Una città - anno V - n. 40 - aprile 1995

un mese di un anno ••• L'indegno conflitto di interessi che non interessa a nessuno, in un paese in cui furbizia e debiti sono considerati garanzie per la collettività. Classi dirigenti che, dopo il fascismo, hanno continuato a governare con la DC e che oggi si rivendicano apertamente. La Resistenza, unico fatto rivoluzionario della nostra storia. Intervista a Piergiorgio Bellocchio. sia, che ormai è una classe abbastanza internazionale (che, per fare solo un esempio, fa studiare i figli all'estero), e c'è un ceto medio che si è dilatato enormemente, fagocitando e uniformando nei consumi, nei modi di vestire e di pensare, una buona fetta di quelli che una volta si chiamavano ceti popolari. Con la distruzione delle specifiche culture precedenti si è prodotto un generale abbassamento, una degradazione. Si va precipitosamente verso standard sempre più bassi anche nel campo dell'arte. I film sono pappa coloratissima, banalità servite con gran pompa d'effetti del tutto artificiosi. I nuovi poeti eromanzieri non li conosco, ma poiché tutto si tiene, e conosco i loro immediati precedenti, i loro modelli, i loro maestri, i loro critici, sono sicuro di non perdere nulla. Faccio mia la battuta di quel tale, a chi gli raccomandava un certo libro: "Mi pare un libro brutto, scadente ... tant'è che non l'ho neanche letto". Che un'insegnante di filosofia del liceo classico consigli di leggersi Luciano De Crescenzo, mi sembra una cosa inconcepibile. D'altra parte, anche ai miei tempi le cose non andavano meglio, anche se per ragioni opposte. Il fatto di averla dovuta studiare sul Lamanna, un idealista forsennato, ha fatto sì che uscissi dal liceo con l'idea che la filosofia fosse qualcosa di lunare, di siderale, con formulette raccapriccianti tipo "le monadi non hanno finestre" che non ho più dimenticato. E anche gli insegnanti erano meno che mediocri, benché fosse ancora una scuola elitaria. Ho fatto le elementari tra il '38 e il '42 e in prima media abbiamo proseguito in quattro o cinque su trenta, gli altri venivano già avviati al lavoro. Ma il problema non è tanto la qualità degli insegnanti, è innanzitutto politico. Si pensi ai programmi. Ancora fino a vent'anni fa la storia si interrompeva al '18 perché chi doveva insegnare nove volte su dieci era stato fascista, come del resto i genitori dei ragazzi. Era un beli' imbarazzo, non c'è dubbio. Ma poi? Gli insegnanti ex fascisti vanno in pensione, eppure la faccenda continua sullo stesso binario, ancora venti, trent'anni dopo la fine della guerra, praticamente fino ad oggi. Nei testi ora il fascismo c'è, non so trattato come, ma c'è, eppure non ci si arriva mai, perché è all'ultimo anno, e il programma manca sempre il tempo per finirlo ... Io proporrei d'invertire l'ordine, di insegnare la storia a ritroso, partendo dall'oggi, così, se non si finisce il programma, a farne le spese saranno Scipione e Annibale, Romolo e Remo ... Di Piergiorgio Bellocchio è in libreria in questi giorni, con il titolo L'astuzia delle passioni, edizioni Rizzoli, la raccolta degli scritti pubblicati su Quaderni Piacentini, di cui fu fondatore, su Panorama e Illustrazione Italiana Dal/"85 Piergiorgio Bellocchio pubblica, insieme a Alfonso Berardinelli, la rivista Diario e una raccolta di alcuni dei saggi lì pubblicati è uscita da Einaudi col titolo Dalla parte del torto. Si sta discutendo molto di destra, di fascismo, di pericoli per la democrazia. Tu come vedi la situazione italiana? Uno degli aspetti più incredibili di questo ultimo anno (il '94 intendo), e che la dice lunga sulla scarsissima cultura e sensibilità democratica del nostro paese e soprattutto della nostra classe politica, è il fatto non già che Berlusconi abbia vinto le elezioni, ma che abbia potuto fare il presidente del Consiglio. Si lamenta l'assenza di regole scritte, però io