Una città - anno V - n. 40 - aprile 1995

di a,nbienfe ed altro Ad attestare la qualità dell'acqua non sono tanto le analisi chimiche finalizzate all'uso, quanto le forme di vita del fondo del fiume. La straordinaria capacità autodepurativa dei fiumi compromessa dalle manomissioni ed emulata malamente dai depuratori, brutte copie costosissime. Le alternative ci sono. Intervista a Giovanni Damiani. Giovanni Damiani, biologo, è tecnico di laboratorio presso il Presidio di Igiene e Prevenzione del- /' Usi di Pescara. Dal '90 è consigliere regionale verde alla Regione Abruzzo e dal maggio '94 assessore all'Ambiente della Regione Abruzzo. Tu critichi l'uso dell'analisi chimica per il rilevamento dell 'inquinamento delle acque. Puoi spiegare il perché? L'analisi chimica ti dà per ciascun parametro la concentrazione espressa da un numero con una virgola e dei decimali e quindi un'impressione di grande affidabilità, di certezza: dietro numeri molto precisi in genere si suppone che ci siano delle certezze. In realtà, l'analisi chimica sempre di più si dimostra assolutamente incapace, da sola, di definire la qualità di un'acqua, per esempio di un'acqua di fiume e per vari motivi. In primo luogo, perché noi non sappiamo come dev'essere chimicamente quel fiume: ciascun fiufne è diverso da un altro e le caratteristiche dell'acqua di un fiume si modificano via via che dalla sorgente si procede verso la foce. Non conoscendo le caratteristiche di riferimento non abbiamo criteri in base ai quali l'analisi chimica possa dirci: "questo è buono, questo non è buono". In secondo luogo, con l'analisi chimica si ottengono per tantissimi parametri (in particolare per quelli dovuti all'inquinamento) risultati molto variabili. Mentre taluni parametri legati a caratteristiche naturali sono abbastanza stabili, le concentrazioni dei detersivi, dei fosfati, dei fenoli possono cambiare anche del 500-600% rispetto al dato che tu trovi come dato medio. E' evidente che un dato medio con un'oscillazione simile non ha alcun valore, alcun significato: potrebbe non esserci nulla oppùre potrebbe esserci 500 volte tanto. In terzo luogo, l'analisi chimica è riferita a un campione dentro la bottiglia portato in laboratorio, e non si sa cosa è successo nel fiume un'ora o 10 minuti prima del prelievo o cosa succede nel momento in cui si fanno le analisi. Anche il ripetere frequentemente le analisi, per tentare di estrapolare qualcosa con i metodi statistici, non sarebbe sufficiente perché i metodi statistici presuppongono la casualità degli eventi mentre l'inquinamento non è casuale, ma dettato dalle abitudini dell'uomo. In realtà dovremmo avere una tale conoscenza del territorio per capire quanto pesa quel risultato ottenuto rispetto alla totalità dell'anno: potrebbe pesare pochi minuti, potrebbe pesare invece per mesi. Basta pensare ai periodi in cui si fanno i trattamenti agricoli: troverai bombe di nitrati in acqua, se è piovuto. Il quarto problema dell'analisi chimica è che essa è mirata -routinariamente- a svelare la presenza di determinate poche molecole: le _migliori analisi chimiche sulle acqùe che facciamo con metodi tradi- :zionali, si basano su una quarantina di parametri, mentre noi sappiamo che le sostanze chimiche prodotte e diffuse nell'ambiente, essendole estranee e in genere biocide, sono milioni. Oggi esiste uno strumento che è un gioiello dell'analisi chimica (si chiama gas-massa ed è un cromatografo di massa) col quale possiamo analizzare alcune decine di migliaia di sostanze, poco più di 40 mila. Faccio presente che dal 1950 ad oggi abbiamo prodotto oltre I O milioni di sostanze di sintesi sconosciute all'ambiente. Si stima che comunemente ne circolino nel1'ambiente 70 mila (si pensi ai detersivi, agli olii dei motori, alle aziende artigiane, alle lavanderie, ai prodotti o liquidi fotografici, ai prodotti della casa. Di queste 70 mila, almeno 40 mila sono già conosciute come biocide, cioè in grado di colpire la vita, nelle sue varie forme e quindi sicuramente dannose per l'uomo. Un altro problema ancora è che molte sostanze agiscono in traccia, quindi sfuggono alle analisi chimiche comuni, perché restano al di sotto della soglia di rilevabilità tecnica. Noi, in definitiva, non possiamo analizzare tutto quello che c'è, ma solo quello che c'è in maniera più massiccia e così ci sfuggono delle sostanze che, pur agendo in traccia, possono concentrarsi negli organismi vegetali e animali e, attraverso le catene alimentari, produrre la cosiddetta "magnificazione alimentare", un incremento di concentrazione