raffinazione sola e 6 stabilimenti di raffinazione annessa alla fabbri· cazione. Tutti questi stabilimenti appartenevano a n. 24 Società, tutte anonime, meno una in accomandita, e rappresentavano un valore com• plessivo, in base ai risoeltivi ultimi hilanci,-di circa 8:1 milioni di lire, sopra un capitale di lire 106.570.000, Voglio ammett~re per buoni questi valori, e non tener conto della molta acqua che è stata bevuta a più riprese dalle azioni di.... carta assor– bente. Trascuro pure i doppioni di capitali, ri– sultanti dal fatto che molte Società zuccheriere sono legate fra di loro col sistema dello scam– bio delle azioni, ed alcune delle minori sono proprietà esclusiva delle tre o quattro più im• portanti. Dieci o venti milioni di più o di meno non fanno differenza per rispetto al problema, che il nostro po;,olo deve risolvere. E questo problema consiste nel decidere se sia giusto ed util e <.he la nazione italiana sottostia ad un an- . nuo tributo di quaranta o trenta milioni di lire per perm~ttere ai signori baroni dello zucchero di mantenere artificialmente in valore i loro imp ianti industriali che valgono al più. un cen• linaio di milioni. Basta proporre in questa forma semplice e chiara e indiscutibile il problema, pcrchè la so– luzione appaia assolutamente sicu ra. Dato e non concesso che l'industria dello zucchero non possa sussistere in • Italia in tulti i suoi attua li impianti senza l'enorme protez ione che ha saputo farsi accordare - è chiaro che il popolo italiano farebbe un ottimo affare ri- 5callando, per chiuderli, gli stabilime nti zucche• rieri senza neanche lesinare sui loro valori di inventario. E sebbene non si dehba riconoscere nei con• sumatori italiani nessun obbligo di risarcire le perdite possibili di chi, investendo i suoi capi– tali e rivolgendo la sua attività nell'industria dello zucchero, sapeva benissimo di giocare sopra un elemento essenzia lmente mutabile ed infido, come è il favore del Governo, - tuttavia io non mi opporrei per la mia 35 miliones ima part e di consumatore italiano a tutti quei ri– guardi ed e~pcdienti transitori, che possano col minor danno del pubblico facilitare, anche per quello che concerne r industria dello zucchero, il passaggio da un regime di ultra protezioni– smo ad un regime di libertà commerciale ugual e per tutti . EDOARDO GIRETTI. L'UNITÀ Le origini dell'Italia contemporanea. Il. JI Sud nel 1860, Condizioni dell'agricoltura e delle industrie. Una costituzione ecònomico-sOciale e, per ciò, sofferenze Ji caratt ere ben diverso tro– viamo nel reame di Napoli. lvi sono più di• rettamente colpite , diremmo incise le classi lavoratrici, massimam.ente le rurali, che è quanto dire l'enorme maggioranza del popolo raccolta n~i centri grossi e piccoli del vasto territorio. La vita sociale era, in generale, in uno stato, che, sotto molti aspetti, poteva chia• marsi medioevale . Il governo era degno del– l'ambiente e n'era un fattore volqntario: Esso, per istinto di conservazione, temeva e cucava di ·soffocare ogni germe di vita nuova. In quei tempi correva la leggenda, da tutti ri• petuta come Evangelo, che quelle terre fos– . sero, per doni naturali, un paradiso terrestr e. Errore grande di generalizzazione. La bellezta del cielo, del mare, di alcune piagge abituai• mente visitate dai forestieri servivano per giu– dicare tutto il resto che non si vedeva. I Borboni che temevano, come ogni governo dispotico, la statistiche e le notizie precise, contribuivano indirettamenre alla formazione della legge nda. Quando I' ltalia nuova si è tro vata a dover fare il suo invent ario, ha dovuto dissipare codesto radicato pregiudizio. Anzi, nel