L'Unità - anno I - n.44 - 12 ottobre 1912

174 L'UNITÀ La soluzione pro posta da Poincare semb ra a prim a vista ingegn osissima: - Se gli Stati balca • nici vogliono fare la guerra, pa<lronissimi; ma sia che vinca la Tur chia, sia che vincano es si, nes– suno si deve aspetta re alcun ingrandim ento terri – toriale, e in tutti i casi la Tur chia deve dar e alla Macedo nia le riforme promesse dal Tr atta to di Berlino . Cosi l'Austria non ha motivo di af. fermarsi danneggiata da alcun acqu isto ter~ito– riale deg!i Stati balcanici, non ha pili pret esti per intervenire, e la guerrn. gene rale è evitata . - Un 'altra viltà dei finanzieri ~ della diploma – zia, si dir à. Ma tutt a la stor ia della Question e d'Oriente è seminata da questo genere di viltà : e ques ta non sareb~ la peggiore di tutt e, per• ch è rappr ese nter ebbe sempre un nuovo passo sulla via che assicura una esistenza più umana alle popolazioni .cristiane della Tur chia europea e le abilita lentam ente a conqui starsi, in mo– mento pili opportuno, l'indipend enza nazjonal e. Il difetto della formula di Poincaré sta tutto nel fatto che potr ebbe esse re applicata solo nel caso di una vittoria della Tur chia; perché a dar e addo sso alla Turchia e a ~ostring erla una buona volta a conce dere sul serio le riforme alla Ma– cedonia, tutti sarebbero d'accordo. E anche in questo caso, occorrerebbe tener conto dell'agi – tazione che probahilmente si determinerebbe in Russia, e che potrebb e spingere il Governo dello Zar, anche contro voglia , a intervenir e per gli Stati slavi del Danubio contro il nemico po– litico e religioso tradi zionnle. Che se la vittoria dovesse toccMe alla Qua– dru plice balcan ica, con <1uale dir itto l'E uropa interverrebbe a toglier e ai vincitori gl' ingra n– dimenti territoriali che ess i si sarebbero conqui– stati ? E se gli Stati balcanici rifiutassero di ob• beclire? A chi affiderebbe l'E uropa l'ufficio di condurli all 'obbedienza? All'A ustria ? sar ebbe come affidare le pecore al lupo ; e si op por– rebbe la Russia , e dovrebbe opporsi l' It.1lia. A un ese rcito collett ivo ? sarebbe la più umori• st ica farsa di questo mondo , e sarebbe .una grand e infamia . Di fronte a quest o groviglio di incog nite, iloi auguriamo fervidamente che il nostro Governo abbia un'i dea chiara <legl' interess i e dei doveri del nostro paese . E augur iamo che di fronte alle eve ntual i necess ità imposteci dal probl ema balcanico, il nostro paese ritrovi intatto tutt o lo slancio e tutta la solidarietil di cui ha dat o fi– nora prov a mirabil e di fronte al problema di Trip oli, tanto meno, per noi importante. E per• ciò non avremo mai parole abbasta nza per de– plorar e la indegna campa gna tentata contro la pace, senza che neanche se ne conoscano le cause, dalla 801ita canèa del giornali smo na2io• nalista, il quaie neanch e do1>0un anno di con– tinu e smentite portate dai fatti alle sue con– tinu e menzogne, sente il do vere di mettere un po' di freno alla propria improntitudine sver– gognata. E ·ci rallegriamo che l'in succes so di questo tentativo forsen nato dim ostri come il nazionalismo sia oram ai in Italia Agonizzante. G. SAI.V J.;)I J~ I. La Libia e .il mezzogiorno d'Italia. (RJFLESSIONI DI UN SOLITARIO) eh~ non so se si tratli di neces:;ità militare od ec1. nomica. Sento sempre dire che, sen za. la Tripol i– tania, \' Italia sarebbe restata comt: priva d'aria: ma gli strateghi che ho interrogitti, non mi hanno sap uto convincere. In quanto alla necessilà eco– nomica, per quanto si affern1i da alcuni che la L\. bia sa rà, col tempo e con la paglia, la fonte inesauribi le della ricche zza d' ll a\i;1, io sonfl molto scettko, perchè