Una città - anno V - n. 42 - giugno 1995

donaferentes, perché sistematicamente, nel lavoro che faccio, ali' offerta di un dono si accompagna il timore del cavallo di Troia. Per questo dico: o questa partita viene giocata dal primo momento coinvolgendo il cit1adino nel cambiamento oppure la cosa non può funzionare. La partecipazione. ossia la legge 241, e la 142 sugli organismi, il decentramento e via dicendo, non possono essere il risultato finale di un processo di autoriforma interno, alla fine del quale ci si apre al cit1adino. La riforma può avvenire se,e solo se. l'apertura al ci tiadi noè immediata. Da questo punto di vista, considerate per un momento le carte dei servizi, ad esempio quella della sanità. Si è trattato di un evento solo amministrativo, non è diventato un evento politico. Chi sta sponsorizzando politicamente quella carta, facendone una bandiera, dicendo cheè i I primo passoverso la ricostituzione della fiducia dei cittadini verso l'amministrazione pubblica? Sappiamo benissimo che queste carte sono importanti, però diventano importanti quando i cittadini agiscono i loro diritli. In uncontesto di capi d'istituto, sono stato l'unico a portare questa notizia, per altro comparsa sui giornali tre giorni prima, ma della quale nessuno intendeva la portata. Io mi impegno nell'autoriforma dall'interno dell'amministrazione, però non credo che un'autoriforma possaessereforte senon e·è, fin dal primo momento, la partecipazione. E su questo punto ho patito delusioni cocenti, perché il confine tra la partecipazione, intesa come cinghia di trasmissione di un partito politico e la partecipazione, quale espressione del cittadino che fa la sua parte, non è chiaro e troppe volte è stato varcato nel sensodella cinghia di trasmissione. Un'altra cosa: forse non uso termini appropriati, però, guardando le cosedall'interno, hocapito checosa si intende per "senso dello Stato" ai vertici dell'amministrazione statale: è una sorta di solidarietà, ai limiti dell'omertà, tra dirigenti dello Stato, qualsiasi siano le amministrazioni di appartenenza, cementato attraverso i vari spargimenti di sangue. I Falcone e i Borsellino vengono utilizzati per cementare questa solidarietà, per cui alla fine il senso dello Stato viene interpretato all'insegna del "dobbiamo coprirci tra noi". In questa situazione il cittadino non vede senso civico, e anche quando trova un dirigente che fa delle cose buone, ha la sensazione che lui si stia preparando il terreno per fini personali; infatti, la domanda rituale è: •:,na quando ti presenti alle elezioni?". Se stai facendo delle cose buone è chiaro che devi trarne un profitto e il fatto che tu possa farle semplicemente perché ritieni di essere al servizio del cittadino, mostrandoquindi senso civico e non un senso mafioso dello Stato, non viene assolutamente preso in considerazione. Bonomi. La questione del la pubbl ica amministrazione e della produzione dei servizi va inquadrata dentro un mutamento epocale che è alla base di tulli i fenomeni che abbiamo descritlo finora. Esso è riassumibile schematicamente nella polemica garbata che si è sviluppata tra Bobbio e Pizzomo, nella quale Bobbio distingue fra uguaglianza e disuguaglianza, mentre Pizzorno parla di inclusione cd esclusione. Qual era il problema per cui è nata la pubblica amministrazione che conosciamo? Era la disuguaglianza, che bisognava colmare. L'obiettivo della pubblica amministrazione era produrre serUNA CITTA' vizi affinché tulii fossero più uguali, nel sensoche l'asilo nido era per tutti, la scuola eraper tutti, la sanità idem... Si colmavano così le differenze di classe, di ceto, di reddito. Oggi, invece. bisogna produrre servizi dentro uno scenario in cui le categorie dominanti sono l'inclusione e l'esclusione. E bisogna dire che noi abbiamo dei