Una città - anno V - n. 42 - giugno 1995

• storie O UCCISO IL LIB Innamorarsi da giovane di una città in cui i libri e la musica si mischiavano con l'Oriente, con la casbah e il deserto, in cui il mare, il clima, il cibo, tutto era magnifico, in cui brillava alto, dopo la sofferenza, il sole dell'avvenire. Una città da cui si fugge, dove il fascismo islamista scatena la violenza di giovani disoccupati contro donne, stranieri e intellettuali. Intervista a Magda Taroni. Magda Taroni, italiana, ha vissuto in Francia, Germania e Algeria. Fotografa, un suo libro su Algeri è stato pubblicato in Algeria. La prima volta che ci arrivai, dopo un giorno mi dissi: qui ci resti, da qui non ti muovi più. Invece, poi, dopo tre anni sono partita per vent'anni. Ci sono tornata ne11'87 e rivedere l'Algeria dopo 25 anni è stato un gran colpo, è stato come rivedere una persona a cui vuoi bene ma che è invecchiata male, piena di brutte malattie. Invecchiare è normale, anche Jean Jacques aveva barba e capelli bianchi, anche la sua casa e il giardino erano invecchiati, ma erano invecchiar~ bene; erano una specie di isola in mezzo a una città invasa dal grigio socialista e dalla plastica. Lo charme che aveva la città dopo l'indipendenza era perduto, della gaiezza, dei colori, del fermento culturale, del buon umore che accompagnava la gente in quegli anni malgrado le ferite delle torture ancora aperte, non c'era più nulla. Non c'era più traccia di quella speranza che ti faceva pensare: che bellezza, adesso comincia un avvenire splendido. Tornandoci ho avuto la netta sensazione che il paese fosse scivolato verso il terzo mondo. Sì, rivedere Algeri nell'87 è stato un gran colpo. Certamente già negli anni '60 si potevano leggere i primi segni di quella che poi sarebbe diventata una catastrofe, però non era prevedibile, non era sicura, non era necessaria, nella storia ci sono sempre delle sorprese, per fortuna ... Forse ci si voleva illudere e forse si evitava di immischiarsi negli affari politici interni perché si viveva troppo bene, la gente era accogliente, i profumi dei mercati, il clima favoloso, i caffè affollati ... Andavo in giro per la casbah con le mie macchine fotografiche senza sentire mai la benché minima ostilità. C'erano stranieri che ti mettevano in guardia, ti parlavano della casbah come di un luogo inaccessibile, pericoloso, popolato da briganti che ti potevano tagliare la gola a ogni angolo. Ma io sono stata sempre accolta bene, dopo un po' ero come di casa. Quando ci sono tornata per il libro di foto, nell'87, ho avvertito una grande fame di contatto con il mondo esterno, andavo a casa di queste donne e mi davano l'indirizzo perché mandassi delle riviste. Cercavano la possibilità di avere una porta aperta sul mondo esterno. Forse il segnale più brutto era proprio l'attitudine verso l'altra metà dell'umanità che non era affatto cambiata, restava profondamente reazionaria. Nei primi tempi della costruzione di uno stato cosiddetto socialista si ha la tendenza a dire che ci sono delle cose prioritarie, cose importanti ... "Abbiamo fatto la guerra, adesso cosa ci mettiamo a parlare del velo, non parleremo mica di moda?". Come se la questione femminile fosse una questioncina a parte. E invece io penso che molto stia lì, che il grado di democrazia di una società lo si misura da come stanno le donne. Nel '66-'67 c'erano ragazzine che si erano fatte un sacco · di illusioni sul fatto di essere libere: la guerra era finita, c'era già un pochino di televisione, c'erano i giornali francesi, era l'epoca delle minigonne, e si sapeva benissimo che alcune venivano prese, picchiate e violentate nel posto di polizia più vicino solo perché si erano fatte beccare in minigonna. Il sabato notte si sentivano da una parte le feste di matrimonio, con i canti e la musica, dall'altra le sirene delle ambulanze che correvano per Ia città perché del le ragazze avevano bevuto la candeggina o si erano buttate dal secondo piano, non per morire, ma perché non volevano sposarsi. E nessuno faceva niente. Cosa ha fatto il governo? Niente. In casa il potere del padre, del marito, del fratello era totale e assoluto e tale e rimasto anche dopo la rivoluzione, durante