vi so:10 molti che ,:on• traddi cono, e non soltant o aflermand o, ma do– cumen1and o seriamente le loro obbiezioni. D'al– tra pKrte, non potendo fare un viap;gio in Afri• ca, mi sono pr~so il di vertimento di andare qual• che volta al cinematogr afo e d i interrogare qual– che amico che ha visto coi propri occhi. Kbt>ene al cinem11tografo mi è lHlr SO che non si Uatt i, per l11mas.'ima pari~, che di sab bia. E que.to è ve• nut o fuori anche dalle confidenze dell 'amico. F. vero che molti sos tengono tratlar ~i<li sabb ia spe• ciale, che con un po' d'acqu a si muta in fertile terreno ; ma chi lo sa ? Pcrchè dunque tanti l'hanno volula, qu esta cuerra ? Per port are for.ie , come si dice, la civiltà agli Ar;1bi? Ecco una delle solite gesuiteri e, che si condan • nano nell'individuo, e si amm ettono, non so per• chè, nell.1 collettivili1. La civillà J>Otrà 1rnche ve• nire i non lo nego ; ma ora come ora, si é pen– sato soltanto alle penne di slruzzo, ai datteri, al commercio, alla gloria militrtre ed R tutto quello che si atliene alla rk cher.Z11. il sospiro di tutti gli individui e di tutti i Popoli !... Ma J)rOprio siamo noi cosi civili e cos1ricchi da permett erci la boria ed il lus§Odi portare la civiltà in caM r.ltrui ? Ma si J>UÒ proprio sostent-re che in Italia non ci sia nulla da fare e che i miliardi - percl1~ anche II que sti arri veremo - 1>0s1iamo spenderli 1>er rinnovare la vita della LibiA, e per d:u e agli Arabi una più elevat a civiltà ? Quanti problemi deve risolvere lo Stato italia• no ! li sistema tribut;1.rio, quell o doga nale , e l'al• tro delle alleanze, che poi si connette II quello massimo eia noi accennato, sono materia ben ar• dua e ben nobile, se si vorrà studi 11resenza cor• rere dietro a sogni di grand eu ·a che per ora e per molto tempo ancora non possiamo sperar di al • tuare. Si ha un bel riscaldarsi al fuoco fatuo del nazionalismo letterario : ma i popoli forti sono i Ricordo che ero giovanetlo e povero, in un vii• lag&io perduto fra gli A1lp!nnini del Mezzogiorno. 1 figli dei SigHori, di quelli che vivevano di ren– dita, dopo avermi accomp11gnato fino alla quarta elementare, le mie colonne d'Er cole, se ne anda• rono in ciuà a studiare e mi lasciarono, quasi solo, a divorare in silenzio il dolore di non poterli se• guir e. Com~ li invidiavo allorr h~, dur,rinte l'autun . no, tormwano 111 villanlo A &odersi le vacanze vestiti dellè loro belle uniform i, e sempre più rie. chi di quelle cognizioni che per me erano un pio desiderio. E quei giovanetti avevano delle case quasi eleganti, e poderi, e si divertiVAno e mi pa• revano felici.Allora quel villaggio mi sembr ava qua. si un piccolo paradiso, Ma, dopo aver bevuto per tanti anni le mie lagrime in silenziq, dopo avere ASpirRtoinvano a sedere accanto a quelli che, ol– tre ad esser ricchi, si avviavan o verso le profes• sionl liberali, uscii finalment e anch' io dal nat io borgo . Lontano centinaia e centin aia di chilome– tri dal mio casohue aff11micato e da i malinc onici monti che, per tanti anni , avevo percorso solita– rio, in una regione tanto diversa dalla mia, io Po· tei a poco poco, e con un crudo lavoro, non fare fortuu11 1 ma tirarmi su e guadagnarmi la vita. dizioni del paese. I tuguri non sono spariti, te terre aride N1 esaurite sono coltivRte coi sistemi di altri secoli, i monti sono sempre nudi, le scuole situale in locali senz'aria e senza luce e sempre spopolat~, le strad e sono sudi ce e la sera si va a casa al chiarore della tacita e silente luna, quando e•~ e non ci sono le nuvole . Chi ha un'anima, in• somma, non può non rest are atterrito di fronte a qu esto fatto tnrico, che sembra involgere il destin o