mi chiedo se davvero occorreva un preciso articolo della Costituzione per impedire a un padrone di televisioni, anzi al monopolista della televisione privata, di assumere il governo della cosa pubblica. Ora non so se Scalfaro poteva permettersi l'atto di coraggio di negare a Berlusconi l'incarico di · formare il governo (si sarebbe urlato al colpo di Stato: lo s'è fatto per molto meno). Di fatto, ahimé, la legittimazione era venuta da Occhetto già alla vigilia del voto nel confronto televisivo con Berlusconi, legittimazione ribadita subito dopo i risultati, quando Occhetto dette per scontato che il governo doveva farlo Berlusconi. Hanno manifestato un soprassalto di sdegno solo qualche vecchio liberale e tra i pochi il povero Segni che, almeno su questo punto, era sempre stato chiaro. Un tale mastodontico conflitto di interessi non poteva impedire, ovviamente, a Berlusconi di vincere le elezioni e di essere il leader del suo partito, ma di assumere l'incarico di governo sì. Naturalmente Berlusconi ci avrebbe messo un uomo di sua totale fiducia, capace di tutelare gli interessi della Fininvest, però è già una cosa diversa. Le lobbiesci sono sempre state dappertutto, però né un Morgan né un Rockfeller né un Vanderbilt sono mai diventati presidenti degli Stati Uniti. Né un Krupp in Germania né un Agnelli in Italia. Il caso di Berlusconi è poi ancora più equivoco, perché la sua fortuna economica e la sua potenza dipendono proprio dallo Stato: Berlusconi, in sostanza, è un "concessionario". una dirigenza più democratica della sua base Se si pensa che viviamo in un paese in cui la fama di "dritto", l'aver fatto i soldi, tantissimi soldi, non importa come, è considerata una garanzia per la collettività, dobbiamo concludere che siamo arrivati a un punto molto basso. Dal momento che la mafia è l'impresa più prospera del paese, quella con il saldo attivo più alto, perché non farci governare dalla mafia? E probabilmente, di fatto, lo siamo, nonostante che Riina sia in carcere anziché sulla poltrona di Palazzo Chigi. I nostri vecchi sapevano ancora distinguere che fare i soldi per sé è una cosa e governare correttamente è un'altra. Sennò avrebbero scelto di farsi governare dagli Agnelli. Né questi, da parte loro, hanno mai avuto la sfacciataggine di candidarsi in proprio come leader politici. Preferivano usare i servitori. E non so neanche se abbiamo toccato il fondo, forse il peggio deve ancora venire. Né ci si dovrebbe · stupire tanto, questo processo degenerativo è cominciato parecchio teropo fa, e molti dei nostri amici di sinistra non hanno voluto capire che il paese era a destra. Lo strapotere televisivo di Berlusconi sarà anche stato decisivo, ma sta il fatto che la maggioranza del paese teme di aver da perdere da un cambiamento, crede che prima Occhetto e ora D' Alema gli vogliano fregare i soldi, la casa ... D'altra parte, in Italia, il potere è sempre stato in mano alla destra, variamente mascherata. In Inghilterra i laburisti hanno governato a lungo, in Germania i socialdemocratici, per non parlare dei paesi scandinavi. Perfino la Spagna mandò al potere la sinistra nel '36 (ma la destra non accettò la scelta popolare e scatenò la guerra civile). E non è il caso di ricordare la Francia ... Anche se, a onor del vero, va detto che l'esperienza del Fronte Popolare risultò talmente traumatizzante da determinare addirittura la débacle del '40. Come ha detto il famoso storico delle "Annales" Mare Bloch nella Strana sconfitta, un esame scritto a caldo delle ragioni del disastro, oltre a cause tecnico-militari (uno stato maggiore di vecchi bacucchi, la mancata scelta a favore di armi come i carri armati e l'aviazione, che si rivelarono decisive per i tedeschi ecc.) c'era la crisi morale aperta dal1' esperienza del Fronte Popolare, che aveva spaccato il paese in due. Estremamente critici s'erano fatti i rapporti