Una città - anno V - n. 40 - aprile 1995

aprile GIOIRONO PERMORO. Piergiorgio Bellocchio ci ricorda che nel nostro paese la sinistra non ha mai governato, che la Dc ha sempre avuto una dirigenza più democratica della sua base, che abbiamo inventato noi il fascismo, che l'unica pagina gloriosa del nostro passato, la Resistenza, fu rimossa subito, che finalmente tanta gente può proclamarsi di destra senza più vergognarsi. In seconda e terza, insieme a VUOTO A VINCERE, dove Umberto Croppi e Marco Torchi ci parlano dell'ultimo congresso missino. FARE BELLA UNA PIAZZA in un quartiere degradato è il modo per lottare contro la mafia scelto da un prete e altri volontari palermitani. Intervista a don Cosimo Scordato, in quarta e quinta. A OGNUNO LA SUA BANCA, intervista a Pietro Adamo che ci racconta dello strano mondo degli anarchici autoctoni americani, che mentre in Europa ci si accapigliava su rivoluzioni e prese del potere, discutevano di antitrust, di diritti d'autore sulle idee, di diritto di voto alle donne. In sesta e settima. NEL TEMPO RIMASTO, se si è ammalati senza speranza, si può aspettare la fine conservando la propria dignità fisica e psicologica, senza dover cadere preda di dolori devastanti e annichilenti. Intervista a Luigi Saita, da sempre impegnato sul fronte della terapia del dolore e delle cure palliative. In ottava e nona. AL FONDO DELFIUME. Continuiamo a scandagliare il problema "acqua" con Giovanni Damiani, che diffida dell'analisi chimica finalizzata agli usi ed è fautore di quella ecobiologica: per sapere di inquinamento va interrogata la vita del fondo. Il concetto semplice ma ormai dimenticato che il fiume è un grande depuratore naturale. In decima e undicesima. GIACCHE BLU E MOTORINI è l'intervista a Giovanni Da Ponte sul mondo molto chiaccherato, ma poco conosciuto, di un'azienda come Publitalia. In dodicesima e tredicesima. IL DONO DELLELACRIME è l'intervista a Sergio Givone sul rapporto fra il male e la libertà: alla concezione pagana, fatalistica, della vita come ineluttabile patire si contrappone quella cristiana secondo cui la libertà è originaria, la solidarietà è nella colpa e l'espiazione dell'innocente è redentrice. In quattordicesima e quindicesima. LA DECIMA parte del proprio reddito è quella che centinaia di persone in tutta Italia, da più di vent'anni, versano per finanziare progetti pensati autonomamente da persone del Terzo Mondo. Intervista a Maria Picotti, in ultima. E in copertina: Sarajevo. Bianco

un mese di un anno ••• L'indegno conflitto di interessi che non interessa a nessuno, in un paese in cui furbizia e debiti sono considerati garanzie per la collettività. Classi dirigenti che, dopo il fascismo, hanno continuato a governare con la DC e che oggi si rivendicano apertamente. La Resistenza, unico fatto rivoluzionario della nostra storia. Intervista a Piergiorgio Bellocchio. sia, che ormai è una classe abbastanza internazionale (che, per fare solo un esempio, fa studiare i figli all'estero), e c'è un ceto medio che si è dilatato enormemente, fagocitando e uniformando nei consumi, nei modi di vestire e di pensare, una buona fetta di quelli che una volta si chiamavano ceti popolari. Con la distruzione delle specifiche culture precedenti si è prodotto un generale abbassamento, una degradazione. Si va precipitosamente verso standard sempre più bassi anche nel campo dell'arte. I film sono pappa coloratissima, banalità servite con gran pompa d'effetti del tutto artificiosi. I nuovi poeti eromanzieri non li conosco, ma poiché tutto si tiene, e conosco i loro immediati precedenti, i loro modelli, i loro maestri, i loro critici, sono sicuro di non perdere nulla. Faccio mia la battuta di quel tale, a chi gli raccomandava un certo libro: "Mi pare un libro brutto, scadente ... tant'è che non l'ho neanche letto". Che un'insegnante di filosofia del liceo classico consigli di leggersi Luciano De Crescenzo, mi sembra una cosa inconcepibile. D'altra parte, anche ai miei tempi le cose non andavano meglio, anche se per ragioni opposte. Il fatto di averla dovuta studiare sul Lamanna, un idealista forsennato, ha fatto sì che uscissi dal liceo con l'idea che la filosofia fosse qualcosa di lunare, di siderale, con formulette raccapriccianti tipo "le monadi non hanno finestre" che non ho più dimenticato. E anche gli insegnanti erano meno che mediocri, benché fosse ancora una scuola elitaria. Ho fatto le elementari tra il '38 e il '42 e in prima media abbiamo proseguito in quattro o cinque su trenta, gli altri venivano già avviati al lavoro. Ma il problema non è tanto la qualità degli insegnanti, è innanzitutto politico. Si pensi ai programmi. Ancora fino a vent'anni fa la storia si interrompeva al '18 perché chi doveva insegnare nove volte su dieci era stato fascista, come del resto i genitori dei ragazzi. Era un beli' imbarazzo, non c'è dubbio. Ma poi? Gli insegnanti ex fascisti vanno in pensione, eppure la faccenda continua sullo stesso binario, ancora venti, trent'anni dopo la fine della guerra, praticamente fino ad oggi. Nei testi ora il fascismo c'è, non so trattato come, ma c'è, eppure non ci si arriva mai, perché è all'ultimo anno, e il programma manca sempre il tempo per finirlo ... Io proporrei d'invertire l'ordine, di insegnare la storia a ritroso, partendo dall'oggi, così, se non si finisce il programma, a farne le spese saranno Scipione e Annibale, Romolo e Remo ... Di Piergiorgio Bellocchio è in libreria in questi giorni, con il titolo L'astuzia delle passioni, edizioni Rizzoli, la raccolta degli scritti pubblicati su Quaderni Piacentini, di cui fu fondatore, su Panorama e Illustrazione Italiana Dal/"85 Piergiorgio Bellocchio pubblica, insieme a Alfonso Berardinelli, la rivista Diario e una raccolta di alcuni dei saggi lì pubblicati è uscita da Einaudi col titolo Dalla parte del torto. Si sta discutendo molto di destra, di fascismo, di pericoli per la democrazia. Tu come vedi la situazione italiana? Uno degli aspetti più incredibili di questo ultimo anno (il '94 intendo), e che la dice lunga sulla scarsissima cultura e sensibilità democratica del nostro paese e soprattutto della nostra classe politica, è il fatto non già che Berlusconi abbia vinto le elezioni, ma che abbia potuto fare il presidente del Consiglio. Si lamenta l'assenza di regole scritte, però io mi chiedo se davvero occorreva un preciso articolo della Costituzione per impedire a un padrone di televisioni, anzi al monopolista della televisione privata, di assumere il governo della cosa pubblica. Ora non so se Scalfaro poteva permettersi l'atto di coraggio di negare a Berlusconi l'incarico di · formare il governo (si sarebbe urlato al colpo di Stato: lo s'è fatto per molto meno). Di fatto, ahimé, la legittimazione era venuta da Occhetto già alla vigilia del voto nel confronto televisivo con Berlusconi, legittimazione ribadita subito dopo i risultati, quando Occhetto dette per scontato che il governo doveva farlo Berlusconi. Hanno manifestato un soprassalto di sdegno solo qualche vecchio liberale e tra i pochi il povero Segni che, almeno su questo punto, era sempre stato chiaro. Un tale mastodontico conflitto di interessi non poteva impedire, ovviamente, a Berlusconi di vincere le elezioni e di essere il leader del