L'Unità - anno I - n.33 - 27 luglio 1912

130 il quale chi critica e non applaude l'ordina. men to bancario, le industrie nazionali o l'or– ganizzazione dell 1 esercilo e della marina e via dicendo, deni'gra le cose nostre. Ebbene, diciamo e ripetiamo alto che noi non abbiamo nulla a che fare col patriotti– smo plaudente degli :iffuisti - cioè di co· loro che sfruttano il sentimcnlopatriottico ,!elle masse ai fini dei lo ro affari e del le loro car– riere -, e che il nostro amor di patria ri• posa sulla critica delle cose nostre. È il patriottismo della nostra maniera che, scoperchiando i malefici della Banca Ro· mana (tenuti gelosamente, in nome del ere• di/o ""\ional e, nascosti dai num erosi e non del tutto morti patriotti del tempo) ha av– viato al suo risanamento il sistema bancario italiano. È il patriottismo della nostra ma· nier a, che inseguendo ne!le sue trincee gli sperperi e l'affarismo che si era anni dato nei ministeri militari ed imponendo in.;hieste contrastat e dai patrìotti ternaiuoli, - ha dato oggi al paese una organizzazione militare, che ha risposto al suo compito .... E cosi avessi– mo fatto per la selezione del personale su– periore e direttivo dell'esercito e della di– plomatia I..• Qui mi fermo davvero, salvo a riprendere l'"rgomento a guerra finita,' Solo rilevo, al fine polemico, che al tempo della Banca Ro– mana, la Banca Nazionale d'allora simpatiz• za-,a col nostro patriottismo, mentre la Banca d'Italia di oggi lo trova denigratorio delle cose bancarie . Grande è, per fortuna, la dif– ferenza di cosa e di misura; ma l'ordina– mento bancario italiano richiede ancora molta critica e non tanto plauso. Il ncoprotczionismo industriale e il Mczzoriorno. Riassumo e concludo. Noi ci avviamo, con mosse iniziali che vorrebbero passare inavvertite, verso una fase nuova di protezionismo, in cui il giuoco dei dazi dogan ali viene integrato col giuoco nuovo di prestiti di favore concessi dalle ban– che di emissione a dettrmi11ale industrie. Le banche di emissione non prestano ca· pitale proprio, ma capitale che esse ricevono in prestito dai portatori di biglietti 1 cioè da tutto il paese. Epperò i prestiti di favore, che , con la complicità del governo e delle nuove leggi, esse fanno e faranno alle indu– strie protette, non nuocciono alla Banca, ma , 0 ) distolgono il credito paesano dalle in– dustrie naturalmente più produttiv e per por– tarlo verso le industrie che lo sono meno; 2°) rendono permanente il corso forzoso e preparano il nuovo ciepr;zzamento della carta– moneta. Dopo tante lotte che noi abbiamo soste• nute, per tirar le. nostre banche di emis– sione fuori della cdsi, in cui era no cadute per aver funzionato da istituti di credito fondiario, esse ora tornan o indietro e si av– viano a diventare isliluli di credilo i11duslria/e 1 e - ciò che è peggio - a coslitt1irs,· in suc– cursali del proft\ionismo doganale. Le industrie protette, dqpo avere oramai scontato il margine dei profitti che han po– tuto trarre dai dazi esterni, cercano di pre– pararsi nuo vi margini nei prestiti di favore delle banch e di emissione. E cosi, dopo avere con le tariffe doganali svaligiati i con – sumatori, si accingono con le banche di em issione a svaligiare i portatori di bi– gl ietti. In questa nuova fase protezionistici il Mezzogiorno ha la parte dell'accattone, che politica mente g li spetta. li Menogiorno è consumatore di prodotti industriali ed è por– tatore di biglietti di banca, e per queste due vie maestre si incammina per essere ancora una volta spogliato. Avrebbe do vuto opporsi al sorgere e all'avanzare di questa politica. Invece, in compen so del protezio– nismo ant ico, il Mezzogiorno ebbe già il dazio sul grano , cioè sopra una derra ta che esso non vende ma compera; cosi in camb io del nuovo inasprimento di dazi industriali e del nuovo protezionismo coloniale che si prepara, il Mezzogiorno avrà il dazio contro l'immaginario vino della Tripolitania; cosl, ancora , in compenso dei milioni che le L'UNITÀ banche di em issione danno e daranno alle indu strìe , il Mezzogiorno sa che nel bilan– cio d'Agricoltura \'i è un capitolo di premi e di sussidi, che gli saranno somm