tra ufficiali di estrazione borghese e truppa di estrazione popolare. Di fatto, le classi dirigenti preferivano il dominio straniero di Hitler piuttosto che quello del · nemico di classe interno. Alle stesse conclusioni era pervenuto Koestler nella testimonianza contenuta in Schiuma della terra. In Italia non esiste alcun precedente di governo di sinistra. Noi abbiamo inventato il fascismo. Il fascismo è una nostra produzione originale, come la pizza, e l'abbiamo anche esportato con successo. Si può capire che molti ne siano ancora orgogliosi. L'abbiamo inventato, ce lo siamo goduto per vent'anni fino alla guerra, alla rovina del paese, nella più totale accettazione da parte di una classe dirigente a cui andava benissimo. Agli industriali, agli agrari, alla burocrazia, all'esercito, alla Chiesa, per ragioni più che evidenti, nonché alla piccola borghesia terrorizzata dallo spettro del declassamento. E dopo la parentesi della Resistenza, che coinvolge una minoranza del paese, e soprattutto metà del paese (il nord), le stesse classi dirigenti che avevano appoggiato il fascismo si servirono della Democrazia Cristiana per continuare a governare. E va pur detto che questo partito, con la vocazione, il carattere, il destino del partito unico, interclassista e mediatore, ha quasi sempre avuto una dirigenza un po' B r"' 2 UNA CITTA' ,O più a sinistra, un po' più democratica, un po' più progressista del suo elettorato. Sparita la Dc, il suo elettorato è libero di proclamarsi di destra, di rivendicare con orgoglio: "lo siamo sempre stati, finalmente possiamo dirlo apertamente!" E' stata come la liberazione da un'inibizione forzata. Moro, l' ultimo grande leader e arbitro della Dc, era odiatissimo. Ricordo ancora, quando fu ammazzato, la malcelata soddisfazione di tanti mascalzoni, che avrebbero dovuto solo fargli un monumento di gratitudine. Funzionari di banca, industriali, professionisti ... Tutta gente che doveva a politici come De Gasperi e Moro se il trapasso dal fascismo alla democrazia s'era svolto senza traumi per loro, senza spese, gratis ... O meglio, con una maggior spesa sociale, del resto compensata da maggiori guadagni ... Certo è che proprio la spesa sociale, gestita da inetti e criminali, è stata la causa prima del disastro ... Stai parlando di debito pubblico? Io di economia capisco poco o nulla. In fondo resto fedele alla massima dei nostri nonni, che raccomandavano di non far debiti, o di farne solo nella misura indispensabile e se si aveva la ragionevole fiducia di poterli pagare. Lo so che c'è gente che non li paga mai, che li fa pagare agli altri, e che anzi l'abilità consiste nell'indebitarsi fortemente, e quanto più alto è il debito tanto maggiori sono le probabilità di non doverlo pagare, perché a quel punto il problema non è più- tuo, ma è diventato un problema sociale, mentre se il debito è piccolo e non riesci a pagarlo le banche ti fanno fallire tranquillamente e ti mandano a fondo ... Ma a me non va di far pagare agli altri i miei debiti. E non mi va neanche, devo aggiungere per onestà, di pagare i debiti fatti da un altro. D'altronde tutto ciò succede senza che ce ne accorgiamo ... i debiti che poi bisognerà pur pagare In fondo certi teoremi keynesiani, almeno nella loro versione volgare, non mi hanno mai convinto, perché prima o poi bisogna che il conto torni. Il famoso paradosso di far scavare buche e poi farle riempire, giusto per occupare i lavoratori e dargli un salario, non l'ho mai trovato divertente, anzi mi ha sempre dato il voltastomaco. L'investimento pubblico non può essere una strada percorribile in eterno e in progressione. E' necessario per affrontare momenti di crisi, ma deve essere finalizzato a un utile, anche in termini economici. Ho visto alcune puntate di Heimat, che si riferivano agli anni '30, con l'ascesa del nazismo vista attraverso la vita di una