suo partito, ma di assumere l'incarico di governo sì. Naturalmente Berlusconi ci avrebbe messo un uomo di sua totale fiducia, capace di tutelare gli interessi della Fininvest, però è già una cosa diversa. Le lobbiesci sono sempre state dappertutto, però né un Morgan né un Rockfeller né un Vanderbilt sono mai diventati presidenti degli Stati Uniti. Né un Krupp in Germania né un Agnelli in Italia. Il caso di Berlusconi è poi ancora più equivoco, perché la sua fortuna economica e la sua potenza dipendono proprio dallo Stato: Berlusconi, in sostanza, è un "concessionario". una dirigenza più democratica della sua base Se si pensa che viviamo in un paese in cui la fama di "dritto", l'aver fatto i soldi, tantissimi soldi, non importa come, è considerata una garanzia per la collettività, dobbiamo concludere che siamo arrivati a un punto molto basso. Dal momento che la mafia è l'impresa più prospera del paese, quella con il saldo attivo più alto, perché non farci governare dalla mafia? E probabilmente, di fatto, lo siamo, nonostante che Riina sia in carcere anziché sulla poltrona di Palazzo Chigi. I nostri vecchi sapevano ancora distinguere che fare i soldi per sé è una cosa e governare correttamente è un'altra. Sennò avrebbero scelto di farsi governare dagli Agnelli. Né questi, da parte loro, hanno mai avuto la sfacciataggine di candidarsi in proprio come leader politici. Preferivano usare i servitori. E non so neanche se abbiamo toccato il fondo, forse il peggio deve ancora venire. Né ci si dovrebbe · stupire tanto, questo processo degenerativo è cominciato parecchio teropo fa, e molti dei nostri amici di sinistra non hanno voluto capire che il paese era a destra. Lo strapotere televisivo di Berlusconi sarà anche stato decisivo, ma sta il fatto che la maggioranza del paese teme di aver da perdere da un cambiamento, crede che prima Occhetto e ora D' Alema gli vogliano fregare i soldi, la casa ... D'altra parte, in Italia, il potere è sempre stato in mano alla destra, variamente mascherata. In Inghilterra i laburisti hanno governato a lungo, in Germania i socialdemocratici, per non parlare dei paesi scandinavi. Perfino la Spagna mandò al potere la sinistra nel '36 (ma la destra non accettò la scelta popolare e scatenò la guerra civile). E non è il caso di ricordare la Francia ... Anche se, a onor del vero, va detto che l'esperienza del Fronte Popolare risultò talmente traumatizzante da determinare addirittura la débacle del '40. Come ha detto il famoso storico delle "Annales" Mare Bloch nella Strana sconfitta, un esame scritto a caldo delle ragioni del disastro, oltre a cause tecnico-militari (uno stato maggiore di vecchi bacucchi, la mancata scelta a favore di armi come i carri armati e l'aviazione, che si rivelarono decisive per i tedeschi ecc.) c'era la crisi morale aperta dal1' esperienza del Fronte Popolare, che aveva spaccato il paese in due. Estremamente critici s'erano fatti i rapporti tra ufficiali di estrazione borghese e truppa di estrazione popolare. Di fatto, le classi dirigenti preferivano il dominio straniero di Hitler piuttosto che quello del · nemico di classe interno. Alle stesse conclusioni era pervenuto Koestler nella testimonianza contenuta in Schiuma della terra. In Italia non esiste alcun precedente di governo di sinistra. Noi abbiamo inventato il fascismo. Il fascismo è una nostra produzione originale, come la pizza, e l'abbiamo anche esportato con successo. Si può capire che molti ne siano ancora orgogliosi. L'abbiamo inventato, ce lo siamo goduto per vent'anni fino alla guerra, alla rovina del paese, nella più totale accettazione da parte di una classe dirigente a cui andava benissimo. Agli industriali, agli agrari, alla burocrazia, all'esercito, alla Chiesa, per ragioni più che evidenti, nonché alla piccola borghesia terrorizzata dallo spettro del declassamento. E dopo la parentesi della Resistenza, che coinvolge una minoranza del paese, e soprattutto metà del paese (il nord), le stesse classi dirigenti che avevano appoggiato il fascismo si servirono della Democrazia Cristiana per continuare a governare. E va pur detto che questo partito, con la vocazione, il carattere, il destino del partito unico, interclassista e mediatore, ha quasi sempre avuto una dirigenza un po' B r"' 2 UNA CITTA' ,O più a sinistra, un po' più democratica, un po' più progressista del suo elettorato. Sparita la Dc, il suo elettorato è libero di proclamarsi di destra, di rivendicare con orgoglio: "lo siamo sempre stati, finalmente possiamo dirlo apertamente!" E' stata come la liberazione da un'inibizione forzata. Moro, l' ultimo grande leader e arbitro della Dc, era odiatissimo. Ricordo ancora, quando fu ammazzato, la malcelata soddisfazione di tanti mascalzoni, che avrebbero dovuto solo fargli un monumento di gratitudine. Funzionari di banca, industriali, professionisti ... Tutta gente che doveva a politici come De Gasperi e Moro se il trapasso dal fascismo alla democrazia s'era svolto senza traumi per loro, senza spese, gratis ... O meglio, con una maggior spesa sociale, del resto compensata da maggiori guadagni ... Certo è che proprio la spesa sociale, gestita da inetti e criminali, è stata la causa prima del disastro ... Stai parlando di debito pubblico? Io di economia capisco poco o nulla. In fondo resto fedele alla massima dei nostri nonni, che raccomandavano di non far debiti, o di farne solo nella misura indispensabile e se si aveva la ragionevole fiducia di poterli pagare. Lo so che c'è gente che non li paga mai, che li fa pagare agli altri, e che anzi l'abilità consiste nell'indebitarsi fortemente, e quanto più alto è il debito tanto maggiori sono le probabilità di non doverlo pagare, perché a quel punto il problema non è più- tuo, ma è diventato un problema sociale, mentre se il debito è piccolo e non riesci a pagarlo le banche ti fanno fallire tranquillamente e ti mandano a fondo ... Ma a me non va di far pagare agli altri i miei debiti. E non mi va neanche, devo aggiungere per onestà, di pagare i debiti fatti da un altro. D'altronde tutto ciò succede senza che ce ne accorgiamo ... i debiti che poi bisognerà pur pagare In fondo certi teoremi keynesiani, almeno nella loro versione volgare, non mi hanno mai convinto, perché prima o poi bisogna che il conto torni. Il famoso paradosso di far scavare buche e poi farle riempire, giusto per occupare i lavoratori e dargli un salario, non l'ho mai trovato divertente, anzi mi ha sempre dato il voltastomaco. L'investimento pubblico non può essere una strada percorribile in eterno e in progressione. E' necessario per affrontare momenti di crisi, ma deve essere finalizzato a un utile, anche in termini economici. Ho visto alcune puntate di Heimat, che si riferivano agli anni '30, con l'ascesa del nazismo vista attraverso la vita di una piccola comunità. Comprano l'automobile, si fanno la casa nuova, tante belle cose, e la nonna si lamenta che continuano a fare debiti che poi bisognerà pur pagare ... Li abbiamo pagati, soprattutto in sangue. Non che quella vecchietta fosse nemica del benessere, solo che le sembrava troppo rapido, accelerato, eccessivo, irresponsabile. lo sono un po' come quella vecchietta. Sulla borghesia, i nuovi ceti, hai scritto pagine molto sconsolate ... La borghesia è morta e sepolta. In E la scuola? Italia e' è stata, nel secolo scorso, una certa borghesia che si conformava a modelli europei, e non sto parlando dei Rossi o Pirelli o Falck, parlo soprattutto di piccola borghesia che lavorava sodo, risparmiava e reinvestiva, piccoli imprenditori fattisi dal niente a forza di intelligenza e dedizione, e anche molti burocrati onesti, una borghesia che, pur badando in primo luogo ai propri interessi, pensava che a certi redditi dovessero corrispondere determinati comportamenti pubblici, una non generica ma concreta responsabilità sociale. Malgrado caschi poi nel fascismo, una borghesia c'è stata, ha tenuto, ed è stata un po' il nerbo dello Stato dalla sua formazione fino all'ultima guerra. Oggi non ha più senso parlare né di piccola né di media borghesia. C'è una grande borgheUn luogo comune è che il post '68, con le lauree facili, ha immesso nella scuola insegnanti impreparati. In parte è senz'altro vero, la notevole dilatazione della popolazione scolastica ha fatto sì che si sfornassero insegnanti a ritmo accelerato. Forse è stato un po' come preparare sottotenenti in tempo di guerra: l'addestramento che normalmente richiederebbe due-tre anni, in guerra si fa magari in duetre mesi, e via! si arrangeranno, impareranno combattendo, creperanno con i loro subalterni, pazienza ... Ne so poco, ma mi sembra che anche la scuola segua l'andazzo generale, che anche sulla scuola sia caduta la maledizione televisiva. A leggere Diari.o si aveva l'imVUOTO A VINCERE Lasvolta di Fiuggi: l'eredità del bloccodi potere democristiano raccolta da chi fino a ieri, per salvaguardare la nicchia elettorale nostalgica, inneggiava al fascismo del 2000. Il pericolo della spregiudicatezza nel vuoto programmatico e cu_lturale. Intervista a Umberto Croppi e Marco Tarchi. Umberto Croppi è consigliere regionale verde del Lazio. Marco Tarchi è fondatore e redattore della rivista Diorama Letterario. Umberto Croppi: Nel congresso, io l'ho seguito da Radio Radicale, non c'è stato dibattito, né alcun tipo di approfondimento. La svolta è avvenuta solo per due o tre dichiarazioni contenute nei documenti formali, senza alcuna riflessione né vero scontro. Rauti ha notificato le sue posizioni, qualcuno ha pianto, qualcuno ha applaudito, poi se n'è andato: In sostanza è stato un congresso dal profilo bassissimo, anche rispetto a certi congressi del vecchio Movimento Sociale, dove c'era stata vera contrapposizione di tesi, dove gli scontri erano stati reali. Questa grande superficialità è un po' il segno dei tempi: è l'effimero che premia. Allora, tutto questo chiedersi se la svolta sia stata vera o meno, se i missini abbiano veramente abbandonato il fascismo -è questa poi la domanda unica e ossessivaè un po' privo di senso proprio perché non c'è stato nessun contenuto da cui distanziarsi, anche perché gli elementi di neofascismo presenti nell'Msi da tempo non esprimevano più politica. Questi elementi di neofascismo, paradossalmente, erano quelli utilizzati da Fini al congresso di Fiuggi, quando, mentre Rauti era quello che spingeva sulla possibilità di innovazione, lanciò lo slogan del "fascismo del Duemila" e difendeva l'orticello, ma senza nessuna adesione sostanziale, come pura scelta di marketing e di nicchia. Fini sapeva di poter contare su una piccola porzione elettorale di nostalgici e su quella insisteva e quindi ora gli è stato relativamente facile smontare tutto proprio sul piano dei richiami esteriori al fascismo. A Fiuggi hanno sancito la novità nata il 27 marzo, l'hanno resa formale, e la novità sostanziale è che Alleanza Nazionale ha ereditato lo spazio elettorale della Democrazia Cristiana e, soprattutto, ha ereditato i suoi comportamenti, gli orizzonti, gli uomini. l'apparato organizzativo. A Roma, dove il fenomeno è particolarmente evidente, Alleanza Nazionale ha ereditato in blocco il vecchio apparato democristiano che, tra l'altro, è l'unico in grado di avere relazioni con gli ambienti piccoli e grandi che contano. Le relazioni con gli ambienti economici ed imprenditoriali, in particolare con le grandi famiglie di palazzinari, che oggi ha An derivano tutti dall'assunzione in blocco di un materiale umano che proviene dalla Dc. La vera svolta è in questo e gli elementi di rischio non derivano dal fatto che possa riemergere una qualche edizione del fascismo, ma dal fatto che proprio un'assoluta mancanza di orizzonti programmatici rende questo tipo di persone totalmente aperta a qualsiasi tipo di soluzione, quindi anche a ipotesi di tipo totalitario, ma senza che questo sia progettato. Oggi An, per fare un esempio fra gli altri, ha abdicato a quegli aspetti di xenofobia che invece erano caratterizzanti della seconda segreteria Fini, quella dopo Rauti, ma se domattina valutassero che su questo fenomeno cresce la tensione, e quindi può diventare un elemento di riconoscibilità, di presa popolare, ci metterebbero 24 ore a riabbracciare in pieno questo tipo di scelta. Marco Tarchi: Per il momento An non ha nessuna ragione di disseppellire una politica di questo tipo perché ce n'è un'altra che consente di tenere in piedi un 'immagine di maggior legittimità. Invece una politica che faccia perno sull'ideologia della sicurezza anche negli aspetti più discutibili, che quindi cavalchi la xenofobia e così via -quel tipo di politica che Ignazi chiama dell"'estrema destra post-industriale"- naturalmente comporta dei costi in termini di immagine. Però, nel momento in cui, per esempio, la concorrenza del Ppi all'interno di un blocco allargato come il Polo della libertà o simili dovesse ridimensionare, anche elettoralmente, il loro peso, questa alternativa ci sarebbe, anche se non avrebbe un preciso fondamento ideologico. Croppi ha perfettamente ragione nel dire che quella di An è semplicemente un'alternativa funzionale per coprire uno spazio nel mercato politico che, tutto sommato, nessun altro copre. Uno spazio che addirittura, con il possibile estinguersi della valvola di sfogo rappresentata dalla Lega, diventa ancor più libero. Fra l'altro, che cosa era rimasto del fascismo nell'esperienza del Movimento Sociale? Erarimasta un'identità nostalgica che servi va a motivare, in una porzione limitatissima dell'elettorato, una scelta tutto sommato antipolitica, giocata su un aspetto celebrativo, liturgico, non corrispondente ad alcuna progettualità politica. Croppi: D'altra parte una svolta del genere c'era stata nel' 56 e come oggi era stata legittimata dall'uscita di Rauti. Un'altra occasione mancata nella storia del Msi fu nel '72, quando sembrava che alle elezioni potesse superare il I0% e quindi si era attrezzato alla smobilitazione dell'apparato estetico neo-fascista. Un'ulteriore occasione fu due anni dopo, al momento del referendum sul divorzio (di cui ad Almirante non fregava niente. Anzi, come poi ha dimostrato in seguito, cercando di recuperare, lui personalmente era addirittura favorevole). Quella sul divorzio fu un 'operazione condotta insieme a Fanfani, nell'illusione che una ipotetica vittoria del fronte del "sì" al referendum avrebbe potuto dar vita a un blocco moderato di destra e all'instaurazione della repubblica presidenziale alla quale, dando legittimità al Msi, si candidava Fanfani.