servizi ancora calibrati sulle esigenzedegli inclusi, di coloro che essenzialmente non ne hanno bisogno in termini di urgenza drammatica. Il vero problema che si sta delineando in questa società è quello di unavasta fasciadi esclusi dal benefit, e si talla di esclusi ad altissimo rischio, pensiamo agli ammalati di Aids, alla tossicodipendenza, ai drop out scolastici, ai bambini che non vanno più ascuola. Nella scuola, poi, il vero problema mi sembra quello di una speciedi pulizia etnica in corso. Moreno mi correggerà, ma i dati che ho sulla Lombardia indicano che alle scuole medie superiori, di 600 ragazzi che si iscrivono al primo anno solo 50 arrivano al diploma, così all'università, su4 che si iscrivono, alla laurea ne arrivano 2. Questesono le grandi questioni e io sonod'accordo checi debbaessere uno Stato minimo, purché produca più servizi per gli esclusi e meno per gli inclusi. E' chiaro che la pubblica amministrazione va riformata e va smantellato tutto questo apparato improduttivo, che molto spe~sonon permette di chiudere la forbice tra tante tasse e pessimi servizi. Ma qui bisogna fare un secondo ragionamento che rimanda a cosa sono gli italiani, riguarda essenzialmente qual è il nostro atteggiamento. Giustamente noi fin qui abbiamo parlato di uno Stato che deve produrre affettività, e ciò riguarda il senso collettivo della cittadinanza, del!' identità nazionale di un popolo. Qui ci sono tre diversi atteggiamenti con cui fare i conti. Il primo, più diffuso, è un meccanismo adattivo, che mi pare unodei caratteri costitutivi del nord, per cui ci si adegua a una pubblica amministrazione che non produce servizi per competere. Nel centro Italia, invece, si dà fiducia a quelli che hanno costruito servizi come l'Usl di Reggio Emilia, perché lì i servizi funzionano. Al sud, poi, prevalgono l'adattamento e il trasformismo; lì la pubblica amministrazione è sempre stataconsiderata come la grande macchina fordista in cui trovare il "posto": al sud i servizi non sono mai stati pensati come servizi per i cittadini, ma come posto sicuro. C'è quindi un grande meccanismo adattivo e trasformista che non aiuta, perché elimina l'assunzione individuale di responsabiIi tà. la centralità del cittadino, idea che si fa strada La pubblica amministrazione. per diventare efficiente, deve perdere le dimensioni di grande apparato del "posto", deve privarsi della logica per cui lavorare nell'ente pubblico viene ritenuto un posto di lavoro piuttosto che un luogo dove si producono servizi di grandequalità. Ciò rimanda a tutta la cultura sindacale e politica che ha reso, non acaso, l'ente pubblico il luogo di riproduzione del consenso: non c'era ministro che non assumesse bidelli o ferrovieri o postini. Questo apparato deve dimagrire e il problema è vedere se dimagrirà al punto da morire di fame, e quindi scomparire, oppuresediventerà una struttura snella che può interagire La testata UNA CITTA' è di proprietà della cooperativa UNA GITTA'. con altri soggetti. E qui si apre la questione del rapporto col terzo settore, con i I volontariato, che non può essere visto quale pura sostituzione dei deficit dello Stato sociale o come un tappabuchi; deve, invece, essereconsiderato un luogo in cui si fa impresa sociale, in cui si produce socialità, perché uno vi trova un orientamento valoriale di un certo tipo che lo porta a creare un'impresa sociale invece di un'impresa di profitto. Se voi analizzate i movimenti sociali degli ultimi due anni noterete che si passadai giovani che sperimentano la realtà virtuale dell'informatica ai giovani che sperimentano fino in fondo l'esperienza del darsi all'altro. Sono due grandi momenti positivi, secondo me, di quello che sta avvenendo socialmente. Non mi pare, tuttavia, che il dibattito poi itico permettadi esseremolto ottimisti, perché per la prima volta facciamo i conti con una posizione liberista spinta, che ha radici profonde nella crisi descritta finora. Questo liberismo spinto è un'interpretazione perversa di un bisogno che invece c'è, a cui bisogna dare risposta. 