inistrati nella misura in cui pianterà gelsi e svelle rà viti ... E di ciò pare che i suo i uomi ni diri• genti siano soddi sfatti; tutto al più essi chie– deranno ancora qualche croce di cavaliere per le prossime elezioni. A noi incombe di combattere il nuovo protezionismo come abbiamo .;ombattu fo il vecchio; di combattere banche e banchieri di oggi, come abbiamo combattuto banche e banch ieri di ieri ; di difendere il Mezzo– giorno, non perchè il Mezzogiorno ci com – prenda, ci segua e ci compensi , e neppure per innato e mal\'agio spirito regionale, ma perchè la politi ca protezionista ha smem• brato essa I' Jt3lia e alimentato il regionali· smo e noi Ìn\'ece tendiamo verso una più gra11de /la/i'a. Mi creda Suo aff.mo A. de Viti de Marco. La politica del Mediterraneo. La r,otizia del e Daily Gra– phic •· Le preoccupazioni inglesi per la situazione " militare e politica del!' Impero britanni co nel Mediterraneo, non sono originate, come si disse dai nostri giornalisti \'anitosi e faciloni al tempo del Convegno di Malia, dal fatto della nostra Conquis1a libica in genere, nè in particotare dalla occupazione italiana delle isole dell'Egeo. La nozione del e ratto nuovo •• moditica– tore dell'equilibri<, mediterraneo, è da1a piut1' tosto al vigile sospetto del Gabinetto britan – nico dalla improvvi sa rt-azione triplicisla ma– nifestatasi (e forse provocata ) fra noi, dopo gli incidenti del Ma11011ba e del Carlhage con la Francia. « Fatto nuovo •, diciamo: giacchè mai, nè sotto I' impero della Triplice primitiva, nè in quest 'ultimo decenn io di Triplice at– tenuata nei rigu ardi della Francia - deçennio dei oosl detti « giri di waltzer > 1 da cui noi sortimmo gli accordi per Tripoli - I' lnghil• terra è stata mai sul punto di riguardare nell'Ita– lia una potenza meno che amica. Oggi, in• vece, dato il profondo dissidio fra Inghilterra e Germania ( 1) , il rinno vamento della Tri– plice, alle condirJoni d·i '"' l1a bisogno la Germania, non potrebbe non significare se non l'adesione dcli' Italia a un nuovo indi– rizzo di politica, non solo antifrancese, ma anche antiinglese. E poichè gl' incidenti del. ·_Carlhage e del ./Jfa"ouba e il relativo scop· pio di francofobi a abilmente prepar ata prima e continuamente alimentata dopo da alcuni grandi giornali, hanno fatto apparire possi• bile appunto questo nuovo orientamento della politica este ra dell'Italia, ecco per conseguenza acuirsi in Inghilterra la preoccupazione della politica mediterranea. Noi stessi, in questo giornale (n. 2 e 8) 1 abbiamo più volte rappr esenta to le forze na– vali della Francia come aventi il compi to di tutelare · gl' interessi dcli' Entente anglo•fran- (1) Quando riduciamo la politica estera dcl– i' Inghilterra al punto essenziale della lotta contro la Germania , non intendiamo avanzare la pre\'isione sicura di un inevitabile effettivo conflittu, più o meno immediato. - Per i due competitor i non si tratta tanto di venire davvero e sttbilo a/In guerra, quanto di prepararvisi rag– gruppando intorno a sè tali forze da poter mi- 11ncciart l'avversario e costringerlo a cedere via via sui singo li campi di .'.:ontesa, senza guer ra, mediante trattative diplomatiche analoghe a quelle, davvero tipiche, le quali hanno condotto la Francia a cedere alla Germania il Congo. Sono u guerr e di tavo1ino n, in cui ogni na– zione o gruppo di nazioni, supponendosi in mo– vimen to e facendo idealmente la guerra, calcola le forze propr ie e quelle clell•avversario , e deci– de se e sino a qu.11punto gli conviene sfidare l'av versa rio oppure cedere. - li programma milit are dell'In ghilterra dichidrato l'anno scorso da \Vinston Churchill, con rude schiettezza an• glosassone, ai Comuni : dover e cioè l' Inghilter– ra regolare le sue forze sull'incr emento del– l'armata germanica, non esclude in alcun modo che il Gctbinetto inglese voglia e possa secon– dare lealmen te ogni iniziativa diretta alla com– posizione pacifica delle questioni fra i du<-po– poli. Quel che importa è che la soluzione pa– cifica avvenga secondo gl' inter essi dell'lnRhil– tcrra . E perciò occorre ali' Inghilterra essere più forte della Germania. - E non è det to che alla