Una città - anno V - n. 42 - giugno 1995

la che schiaccia la Comune, fin dalle elezioni del 1876 si legi11ima attraverso la scelta della democrazia di massa e il blocco repubblicano, che vede gli opportunisti e i radicali insieme, è quello che resiste a Boulanger. Boulanger era il generale "giacobino'' che, grazie a Clemenceau, diventò ministro della guerra e si spostò a destra, trascinandosi dietro alcuni blanquisti, in nome della revisione della costituzione. La Repubblica, comunque, affronta Boulanger, sopporta tulla una serie di scandali e sopra1tu1to l'affare Dreyfus, ed esce da queste prove legittimata da una maggioranza politica che poi porterà ai governi radicali. Questo non significa che ci sia stato un incontro tra i governi repubblicani e il mondo rivoluzionario -Clemenceau e Aristide Briand furono durissimi nella repressione dei sindacalisti rivoluzionari e degli anarchici-. ma certo la Francia era maggiormente abituata al gioco democratico e la stessa sinistra aveva una maggior capacità di tenuta nei confronti della destra, aveva una legittimità diversa, come poi dimostrerà I'esperienza del Fronte Popolare, pur con tutte le sue contraddizioni. Un tratto distintivo del sindacalismo rivoluzionario fu la pratica dello sciopero generale ... E' alla fine degli anni Ottanta dell'800 che lo sciopero generale comincia ad apparire con insistenza nella propaganda e nel dibattito politico della sinistra francese di matrice non marxista, legandosi strettamente ali' affievolirsi della concezione insurrezionale della rivoluzione. Dopo la tragedia della Comune di Parigi, soffocata nel sangue nel maggio del 1871,appariva sempre più evidente l'impossibilità che l'azione rivoluzionaria potesse risolversi nel tradizionale scontro armato tra esercito, o comunque reparti regolari, e insorti. li divario sul piano degli armamenti era ormai incolmabile. Le barricate e i vecchi fucili cedevano ai cannoni. La consapevolezza di non poter più riproporre i modelli rivoluzionari basati sull'insurrezione popolare (emi riferisco, ad esempio, all'epopea delle barricate narrate ne/ miserabili di Victor Hugo a dimostrazione di quanto l'eroismo barricadero di unCombeferre, di un Enjolras e di un Gavroche avesse solide radici nell'immagine popolare) aveva dato il via ad una riflessione che aveva avuto esiti diversi. Da un lato l'abbandono di quell'idea di rivoluzione che aveva attraversato l'Ottocento e cioè l'idea che il cambiamento potesse essere attuato attraverso la conquista effettiva dei luoghi di potere, la conquista del palazzo insomma. Dall'altro la convinzione che alla vecchia soluzione rivoluzionaria potesse sostituirsi una nuova, più adatta ai tempi. Nel primo caso, la scelta non poteva essere che il passaggio ad una politica che mirasse alla conquista del potere politico attraverso la via parlamentare, nel secondo occorreva trovare un momento di mobilitazione collettiva che fosse altrettanto significativo e ben più produttivo di quello insurrezionale. Lo sciopero generale sembrò adatto al caso. Ovviamente l'idea dello sciopero generale non pero generale soltanto un potente mezzo dimostrativo, i settori libertari ne intuirono le potenzialità rivoluzionarie. Per i primi, infaui, lo sciopero generale doveva preferibilmente essere evitato o. 1u11'al più, essere uno sciopero esclusivamente politico per la difesa delle libertà civili oppure per la conquista clidiritti quali il suffragio universale -ed infatti tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento scioperi generali per il suffragio universale si verificarono, senza alcun risultato, in Belgio e in Svezia-per i secondi, invece, lo sciopero generale doveva innestarsi ali'interno di unconflillo economico ed avere un obbiellivo che andasse ben al di là della pura e programmata dimostrazione. Ma qual era il vantaggio dello sciopero generale