desi• rlerio di sfatarlo, si è talora p:;assatiperfino all'eccesso opposto, poichè coi capitali e col• l'arte, le terre meridionali possono sicura• mente dare grandi risultati. L 1 agricoltura vi era primitiva e sfruttatrice e sottratta ad ogni mobilità di coltura per la ristrettezza dei mer– cati locali: la malaria intristiva nelle valli e ·nelle pianur e, costringendo i contadini a vi– vere accentrati e oscacolando in più modi il la.voro dei campi . Le industr ie erano rudi– mentali e casalinghe . Solo la capitale poteva considerar si come un centro industri ale e commercia e 1mportant C: li governo, collcen• trandovi ogni sforzo , lo aveva &vorito, sia col protezionismo doganale, che giungeva fino al punto di essere proibitivO per certi pro· dotti, sia con altre :arghezze. Parecchie delle industrie erano perciò poco progredite e so• pratutto artificiali. L'opposto, quindi, di quelle della Lombardia, dove era artificiale e ten– denziosa la compressione che vi esercitava il regime straniero. Molti degli imprenditori, per di più, erano forestieri, come importati dall' estero erano i capitali . I capitali indigeni erano timidi e si nascondevano. Che, del resto, il centro di Napoli non avesse vitalitl propria e sincera, è dimostrato da quanto si è visto dopo il 1 860 : quelle fabbriche, poche eccettuate, l'una dopo l'altra sono cadute 1 e non si rie– sce ancora a ridonare alla bella città, con forma moderna, quanto essa ha perduto. Vita nelle provincie, Per la vita pro vinciale sappiamo che la caratteristica era I' isolamento completo. e In ogni città e villaggio - scrive l'on. R. Cap• pelli nella su;1 relazione, alludendo più che agli Abruzzi e al Mol ise, a tUtto quanto il Reame - nessuna idea, nessuna passione che non si riferisse a lotte locali, le quali trae– vano origine dal desiderio di suprem azia delle diverse famiglie del luogo; lotte medioevali in miniatura; la mala pianta vive ancor oggi venefica, assumendo aspetto e nome di partito politico . li far venire libri era vietato: classi colte erano gli avvocati e med ici, i preti e qualche raro signore o proprietario, cosi detto /eflerato, il quale viveva in un dormiveglia di studi classici o nella interna ribellione destata dai volumi di un encicloped ista o di un filosofo tedesco accuratamente nascosti die– tro libri di teologia o di diritto in uno scaf– fale polveroso. Di archi tett i ve ne era qual• cuno, di ingegneri pochissimi, e quasi nessuno fra questi che studiasse di applicare i precetti della scienza ai bisogn i della vita moderna. In quell' isolamento le industrie, l'agricol• tura, gli usi e le abitudini rimanevano im• mutat i per lunghi decenni, ed anche il prezzo di tutte le cose lo rim aneva; cambiava no solo, in anni di carestia o di grande abbo ndanz.a, il prezzo del grano • quello del vino. Ma quest'ultimo, allorchè era caro, non si beveva; a!la mancanzà del grano U governo e i pro– prietari locali cercavano di provvedere alla meglio, quello facendone impo rtare, questi aumentando la beneficenza ed i lavori. Di banche nessuna idea, eccettuat i i Banchi di Napoli e di Sicilia, Banchi allora di soli de– positi infruttiferi; sicchè nessuno, specialme~te nelle provincie, era incita to a portare ad essi il proprio danaro accumu lato con economie; e in ogni famiglia di contadini, vi era il piccolo nascondiglio O\'e quel denaro si con• servava; esso ne usciva solo in casi di strao r– dinarie sventure o di un acquisto Ji terre, ra• ramente di case >. Nobiltà, borghesia, contadini. La nobiltà, che aveva impronta feudale e che poco curava i propri soggetti, era per lo più a.ssenteist a e oziosa. La \'ila della