fine i due a\'versari non si trovino intrigati fra loro in modo, che la guerra 1 con lutti i suoi orrori e disastri irreparabili, diventi per l'uno o per l'altro, o per tutti e due, una assoluta necessità. cese nel Mediterraneo. Ma gio\'a av\'ertire che si tratta sempre di calcoli teorici, nella ipotesi di un generale conflitto europeo , in cui ciascun gruppo è considerato dal/' escl:!s1Vo punto di vis/a militar e come un semp lice esponente matematico di potenza . Dal p,mlo di vista polili'co, non è prevedibile il caso che l'Inghilterra abb,ndoni del tutto il Me– diterraneo alla sola tutela dell'armata fran– cese. Inoltre il rapp orto effettivo e, per un certo numero di anni, quello presunto fra l'ar– mata francese e que lla dell'Italia e dell'Au – stria, nella ipotesi di una lega italo•au 1 ìlriaca, non garentirebbe affatto nel Mediterraneo la realizzazione di q~ella che è la \'era for• mula dell'equilibrio tra i gruppi delle nazioni: cioè la cosfitup'one di una poderosa mnggio– ra11{t1,che assicuri I" pace co11lroogni fmla– tivo isolalo ; e la conlrapposi{l'one di ,ma po– tente minoran{a, che impedisca la prevari ca– {t"one dei piil f orti . È naturale, pertanto, che per realizzare a proprio vantaggio questa formula, l'Inghilterra - laqua le vuo/esempre restare nel Mediterraneo con le sue proprie armi, come ha dichiarato 1 1 11 corr. ai Com uni il Ministro degli esteri - deve o creare anche nel Mediterraneo una nuova flotta, potente erga omnes, come chiede l'uni onista BonarJ Law, quando già tanto le grava conservare la superiorità nei mari na– zionali; op pure deve cercar di mantenere, an– che nella nuova situazione creata dall' e En– tente • con la Franc;a, gli antichi rapporti con l'Italia (1). Non ci stupisce, quindi, la notizia divul- · gata dal Daily Grapl,ic della esistenza di negoziati fra i gO\·erni d' Inghilterra, di Frao- (1) La formula degli ctrmamenti inglesi 'nel Mediterraneo secondo Edward Grey è predsa– mente questa: che l'Inghilt erra . debba mante – nervi una flotta par; a quella d; ogni a/Ira sin– gola ,ia3ione. La formula proposta dagli unionisti "è quella di una flotta inglese cnpnc, di tener ltsla ad ogni prevedibile coa/;z;oue (lta1ia,Aust ria), Mentre correggiamo le bozze, leggiamo sui gior– nali i discorsi fatti alla. Camera dei Comuni da Winston Churcill e da J\squith nella seduta del 22 luglio. È in es~i una ?ocumentazione limpidis – sima di quanto noi andia mo da più mesi ripetendo su questo giornale contro le sofisticazioni e si– lenzi della grassa stanipa triplicista: /' Jlalia non devt sceglù:refra Fra,icia e Austri11,ma fra In· ghilterra e Gtrma11ia. 11 Noi non crediamo - ha detto Wiston Churcill - che Austria e lta1ia, la ,,,; storia r,corda n,i/id1i dissmsi, possano mai avere ragione di nutrire ostilità contro l'ln~ ghilterra; nè crediamo probabile che .esse si uniscano per tentare un attacco ,io11provocalo contro le navi ed i possedimenti britannici. E non crediamo neppure elle sia necessario man, tenere nel Mediterran eo una superiorità nava le 1 ·uguale alle forze sommate delle flotte italiana ed austriaca. Del resto In q1us lio11e del ftfediterra,reo deve esst,e discussa co11una chiara visio,it dei falli [non è, dunque, ancora decisa: cioè l'Italia non si è ancora impegnata definitivamente nella triplice]. Noi cred iamo che, i,isieme alla squadra navale Jra,,ctse, la nostra forza formerà un com• plesso supe riore a quals iasi altra flotta Combat– tente nel Mediterraneo" · E il Ministro Asquith: 11 Noi riteniamo clte sia assolulameule assurdo, e non ne raccogliamo 11eppure la voce, prevede re in un avven ire prossimo o lontano che le forze combina te dell'Austria e dell'Italia possano sca• gliarsi contro di noi. Ciò non impedirà tutt avia alla Gran Breta gna Ji prendere e mantenere nel Mediterraneo una posizione tale da garantire com– pletamen te i suoi interess i q1'altmq11e cosa possa accndtre. L'Italia non potrebbe essere più corte– sement e messa sull'avviso intorno alla gravità delle deliber azioni ehe ,ieve prendere . eia e d'Italia per un trattato di reciproca assicurazione Jei possedimenti nord•africani: - trattato, che sarebbe la conseguenza