rispello ai tradizionali metodi insurrezionali? Come scrisse Fernard Pelloutier alla metà degli anni Novanta, lo sciopero generale era una rivoluzione dappertutto e in nessun luogo. Non si trallava più di concentrare gruppi di cittadini armati in precisi luoghi della città, non si trattava più di conquistare questo o quel palazzo, questa o quella strada, per essere poi spazzati via come era successo nel giugno del 1848o durante la Comune. Si trattava di paralizzare la vita economica di un paese, sfuggendo a quella poteva essere la normale repressione della polizia e dell'esercito. L'esercito non avrebbe avuto mai abbastanza uomini per costringere gli operai a lavorare. Naturalmente si può pensare che tale visione fosse piuttosto ingenua e da alcuni ambienti anarchici, da Malatesta in particolare, si obbiettò che la borghesia non si sarebbe arresa tanto facilmente e che comunque l'espropriazione avrebbe necessilatodella forza,che non sarebbe bastato incrociare le braccia. Ma al di là di questo lo sciopero generale divenne un potente mezzo simbolico a cui grandi masse affidarono le loro speranze di riscatto, i loro sogni di radicale mutamento. Nella lettura di Georges Sorel, poi, lo sciopero generale diventò un mito, cioè qualcosa che aveva non tanto lo scopo di realizzare una nuova società, quanto di concentrare e mobilitare le energie di un proletariato teso alla ricerca di una propria identità e di un proprio grande obbiettivo. Inogni caso l'attesa della rivoluzione, concepita come imminente, fu a lungo vissuta come l'attesa dello sciopero generale. la festa incui la sensazione di gioia liberatoria e la tensione rivoluzionaria si fondevano nella percezione di aver aperto una nuova era, di iniziare un nuovo cammino. Gli scioperi generali hanno costellato i primi anni del secolo un po' in tulla Europa e non solo in Francia -dove la Cgt lanciò, il I 0 Maggio 1906, un grande sciopero generale per la conquista delle 8 ore di lavoro-, ma anche in Italia, in gran Bretagna, in Spagna, in Olanda, in Svezia, e sono proseguiti anche dopo il primo conflitto mondiale. la grande illusione pacifista ed educazionista è scaturita improvvisamente dalla Ma nel periodo tra le due guerre la mente geniale di qualche agitatore situazione era cambiata. Le virtù politico. taumaturgiche dello sciopero geDi sciopero generale si era vagheg- nerale evaporarono soprattutto di giato ai tempi del cartismo inglese fronte alla guerra: ilgran massacro, e durante la Prima internazionale, che nessuno sciopero aveva fermama era stata soprallutto la forza to. e la rivoluzione russa avevano dellecoseaspingercinquelladire- dimostrato l'impossibilità di rezione. La fine degli anni Sessanta, stringere la conflittualità allo sciol'inizio dei Seuanta e gli anni Ot- pero. Per questo anche il sindacalitanta sono fasi di intensa conflit- smo rivoluzionario, che sullo sciotualità, una conflittualità che inve- pero aveva fondato le proprie speste un po' tutti i paesi europei e che ranze, iniziò la sua parabola diha una specie di epilogo simbolico scendente. Questo non significava nel grande sciopero dei dockers rimettere in auge la vecchia tradilondinesi nel 1889,quando le mas- zione barricadera, ma semplicese di lavoratori non qualificati si mente capire che la grande e gcncimposcro alle minoranzcqualifica- rosa illusione. in fondo in fondo te che avevano sempre guidato le pacifista cd educazionista, cli PclTrade Unions, aprendo la stagione louticr ~i urtava e soccombeva di del "nuovo unionismo". fronte a li' uso sistematico della vioQuesto tipo di esperienza conflit- lenza generato dalla guerra. tuale colpì tutto il mondo ~ociali- L'assestarsi della democrazia ha sta, o più generalmente sovversivo, coinciso con la fine del sindacalidel vecchio continente. Ma, mentre smo rivoluzionario ... i socia Ii~ti legati alla Seconda In- Sm,tanzial