L'Unità - anno I - n.33 - 27 luglio 1912

Qui appunto ci si presenta il dilemma ri– $Olutivo del problema. Se la coesi~tenza del e patto italo-franco– inglese del Mediterraneo occidentale > con la Triplice significasse che l' Italia ha nello stesso tempo regolato e conclu so nell'alleanza <on l'Austria tutte le sue questioni balcani – ,che e del basso Adriatico (1), allora la com– ~inatione dei due sistemi s:.rebbe ind iscuti– !bilmente perfella e sarebbe prefe ribile a qua• Junque altra so luzione. Ma se questa garanz ia degl' inte ressi bal – <:anici dell' Italia non fosse possibile ottenere dall'Austria, e l'Italia non rinunciasse a1la tutela dei suoi interessi piu gelosi nell'Adria– tico per correre, come le consiglia certa stampa -tedesca e tedescofi la, dietro ai miraggi di nuove -conquiste africane, - allora l' intesa italo- ifranco ·inglesc per il Mediterraneo divente– •rebbe logicamente un sistema fuori ddla Triplir e, e I' Italia chiederebbe alla Francia ,e a1e Inghilterra la forza per tutelare i suoi .affari d'Ol'iente c,11/ro l'Austria (2). Sarebbe in questo caso il mutamento ge– Tierale della nostra politica estera, nel senso ,Ghe abbiamo illust rato in precedenti articoli, mutamento a cui s11remmo portati dalla log ica ,delle co ntr attazio ni e dalla fatalità dei nostri benintes i interessi naziona li. R ilutt an:e ed entusiasm i senza base. Ques ta soluzivne è depreca ta, no n solo -dai giornali mil itaristi dcli' Austria, che han– no levato la ,•oce alla prima notizia della possibile convenzione mediterranea, ma anche -da qualche nos1ro autorevole giornale, per -es. d~I Corriere della Sera 1 il quale, per mez • zo de l suo corrispondente politico dal la ca– l'itale, accampa non poche pa.ure contro la previsione dell'accordo. Tanto che egli vede infin ite difficoltà e pericoli finanche nella .conclusione di un parzialissimo t rattato, lim i– ta to semp\icemen te ai possessi africa ni. Di tutte ques te spaven tose dtfficoll~, bron • tolate e accennate con aria di profo nd o mi– stero, l' on. Tor re non riesce a cavar fuori dai segreti dell'a lta politica e a concretarne, che una sola, della qu3le già si è occupata P,Unilà nel numero precedente, ma su cui è ~ne ritorna re un po' più a propos ito . Dice i~ Torre che il trattato del '96 fra l'Italia e. la Francia circa i coloni italiani di Tu nisi, ai qu ali si riservaoo certe garanzie, è sca– duto e viene prorogato di anno in anno. E l' on. Torre teme appunto che la Francia no n si decida a . rinnova re la co nven zione. E questo ~ quan to 1 Timore davvero esage– rato, quando si pensa che la Francia per conseguire la sicurezza internaz.ionale del suo nuovo domin io sceriffiano non ha esi– tato a rego lare ben più grosse parti te con 1 la Germania i e lo stesso sta facendo anche co n la misera Spagna. Anzi, è proprio su questo soggetto toccato mistefiosamente dal• 1'on·. Torre, che 1' intesa Jeve riuscire più desiderata e pii.1 utile fra una nazione scarsa di bracc ia e ricca di capita li, come la Fran– cia, e l'Ita lia, do tata in .qualità e propor– zioni inverse, per uno sviluppo largo e fe– condo di collaborazione coloniale. La verità è che il debole schermo e le ne bulose riserve opposte da l giornale mode– r11toalla possibili tà di uÒ' intesa mediterranea, sono l' indice e la rivelazione di un motivo vo/onlariammte latiuto , su cui già l'Uni/O ha lancia to un grande fascio di luce, ma sul . qua le è necessario ritornare. Si sa che la democ razia italiana, per lunga e poco lodevo le tradizione, ha semp re atteso -dall'alleanza con Id Prancia la sua propria rea• lizzazione in Italia. Viceversa i nostri moderati - dei quali Ja classica gretteria tenta invano di modernizzarsi e d 1 infilosofa rsi - hanno cos tantemente riposto le loro paure dove queg li alt ri collocava no le loro spe ranze. La vecch ia diatriba fra il S,colo e il Corri ere della ura in fondo, coctinua tutt'oggi. E il Corriere della s,ra rinunzierebbe alla a11eanza (1) Vedi nel n. 8 dell'Unità l'articolo: " Al• leanza tedesca t! all~anza inglese 11, (2) " Contro l'Aus tria " non vuol dire la 1;uerra senz'altro, ma una semplice contrappo – -sizione di forze. Vedi la nota 1. L ' UNITÀ )31 con l'armata britannica solo per paura che que sta gli porta sse un L1oyd George in casa; e die tro alla colleganza e all'ausilio delPesercito fr3ncese vede sopratutto il fan• tasma anticleri cale di Emilio Combes. Questa preo ccupazione dei d:rnni , che po– tr ebbe avere un 'amicizia italo-france se sulle condizioni interne de ll' Italia, non appartiene solo ai vecchi mod erati di Lombardia: ma vi partec ipano, sia pure con diverso animo, mo lti anche aderent i a quel movimento di revisione e di criti ca della democrazia, di cui i naziona listi preltmdono far monopo lio, ma che s' irradi a in più vaste srere di cul– tura e d'azion e, e comprende anche l'opera di questo nostro giorn ale. C iterò fra tutti Giuseppe Prezzo lini, il qua le in una breve e apoditt ica dichiarazione tripli· cista pubblicata nella Voce avanzava appunto fra i maggiori argomenti a favore della Tri· plice 1 la dissoluzione democratica della Fran· eia ; e Maffeo Pantaleoni che nel Giornale degli Economisti del Gennaio 191 2 1 per ispie · gare la neces sità di rinnovare la Triplice, scriveva : e I nostri interessi politico morali ci portano a stare con coloro che ancora sanno che cosa sia disc iplina e ordine nel– l' amm inistrazione pubb lica e gerarch ia so– ciale, e non già con colo ro che l'anarc hia sta polve rizzando • · ( 1). La così detta dissoluzi one de– mocrat ica della Franci a. O ra, bisogna stabilire recisamente il prin– cipio che le condizioni intrinseche di gove rno di qualsiasi nazione non debbono valere nè punto nè poco in tema di contratti interna • zionali. li principio contrario può trovare espli cazibne, solo quando si tratta di paesi, la cui vitalità nazionale o costituzione politica sia addirittura incerta o malsicura, come ad esempio la Turch ia o il Portogallo: non mai per i soggelli maggior i ddla politica mon– dia le. L'espe rien za storica e la realtà contempo– ranea dim ostrano sotto varii aspett i la veri tà di questo conce tto. Noi vediamo, infatt i, come uno stato liberista possa uni rsi ad una nazione protezionista (lnghillerra •Francia) ; come un governo radico·socialista mantenga e rinver – disca l';.llea nza con un monarca assoluto; come una intesa co ntrattata da un gove rno tory sia segui ta da un gabinetto ultralibe – rale, ecc. Cos i non è da temersi nel caso nostro che l'alleanza della Francia ci presti i malann i della demagogia francese (se già non abb iamo di peggio !}j come non c'è da spe• rare che l'alleanza colla Ge1mania ci• largi – sca il segreto della organizzazione e della espansione . indust riale di q_ue1grande Stato ; come de ll'amicizia tradizionale coH' lnghil - (1) Il P . dice anche che i nostri intere ssi po– litico-m ilitari ci portano a stare con chi è forte. E chi è forlt " anzi il più forte " sa rebbe la Germania. Veramente, bisognerebbe ancora ve• dere se valgll meglio possedere il più forte eser• cito come la Germania o la più forte armata come l'Inghilt erra; e fino a qual punto la prima possa disporr e della suptrio rit:i territo riale, fin· eh~ rimanga inaltera ta la preminenza navale della seconda . Ma poniamo che la Germania sia in genere la nazione più forte. Anch e il Giap – pone è una nazione militarmente forti ssima; ep• pure la sua alleanza ci gioverebbe ben poco. Secondo me, bisogna dire invece: i uoslri inlt– rtssi politico-mi/ilari ci porlnuo.a start coH la na•io,:e più forlt, che ;,, caso di amicisia à possa prestar e il migliore aiuto t iu caso di ;,,;. micizia f'trnrt il maggior dam10. E allora ve– diamo: 10 che per mare le nazioni che ci pos– sono più skurnme nte fer ire sono la Francia e l' Inghilterra, contro le quali la Germania non potrebbe aiutarci in minimo modo ; e viceve rsa, pacificati noi con le primt'\ la seconda è nella impossibilità di recarci molestia alcuna; 2° che per terra l'aiuto che possiamo attendere dalla G. è sempre limita to al vecchio casus fotdttis di un attacco della Francia, ma ~ o~gi condi• zionato da queste due incertis sime eventua lità: cl,e la Rttssin rimanga 11tttlrale ;,, 1111 conjlillo gtrmauico- ilalo-frnn cest, t che l'/u g/, ilttrra 11011 riesca a sbarcart 1111 corpo d'esercito ,,e/ couti– utnlt ; 3° in fine che fra