pressione di un pessimismo, di nostri padri e nonni piuttosto che me che aveva vent'anni e amava il una mancanza di speranza, di un per quella dei nostri figli. Il passato cinema -a parte ? cineclub dove distacco anche, ormai quasi irri- è altrettanto e più importante del scopriva i "classici", da Eisenstein mediabili ... futuro, e probabilmente avremmo a Dreyer, da Chaplin a Stroheim, Ho notato che parli di "Diario" al un oggi e un domani meno disa- Lang, Murnau, Renoir, Vigo ecc. passato. Hai ragione, l'ultimo nu- strosi se fossimo stati capaci di ecc.- poteva vedere nelle normali mero è uscito quasi due anni fa. valutare meglio da dove venivamo sale di proiezione i film di di John Però non è defunto, stiamo prepa- e insomma capire meglio chi sia- Huston e Billy Wilder, Rossellini e rando il nuovo numero e poi speri a- mo. D'altra parte, ripeto, questo De Sica, Orson Welles e Hitchcock, mo di riprendere a uscire con sca- mio interesse era vivo anche negli Antonioni e Fellini ecc. ecc. Oggi i denze un po' più ravvicinate. Scusa anni incui partecipavo intensamen- maestri italiani si chiamano Tornal'inciso, vengo alla domanda. Sì, te agli avvenimenti. In Fortini la tore e Salvatores. Woody Allen preferisco guardare al passato piut- proiezione sul futuro, la dimensio- passa per un genio. tosto che al futuro. Non è del tutto ne del cambiamento, era costitutiuna novità, è una propensione che va della sua natura e della sua cui- un paese senza ho sempre avuto, che si è accentua- tura. Si traduceva perfino in sensa- solide tradizioni ta fortemente in questi anni, ma in zioni fisiche: "stride l'evo ...". Del fondo non ho mai avuto la passione resto, precarietà, pericolo, muta- democratiche del futuro. Sono rimasto molto col- menti li aveva provati sulla propria pito l'ultima volta che ho visto pelle, e gli s'erano impressi a fon- Non credo mi si possa accusare di Fortini, perché, pur avendo davanti do, in modo indelebile: il fascismo, peccare di nostalgia o di essere un ormai solo pochi mesi di vita ed le leggi razziali, la guerra, la scon- laudator temporis acti se trovo il essendo fisicamente distrutto e do- fitta, la Resistenza, l'esilio, il ritor- confronto sconfortante. E anche i !orante, il demone del futuro era in no, lo stalinismo, il '56 ecc. ecc. Se film di consumo erano imparagolui attivo con lo stesso identico paragono la biografia sua e di tanti nabili alla spazzatura attuale. E i fervore dei suoi anni migliori. Sot- altri uomini della sua generazione comici? Chi può oggi essere paratolineava che con la Guerra del alla mia, mi viene quasi da ridere. gonato a Totò, agli allora esordienGolfo s'era chiusa un'epoca e se La mia vita è quella di uno spetta- ti Sordi, Tognazzi & C.? All'unin'era aperta un'altra, di cui s' affan- tore, di un voyeur. versità insegnavano un Banfi, un nava a decifrare i segni. A un certo Tu, in Diario, hai detto che oggi si Calogero, un Dal Pra, un Preti, un punto non ho potuto fare a meno di è arrivati a non contare più nien- Paci, per dire i primi nomi che mi dirgli: "Non ti sembra che alla no- te, che Io scambio culturale fra vengono in mente. Se oggi dovessi stra età abbiamo il diritto anche di persone di età ed esperienze di- consigliare a un giovane un corso fermarci?" Pur sapendo di dire una verse è finito ... da seguire, che nomi potrei fare? sciocchezza, perché ognuno ha la Che gli intellettuali non contino Noi scoprivamo la psicoanalisi legsua natura, il suo carattere e non si più niente, è certo. E simmetrica- gendo direttamente Freud, o magacambia fino alla fine, e anzi il mi- mente è altrettanto certo che non ci ri Fromm ... Oggi ai giovani il merglior modo di aspettare la fine è sono più intellettuali che valgano cato offre le rimasticature di epigoquello di vivere come se si dovesse qualcosa. Quanto allo scambio, è ni degli epigoni ... E le pagine cuivivere sempre (ammiro profonda- diventato molto più difficile, ma turali dei giornali crescono, come mente e invidio chi ci riesce, io non non bisogna rinunciarvi, bisogna del resto quelle sportive, politiche, ne sono capace). Penso di non tra- sforzarsi di non interromperlo. O di economiche ... Tutto è gonfiato, dire nessun compito o responsabi- ristabilirlo. Però senza venir meno enfatizzato artificiosamente ... lità dell'intellettuale, ammesso che a se stessi, senza fingersi giovani, Hai disegnato un quadro disargli intellettuali abbiano missioni senza falsificarsi. Certo non posso mante del paese in cui viviamo e speciali o qualcosa del genere, se impedirmi di fare dei confronti. In anche della sua storia ... nutro più interesse per la storia dei quei malfamati anni '50, uno come Siamo un paese di formazione reE' strano, poi, che nessuno dei commentatori della ciò, sia pure un po' timidamente, a prenderne atto. svolta attuale abbia ricordato un episodio importante Invece, cosa è successo poi? E' successo che, dal come la scissione di Democrazia Nazionale, nel '76, momento che ali' esterno Rauti non si è mai completaquando, dopo la sconfitta elettorale che chiamava in mente emancipato da quel tipo di immagine, non causa la segreteria Almirante nella fase '72-'76, più appena i rapporti di forza nei confronti di Fini si sono della metà dei gruppi parlamentari abbandonarono il rovesciati, la sua nicchia è diventata quella della Msi. Lo abbandonarono perché non riuscivano a far nostalgia e lui, ormai abbandonato da quasi tutti quelli passare all'interno la loro linea di svolta moderata e che gli erano stati intorno, non ha avuto il coraggio di democratica e quindi dettero vita a Democrazia nazi o- reagire, finendo per imbarcarsi nella penosissima avnale, che era un'anticipazione, peraltro dai toni molto ventura dell'Ergife. più moderati e pacati rispetto alla svolta di Fiuggi, Croppi: Tornando a Fiuggi, quel che Fini ha fatto è della linea di abbandono dell'estetica neofascista e di stato, per un certo verso, ricostruire la destra storica, piena accettazione delle regole democratiche. con tutta la disinvoltura e la spregiudicatezza che l'ha Tornando poi al discorso Rauti-Fini, qualche dato può sempre contraddistinta. E di fronte a questa destra così essere interessante: Rauti fu eletto segretario del Msi complessa, la sinistra si è scoperta disarmata perché si contro Fini e fu inteso come un segretario di sinistra, è accorta di non averla conosciuta, di averla rimossa tra virgolette, comunque molto aperto ai problemi completamente, e quindi di non avere strumenti per della società complessa, dell'immigrazione, della mo- contrastarla. La sinistra ormai da anni continua a dire dernità. Rauti era anche visto come l'uomo della chec'èbisognodiunadestra,pretendendodiesserelei