da un passaggio a un altro. una quantità di cifre, di dati chimici inutili Quindi, l'analisi chimica da sola è altamente insufficiente. E lo è ancorpiù nei sistemi complessi, come i sistemi naturali, dove le componenti vitali e abiotiche sono tutte tra di loro collegate ad un livello di organizzazione gerarchica della materia ad "altissimo contenuto di informazioni". Facciamo un-esempio: l'idrogeno e l'ossigeno, che sono due gas, li studiamo con l' approccio della conoscenza delle leggi dei gas, ma, nel momento in cui, fatti reagire assieme, formano l' acCoop. Cento Fiori LAB. ART. fITOPREPARAZIONI Via Dragoni, 39 - Forlì Tel. 0543/401248 - Estratti idroalcolici in diluizione 1: 10 da pianta fresca spontanea o coltiv~ta senza l'utilizzo di prodotti di sintesi. - Macerati di gemme. - Opercoli di piante s~le e formulazioni con materia prima biologica o selezionata. - Produzioni su ordinazione 1O UNA CITTA' , o qua, le leggi dei gas non servono più a nulla, ci vogliono altre leggi e altri approcci ... Così pure nel momento in cui idrogeno e ossigeno sono collegati col carbonio e fanno i carboidrati ci vogliono altre regole, e così via. Davanti agli ecosistemi l'approccio dovrebbe essere sistemico, globale, interdisciplinare. Ridurre tutto all'analisi chimica è un atteggiamento scientificamente riduzionista, meccanicista e fallimentare. E' come se indicando un volume della Divina Commedia io chiedessi a uno scienziato: "che cos'è questo?", e quello mi dicesse "è un campione che ha il 98% di carbonio, di fibra cellulosica, il tot per cento di ceneri minerali con il tot percento di piombo". E' questa la Divina Commedia? L'analisi chimica della qualità poi è mirata esclusivamente all'uso previsto per quel determinato tipo di acqua. Anche questo è riduzionista? Questo è forse il limite più grande dell'analisi chimica ed è un limite di ordine culturale. La nostra normativa, tutti i nostri piani regionali di risanamento, tutta la nostra filosofia sulle acque non è riferita alla tutela dell'acqua, ma alla tutela degli usi che si fanno dell'acqua: l'acqua da bere deve avere determinati requisiti, l'acqua per irrigare può avere altri requisiti, l'acqua per la balneazione deve avere non più di I00 coliformi ogni I00 millilitri ... Questa filosofia porterà al fallimento totale qualsiasi intervento in difesa dell'acqua, perché l'attenzione agli usi è un'attenzione utilitaristica, economica, non ecologica ed è valida quindi in questo sistema economico e in questo periodo, mentre l'obiettivo deve essere salvaguardare l'acqua dal punto di vista ecologico, garantendo dei livelli globali di qualità tali che essa possa essere riutilizzata immediatamente da noi e dalle future generazioni. Se in una laguna l'uso prevalente era la navigazione nessuno si accorgeva se nell'acqua c'erano metalli pesanti o porcherie di tutti i tipi; se l'uso era l'irrigazione, addirittura i nitrati e i fosfati nell'acqua erano desiderabili perché concimi. Dopo 30 anni di scarichi delle nostre fognature civili e degli allevamenti zootecnici, però, l'Adriatico si è inginocchiato proprio a causa dei fosfati e dei nitrati, "desiderabili in agricoltura". Oggi la nostra normativa di salvaguardia delle acque, la legge Merli, ti dice che devi rispettare determinate concentrazioni all'interno di uno scarico: siamo così diventati, nelle Usi, collezionisti di cifre sugli scarichi, di dati chimici sugli scarichi, dati che non servono a • nulla per dirci cosa avviene in un fiume. Che dal paesello, che ha scarichi innocui, all'industria, che ha scarichi drammatici, debbano tutti rispettare gli stessi parametri sugli scarichi della legge Merli, è un'idiozia. Basti il paradosso che in tanti casi di fronte a uno scarico si potrebbe decidere di non far nulla: ho trovato dei paesini con scarichi assolutamente innocui, oppure dove le capacità autodepurative del fiume, del corso d'acqua o del torrente, ricettori, erano tali che non era richiesta depurazione, perché dopo alcune centinaia di metri non c'era più traccia di un inquinamento già completamente metabolizzato dal fiume. Puoi spiegarci cosa sono le analisi eco-biologiche? Per vedere le condizioni di qualità di un fiume, e quindi più in generale dell'ambiente fluviale, è possibile interrogare le forme di vita fluviale, i cosiddetti indicatori biologici. Un indicatore biologico è ogni organismo, vegetale o animale, che davanti a uno stress ti dà un determinato tipo di risposta, da noi rilevabile. Facciamo un esempio: se escono da una stanza 20 persone grondanti di sudore, tu capisci che