di un popolo . E quello che più mi ha rat• • popoli ricchi I Ed alla riccheua deve pensare l' l· Uurante trenta anni io sono tornato 1>iù volte a rivedere i miei cari ed a cont emplar e quei monti che, col giuoco delle loro ombre, avevano costi• tuit o l'orologio dell"amia giovinezza. Ebbene , chi Jo cred erebbe ? In trent 'anni le cose si sono an• date mutando, e colui che invidiava ~ stato a sua volta invidiato. Io, proprio io, ho dovuto vedere quei miei vecchi compagni di sçuola immiseriti e 11balorditi sotto il peso incombente di una rovina che trape lava dai loro visi e dai loro vestiti. Sarà stato forse per una legce di contrasto, ma ~ certo che la miseria, il sudiciume, l'avviliment o di quel mio borgo mi hann o ratto piangere e confessar e. con lo str azio nel cuore, agli amici che conservo ancora laggiù, che il Mezzogiorno ~. disgrazia– tament e, assai inferiore all'altra Italia , a quella del Nord, e che una forz~ centrifu ga mi respinge, mio malgrad o, verso quelle ti!rre che uon mi hanno visto nascere, nè mi hanno <lato le memo– rie della prim a età. I signori della mia giovinezza hanno dunque dO\llllO in\'.idiare me ; ma, quel che è peggio per loro , devono invidiare anche quelli che furono loro contadini, loro servitori. Per chè sono qu esti che, dopo aver hworata la terra per quarant a cen• tesimi al giorno ed un nero pezzo di pane, hanno varcat o l'Oceano e sono tornati col peculio messo assieme a forz.a di lagrime e di sangue. E, col pe– culio, hanno acquistat o le terr e e le case di coloro che un giorno riguar dava no come piccoli Dei. Ma. tutto questo ha ben 1>0comir liorato le con- tristat o si è.che lo stesso doloroso spettacolo mi lìi ~ presen1ato nei vicini paesi, e mi si pre sente-, rebbe in tutti i duemila comuni del Mezzogiorno e delle isole, se debbo cred ere ad amici carissimi che hanno visto , meditato e pianto. Ora, a parte i tanti problemi che l' Italia nuova deve risolvere. non sareb be bastat o quello del mez– zogiorno per assorbire tutta l'atti vità e tutti i mi– liardi che lo Stato pot eva avere ? E dico questo, perdi~ io non credo affatto che per il problema del Mezzogiorno non esista alcuna solur.ion-e,e che il Fa to abbia dannata un'intera regione alla miseria ed .1110squallore, o, meglio, alla morte . Qualche cosa si può e si deve fare: la geologia ci sarà stata avven m, gli uomini sa– rann o stati impre videnti disboscando e dissod ando, il fisco san\ stato crud ele facendo la parte del Jeo: ne, ma si può, si deve fare qualche cosa, più che nell'interess e del Mezzogiorno per quello dell' I• talia tutta , che non può, a cuor leggero, tenere una mina carica nel suo seno. t questione di milioni, o, meglio , di mili;1rdi ; ma bisogna tro– varli. Pensando a tutte le miser ie nostre, che aspettano ancora un rimedio, come l'entu siasmo di tanti per la impresa di Tripol i mi rende più volte malinconico, perchè trova sord o il mio cuore ! Perch~, dico a me stesso, sono d'intell etto sl misero da non com .. pre ndere quello di cui tanti sembr ano convinti ? Sono mesi e mesi che si comba tte laggiù e si vince sempre. E non v' è settiman a che I 'on. Ted esco tralasci di rammentare al buon llOpolo italiano che In sua ricchezza è gran de, e che si può seguitare se nza pr<!occupazioni sino a che ci fa comodo. Perchè dun que l'animo mio non si rasserena e non fa eco alla gioia di tanti per questa rinn ovellata primavera italica ? Perchè leggendo che la pace è già fatta, sento com e un rag gio di sole entrar e nell'anima mia ? Senn dubbio io so as sai poc o ,!ella politica del mio paese, perchè ap1)ena poss,, leggere, ed anche distrattamente , un giorna le, e non tutt i i giorni. Ma pure