revisione dei rapporti tra il Msi e il fascismo e ricordo a disegnarsi il suo avversario, ma senza capire quali che allora, per l'incarico che ricoprivo nel Msi, avevo sono i meccanismi che storicamente determinano le predisposto delle fasi di passaggio per il cambiamento destre e le sinistre. La sinistra è stata quella che negli del simbolo. Avevo previsto di partire con l'elimina- anni scorsi, volendo trovare una distinzione fra la zione della bara sotto la fiamma per arrivare, in un destra e il neofascismo, ha fatto più volte riferimento secondo tempo, a un nuovo simbolo, ma Rauti ebbe proprio alla nobiltà della destra storica ed oggi si trova paura per l'opposizione che gli scatenò contro Fini al davanti un insieme di forze politiche che hanno tutti i grido di "Rauti spegne la fiamma". Poi gli eterni caratteri deteriori di quel tipo di destra, ivi compresa paradossi e le contraddizioni di questo partito hanno una grande spregiudicatezza e capacità di movimento, fatto sì che le parti si invertissero. di incursione nel territorio della sinistra. Tarchi: In definitiva, nel Msi il problema è sempre Tarchi: La sinistra, i democratici, stanno purtroppo stato quello delle etichette. Spesso, quando mi chiedo- prendendo una posizione che impedisce un travaso no di quegli anni, faccio molta fatica a spiegare che, in possibile di voti da destra verso sinistra, almeno a realtà, le componenti che dalla stampa venivano defi- breve o medio termine. Questo continuo mettere in nite "dei picchiatori", cioè quelli che amavano le campo argomentazioni che separano destra e sinistra maniere spicce, che non pensavano, erano componen- in maniera quasi metafisica non fa altro che rendere ti che si identificavano totalmente col mondoalmiran- sempre più difficile la possibilità di recuperare del tiano, che ovviamente è passato con Fini, mentre la terreno su quel versante ... Da parte della sinistra c'è un componente rautiana all'interno veniva combattuta po' anche l'idea che, mettendo un cordone sanitario perché considerata come la componente degli intellet- nei confronti delle destre, denunciandone continuatuali pavidi, di quelli che se ne stavano a leggere i libri mente tutti i mali, sia possibile operare una sorta di e non sapevano fare altro. All'esterno passava il mes- separazione definitiva fra un'Italia buona, che va da saggio contrario a questa realtà anche perché, bisogna sinistra verso il centro, e una destra che permane del pur dirlo, la accreditavano i missini di vertice che tutto incapace di affrancarsi dai suoi lati negativi. Ma puntavano a far sì che Rauti rimanesse eternamente in questo modo non ci si rende conto che, essendo una emarginato, dal momento che era stato coinvolto nelle parte del cosiddetto centro portato a gravitare verso la indagini su Piazza Fontana e ormai la sua immagine destra, questa separazione rischia di mettere la sinistra era completamente squalificata. La cosa si rovesciò un stessa in una posizione di minoranza irresolubile, po' proprio per effetto nostro, cioè del gruppetto che certo consolidata, ma mai capace di trasformarsi in allora si faceva promotore del progetto "Nuova de- maggioranza. Sarebbe necessaria una riconsideraziostra", perché, essendo tutti collocati nella componente ne globale del rapporto tra destra e sinistra, in particorautiana ed avendo deciso una linea di radicale moder- lare i rapporti di questo secolo, arrivando ad amnizzazione, a quel punto anche all'esterno si comin- mettere e che ci sono delle somiglianze fra le due, Bo 10 eca Gino Bianco cente, senza solide tradizioni de- pubblica Sociale. morti su un complesso di di 200mocratiche, che s'è già affidato La nostra resistenza è molto diver- 250.000 combattenti. Un dato imtranquillamente a soluzioni autori- sa da quella francese, polacca, gre- pressionante se si considera che era tarie. E' una discussione vecchia, ca, jugoslava ecc., perché quelli una guerra combattuta senza cantroppo lunga e complessa per farla sono paesi che hanno combattuto noni, né carri armati, né aerei. La qui. Gobetti individuava nella man- contro i tedeschi, sono stati sconfit- Resistenza viene liquidata subito, catari forma religiosa la causa della ti e occupati. L'Italia ha invece tutti hanno fretta di farlo, non solo nostra immaturità. Certo è che la combattuto a fianco dei tedeschi, e i democristiani, i liberali, i qualunChiesa è il fattore dominante della ancora dopo il 25 luglio l'alleanza quisti, anche i comunisti. Parri vienostra storia. Il Risorgimento è sì, non viene denunciata ("la guerra ne silurato da De Gasperi d'accorin una certa misura, una rivoluzio- continua"), e perfino 1'8 settembre do con Togliatti, e la Resistenza di ne, ma è operazione di élites. non è chiaro contro chi quel che lì a poco verrà addirittura criminaLa Resistenza è il primo e unico resta del nostro esercito debba com- lizzata. Quei rigurgiti della vigilia evento rivoluzionario della nostra battere. In una situazione di sfacelo delle ultime elezioni -il "triangolo storia. Non in senso strettamente materiale e morale, il paese è occu- della morte", Don Pessina ecc. - per politico. La Resistenza "rossa" è pato dai tedeschi che instaurano la chi è stato un ragazzo negli anni un mito da smentire. Certo la parte- Repubblica Sociale, la quale, per dell'immediato dopoguerra non cipazione comunista è stata la più quanto si reggesse solo sul loro rappresentavano una novità. La forte, ma vedere nella Resistenza il appoggio, rappresenta la continui- stampa che circolava in casa, gli prologo di una rivoluzione sociale tà col regime precedente, che era strumenti d'informazione potenti, è sbagliato. L'elemento rivoluzio- durato vent'anni. E quindi un gio- dal Corriere della Sera alle riviste nario sta nel fatto che un movimen- vane che, tra settembre '43 e primi settimanali di grande diffusione to, pur minoritario e geografica- '44, decide di non arruolarsi nel- come Oggi, continuamente portamente limitato, per la prima volta l'esercito fascista e anzi di prende- vano avanti campagne anti-partiriguarda l'intero tessuto sociale: re le armi contro l'autorità legitti- giane. Per non parlare del Candido comprende operai, contadini, le ma, sa che non rischia solo di mo- di Guareschi e del Borghese di donne. E soprattutto rappresenta rire in combattimento ma che se Longanesi. Il tentativo di squalifiuna frattura traumatica non solo viene catturato può essere messo a care, di infamare addirittura, il nei confronti dei padri ma anche morte come un disertore, un tradi- movimento partigiano fu subito ali' interno delle persone che vi par- tore, un bandito. fortissimo e purtroppo riuscì. Mentecipano. La quota di