tutto il periodo del governo dell'Fln. Per non parlare poi del codice della famiglia dell'84 che è una vergogna senza pari. Siamo rimasti fino al dicembre del '93, quando gli integralisti hanno lanciato il loro ultimatum contro gli stranieri. Ma erano già anni che cercavano, con altri mezzi, di buttare fuori gli stranieri. All'università, ormai avevano reso la vita impossibile a Lutti, soprattutto con quell'idea dell'arabizzazione. Quelli che facevano lezione in francese non erano più accettati, la facoltà di architettura era l'unica rimasta, Jean Jacques è stato uno degli ultimi a cedere, poi ha dato le dimissioni. E con gli scienziati e la gente di cultura che piano piano perdeva i contatti con il mondo esterno l'impoverimento culturale del paese, negli ultimi vent'anni, è andato avanti in maniera inesorabile. Nelle università di tutto il mondo si leccano le dita quando possono ospitare professori dagli altri paesi, in Algeria fanno il contrario. Per non parlare poi dell'impoverimento della lingua. Non scrivono più in francese, non hanno mai scritto in arabo classico, in s· r . r' • arabo dialettale non si scrive ... L'integralismo? L'integralismo nasce e si nutre del fatto che la gente è ignorante, affamata e senza speranza. E come in tutti i paesi passati attraverso il fascismo, è la gente migliore che viene ammazzata o costretta alla fuga. Hanno ammazzato Tahar Djaout, che era una persona di una finezza, di una sensibilità ... L'ho conosciuto in occasione della mostra, quando mi intervistò, era una persona modestissima e poi leggevi quello che scriveva e ti venivano le lacrime agli occhi. Ora lo hanno ammazzato, non c'è più. Prendono un ragazzino che magari ha sette fratelli che muoiono di fame, gli danno quattro soldi, lui va e ammazza Djaout, una delle teste più fini dell'Algeria moderna. Hanno ucciso il libraio, anche lui un cosmopolita, un pied noir che da sempre aveva la libreria del corso principale. Fino a due, tre, anni fa tanti intellettuali dicevano: "io da qui non mi muovo, mi ammazzano ma non mi muovo, sono a casa mia, i fascisti non mi faranno partire". Ma quando cominciano a minacciare di sgozzarti il figlio che fai? Prendi e vai via. E intorno a ogni intellettuale, intorno ad ogni uomo di cultura, a ogni uomo di scienza, c'era un gruppo di ali ievi, di discepoli che stavano imparando e che ora restano senza punti di riferimento. E' un impoverimento tremendo. E la povertà non è solo non avere da mangiare, in quel caso puoi anche trovare il modo di arrangiarti, è peggio non poter comunicare, non poter scambiare, non poter ricevere. C'è un tasso di natalità fra i più alti del mondo e non ci sono case, né scuole, né posti di lavoro. I giovani non possono sposarsi. Tre quarti della popolazione ha meno di 30 anni, è nata dopo l'indipendenza. Venti, trenta anni fa gli uomini si sposavano sotto i 20 anni, ultimamente lo fanno a 27, 28 anni. Ci si può immaginare che compressione, è una pentola a pressione senza valvola ... Non poter avere ragazze, il controllo familiare, la promiscuità, la mancanza di un posto dove andare, l'impossibilità di nascondersi da qualche parte, con in più gli islamisti che ti martellano nella testa sull'oggetto del peccato. Immagino che tanti ragazzi mettano su un odio viscerale e cieco verso tutto quello che è femminile. In Algeria, come in qualsiasi parte del mondo, l'uomo nasce con l'idea che è lui il padrone, ma quando è disoccupato e senza istruzione perde completamente il senso della propria identità, del proprio potere. Continuerà a comandare, ma si sentirà malsicuro di fronte alle donne che disoccupate non lo sono mai, perché loro hanno sempre qualcosa da fare: pulire il pavimento o sbucciare le patate o occuparsi dei fratelli, dei figli, dei genitori ... nel peggiore dei casi una donna è sempre la zia di qualcuno. Una donna che non ha niente da fare non esiste e le donne algerine hanno una certa coscienza del proprio valore perché sono loro che tengono insieme le famiglie e si occupano di tutto. Gli uomini, invece, in questo momento ciondolano e c'è da diventare pazzi. In una situazione così arrivano gli islamisti e danno loro una prospettiva: "siete i più belli, siete