piccola comunità. Comprano l'automobile, si fanno la casa nuova, tante belle cose, e la nonna si lamenta che continuano a fare debiti che poi bisognerà pur pagare ... Li abbiamo pagati, soprattutto in sangue. Non che quella vecchietta fosse nemica del benessere, solo che le sembrava troppo rapido, accelerato, eccessivo, irresponsabile. lo sono un po' come quella vecchietta. Sulla borghesia, i nuovi ceti, hai scritto pagine molto sconsolate ... La borghesia è morta e sepolta. In E la scuola? Italia e' è stata, nel secolo scorso, una certa borghesia che si conformava a modelli europei, e non sto parlando dei Rossi o Pirelli o Falck, parlo soprattutto di piccola borghesia che lavorava sodo, risparmiava e reinvestiva, piccoli imprenditori fattisi dal niente a forza di intelligenza e dedizione, e anche molti burocrati onesti, una borghesia che, pur badando in primo luogo ai propri interessi, pensava che a certi redditi dovessero corrispondere determinati comportamenti pubblici, una non generica ma concreta responsabilità sociale. Malgrado caschi poi nel fascismo, una borghesia c'è stata, ha tenuto, ed è stata un po' il nerbo dello Stato dalla sua formazione fino all'ultima guerra. Oggi non ha più senso parlare né di piccola né di media borghesia. C'è una grande borgheUn luogo comune è che il post '68, con le lauree facili, ha immesso nella scuola insegnanti impreparati. In parte è senz'altro vero, la notevole dilatazione della popolazione scolastica ha fatto sì che si sfornassero insegnanti a ritmo accelerato. Forse è stato un po' come preparare sottotenenti in tempo di guerra: l'addestramento che normalmente richiederebbe due-tre anni, in guerra si fa magari in duetre mesi, e via! si arrangeranno, impareranno combattendo, creperanno con i loro subalterni, pazienza ... Ne so poco, ma mi sembra che anche la scuola segua l'andazzo generale, che anche sulla scuola sia caduta la maledizione televisiva. A leggere Diari.o si aveva l'imVUOTO A VINCERE Lasvolta di Fiuggi: l'eredità del bloccodi potere democristiano raccolta da chi fino a ieri, per salvaguardare la nicchia elettorale nostalgica, inneggiava al fascismo del 2000. Il pericolo della spregiudicatezza nel vuoto programmatico e cu_lturale. Intervista a Umberto Croppi e Marco Tarchi. Umberto Croppi è consigliere regionale verde del Lazio. Marco Tarchi è fondatore e redattore della rivista Diorama Letterario. Umberto Croppi: Nel congresso, io l'ho seguito da Radio Radicale, non c'è stato dibattito, né alcun tipo di approfondimento. La svolta è avvenuta solo per due o tre dichiarazioni contenute nei documenti formali, senza alcuna riflessione né vero scontro. Rauti ha notificato le sue posizioni, qualcuno ha pianto, qualcuno ha applaudito, poi se n'è andato: In sostanza è stato un congresso dal profilo bassissimo, anche rispetto a certi congressi del vecchio Movimento Sociale, dove c'era stata vera contrapposizione di tesi, dove gli scontri erano stati reali. Questa grande superficialità è un po' il segno dei tempi: è l'effimero che premia. Allora, tutto questo chiedersi se la svolta sia stata vera o meno, se i missini abbiano veramente abbandonato il fascismo -è questa poi la domanda unica e ossessivaè un po' privo di senso proprio perché non c'è stato nessun contenuto da cui distanziarsi, anche perché gli elementi di neofascismo presenti nell'Msi da tempo non esprimevano più politica. Questi elementi di neofascismo, paradossalmente, erano quelli utilizzati da Fini al congresso di Fiuggi, quando, mentre Rauti era quello che spingeva sulla possibilità di innovazione, lanciò lo slogan del "fascismo del Duemila" e difendeva l'orticello, ma senza nessuna adesione sostanziale, come pura scelta di marketing e di nicchia. Fini sapeva di poter contare su una piccola porzione elettorale di nostalgici e su quella insisteva e quindi ora gli è stato relativamente facile