mente quc~to tipo di ternazionale (nata proprio nel 1889 c~pcricnza fini~cc, come fcnomcB i sro,'f8c8 110 G In oticBraativco la prima guerra mondiale e non perché certe tematiche si esauriscano, ma perché si creano modelli di sindacalismo che, pur all'opposizione, hanno sempre presente, e accettano, il ruolo dello Stato. Anche qui il caso francese è emblematico: nel 1918 laCgt in fondo rappresenta il mondo riformista -anche se al suo interno ci sono ancora sindacalisti rivoluzionari che pur avendo accellato una visione gradualista, ancora sognano la meta rivoluzionaria- e quindi tende a una conciliazione con lo Stato, che quindi non è più l'antagonista da distruggere, perottenere delle contropartite, per arrivare a forme di legislazione sociale, al miglioramento delle condizioni delleclassi subalterne. D'altro lato, i sindacalisti che erano stati contro la guerra, cioè i minoritari della Cgt, daranno vita alla Cgt Unitaire, che pianopiano verràegemonizzata dai comunisti nonostante alcuni tentativi anarchici di tenere in mano la situazione. Alla fine Pierre Besnard, e con lui quasi tutti gli anarchici e i sindacalisti rivoluzionari rimasti, usciranno e faranno la Cgt Syndicaliste Revolutionnaire, piccola e con scarso peso. Altri finirannonellaCgtu o, innome dell'unità di classe. tornerannonella Cgt a fare i rivoluzionari. In sostanza, auraverso la guerra eiaun lato ci fu una riconciliazione con lo Stato. dall'altro si impose il modello sovietico. sicuramente vincente in quanto modello rivoluzionario. In ognuno dei due casi i riferimenti ai partiti furono inevitabili e sempre più forti: così i sindacalisti riformisti tornarono a far riferimento al Parti Socialiste e i sindacalisti rimasti rivoluzionari cominciarono ari ferirsi al neonato Parti Communiste e quello che voleva essere il superamento dei partiti, la grande lezione di Pellouticr che puntava alla ricomposizione totale della classe operaia attraverso il superamento delle divisioni politiche, a quel punto falli~cc. In questa fase del pri 1110 dopoguerra è I' anarco- ~indacali~moad emergere, ma e~~o. a mio parere, è un fenomeno riduttivo rispetto al sindacalismo rivoluzionario perché, pur rifacendosi agli stessi principi, ripropone semplicemente l'anarchismo, contrapponendolo al bolscevismo, mentre il progetto di Pelloutier era assai più lucido di tutto questo. L' anarco-sindacalismo fin dal suo nascere dovette fare iconti con una realtà onnai totalmentecontrariae inquasi tutti i paesi, salvo il caso spagnolo. venne stritolato da una parte dal riformismo socialista, dall'altra dal comunismo sovietico allora al suo sorgere. La stessa Usi, nonostante nel '20 avesse 500.000 iscrilli, aveva una struttura fragilissima -imparagonabile a quella della Cgdl, in cui veramente 2.500.000 lavoratori pagavano le quote sindacali- e il fascismo la spazzò via in breve tempo. Alcuni suoi dirigenti, a partire da Rigola e D'Aragona, tentarono poi dei compromessi col fascismo e finirono collusi con esso. E' riproponibile, oggi, qualcosa dcli' esperienza sindacalista rivoluzionaria? Personalmente non credo molto nella possibilità di riproporre organismi minoritari che diventino portavoce delle istanze forti del sindacalismo rivoluzionario, anche se credo che debba esserci uno sforzo per farle circolare, soprattullo in ambiti non minoritari. Il grosso problema dell'autonomia del sindacato dai partiti, comunque, è stato affrontato già alla fine degli anni '60, sia sull'onda di fenomeni di lotta sia per una opposizione interna al mondo sindacale molto più consistente di quella attuale, e qualche risultato. se non altro formale, c'è stato. Le altre tematiche forti elci sindacalismo rivoluzionario. cioè il tentativo di ricomporre e unificare iImondo del lavoro e una maggiore democrazia di base rispello alla cristallizzazione delle burocrazie e elci vertici