metro– poli e della Corte era il suo sogno. Brillano rare eccez.ioni. Un ceto medio lavorato re e agiato, sul tipo di quello che costituiYa la so– lidi tà dell'organismo settentrionale, non esi· steva. Era un grande difetto. Fra chi lavorava e chi godeva s'apriva largo tratto : è un ca• rattere di civiltà feudale, come bene fu intuito dal relatore per la Calabria e la Basilicata nella inchiesta agraria Jacini. Queste testimo– nianze di autori meridionali presentano par• ticolare valore. e La piccola borghesia - scriveva l'ono– revole A. Branca - la quale negli Stati più civili d' Europa e nelle provincie dcli' Alta Italia costituii::cc una delle maggiori forze so– ciali, è 1 nelle quattro provincie del comparti– mento, una delle maggi ori debolezze, comuni del resto a tutto il Mezzogio rno . Le cagioni di questa debolezza bisogni ricercar le nel– l'origine e nel modo di vivere dcli' una e dell' altro. Nell'Italia settentrionale, la piccola - i;rgh;s ia si compone di piccoli industriali e commercianti o degli operai migli ori che sono giunti a conseguire un salari o più elevato, che vann o diventando a loro volta piccoli indu striali, o sono sottocapi di officine, com: messi di nego7.io, impiegali di ditte e di case privale con modeste abitudini e stipendio suf– ficientt>. Nell'Italia meridionale invece 1 la pic– cola borghesia si compone o dell'operaio 1 sia agricolto~e 1 sia artigiano, il quale, nella sua ascen~ione verso una condi zione super iore, non è giunto a collocar e sè o la sua (ami• glia nella classe mezzana, o veramente, ed è questa la parte più numerosa, si compone di coloro che, essendovi pervenuti, ne sono di– scesi per la morte improvvisa o del padre <li famiglia, o dello tio arciprelè 1 avvoca to o me• dico , e si tro vano respinti ind ietro, prima che la famiglia abb ia accumul:uo un pat rimon io sufficiente per adagiarsi stabilmente nella classe meuana ». Altro contingente è dato, prose– gue l' autore, dalle famiglie nobili decadu te. e che han no !,abitudine di non èsercit are in• dustrie o · mestieri, e che pure stentano a vi– vere con la meschina porzione di patrimonio loro toccato •. Che cosa dovessero essere, in questo stato di cose, i contadini, cioè la grande maggio• ranza de lla popolaiio'ne, è facile imma ginar e. Inch inati con rispetto feudale dinanzi al pa– drone e ai gala11fuomi11i 1 vivevano in miseria, con un tenore di vita bassissimo. Fatalisti per trad izione, non allietati dalla probabilità di mutare sorte, essi accumu lavano in sile nzio la loro sofferenza. Moti selvagg i di rivolta, in momenti di carestia, non maòcavano, ma presto si estinguevano. La gente tornava più scoraggiata e depressa di prima. Per chi è nei gradini pii1 bassi della vita, prudenza e previ· denza sono nomi vani: l'abbandonarsi senza ritegn o ali' istin to non è, in sostanza, che seguire la via naturale della maggiore soddi • c;fazione, cioè la tendenza edonist ica. Ricorro di nuovo, pei camp agnuoli e per la popola zione in genera le, a C. Correnti. Il suo giudizio vale non solo per se stesso, ma anche come indice della opinione pubblica t 11 IU UI l I V degli anni anteriori al 1660 (vi troviamo, in– fatti, ripetuta pure la credenza comune della grande ubertà ecc. dei° suolo meridionale) . e, Qual è il paese che tutt i invidiano, e che nondimeno povero, debole, intristito, umiliato , diseredato da ogni indui:;tria, sch i– \'ato dal commer cio come una dogana od un lazzaretto , si mostra iroso sempre a se s1esso e ai suoi destini? • Facile la risposta; il re• gno della due Sici lie. « Benchè gli ital iani meridional i, principalmente i montanini sieno di natura sobri, e, in gra