partigiani con tutti vollero tre i fascisti, dopo processi d'epuuna formazione e militanza antifa- razione ridicoli e risolti nel giro di sci sta prima dell' 8 settembre' 43, è liquidare pochi mesi, venivano riabilitati e minima. La stragrande maggioran- rimessi sulle cattedre, nella magiza è costituita da giovani che hanno la Resistenza stratura, nell'amministrazione, ricevuto solo l'educazione fascista molti partigiani venivano incarcee che di fronte al disastro del paese Questo fu il fatto rivoluzionario, e rati. Bisognerà attendere quasi entra in crisi, mette in discussione stare a far discorsi tecnico-militari, vent'anni, dopo il '60, perché la e rifiuta ciò in cui aveva creduto discutere quanto abbia influito la Resistenza tomi ad essere onorata. fino a pochi mesi, a pochi giorni lotta partigiana sulla liberazione Ma ormai era una rivalutazione poprima. E sceglie di disobbedire al- del paese, è abbastanza ozioso ri- stuma, formale, del tutto indolore l'autorità, di combattere contro I' au- spetto al problema principale. E' per il potere. Quel che di vivo, di torità. Autorità legittima, si badi, ovvio che i tedeschi in Italia vengo- nuovo, di rivoluzionario aveva in perché legittimo infine è chi detie- no sconfitti dagli anglo-americani, sé la Resistenza, che poteva essere ne di fatto gli strumenti del potere, e il contributo dei partigiani in ter- veramente l'atto di fondazione dele il potere nell'Italia del nord era mini militari è secondario. Ma il la nazione, era stato soffocato, nenelle mani dei tedeschi e della Re- prezzo è stato altissimo: 50.000 gato e distrutto. - quasi quante sono le differenze. Senza tale considerazione non è possibile recuperare credito e terreno nei confronti della destra. Croppi: E' indicativo anche che la leadership interna di An sia ormai ristretta al gruppo degli amici personali di Fini con l'aggiunta di Publio Fiori, Fisichella e Gustavo Selva, che sono gli unici veri apporti esterni, ma con I' esci usione sostanziale di quelle componenti interne al Msi che pure avevano in qualche modo contribuito a preparare la svolta di questi giorni. La cosa più eclatante in questo senso è l'emarginazione di Adolfo Urso, che è l'unico superstite della corrente modemizzatrice del vecchio Msi. Urso è quello che aveva inventato la formula "Alleanza Nazionale" e che ha messo in piedi la struttura che fu poi fornita a Fini al momento del primo successo elettorale. Adolfo Urso, in tutta la fase di preparazione di Fiuggi, ha fatto il vice-coordinatore di Fini ed era il naturale candidato alla vice-presidenza di An, mentre invece è stato escluso completamente dall'organo centrale di direzione del partito. Questo la dice lunga sul modo in cui Fini sta agendo all'interno. Torchi: D'altronde Fini, pensando come pensa lui, non poteva fare diversamente. Se An arriverà a esercitare una notevole capacità di attrazione sul mondo moderato e a portare progressivamente al proprio interno spezzoni consistenti, anche di vertice, di formazioni politiche o di ambienti sociali tradizionalmente estranei all'Msi, è evidente che se Fini non avesse dei pretoriani fedelissimi intorno e non sbarrasse la strada a tutti gli altri, un domani dovrebbe render conto del suo operato a questi nuovi alleati. Alt' opposto, lui vuole precostituire una posizione del tutto blindata, continuando a fare quello che aveva sempre fatto Almirante: dialettica interna zero, concessione di tutto quello che è concedibile agli amici e sbarramento con gli amici nei confronti di qualsiasi altro ambiente che possa portare con sé istanze innovative o diverse da quelle che lui rappresenta. Croppi: In televisione, per la stessa natura di questo media, vengono premiati la superficialità e il dinamismo e in questo Fini ha indubbiamente una forza enorme. Fini è esattamente il tipo di presentatore tv che MacLuhan disegnava 40 anni fa: vive della battuta, dell'attimo, e non avendo nessuna adesione profonda con quel che dice riesce a contraddirsi dieci volte nel corso di un dibattito senza darlo minimamente a vedere. Lui non si vergogna della sua contraddizione, forse non la vive nemmeno, e questo gli dà una forza comunicativa enorme. Fini in tv non ha mai svolto un solo ragionamento compiuto, chiaro ... Torchi: In questo è stato aiutato dai suoi interlocutori, soprattutto da quelli di parte avversa, come mi i capitato di dire già in settembre, alla festa nazionale dell'Unità. I suoi interlocutori, specie quelli di sinistra, lo hanno sempre e solo invitato a qualificarsi in .ordine al passato, a dire che non è più fascista. E' un gioco a cui da anni è abituato e tutti quegli interlocutori infervorati dalla passione del loro antifascismo gli hanno reso un grande servizio perché non l'hanno mai tirato fuori dal suo guscio, non l'hanno mai spinto a dire che cosa voleva realmente offrire a questo paese. La pregiudiziale antifascista ha agito da boomerang, ha funzionato al contrario, consentendo a Fini di operare avendo sempre sotto la rete di sicurezza che gli veniva dal sapere benissimo che su altri terreni che non fossero l'antifascismo non l'avrebbero chiamato in causa. Umberto diceva prima che non c'è stato nessuno spessore nel dibattito congressuale di Fiuggi, ma non ci doveva ·neanche essere, perché quello che si chiedeva alt' Msi morente e al suo segretario in ascesa era esclusivamente di ripetere, con adeguata pompa simbolica e rilievo mass-mediale, quello che aveva già detto un'infinità di volte sul superamento del fascismo e sul desiderio di accostarsi a una visione addirittura antifascista. Questo doveva fare, questo e non altro gli chiedevano i mass media e le forze politiche. A Fini va comunque riconosciuto di avere buon fiuto per l'immediato, di percepire ciò che l' elettore moderato o di centro-destra vuole sentire da lui. Sulla Stampa, nei giorni del congresso, è stato definito "fascista per caso", edè vero: lui non è mai stato legato a un progetto, a un'ideologia, a una visione del mondo. Croppi: Lo ripeto, dietro la nascita di An e il successo elettorale, non c'è nessuna strategia, tant'è che al momento della svolta, il referendum sul maggioritario, Fini si era schierato per il "no", in una posizione di difesa estrema del pezzettino di territorio elettorale. Torchi: Lui è un tattico, non uno stratega, e lo sdoganamento non era prevedibile. Detto tutto questo, non c'è dubbio che, proprio per le sue caratteristiche, in questo momento Fini sia l'unico leader che emerge. Non so quanto possa durare perché, messo nella necessità di tenere alla lunga una situazione del genere o addirittura messo alla prova del governo, non basta essere un buon tattico. Fini sa benissimo che per molti anni ancora il suo capitale di legittimazione è quello che è, certo moltissimo rispetto a prima, ma non abbastanza per potersi proporre come leader di uno schieramento moderato, e probabilmente vuole scavare sotto i piedi delle altre forze di centro-destra non per farle cadere, perlomeno non adesso, ma per garantirsi nei tempi medi una possibilità di gestione molto più diretta del blocco moderato. - UNA CITTA' 3