di· retta e natural e dei precede nti, che hanno gar:mtito all'Italia la Tripolitania, alla Francia il 1'-'larocco 1 e ali' Ingh ilterra l'E gitto, e co– stituirebbe la base e\·enl uale di una più vasta convenzione mediterranea. Se è in questo senso I' interesse delP In– ghilterra, anche noi - allorchè siasi dissi• palo questo italico furor militare che vuole e per lo mondo gire >, e ci saremo ricon– fìnati nella nostra fredda ragione, - ci renderemo presto persuasi, come scriveva nel pass:tto numero l'Unità, che le frontiere ter– ritoriali della nuo,·a colonia e le sue comunica– zioni marittime con la madre--patria ci consi– gliano una politica estera la quale, in nessuna ipotesi, debba prevedere l'inimicizia dell'Io• ghilterra e della Francia (1). Tanto più che per noi - come per la Francia nel Ma• rocco - non si tratta di conquiste già com– piute e sicure, per cui la garanzia sarebbe solo ne111ipoksi di un assalto esteriore j ma di una penetrazione da co mpiersi, anco r aspra e lunga, a cui la reale e p1lleggi'ata cooprra\,Gfl dei COflji11aflfi potrebbe dare inestimabile aiuto. L'accordo anrlo-italo-franccsc • la T riplicc, Il Popolo Roma110, in una nota di carattere ufficioso, che smentisce l'esistenza degli ac– cordi, ma non la probabilità di ~ssi 1 di chiara che in ogni modo si tratterebbe di accordi parziali, limitati all'Af rica, senza influenza sull'orientamento della politica generale. Accettando testualmente questa dichiara• zione senza indagare le possibili reticenze di· plomatiche a cui può ispirarsi, si puO be– nissimo non escludere che un accordo simile possa coesistere con la Triplice. Si tratterebbe per I' Italia in questo caso di una :,pecie di controassicurazione, la quale porterebbe poi, per definitiva conseguenza, la neutraliztazione dell'Italia in caso di conflitto anglo-germa• nico. Questi sistemi sono conosciuti nella storia dei trattati internazionali ; e nulla vieta che per noi se ne ripresenti il caso. In materia di negoti fra i pÒpoli, presso a poco come nelle contrattazioni singolari, esiste una turoa di ,t,diff erwta , com~ dicono gli economisti, in cui diverse co mbinazioni si presentano egualmen te vantaggiose. E allora si ha nella politica estera )a neutralità. La quale rappresenterebbe per noi il si– stema ideale , e nè noi nè altri per amor di tesi potremmo respingerl a, quando raggiun– gesse queste due C!)ndizioni principali: a) l'e• sclusione dell' Italia da una possibile compe– tizione anglo-ted esca ; h) la sicurezza, coi meni n/111ali, della colonia libica e delle sue comuni cazioni marittime. Se non che dobbiamo ancora tener conto di un altro e non indifferente fattore della politica medit~rranea : cioè l'Austria. Vale a dire che bisogna rivolgere lo sguardo alla questione delPAdriatico e, in genere, del Me– diterraneo orientale. (i} I recenti teorizzato ri italiani della II poli• tica del Mediterraneo • studiano per solito la formula degli armamenti austro-italici in zorri- · spondenza alle sole forze navali della Francia. Il calcolo dev'essere ben diverso. Cioè: a) bi– sogna conside rar e che il presidio di conquis ta della Libia (supposta la pace con Ja Turchia, ma non la pacificazione interna), dovrebbe, in caso di <lissidio fra noi e i nostri vicini, essere aumentato anche del conting ent e necess~rio ...alla difesa del confine terrest re libico verso l'Egi tto e verso la Tunisia. E questi pesi si de– vono aggiungere all'att uale presidio nazionale, per avere l'ammon tare complessivo degli oneri territoiial i che ci toccherebbe ro nella ipotesi suddetta; h) Il mantenimento delle relazioni marittime fra noi e la colonia richiederà sem– prf', nella ipotesi sml~ietta, delle nuove spese, all'infuori di quelle necessarie alla difesa ma – rittima della madre patria, e commisurate alle forze navali che l' Ingh ilter ra manterrà nel Me, diterran eo (per cui vedi la nota preeedente). Questo onf're potrt-bbe andar diviso con l'Au– st ria, ma in proporzioni limitat e e non se nza perico li per noi; e) resta in ultimo da contro– bilanciare l'armata francese secondo la formula a cui si è acce nnato sopra.

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