qua n•lo mi si J icec he l'anda re a T ripoli è stata una necessità, contro la quale si son dovuti pie– gare opp0sito ri capaci di far prevalere la loro vo– lontà, io comp rendo poco. E comprendo poco per• talia perch~, senza di essa, nulla mai potrà fare, e dovrà invece mandare in giro i suoi figli, mi• seri e laceri, in cerca di lavoro e di pane. Mi cqmpiaccio dunque che sia finita questa guerra che non poh~VAnopiù desiderare neppur quelli che la vollero. L'esercito ha fatto il do– vere suo e ne ha ritratto, insieme al paese, il sentim ento della sua dignità e della sua forza. Ma, fatta la pace, io voglio sperare che non andremo in cerca di altri malann i e daremo bando a tutto ciò che è fumo. Mi auguro che il suffragio uni versale voglia se• guare veram ente l'ini zio di una vita nuova pel nostro paese , e che coloro che saranno dai pros– simi comizi elettorali mand11tl a compi ere ufficio di legislatori, siano espressi one dell' ltalia reale, di quella che lavora e paga, lontan i perciò da ogni velleità imperiali stica e desiosi solta nto di pen– sare agli umili per porr e un argine a tanta mi• seria e a tanto dolore. li conto della guerra sarà, ne son certo, un monito ben salutare. Ed io vor– rei che , vecchi e nuovi, meditassero quello che, in tr, nt'an ni di vita politica ha dett o e scritto un uomo di ,:u i fu merito aver sentito profondamente i mali dei propri simili. Nei Di sconi di Giustin o, Fortunato , fra tutti i problemi più vitali che c'in combono, ~ parti colar– mente indica to il massimo, quello del l\lezzogior • no, a proposito del quale egli diceva in Senat o il 30 giugno 1909 : e Non uno di voi vedr à mai il Mezzogiorno ri• e nasce re II nuova vila, finchè esso sarà estrema– e ment e ptivt-ro, finchè duren\ sollo le strt:lloie di e 1111 sistema tribut::1.riu e cli un regime doganale e che si traducono scmp licemtonte ud l-t t-sµropr ia• e zione ! • E ,>oco di J)Oi ag~fongeva, che bisogua e rifar e l'anima popola re. elle è quanto dire rifarci dac• e capo, su l' indirizzo della politic,1 generale . per• e chè la via lii folle gra ndiosità in tutto, che ab– e bi.1mo seguitt1 fin qui, pri ma cli avere ott enuta e una profonda 1rasform;1zione del costume nazio• e n:ile, se ancora è so.;ten ibile nelle provi nei~ del– e l'Alt a e Media Italia, tanto più prospere, per– e chè tRnto natu ralm ente pili favorite dalla fortu• e na, è assolutame nte incompatibile con le scar– c se, con le deboli forze delle provincie mt'ridio– e nali e insulari •· Oh sì : quando·cesserà la e folle gra ndiosità in lutto? • LUCANUS, I giovani socialisti. I giovani soc iali sti itali ;.mi vogliono dimostrare che sono ben vivi. Hanno tenuto a Bologna il loro Congre sso Naziona)(", a cU1 non è manc ata nemmen o la ri clam,: di un po• di 1>ersecuzione gover nativa con la minacc iata so ppr e,ssione def ribassi ferrovia ri ; e, prima del Congress o, st sono succedute nllmerose le r iunioni reg ionali pr epara tor i<".Congr esso giovai. ile socia lista pie– montese , Congresso giovanile sociali~ta mant~ van o, Congress o giovanile socialista milanese ,.e– via dicendo. T utto quest o muovers i ed agitars i, tutt o que – Mo vivo fervo re di discussi oni fra giovani , po– trebbero aver e un buono ed ah o .significato nella difficile ora che il nostr o paes e ogg i at. traver sa . Mentr e tanti dei vecch i capi ai ritirano sfi• duciati, o non app aiono pià capaci di fu opera utile, e men1re il Partit o socialist a io tropp; luoghi e tr opl,)o spess o è mess o al servi zio d; mes chini inte ress i loc11.li - e di gretti egoismi di categ oria - i giovani, con la loro fede, con te lor o fresche C"nergie, col loro disinteres sa to