smontare tutto proprio sul piano dei richiami esteriori al fascismo. A Fiuggi hanno sancito la novità nata il 27 marzo, l'hanno resa formale, e la novità sostanziale è che Alleanza Nazionale ha ereditato lo spazio elettorale della Democrazia Cristiana e, soprattutto, ha ereditato i suoi comportamenti, gli orizzonti, gli uomini. l'apparato organizzativo. A Roma, dove il fenomeno è particolarmente evidente, Alleanza Nazionale ha ereditato in blocco il vecchio apparato democristiano che, tra l'altro, è l'unico in grado di avere relazioni con gli ambienti piccoli e grandi che contano. Le relazioni con gli ambienti economici ed imprenditoriali, in particolare con le grandi famiglie di palazzinari, che oggi ha An derivano tutti dall'assunzione in blocco di un materiale umano che proviene dalla Dc. La vera svolta è in questo e gli elementi di rischio non derivano dal fatto che possa riemergere una qualche edizione del fascismo, ma dal fatto che proprio un'assoluta mancanza di orizzonti programmatici rende questo tipo di persone totalmente aperta a qualsiasi tipo di soluzione, quindi anche a ipotesi di tipo totalitario, ma senza che questo sia progettato. Oggi An, per fare un esempio fra gli altri, ha abdicato a quegli aspetti di xenofobia che invece erano caratterizzanti della seconda segreteria Fini, quella dopo Rauti, ma se domattina valutassero che su questo fenomeno cresce la tensione, e quindi può diventare un elemento di riconoscibilità, di presa popolare, ci metterebbero 24 ore a riabbracciare in pieno questo tipo di scelta. Marco Tarchi: Per il momento An non ha nessuna ragione di disseppellire una politica di questo tipo perché ce n'è un'altra che consente di tenere in piedi un 'immagine di maggior legittimità. Invece una politica che faccia perno sull'ideologia della sicurezza anche negli aspetti più discutibili, che quindi cavalchi la xenofobia e così via -quel tipo di politica che Ignazi chiama dell"'estrema destra post-industriale"- naturalmente comporta dei costi in termini di immagine. Però, nel momento in cui, per esempio, la concorrenza del Ppi all'interno di un blocco allargato come il Polo della libertà o simili dovesse ridimensionare, anche elettoralmente, il loro peso, questa alternativa ci sarebbe, anche se non avrebbe un preciso fondamento ideologico. Croppi ha perfettamente ragione nel dire che quella di An è semplicemente un'alternativa funzionale per coprire uno spazio nel mercato politico che, tutto sommato, nessun altro copre. Uno spazio che addirittura, con il possibile estinguersi della valvola di sfogo rappresentata dalla Lega, diventa ancor più libero. Fra l'altro, che cosa era rimasto del fascismo nell'esperienza del Movimento Sociale? Erarimasta un'identità nostalgica che servi va a motivare, in una porzione limitatissima dell'elettorato, una scelta tutto sommato antipolitica, giocata su un aspetto celebrativo, liturgico, non corrispondente ad alcuna progettualità politica. Croppi: D'altra parte una svolta del genere c'era stata nel' 56 e come oggi era stata legittimata dall'uscita di Rauti. Un'altra occasione mancata nella storia del Msi fu nel '72, quando sembrava che alle elezioni potesse superare il I0% e quindi si era attrezzato alla smobilitazione dell'apparato estetico neo-fascista. Un'ulteriore occasione fu due anni dopo, al momento del referendum sul divorzio (di cui ad Almirante non fregava niente. Anzi, come poi ha dimostrato in seguito, cercando di recuperare, lui personalmente era addirittura favorevole). Quella sul divorzio fu un 'operazione condotta insieme a Fanfani, nell'illusione che una ipotetica vittoria del fronte del "sì" al referendum avrebbe potuto dar vita a un blocco moderato di destra e all'instaurazione della repubblica presidenziale alla quale, dando legittimità al Msi, si candidava Fanfani.

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