in quella stanza non c'è ventilazione ed è molto caldo. In questo caso hai utilizzato gli uomini come indicatori biologici di un ambiente senza neanche esplorarlo. Ora, se estendiamo il giudizio, con dei criteri scientifici, su intere popolazioni e su intere comunità di viventi, esso diventerà molto più preciso. dietro a un masso, al riparo, un intero mondo Per le acque correnti esistono metodi basati sulla disamina degli invertebrati, che ne colonizzano il letto: si va nei fiumi con un retino particolare e raschiando il fondo del fiume si catturano in vario modo tutti gli organismi che sono visibili ad occhio nudo, da un millimetro in su, lumachine, larve di insetti (come plecotteri, effimere, libellule, coleotteri), crostacei, vermi ... Quando un eco-sistema fluviale è integro ed equilibrato, si rinviene una grande moltitudine di specie (elevata biodiversità) e abbiamo anche un equilibrio cosiddetto trofico, cioè ci sono organismi erbivori, detritivori (uguale spazzini), predatori: c'è un po' di tutto. Man mano che sopraggiunge l'inquinamento le specie più sensibili scompaiono e quindi la struttura della comunità si semplifica, si riduce, si vedono delle cicatrici, mancano interi ordini, interi gruppi che sono stati colpiti vno RlZRruRci Tutta la scelta chevuoi Vialedell'Appennino1,63 - Forlì dall'inquinamento e a cui la vita non è consentita. Con l'aumento del l'inquinamento alla fine rimangono solo pochissime specie che possono diventare infestanti come per esempio i moscerini di Venezia, i chironomidi che sono favoriti dall'inquinamento sia perché se ne nutrono sia perché questo ha comportato la scomparsa dei loro predatori e -soprattutto- perché le loro larve acquatiche hanno un pigmento rosso simile al nostro sangue, che consente loro di "caricarsi" di ossigeno e di resistere a lunghi periodi di anossia delle acque. In acque asfittiche restano quasi solo loro. Quindi, con questi sistemi biologici è possibile avere una diagnosi sullo stato di qualità ecologica dell'acqua e dell'ambiente acquatico e vedere di quanto un fiume si discosta dalla sua "normalità". Questa analisi è in grado di dare un giudizio di tipo integrato (non come nel campione chimico relativo unicamente al contenuto di una bottiglia): in pratica si utilizzano le comunità viventi come se fossero i nastri di un registratore; siccome la vita di questi organismi -dotati di scarsissima o nulla mobilità- dipende totalmente dall'acqua e dalla sua qualità, perché nell'acqua stabilmente vivono, si riproducono, loro, come comunità, registrano fedelmente tutte le modificazioni che avvengono nell'ambiente acquatico. Utilizzando tecniche per "leggere", "sbobinare" quanto è registrato sul nastro dei viventi, noi possiamo effettuare una diagnosi sull'andamento medio dell'ultimo periodo di un eco-sistema fluviale con un giudizio che può essere spinto da quel momento a settimane o addirittura a qualche mese precedente il momento dell'analisi. L'analisi chimica è complementare a quella eco-biologica, perché, avendo visto lo stato ecologico di un ambiente, andiamo a trovare le cause dell'inquinamento. Utilizzando i due sistemi in maniera integrata, dove il biologico è predominante, c'è la possibilità di fare delle cose molto buone. C'è una capacità depurativa naturale del fiume che occorre riscoprire e valorizzare? Ciascun corso d'acqua è un formidabile depuratore biologico naturale e dico formidabile. In realtà, i nostri depuratori comunali sono sistemi sofisticati, compressi, molto costipati, oltre che molto costosi e con molti problemi, che riproducono in un ambiente appunto chiuso e piccolo un'imitazione dei processi che naturalmente avvengono nei fiumi. Ciò significa che sarebbe più importante togliere dal commercio un po' di molecole che avvelenano la vita fluviale e che' non consentono al fiume di esprimere al massimo la sua capacità autodepurativa piuttosto che costruire dieci depuratori costosi e delicati. Il depuratore è un allevamento di microbi che normalmente stanno sul fondo dei fiumi, dei fossi, dei torrenti e dei ruscelli, la cui funzione in natura è quella di depurare l'acqua estraendo l'inquinamento organico biodegradabile disciolto, di cui si nutrono. Quell'inquinamento così è costretto ad abbandonare l'acqua per entrare nel tessuto vivente. Paradossalmente, succede, e purtroppo succede molto spesso, che amministratori ignoranti prima manomettano il fiume con cementificazioni, canalizzazioni, rettilineizzazioni, impedendo al fiume di funzionare come depuratore naturale spendendo miliardi, ma dicendo che