11problema è capi re sec'è un'altra proposta che lentamente emerga e produca consenso, partendo dalle grandi questioni che abbiamo affrontato. Bucare/li. Non so se la mia è una posizioneot1imista, macredo che il Presidente: Massimo Tesei. Consiglieri: Rosanna Ambrogetti, Paolo Bertozzi, Rodolfo Galeotti, Franco Melandri, Gianni Saporetti, Sulamit Schneider. Redazione: Rosanna Ambrogetti, Marco Bellini, Fausto Fabbri, Silvana Masselli, Franco Melandri, Morena Mordenti, Massimo Tesei, Gianni Saporetti (coordinatore). Collaboratori: Edoardo Albinati, Loretta Amadori, Antonella Anedda, Giovanna Anceschi, Giorgio Bacchin, Paolo Bertozzi, Patrizia Betti, Aldo Bonomi, Barbara Bovelacci, Vincenzo Bugliani, Dolores David, Liana Gavelli, Alexander Langer, Marzio Malpezzi, Gianluca Manzi, Carla Melazzini, Gabi Micie, Lejla Music, Linda Prati, Carlo Poletti, Stefano Ricci, Rocco Ronchi, don Sergio Sala, Sulamit Schneider. B1 Interviste: A Andrea Vannucci: Gianni Saporetti. A Giuliana Sgrena: Marco Bellini. Alla signora algerina: Stefano Ricci e Gianni Saporetti. A Aldo Bonomi, Filippo Bucare/li e Cesare Moreno: Massimo Tesei. A Lejla Music: Fausto Fabbri e Massimo Tese i. A Ozren Kebo: Massimo Tesei. A Maurizio Antonio/i: Franco Melandri. A Paolo Martini: Gianni Saporetti. A Augusto Illuminati: Marco Bellini e Franco Melandri. A Magda Taroni: Giovanna Anceschi, Stefano Ricci e Gianni Saporetti. Disegni: di Stefano Ricci. Foto: di Fausto Fabbri. A pag. 4: di Magda Taroni. A pag.11 tratta da Storia delle Rivoluzioni. Le rivoluzioni socialiste (Fratelli Fabbri Ed.). A pag. 15tratta da La Shoah. L'impossible oubli (Ed. Découvertes Gallimaed). Grafica: "Casa Walden". Fotoliti: Scriba. Questo numero è stato chiuso il 13 giugno '95. 1noBianco l,:,,..w;,«:.. J ·=-tf?. f''\{,_.f ,i ;t:'J . problema del rinnovamento del1'apparato pubblico siacruciale per il paese, e trattandosi di una sfida può anche essere perduta, come tutte le sfide. Io credo che il dibattito politico sul ruolo che deve avere lo Stato (Stato snello oppure Stato regolatore) debba portare a delle scelte, ma le condizioni politiche atluali non mi sembra lo permetlano. Tuttavia, qualsiasi opzione si prenda, che si spinga per una direzione piuttosto che per l'altra (produrre pochi o molti servizi, servizi per gli inclusi o servizi per gli esclusi), occorre tener presente che queste opzioni devono avere delle gambe e le gambe sono rappresentate dal funzionamento del- !' organismo. Sequesto non funziona, qualsiasi scelta si faccia è una scelta meramente dichiarativa. Noi ci troviamo dentro una transizione veramente epocale e io vedo come la pubblica amministrazione stia morendo per questa crisi, perché è evidente il fallimento di una politica che lontanamente aveva delle ragioni, -il posto di lavoro fisso rispondeva a un bisogno di sicurezza diffuso-. e che aveva modellato la nostra amministrazione pubblica. Tutto questo evidentemente oggi non funziona più. Si tratta ora, per evitare il decesso dcli' amministrazione statale, di attivare nuove forme organizzative aventi al centro il cittadino. Le aziende private oggi praticano una strategia che mette al centro il cliente: non è assolutamente impossibile pensare a una pubblica amministrazione che metta al centro il cittadino. Io non vorrei appari re stupidamente ottimista, però vedo un segnale importante e incoraggiante nei progetti che ho ricevuto da tutt' Italia. Vedo, inoltre, che alcune parole d'ordine ormai cominciano ad essere diffuse ali' interno elcil'amministrazione statale. E' vero che si tratta di parole d'ordine, però sentire una parte sempre più numerosa dei dirigenti dello Statoparlaredella "ccntralitù del cittadino" mi fa pcn- .