dall'Albergheria di Palermo Un volontariato che riesca a portare le istituzioni dove non ci sono mai state. La lotta alla dispersione scolastica è lotta antimafia. Il degrado urbanistico, il richiamo della delinquenza, ma anche le grandi energie dei giovani. Riuscire a stare nei luoghi, a mettersi nei panni di ragazzi scippatori divenuti ormai spietati. Intervista a don Cosimo Scordato. Don Cosimo Scordato è uno dei fondatori del Centro Sociale San Francesco Saverio che opera dal 1986 nel quartiere dell'Albergheria di Palermo, con una settantina di volontari che si occupano dei problemi del quartiere. Da dove siete partiti per il vostro impegno ali' Albergheria? A Palermo si è di fronte da una parte a fatti molto pesanti, come un degrado urbanistico spaventoso, la disgregazione sociale, una certa mancanza di qualità della vita, dal- !' altro lato c'è il prorompere di espressioni di aggregazione popolare, una certa vitalità dei rapporti nonostante il degrado, c'è il desiderio di abitare i luoghi, una certa carica umana. Queste due connotazioni vanno messe in conto entrambe: vedere solo i problemi e non considerare anche le risorse può far scadere in quegli atteggiamenti apocalittici che tante volte guidano alcune scelte che vogliono essere radicali, quasi che ci fosse una situazione talmente irrecuperabile che devi fare interventi col bulldozer. Ora, la prima considerazionç che ci ha guidato è quella della connessione fra tanti problemi: la natalità, se in crescita o decrescita, lo stato dell'informazione contraccettiva, poi la situazione abitativa, il disagio scolastico, quello giovanile, la condizione degli anziani, della donna, il problema gravissimo del lavoro, forse da mettere al primo posto. Dove non c'è lavoro è probabile che si viva in condizioni di precariato molteplice, abitativo, culturale, sociale. Se i bambini non vanno a scuola è il sintomo che alle spalle non c'è una famiglia che abbia un minimo di ricerca di qualità della vita, per se stessi e per i propri figli, e questa mancanza di qualità è legata anche agli alti indici di disattenzione sociale. Quindi abbiamo toccato con mano che qualsiasi intervento non avrebbe potuto essere settoriale, ma, per sua natura, complessivo, globale. La seconda considerazione è che, di fronte alla complessità e allo spessore del disagio, un lavoro di volontariato non poteva non promuovere l'istituzione. Per esempio, non è mai esistito un distretto socio-sanitario e quando siamo stati informati che una legge prevedeva la creazione di distretti sociosanitari come struttura di base per la prevenzione e la promozione della salute, abbiamo lottato due anni perché nascesse il primo. Concretamente questo distretto socio-sanitario di cosa si occupa? Di per sé non esclude niente perché è un intervento socio-sanitario. Ha un compito di informazione e prevenzione, di accoglienza, di interpretazione e di smistamento dei bisogni e delle soluzioni. Concretamente significa che se c'è una famiglia o una donna che ha un problema di salute c'è un medico o un infermiere che interviene dando informazioni e indicazioni. Se invece il problema è di carattere più ampio, allora si assume la problematicità in tutta la sua interezza. Se la mamma porta un bambino che ha la bronchite cronica, la dottoressa, dopo aver prescritto una cura, va anche a visitare la famiglia e se la casa è troppo umida, si comincerà a valutare la possibilità di togliere l'umidità. Se un bambino comincia ad essere impaziente o dà sintomi di malessere e di aggressività, oltre a curare il bambino bisogna capire da dove viene quel r - sta violenza: se la madre è stata abbandonata dal marito o il padre è in carcere o il fratello è tossicodipendente, al I ora anche l'intervento sul bambino potrà essere più mirato. L'intervento, cioè, sarà tanto più sensato quanto più riuscirà a spostarsi dagli effetti alle cause. E ora, a conferma di quell'interconnessione fra i problemi, è un via vai di persone, donne gestanti, bambini, anziani, servizi di base come le· vaccinazioni o il controllo del sangue, incluse anche iniziative molto belle come l'educazione alimentare fatta agli anziani presso la nostra trattoria. E' un'esperienza di integrazione tra volontariato e istituzione ... Sì, è l'esperienza di un volontariato che promuove l'istituzione, un' istituzione che si è ben caratterizzata anche per le persone che ci hanno aiutato, persone che hanno creduto nel loro lavoro e ci lavorano in modo totale. Quanto più l'istituzione si sposta sul territorio e sul terreno del destinatario tanto più diventa creativa. Quanto più sta ferma in ufficio ad aspettare l'utenza, tanto meno è creativa. E non costa niente! Infatti il motivo per cui questi centri non vengono promossi in ogni quartiere è che non ci guadagna nessuno, non ci sono investimenti da fare, apparecchiature di miliardi da comprare, un mercato a catena su cui guadagnare. Invece, queste realtà, essendo un filtro alle fasi ulteriori dell' ospedale o del pronto soccorso, sono un risparmio per l'istituzione pubblica, perché quanto più intervieni nella fase iniziale di un disturbo, 4 UNA CITTA' ,,Q tanto meno c'è bisogno di passare ad una fase ulteriore. Siete partiti da lì per occuparvi di tutti gli altri problemi? Per dare l'idea dell'entità dei problemi: la disoccupazione è esattamente l'inverso degli indici nazionali, se al nord il 20% è disoccupato, qua è occupato il 20%. Certo, c'è anche un arrangiarsi sotterraneo che va dal toto-nero ad altre illegalità minori, però ci sono molte persone che non sanno cosa fare, e la mancanza di lavoro ha provocato una disabitudine ad esso, un atteggiamento rinunciatario. La dispersione scolastica è del 43%: sono i bambini che non raggiungono la terza media o la quinta elementare o che non sono mai andati a scuola. Dati impressionanti. Per ognuno di questi problemi, data la gravità, abbiamo dovuto elaborare progetti diversi che si commisurassero con essi. Dopo aver partecipato ad un convegno internazionale organizzato dall'Ocse, abbiamo proposto al provveditore di attivare una scuola di alfabetizzazione per adulti per due anni e di non interrompere i corsi delle 150 ore per i lavoratori. Quindi, nelle due scuole medie del quartiere abbiamo organizzato la scuola pomeridiana per