così è più ordinato, più pulito, più dritto e così via, e che poi spendano miliardi per realizzare depuratori tecnologici che sono brutte copie, costose imitazioni, sia nella realizzazione che nella gestione, di quel che faceva il fiume naturalmente. Senza dire che i depuratori poi, come i fiumi, potrebbero andare a male, perché gli organismi che vi alleviamo, gli stessi che vivono sul fondo del fiume, anche lì come nel fiume possono avvelenarsi. I fiumi sono reni del territorio. Sarebbe come se noi, ormai drogati dalla nostra tecnologia, manomettessimo i reni degli umani per poi garantire a tutti dei reni artificiali. Il fiume è il rene naturale del territorio e la dialisi, il rene artificiale, è il depuratore. E come si può far funzionare di nuovo questo rene naturale? Eliminando le sostanze più nocive, le sostanze tossiche. Non dico di non scaricare nulla in assoluto, dico di scaricare nelle acque roba "buona", che la natura riesca a metabolizzare, e scaricarla nelle quantità giuste. Il fiume a quel punto metabolizza tutto e trasforma tutto in semplici molecole minerali che vengono estratte dalle catene alimentari. Per capirci: il fondo di un fiume è un tappeto vivente, in cui vari mondi, vari eco-sistemi sono concatenati fra loro in maniera continua, dalle acque di sorgente fino al mare, ed è talmente pieno di vita da essere in grado di dare una risposta a tutti i problemi di inquinamento organico biodegradabile. Il problema è di non superare le capacità ricettive e fino a quando c'è ossigeno il fiume funziona, lavora, e ripristina la sua qualità. La rinnovabilità della risorsa acqua non significa che arriva solo acqua dal monte, acqua nuova, fisica, ma significa che la stessa acqua, se la potessimo seguire lungo il suo corso, se è inquinata di merda, di pipì, oppure di qualsiasi materiale organico, di sapone ad esempio che è molto biodegradabile, la vedremmo ripulirsi via via che si scende, grazie a questa attività biologica del fondo. per allontanare la merda acqua oligominerale Quando si manomette il fiume con le canalizzazioni e le cementificazioni, si elimina quell'enorme moltitudine di micro-habitat e si devastano interi eco-sistemi. Le condizioni molto omogenee di un canale permetteranno la sopravvivenza di poche varietà di vita. Il fiume, invece, ha una diversificazione enorme e di passo in passo vede cambiare i suoi micro-habitat: dietro a un masso c'è un mondo al riparo dalla corrente, un masso esposto alla luce avrà praterie di microalghe e dove c'è un prato ci sono gli organismi erbivori, dove c'è una pozza con foglie morte sedimentate ci saranno i cosiddetti detritivori, organismi mangiatori di sostanza organica morta. La rettilineizzazione dei corsi d' acqua comporta per esempio la distruzione dei ripari per i pesci e per le specie non in grado di ancorarsi o di adattarsi. Ad ogni piena, catastrofica e non, vengono sbattuti via. Il canale è l'uccisione della complessità: è come se noi potassimo un uomo, gli togliessimo gli arti, lo riducessimo per i nostri capricci a geometrie elementari annullando tutta la complessità del suo organismo. In che stato si trovano adesso i fiumi? li quadro è desolante. Tutti i tratti di pianura, i cosiddetti planiziali, sono, ovviamente, quelli messi peggio, perché lì abbiamo concentrato il grosso delle nostre città, delle nostre attività produttive, nonché il grosso del reticolo viario. Quando noi parliamo di fiumi parliamo del territorio perché tutta l'acqua che arriva nel fiume è quella meteorica, che è scolata o si è infiltrata nel territorio. Lo stato dei fiumi rispecchia in maniera assoluta e fedele lo stato di degrado del territorio. Ambienti decenti e quindi qualità ancora elevata dell'acqua li troviamo ancora nei tratti di montagna dove però il fiume ha un aspetto torrentizio, scarsa portata, scorrimento molto veloce, pendenza molto elevata. La quasi totalità delle acque intubate, distribuite nelle abitazioni e alle industrie viene da questi ambienti: si tratta di veri e propri fiumi sottratti alla montagna e al libero deflusso, che scorrono negli acquedotti dei consorzi di bonifica per l'irrigazione, in quelli dei consorzi industriali o in quelli urbani, di acqua molto buona che va ad alimentare anche gli sprechi idrici delle città: fra l'acqua che passa attraverso i contatori delle città, per i consumi familiari e l'acqua che arriva in acquedotto alla città, la differenza è mostruosa: si può dire che ogni 100 litri di acqua che arriva, il 30-50-60% si perde nel

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==