i più bravi, siete i più forti, le donne sono il peccato, devono coprirsi ... ". E se è vero che la proibizione è il modo migliore per eccitare la fantasia morbosa, si crea uno stato psichico alterato in cui è facile organizzare dei bagni di sangue. Forse è un po' semplicistico ridurre tutto a un problema di ossessione sessuale, ma credo che non fai fare cose simili a dei ragazzi se non si trovano in una situazione di frustrazione tremenda. E durerà finché la gente non avrà visto tanta violenza, tanto orrore, tanto sangue, da esserne disgustata. A un certo punto sarà il popolo che dirà "basta!". Ma ormai quando sarà finita questa tragedia, un'intera generazione sarà allo sbando e ci sarà lavoro per un esercito di psicoanalisti e di psichiatri. Se dico che sono stati fatti un sacco di errori non voglio certo dire che non dovevano avere l'indipendenza, che stavano meglio quando erano colonizzati. Ci mancherebbe altro. Però è un fatto che i coloni quando sono partiti hanno lasciato un paese ben organizzato, con infrastrutture funzionanti e un'agricoltura che era una meraviglia. C'era il grano, la vigna e con un clima che è da paradiso terrestre ... I pieds-noirs avevano amato quel paese, lo vedevi che lo avevano amato, ne avevano fatto un paese prospero e poteva continuare a esserlo in mano agli algerini come è giusto che fosse. Invece l'arroganza dcli' ignoranza ... A volte quando sei ignorante credi di sapere tutto, vuoi fare da solo. E' un problema che si è posto anche in Lutti i paesi dell'est, in tutti i paesi cosiddetti socialisti. "I borghesi li mandiamo via, facciamo per conto nostro ...". E c'era tutta una classe intermedia di borghesi pieni di buone intenzioni, di voglia di cambiare le cose, persone insofferenti per le ingiustizie, volte al futuro, che o avrebbero potuto fare da ponte tra la vecchia società e la nuova. Ma pure quelli sono stati buttati fuori. E' stato così con Stalin. E' stato così in Cina, dove hanno anche messo dei professori di violino a pulire i cessi per dieci anni, hanno mandato i professori di università a coltivare le patate perché imparassero! In Cambogia hanno ammazzato tutti quelli che sapevano leggere e scrivere così, per avvicinarsi al popolo. Nel '17 era la prima volta nella storia che andava al potere una classe che non era portatrice di cultura, ma purtroppo non è andata bene. Ma quando la borghesia aveva preso il potere i signori feudali cagavano sotto il tavolo, non sapevano più leggere e scrivere, erano di una rozzezza tremenda. Ed era portatrice non soltanto di potere economico, di commercio, ma anche di letteratura, architettura, musica. In Russia nel '17 invece no, la classe operaia non era portatrice di cultura e quelli che ancora l'avevano e volevano bene ai lavoratori si sono fatti maltrattare e sbatter via. Adoro la casa dove ho conosciuto Jean Jacques, dove siamo stati insieme, ma penso che non sarà possibile tornarci per i prossimi anni. Fra l'altro, lui ci sta da 30, 35 anni, ma teoricamente gliela possono portare via da un momento all'altro perché non è sua. All'epoca era ancora possibile per gli stranieri comprare le case lasciate libere, erano i "beni vacanti", ma quello stupido non l'ha neppure comperata, gli è sembrato di pessimo gusto come straniero comperare un bene algerino. E così ha sempre pagato l'affitto e continua a farlo ancora. Jean Jacques si fa delle illusioni, pensa di potertornare, vive sempre come se potesse tornarci il giorno dopo. Continua a pagare le tasse, continua a pagare la donna che sta lì da tanti anni a occuparsi della casa. Le ultime volte che siamo partiti, negli ultimi anni, abbiamo preso una cosina qua e una là, ma non abbiamo mai tolto nulla all'essenza della casa, abbiamo sempre voluto lasciare la casa intera, perché per noi doveva e deve restare com'era, coi i libri, i dischi, i quadri ... abbiamo persino un giardiniere che va ogni tanto, ma non sa fare niente, ha tirato via tutte le piante che non conosceva, è una catastrofe, passa le ore a innaffiare ... Insomma, teniamo sempre aperta la possibilità di tornarci. Io penso proprio che là avrei da fare del lavoro per vent'anni. E' il posto per invecchiare, ci si starebbe