~fé' /4~f;i;/' -·i sare che qualcosa si stia muovendo. Vedete, i processi di transizione non si giocano in un anno o in pochi mesi, per avere i primi risultati ci vogliono almeno tre anni. Facciamo un esempio: posso decidere che lo Stato non eroghi più la pensione. oppure ne eroghi solo una parte, però, a meno che non decida di chiudere il servizio, avrò sempre il problema di una macchinaamministrativa chedeve funzionare,deveprodurre pensioni in tempo accettabile. Da questo punto di vista l'Inps è cambiata, malgrado l'immagine negativa che ne ha ìl cittadino: la pensione oggi si ha iii due mesi, mentre dieci anni fa i! tempo medio eradi sei mesi e c'era gente che la riceveva anche dopo un anno e mezzo. mi fai promosso o mi fai bocciato? Senon hai unastruttura che funziona. le grandi opzioni restano senza gambe. Moreno. Sehai una grande struttura che funziona, ma le grandi opzioni non vengono prese, l'innovazione rischia di implodere. E' molto pericoloso quando l'innovazione ricade su se stessa; in quel caso addirittura è meglio non muovere niente. La scuola,adesempio, che ha il più alto numero di impiegati, -intorno al milione-, e il più alto numero di utenti, -intorno ai dieci milioni-. ed è quindi pesantemente coinvolta nei processi di affettività. in questo momento è molto indietro su questi temi. Questa è una cosa gravissima, soprattutlo se teniamo conto che la scuola, per quanto riguarda I' identità nazionale, gioca un ruolo decisivo nello sviluppare o meno meccanismi di rancore. Occorre rendersi conto che una cosa è non andare a scuola perché non hai i soldi o abiti in montagna, - si tratta di un meccanismo di esclusione su basereddituale-; altra cosa, invece, è il caso del drop out, che assomiglia, come diceva Bonomi, a una pulizia etnica. Il fatto che io e lui viviamo nella stessa strada, nello stessoedificio, che lui venga incluso ed io escluso su una base che diventa poi, diciamo così, "razziale", -cioè io non sono di una razza inferiore ma vengo reso tale-, è gravissimo. Alcuni bambini dicono: "mi fai promosso o mi fai bocciato?", cioè io ti rendo o meno essereumano, ti rendo o meno cittadino. Uno dei drammi della scuola è che si tratta del!' organismo all'interno del quale è più difficile rendere visibile l'attività di chi la- .vora contro corrente. Se io dico che quella sede Inps funziona, implicitamente dicendo che le altre non funzionano, non si assistealla levata di scudi che si veri fica invece nel mondo della scuola. Questa solidarietà perversa degli inclusi, cioè di coloro che percepiscono uno stipendio dal Ministero della Pubblica Istruzione, e che si spalleggiano fra loro, è paurosa. I meccanismi di uguaglianza al ribasso e di non valorizzazione dell'impegno hanno funzionato in maniera spaventosa, con una diffusa rete di complicità culturali e politiche. E poi nella scuola non c'è solo la situazione descritla da Bonomi, e' è di peggio: è ormai diventata un fatto endemico, normale, la famosa "occupazione". ossia l'abolizione dell'anno scolastico e la trasformazione della scuola in qualcosa che non c'entra nulla con gli scopi originari. Sela scuola non diventa una delle grandi questioni nazionali, noi non ne usciamo e mi pare, purtroppo, che non lo stia diventando per niente. Se non si affronta con decisione il problema dell'istituzione scolastica complessiva -anche noi, sia detto per inciso, stiamo tentando di fare "i cento fiori nella pubblica istruzione", e in parte qualche fiore c'è già-, rischiamo che il meccanismo perverso che ho descritto tagli alla radice ogni sforzo di rinnovamento. - UNA ClffA' 7

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