tutte le grandi nazioni, la Germania è la sola che non ci possa attac• care ,lirtllammle rt~ per mare nè per terra : può scatenarci contr o l'Austria, ma con questa possiamo batter ci in buone condizioni. terra non abbiamo certo imparato ad es– sere... inglesi. Tutti i mali e lutte le speran ze della nostra politica interna sono racch iusi entro i con– fini della patria : chi altro spera o teme, si svia dietro vani fantasmi. Se, poi, per dissoluzione democrati ca della Francia s'intende - come è opinione abba· stanza diffusa in llalia - una vera e p1opria decadenza nazionale, e sovratutto mi litare, non vi ha dubbio che questo fatto, se vero, me– riterebbe la pili gelo sa attenzione, sia per sta· bilire l'opportunit à delP amicizia , sia anche, se si ,•uo le, per prepararsi ~d un cimento. Ma in veri tà chi parla di sfacelo delJa Francia, conolice ben poco le forte della Fran • eia contemporanea. La marina france se, no– nostant e le sue gra vi sciagure, è una marina in continuo avanzamento , sia per il materiale sia per l'addestramento degli equipag gi. Quanto al– l'esercito, ( 1) basta ,•edere come all'ultimo au- {I) li gcn. Von I lecrigen ministro della guerra germanico ha pre sentato al Reichslag e fatto appr ovare un progett o, secondo cni sono creati in tempo di pace i due corp i d'armata previsti per la guerra, si aumentano gli effettivi e si rinfor:r.ano i quadri complementari Al primo Ottobrt la Ger mania avrà 123 batta– glioni e n1 batterie in più cogli effettivi rinfor - 1:ati1e disporrà in tutt o di 700 .000 urimini sotto le armi. - I provvedimenti del governo francese consistono essenzialmente nell'aum ento delle truppe nere, che si lever anno in gran massa dall'Africa occidenta le. Insieme si pensa ad una se rie di riforme tecniche, all'aumento delle ar• tiglierie, allo sviluppo della aviazione ecc. Tali i progetti esposti alla Camera il 19 giugno scorso dal Ministro Millerand. mento degli effettiv i germanici abbiano risposto vigili e pronte le provvidenze de l governo fran• cese, il quale si dispone a rinforzare i suoi quadri con una leva formidabile di truppe nere. Il tempo dello sface lo militare de lla Francia è ancora lontano. La Francia non è solo P.:1rie;i, da cui noi la giudichiamo per solito : forse più che ogni ' altra nazione essa ha un grande contado, probo , laborioso, -iccumulatore di risparmi, profondamen te unitario, il qua le è il crea• tore infa ticabile e inesausto de lla prod igiosa ricchezza cap italistica della nazione; e da cui la Francia toglie non solo quelle estreme miracolose energie, che tante volte nella sto· ria, e anche recentemente dopo la disfatta del 70, la risol levarono dalle situazioni più di– spe,ate, ma anche la sorgente pura e con• tiouJ della sua rinnovazior:e. È dunque tempo di con siderare i nostri pos– sibili rapporti con la Francia all'infuori cosi dai vecchi preg iudizi democra tici o conser – vatori, come dei nuovi preconcetti mora leggian ti che anche la critica e la coltura pos3ono ge– nerare. Sotto questo aspetto è forse bene che siano avvenuti gli inc iden ti de ll' inverno scorso, i qu ali hann o purgato l'atmos fera po litica dei due paesi da tutti i forni del l'esahazione la– ti nista o pan-democratica, che era sem brata fino allo ra la miglior preparnzione ad una collaborazione internazionale dei due paesi. Siamo ridotti a fare· i conti con la realtà e a ragionare coi numeri, C'è da spe rare che se ne sappia trarre qualche profitto. Ubal do F or men ti ni. Ennio Quirino Alamanni e i falsi documenti crispini. La persona, che l'on. D~ \"ili de Marco e io avevamo dinanzi, era proprio Ennio Quiri no Alama nni o.... il fratello morto? Il dubbio sulla identità personale del nostro inter locutore era legittimo, e doveroso. Ma ad elim inare ogni in• certtzza stava la perfetta rassomiglia nza fi. sica fra la persona che ci parlava, e l' imma – gine dtl • capitano Alama~ni " pubblicata sulla Stampa de l 12 dicembre in un gru;>po conte– nente anche il Generale Bric('ola e intitolato: • Nel palazzo del comando a Bengasi "· Di questa pubblicazione della Stampa avevamo ttvuto notizia solo dopo che erano avvenu te le contestazioni sulla esistenza in vita del