benissimo. Jean Jacques ha una pensione ridicola, basta per comprare tre chili di carote al mese, ma almeno simbolicamente è pensionato dello stato algerino e non è escluso che un giorno o l'altro un governo più giusto riconosca i suoi meriti. Sì, malgrado tutto, vorrei tornarci, è sempre una città meravigliosa, ~·. •• °} ~ . \' . ,, I , -~- ,,,,,,..,,. . è sempre la città che scivola nel mare ... E' come essere innamorati, non si può dire perché. Certo, è anche la città dei ricordi della mia giovinezza, la città dove avevo pensato che tutto fosse possibile, dove si incontrava una tradizioneaffascinantee una prospettiva di avvenire splendido. Allora non c'erano ancora stati questi scombussolamenti, questi drammi. L'Algeria aveva fatto una guerra giusta, eroica, meravigliosa, aveva vinto, le sofferenze erano finite, la sua lotta era di ventata un esempio per il resto dell'Africa; cominciavano a liberarsi l'Angola, il Mozambico, era questione di tempo e le guerre sarebbero finite e ci sarebbe stata la grande pace ... Ero piena di ottimismo, l'atmosfera era carica di ottimismo e inquella atmosfera c'era il cielo algerino, c'era il mare, c'era la spiaggia, c'erano i caffé con le brochette, c'erano gli amici, c'era mia figlia che tutti ammiravano ... La città era un concentrato di vita, del meglio che avevo nella vita occidentale, i libri, la musica, con in più la scoperta dell'oriente, la scoperta dell'Africa, il deserto a due passi dove andare a sedersi sotto una palma e vedere il sole che tramonta ... E' il mal d'Africa, ci vai, te lo prendi e non te ne liberi più. Personalmente, poi, facevo un sacco di casini nella mia vita privata, non andava tutto liscio, tant'è che me ne sono andata in Germania, ma dentro di me non ho mai perduto l'idea di potertornare ad Algeri. E quando ci sono ritornata non solo ho ritrovato Algeri, ma ho reincontrato Jean Jacques che è di ventato l'uomo della mia vita. Avevo 24, 25 anni quando ci sono arrivata. Venivo via dall'Italia e fa bene, secondo me, a quell'età. Era il' 66. Ricordo la cineteca dove -si andava con le scarpe chiuse, non coi sandali, perché era sgradevole sentire i topi che ti camminavano sui piedi. C'era ancora un omarino con il piano per i vecchi film, poi l'omarino è morto e hanno tolto il piano, però hanno continuato negli anni con dei programmi magnifici, hanno passato tutti i film russi, tutti i giapponesi. Dei giorni andavamo a vedere due o tre film ..E poi c'erano gli incontri ... Allora passavano tutti per Algeri. Quando sono arrivata la prima volta una mia amica mi disse: "guarda che scalogna, arrivi con qualche giorno di ritardo, abbiamo appena accompagnato all'aeroporto un tipo straordinario che ti sarebbe piaciuto, si chiama Che Guevara ...". L'ho perso per tre giorni, stava a casa di Anne. Ricordo l'arrivo di Cleaver, appena uscito di galera, con una moglie incinta di nove mesi che andava in giro con un vestito di maglina aderentissimo e non sapevamo se essere affascinati o scandalizzati. Ma Cleaver e sua moglie erano intoccabili, perché le Pantere Nere erano intoccabili e gli ospiti erano intoccabili. E la sera dell'incontro per raccontare la rivoluzione dei neri americani, aspettammo, aspettammo, la sala era strapiena, faceva 45, 46 gradi ed eravamo incollati tanto faceva caldo e lui non arrivò. Dopo tre ore ci vennero a dire che stavà assistendo sua moglie che aveva appena avuto un bambino. Eravamo a bocca aperta. Non esisteva ali' epoca un uomo che assistesse lamoglie partoriente ... Incredibile. Gli abbiamo perdonato tutto, tutti hanno applaudito. Erano tempi eroici, sai quelli che raccontano dei tempi eroici ...? Non soltanto in Algeria, trovo che in generale il mondo vada piuttosto male. Anche perché quella grande speranza del socialismo sarà stata sbagliata, avrà anche abbruttito, ma ci ha dato anche tanta forza, ha tenuto su i popoli perché, un giorno o l'altro, l'avvenire sarebbe stato radioso. Già. Invece no, bisogna fare un passettino indietro e ricominciare con altre idee. Conosci l' Avenir radieux di Zinoviev? E' da torcersi dal ridere. Amaro, ma ridi. - .. ~~~.· I ,,l • )' ... ·>. ♦ ''~ ·«i? 1

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