zia dell'acre beni· gno, contenti a poche vesti, 'nondimeno essi, sul la terra più uberto sa che sia sotto il sole, reggono duramente la vitn; tant o scarsa es– sendovi la provvidenza umana, che essa vi app are piu1tos10 come:: una gravezza che come un beneficio... Nondimeno, in trent'anni , tanto è prolifica la natura in quell& plaghe privi– legiate, crebbe il numero degli abitanti del regno di circa un quarto ... Cosi, in un quarto di secolo (1825-18;0) si raggiunse il com• plessi\'o aumento di 1 1 700 1 000 abitanti, che risponde ad un aumen to medio annuo di 70 1 000, il quale, nell'ultimo . quinquennio, deve aver portato la popolazione del dopp io regno a 9 milioni >. E per giunta t' aument o della popolazione non era che il residuo della durissima selezione operatasi ·\ pecialmente fra i bambini, la cui mortal ità era, a quanto è dato indurre, elevatissima. Contrasto fra i disagi del Nord e quelli del Sud. Il contras to, dunque, fra la collettività me– ridionale e la settentrionale risulta grande, caratteristico. · Non soffrè la pr ima per compressione dello sviluppo di cui abbia nel proprio seno le forze sotto forme di capitali e di prepa– razione personale, non sono le classi abbit:nti che impersonino più acutamente e cosciente• mente il dolore di tutto l'organismo . t! la popolazione lavoratrice che è in contrasto con i m~zzi di sussistenza e non trova le vie per cui espandere la forza di lavoro . La popola• zione tende ad accrescersi; mentre I' econo– mia resta stagnante per povertà di ~pitali, di capacità , di energia, per colpa di Gover.no e delle classi che più gli erano affezionate. È il popolo delle larghe campagne dai monti aspri al mare sorridente, quello che più ri– sente e personifica il tragico contrasto. Ed è sofferenza che si addensa e inacerbisce da lun• ghissimi anni. Ma fra le sofferenze del Nord e del Sud corre un altro Jivario che importa notare. Data la classe che ne ·era co lpita nella pr ima zona, essa ne era più consapevole e ben rav– visava i mezz.i adatt i ad allontanarla. Per lo stato mentale, invece, del le classi che erano più vivamente colp ite nell'altra z.ona, il do • lore si esauriva e si stemperava quivi in se stesso, e i mezzi di len imento a cui si ri– volgeva l'ani mo non potevano essere che va– ghi e oscillanti. Ma da quest'u ltim o fatto re– lativo al mezto ~iorno non è da trarre con• elusioni eccessive. Se il bisogno de?ll'economia settentrional e fu un fattore potente del nostro riscatto, non si può negare che questo non avvenisse , seb– bene con forma e ripercussione diverse, pure per la mise ria e la depr essione della popo • !azione lavoratrice meridionale. È certo, in– fatti, che l'opi nione pubblica dcli' Europa e in part icolare dell'Italia si commuoveva per lo stato delle plebi meridionali e ne acca– gionava il governo, che uulla ~peva e nulla voleva fare per migliorarlo. È con clusione positiva e nel tempo stesso simpatica, che tutt i i dolori de l plssato, direttamente o in· dir ettamen te, hanno funzionato da leve per abbattere i vecchi regimi e instaurare il nuovo. G li intellettuali polit ici del Mezzogiorno, anzi di tutta l'Ital ia, non dissoc iavano l'ideale del risorgimento politico meri dionale da quello economico. Non si pensava in modo part ico • lare al!' emigrazione. Data l'i llusione della grande feracità di quelle terre, si credeva che queste, presto miglio rate le culture, avrel,. bero potuto bastare ai loro figli. Era patriot– tico il pensare cosi, e corrispondeva allo stato psicologico del momento fervent<, Leggete che cosa dice va della liber tà Gioacchino Pe-

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