sog– getto. E ci eravamo por tato in tasca il docu• mento per'· tenerci pronti cd ogni sorpresa. Il nostro inter locutore, dunque, era proprio il capitano Alaman ni, lui in persona viva. Non fu, a dire il vero, un colloquio. Fu un soliloquio cieli' Alamanni, interrot to solo di qua ndo in qua ndo da qualche nostra interro – gazione o contestaz ione: due ore di continuo dire, ridire, disdire e contraddire, limitandoc i noi a lasciare svilupparsi liberamente la fiu– mana, in attesa che in qualche punto il parla – tore aprisse qualch e spirag lio invo lontario sul fondo rea le del suo pens iero. Di quella rapida, confusa proluv ie di affermazioni e contraddi– zioni, non è facile render conto. Appena finito il colloquio, misi in scritto tutto ciò che la mia memoria, sufficientemente tenace del resto, ne aveva conservato; e prega i l'on. de Vili de Marco di 'contr ollare i miei appunti con i suoi ricordi. Ed ecco gli elementi, che dal lungo discorso dell'Alama nni ci risultarono sicuri e chiari. I. L'A laman ni nega che i documenti Si<'nOfals i, ma dichiara cli non potern e prcs ent"re gli ori• ginali. Spiega la cosa cosi. Avendo a,·uto conti– nui rapporti col Camp erio (1), passaron.:>fra le sue mani molti docum enti, di cui conservava lui gli originali; da questi documenti trass e pr ima del 1898 uno scartafaccio di appunti, di copie, di ricordi . Ess endosi egli allontanalo dall ' Ita– lia, la moglie, ridott a a gravi strettezze finan– ziar ie, vendè libri, bruci ò carte, fece sparire quas i ogni cosa. Dello scartafa1:cio rimasero (1Ì UJ Rar in, del 2'() dicembre 1911 ha 1lferm110 che l'A – lcmann i fu e 1cgrc111io del C. mperio •· Le nffl rc ricerche ci perrHttono di cs,c:luderc 11 Ytr ili di qu~ ta 1ffermnio ae· poche pagine diso rdinate. Nell'estate passa ta egli coll'aiuto di ques ta reliquia ri':ostrul a me– ·moria i documenti perduti. In questo lavoro di ricostruzione , occorsero errori, anacron ismi, ecc. Ma gli origina li una volta c'era no. - Interroga to perchè ~on si sia limitato a scrivere degli ar• ticoli come quelli sul Marocco per da r notizia dei documen ti perdu ti, anzi che ripubb licare di tes ta sua i documen ti e metter li in circolazio• ne come origina li, non risponde , rico rda i suoi sacrifizi patriottici, quelli di suo padre, quelli della famiglia della sua signora, ecc. ecc. ~ Inter– roga to perchè , avendo documen ti cosi impor - . tanti, .Ji abbia da ti prop rio alla Ragiont, anzi che ad un altro grande giornale, non risponde. - Interroga to sulla lette ra di Crispi e sulla frase di Nietzsche, se si troVassero nei frammenti di scartafaccio sopravv isuti al falò o se l'avesse ricostruite anche questé ' a memoria , dicé di non ricorda re, 10,1 mostra dt aon u pete nem• meno di che frue 11 tratti . L' impressione netta dell'on. De Viti e mia è che 1a m1nlpoluto oe dd documenti aon 11 dcv• attrib uire alt'Atamaaof, il quale non possiede nessuna d~lle attitudi ni necessarie a siffatto genere di lavori. I documen ti gli furono vera• mente prepa rati da altr i, di cui egli non fo che l'intermediario vers o la Rngio,ie. II. L' Alamanni vuole far cred ere che egli solo ha manipola ti i documenti e che non ha agito per conto di nessuno. Afferma di non cono– scerP. a Roma nessuno . Questo è in contrad• dizio ne con altre ' sue affermazioni : avere a• vuto cartegg io con Crispi, essere stato amico di Fortis, e11ere lt ato collaboratore u aat attivo della Riforma dl Crhpl , avere preparato nel 1go6 un • piano fin.tnziario • per la Tripolita • nia, per inca rico del Ministero degl i este ri, af• finchè servisse al Banco di Roma, avere preparata la via al comm. Bresciani in Tripo – litania, ecc. ecc. Fattogli osservare che, con siffatti preceden ti, è impossibile che non cono– sca a Roma nessuno, mentre vivono tuttora a Roma parecchi degli antichi redattori della Riformo, ammette di cono scere di questi an• tichi redattori uno che fa parte dell'ufficio di corrispondenza del Corrieredella sera, da Roma; interrogato del nome, ra quello di Civinini; ma fattogli osservar e che per quan to noi ricordia• mo il Civinini non fece parte df"lla vecchia Ri•

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