lavoratori, perché ci siamo accorti che i bambini non vanno a scuola anche perché i genitori non sono convinti dell'importanza di andare a scuola. Questi corsi, per la licenza media o di alfabetizzazione, portano ogni anno 60-80 persone, un beli' afflusso. Noi, in questo caso, semplicemente sensibilizziamo la gente a seguire i corsi ed interveniamo all'interno dei corsi andando a parlare delle cose su cui ci interpellano. Attualmente, nella scuola vicino a noi il Provveditorato ha attivato il pomeriggio a tempo pieno con laboratori e possiamo dire che è un risultato della nostra presenza perché da anni gestivamo noi, dentro la scuola, dei laboratori pomeridiani. Ci sono casi particolari che non si riesce a raggiungere come istituzione in cui possiamo essere utili come volontari oppure, dato che l'intervento si limita ad una certa fascia di ragazzini, per gli altri che restano per strada, bisogna ritagliare altri spazi, come l'animazione di strada. Ma la scelta prioritaria è quella di dire: "vediamo cosa può fare la scuola che ha le risorse, la professionalità e che istituzionalmente dovrebbe proporzionarsi ai bisogni", e poi noi la sollecitiamo e collaboriamo. Che tipo di atteggiamento c'è da parte della criminalità organizzata nei confronti della scuola? Credo che il killer di don Puglisi abbia dichiarato che non sopportava l'idea che il prete volesse a tutti i costi portare dentro i bambini e proteggerli dentro le strutture delle istituzioni. Di fatto avviene che ci sono indici internazionali sulla criminalità, provenienti da ambienti giudiziari, che dicono che il 90% dei carcerati non sa né leggere né scrivere, il chesignificachec'èuna qualche diretta corrispondenza tra un indice di disagio civile e un indice di disagio sociale. Concretamente, se è vero che la maggior parte dei carcerati non sa leggere né scrivere, dobbiamo dire che la maggior parte di loro si è persa per strada, non solo culturalmente, ma perché ha vissuto un'esperienza avvilente o non vivificante all'interno della scuola. E' rimasta per strada ed ha avuto bisogno di affermarsi altrimenti. Sul piano psicologico -questo è uno dei rilievi che fanno gli studiosi- c'è anche una capacità d'iniziativa del piccolo delinquente, che, laddove non è riuscito a farlo con la parola, con l'apprendimento, deve affermarsi con l'attività, con un minimo di gratificazione personale. Quindi c'è certamente una dispersione scolastica che viene a confondersi con una dispersione esistenziale equesto disperdersi per strada è spesso l'origine della microcriminalità. Come poi questa microcriminalità sia disponibile ad altro è facilmente intuibile. La lotta contro la dispersione scolastica è un' operazione di tipo antimafioso in senso tecnico ed è la più insidiosa nei confronti della mafia perché quando porti a scuola i bambini e li impegni tutta la giornata, quando cominciano a gustare un altro tipo di gratificazione, dove potrebbero trovarsi uno spazio, una attività lavorativa, stai togliendo il terreno sotto i piedi per un certo tipo di mafia ancora legata alla tradizione del controllo sul territorio. Quindi per ogni problema un progetto di verso che spinga al l'attivazione del l'istituzione e alla forma d'integrazione del volontariato, per esempio intervenendo sui bambini di prima e seconda elementare che già danno segni di dispersione per farli recuperare. E questo vale anche per gli altri problemi, come l'occupazione o la casa. Sulla casa abbiamo lavorato per due anni, si è fatto un comitato popolare di lotta per la casa, lavorando soprattutto sul versante del rapporto con il pubblico, quindi incontri con i sindaci protempore, con gli amministratori, con i sindacati, con la gente che aveva questo problema, gesti di sostegno come l'occupazione simbolica del Comune, le tende in piazza dove dormivamo per simulare il disagio di chi deve vivere in case pericolanti. Significativo è stato il comitato popolare di lotta per la casa, noi come supporter e loro come soggetti: questo è importantissimo, la nostra formula è "il quartiere per il quartiere", noi non dobbiamo sostituirci a nessuno né agire senza la gente, dobbiamo lavorare con loro spingendoli a diventare soggetti, cosa difficilissima. La cosa poi si è sfilacciata perché non è ancora stato atti valo i I piano di recupero, la gente si stanca e diventa ancor più sfiduciata. Ballavamo assieme alla sera in piazza per riscaldarci durantequesta protesta un po' diversa o a turno dormivamo nelle tende in piazza, e la chiesa come luogo ha costituito un punto di riferimento per tutti perché lì non bisogna guardarsi le spalle da nessuno, se uno viene in chiesa è perché si presume che voglia fare discorsi seri, non mentire, per cui per il problema della casa ogni settimana facevamo assemblee lì. li centro è anche un momento di incontro dei giovani? Sì, anche se abbiamo lavorato di più con le famiglie, i bambini e gli anziani. Di fatto vengono tanti giovani del quartiere come volontari, e sono stati i primi operatori: anche chi aveva la terza media poteva diventare operatore culturale dei nostri centri, tra loro quelli che poi hanno aperto la trattoria. Per il problema del lavoro purtroppo non abbiamo interlocutori. Una volta abbiamo interpellato l'istituzione per un progetto importantissimo: insieme ad altre organizzazioni, abbiamo proposto al Comune di Palermo, con il sindaco Orlando addirittura, di utilizzare un'opportunità che si era offerta per le città di Palermo e di Lisbona da parte del la Cee, un progeno che prevedeva l'afflusso di miliardi a sostegno del piccolo e medio artigianato. Abbiamo portato in Comune il progetto molto complesso e dopo alcuni rinvii hanno detto che avrebbero attivato loro questa legge speciale per la Cee, ma non l'hanno fatto, i soldi non sono stati utilizzati e non è mai stato presentato alla Cee il progetto. Fu un' opportunità enorme per Lisbona e per Palermo. Dopo di che abbiamo avviato alcuni tentativi nostri, dalla base, con piccole imprese: abbiamo una cooperativa che gestisce una trattoria dove lavorano stabilmente 4 persone ed altrettante orbitano intorno, abbiamo attivato un'agenzia turistica che ha come scopo iniziale quello di fare conoscere il quartiere con visite guidate. Abbiamo avuto in tre anni circa I 0.000 visitatori come scuole, gruppi di tedeschi, di americani, ne ha parlato anche il New York Times l'anno scorso, ed è una sorta di riconciliazione di una parte del centro con il visitatore, comunque un'agenzia a tutti gli effetti che organizza viaggi e visite, poi una piccola impresa di pulizie e la gestione di una sala cinematografica a tempo pieno per sei mesi.

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