en– tus iasmo, potrebbero immetter e una nuova cor• rent e di vi ta e di forza nel moYimento prol~– tario, potrebbero dare al partito un impulso vigoroso e risospingerlo Terso conqu iite nuove e ft:conde . Ma per compiere questo ufficio veramente utile e bello, bis ognerebbe che i giovani aves• sero chia re le id ee intorno alle finalità da rar· giungere, cercassero di studiare le condiz ioni dell ' Itali a, e le cause vere de lla cr isi in cui il 1 Partito si dibatte, e sapessero tr arre da questo es ame critic o, che dovrebb e ~ss er e severo e spietato, le idee dir ettiv e e informatrici della loro azione. E non è che manchi tra loro chi veda chiaro e giust o su quest o punt o vitale. Fr a le rela– zioni, pres entat e al Congresso giovanil e socia– lista piemontese, ve n'è una cli Angelo Tasca sulla cultu ra dei giovani, nella quale sono dette,. pi•namente senza prosopopea , cose che tutti i (liovani socialisti dovrebbero leggere e meditare .. Il Tasc a, per esempio, ha vist o molto bene nelle cause dell'attuale crisi : • Le teorie pto gredir ono, ma la cult\11"■, ci~ gl i uomini rim as ero allo stesso pun to. Il nostro par tito è formato in ma ss ima part e di gente– che giudic a coi cr iteri di vent i o dieci anni fM; il par tito che vuole rinnovar e il mondo non ha sa put o ringiovJ.nire sè stesso. Non possiamo più pr oclamar e la verità de l socialism o in no– me della scienza, non 8'.ià per chè tr a l'uno e l'altra vi sia contraddiztone , ma perchè i socia– listi non sanno più ove la scienza si trovi ,.. La nostra è posizione di crit ica, m,1 per avere iP diritt o di criticare bisogna avere il cora ggio di uscire una bu ona volta dall't1strattezza delle formule fatt e, inutili e spess o er rate ; bisogna– acqu istare il metodo cr itico, abit nandosi alio– stud io di tutti i problemi della nost ra vita po– litica ; bis oRna ess ere sapienti per rimproverare agli altri l'ig noranza, come bisogna essere one– sti per rimp rover are agli altri la disones tà •· Qui sta il nocciolo de l pr oblema : il part ito è rimasto arr etrato nell' evoluzione rapid a della vita politica, cor. tutto il suo vecchio bagaglio di ideologie ormai VU'lle, di fra si fatte , inca– pace di assu rgere a una visione htrga e gene– ral e delle nuove condizioni soci ali, incapace dt. com prendere e d i affrontare i nu,>Vi grandi, proble mi, smar rito dietro intercss ucci di coope– rative e di fazioni municipali , disorie nt ato fra. stn istr i, destr i e... àmbid estri, che in fondo– sono tutti della stessa farin a : e tutt o ciò, in, gra n parte, per pigrizia mentale e per igno– ranza. I giov ani socia listi av rebbe ro dovuto es ami– mire cora ggiosament e in tutta la .sua crud ezza ques ta condizio ne di cost>, affrontarne le <lifti.• collà, tentare di risolverl e. L'ha fatto .il Congresso <li Bologna? Fra ncamente no. Quei tre giorni di discus.... sioni e di votazioni d'ordini del giorno, hanno si dimostra to largamente che anche fra i gio• vani sociali sti ;1bbondano i fort unati mortali ca– paci di congeg nare qua ttro frasi roboa nti, e di acca pigliarsi a parole con una verbos ità ed una. disinvoltura da fare arross ire i com pagni .... adult i i sicchè , per quant o rigu ard a la .sua spe•. cialità di vivaio d' orato r i da comizio, il partito socialista non è più per perir e ; ma qu anto ai risult ati pos itivi, qu esti sono stati di una mi• ser ia più che deso lante. Necessità di maggior cultt1ra? Macchè ! Chiac – chiere inut ili di saccen ti! Già nel!' Avm ,gua, dia socialista d, 11 1 8 se ttemb re un t rafiletto in cor• si\•O minacciava /out cot1rl san tissimi fischi per

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