sindacali, invece, sono ancora estremamente vitali, inclipcndcntcmcnte dai mutamenti della composizione del mondo del lavoro. li problema è comeriproporle,come farle circolare e se, per fare questo, sia necessario porsi come soggetti minoritari che, inevitabilmente, finiscono per essere ghettizzati. Ora, poi, sono saltati tanti punti di riferimento e si fa una gran fatica ad orientarsi, però certi problemi rimangono, primo fra tulli quello della ricostruzione di un tessuto sociale comune, di una comunità che non sia solo geografica. il bisogno di nuove comunità di intenti resta Le comunità si fondano e si costruiscono anche attorno a simbolicomuni, a un mondo di desideri, di speranze, di esigenze condivise, e il riconoscersi attorno a questi simboli significa una sorta di identità, una storia e una volontà accomunante. Negli ultimi anni c'è stata la disgregazione, lascomparsa, di tulii questi elementi di identità simbolica e le comunità si sono disgregate. Questo non significa che non possano emergere altri simboli unificanti e che non possano crearsi altre comunità, ma inquesta fase di transizione avvengono grossi spostamenti e aggregazioni spesso poco comprensibili -il fenomeno della Lega mi pare tipico. Indubbiamente, secondo me. il problema sta nel ricreare. partendo dal basso, delle comunità di intenti, ma, come ho detto, occorrono simboli forti e questi non si possono inventare: sono cose che si costruiscono nell'immaginario colleuivo attraverso una serie di esperienze, positive o negative, e i tentativi devono essere in questa direzione. Suquesto pianocerte bauaglie, certi principi. certe parole d'ordine, del vecchio sindacalismo rivoluzionario hanno ancora un senso: libertà, autonomia, lo stesso federalismo, oggi tanto abusato. sono ancora degli clementi forti. Nonostante lutto il male che si può dire della Lega, il principio simbolico del federalismo è ancora qualcosa di fortemente aggregante e il fatto che questa parola sia rimbombata per un anno, un anno e mezzo, fa pensare che questo simbolo, questo elemento, possa avere ancora una certa forza. Mi ha colpito il fatto che questa parola, che non si sentiva più da molti anni, abbia in un certo senso fattosognare, abbia fatto scattare qualcosa: il ragazzo delle valli bergamasche che voleva cambiare i nomi, forse non sapeva cosa esattamente stesse facendo, però quella parola un certo fascino in lui lo esercitava. Secondo me esistono ancora dei termini che possono avere un forte valore simbolico, si tratta di riscoprirli e presentarli in maniera corretta. C'è poi anche un'altra questione: noi stiamo parlando di sindacato, quindi di un mondo di garantiti, ma che ne è di tutto quello che rimane fuori, a cui il sindacato non si è mai rivolto? Questo mondo dei vecchi dequalificati, dei manovali, dei non tutelati, degli espulsi dai processi produttivi, dei non garantiti, potrebbe essere lanuovaclasse operaia. Ecco, una lezione ancora valida del sindacalismo rivoluzionario è proprio i1tentativo di dare una rappresentatività a queste categorie, il tentativo di fame un soggetto attivo. In Italia questo tipo di esperienza è stata limitata, ma negli Stati Uniti gli lww (Industriai Workers of the World) e il sindacalismo rivoluzionario nascono per dare voce agli immigrati polacchi, italiani, ebrei, per questo si facevano i comizi in tante lingue. In Norvegia i sindacalisti rivoluzionari sono quelli che raccolgono i "la Ilare", cioè i vagabondi. Questo è un aspetto di cui nessuno parla mai e che secondo me non dovrebbe essere trascurato: iI sindacato non dovrebbe essere solo quello che gestisce quel po' di occupazione che c'è, ma anche quello che difende i non garantiti, gli extracomunitari. Questa è una delle eredità del sindacalismo rivoluzionario che mi sembra più apprezzabile. • , UNA ClffA' 1 1

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