Studi Sociali - IX - n. 12 serie II - 27 ottobre 1938

In casi simili non v'é rimedio poasibile se non neli'abolizione del capitali mo, neiia trasformazion radicale del sistema di produzione. E tutti i me– stieri, tutte le forme di attività umana debbono. un po' pri-ma o un po' dopo, trovarsi nello stesso caao. che é poi quelio già tanto generale della sovrab– bondanza di braccia. Non giova l'as.sociazione; non lo sciopero e tutte ll: altre forme di r€1.3iotenza; non la cooperativa. Quan<1o l'opera di un lavoratore non occone ad alcuno, il lavoratore non ha patti da imporra: deve morir di rame - più o meno l.a-ntaimente. con piit o meno convulsioni. ma mol'ir di fame egli d~ve ... ae non sa uscire dal sistema attuale. !Ed il progre.sso tende a rendere inutile l'opera di un numero sempre più grande di lavoratori. E' 1a contradizione d,:,finitiva. ineduttibile tra ca– pitalismo e progreooo. O impedire ogni progresso. fissando le caste at– tuali, abolendo la concorrenza tra i capitaliati. proi– bendo ogni svilullPO della produzione. ogni nuova macchina. ogni nuova applicazJone acientifica, ridu– cendo ! lavo,·atori allo stato di bestie domeatiche a cui i padroni concedono la razione - un ragime insomma cc-me quello elle i gesuiti praticarono nel Paraguay; o distruggere il capitalismo ed organiz– zare la produzione non in vista del profitto di al– cuni, ma in vista del maggior benessere di tutti. 'La domanda dei bottai di Bari di rialzare il prezzo 11el trasporto dei fusti uaatl. in modo che conve– nisse ai vinai piuttosso loruciarli che mandarli in– dietro, equivale al domandare che di ogni 100 fusti fabbricati. per esempio 10 fosaero m!essi in com– mercio ·e 90 foeòero distrutti prima di essere ado– perati. E' possibile ottenere questo? Gerto che no. Ep– pure, é talmente assurda la costituzione attuale del- STUDI S..:.O-=.C.:c..lA_L..c.:I=----------------------7- la societa che una tale misura riuscirebbe benefica. Quando la gente muore di fame perché vi é tro,p– pa roba, o perché é troppo facile produrla, o perché dura tr<Y])pOtempo, il distruggere pu6 apparire - pu6 tranaitorianuante eesere- pili utile che il pro– dunie. Un incendio, un terremoto pu6 ,essere un b& ne. apportando lavoro e pane ai disoccupati. :via non é col distruggere la ricchezza che i lavo– ratori possono emanciparsi. Ed é fortunatame•ntre fi– nito il tempo, almeno nei paesi pili avanzati, in cui gli operai pensavano di 1POter,earrootare il progree– ,1-0. e ,mettevano nel di.struggere le macchine tanta energia 1quanta sarebbe bastata per impo0sessara.ene. Non si deve combattere il vrogrooso, ·ma rivol– gerlo a vantaggio cli tutti. •E per que-.sto bii3ogna che i lavoratori a'imposses– sino ài tutto il capitale, di tutta la ricehezza so– ciale, e diventino cosf interessati a che i prodotti aieno abbondanti e la produzione costi il pill pic– colo sforzo 1iossibile. Per queato biaogna fare la rivoluzion-e. Organizzazione operaia, scioperi. resistenza cli tut– te le specie possono in un certo momento dell'evo– luzione capitalistica migliorare la condizioni degli op~rai o impe-dirne il peggioramento; rpo13sonoser– vil'e- ottimamente per addestrare i lavoratori alla lotta; aono sempre, per chi sa farlo, un mezzo di propaganda; - ma aono irrimediabi1lmente impo– tenti a ri.solvere la questione sociale. E 1)1~rci6deb– bono es, se11eadopera .ti in rnodo da servire a prepa– rare gli animi e le forze alla rivoluzioae - p,~r l'espropriazione. rChi non intende quet5to. é ridotto a far suppliche ai prefetti. . . e a riceverne berte. ERRICO MA,LATESTA. (Questione Sociale, n. 30 del 31 marzo 1900.) <1iaaccordo con i compagni francesi é, pili che altro, nel tono. Noi non siamo pacifisti, ma rivoluzionari. Le destre non sono pacifiste, ma partigiane di Hi– tler e di Mussolini. I capitalisti legati ai governi democratici non vogliono la guerra antifascista, ma il cliima di guerra nece&Sario alla repressione delle forze rivoluzlonaTie. Queste distinzioni sono fonda– mentali, ma non appaiono abbastanza chiare sulla nostra stampa franceBe, che arriva a raccoimandare (vedasi manifesto del "Centro sindacale d'azione contro la guerra", -che ha originato, cl/altra parte, arresti e per.secuzioni ai suoi autori- pubblicato nel Libertaire del 29 settembre) quelle stesse negozia– zioni e conce&Sioui ohe han tanto rinforzato il fa– acismo all'estierno, ma sopratutto all'interno del ,pae– si totalitari. Dala<dier, Chamberlain e tutto il capi– talismo europeo vanno denunciati non come nemici, ma come complici di Hitler e di M,ussolini. E la lotta contro il fascismo sarf1. anche lotta contro di loro. "L'abondance'' (La grande relève des ho.mme,3 par la acieuce) organo del movimento "Le droit au tra– vail" - Parigi) é sempre interessante. Nell'ultimo numero del 25 settembre c'é la seguente formula riassuntiva del programma del movimento: 40 A cia– scuno la sua parte di lavoro 1 a ciascuno la sua parte cli svago. a ciaocuno la sua parte nelle ricchezze prodotte grazie a un patriJnonio sociale ch'é pro– prieta di tutte le generazioni". Questa corrente si dichiara apolitica; per6 i suoi postulati sono atret– tamente legatt al problema politico. Il dominio d'una minoranza .sulla maggioranza sarebbe impossibile in un regime di giualizia dhstri 1 butiva, giacohé la ric– chezza é il principale strrnmento di potere. Per que– sto lo Stato diifende fino all'assurdo (come lo dimo– stra in tutti i .suoi numeri questo bel giornale di documentazioo7) il regime della "scareità" contro lo s1iettro, sempre pi(! CO!'Poreo, d,ell'a,bbondanza. Que– st'ultima ha giA ucciso virtualmente il capitalismo ed ora si prepara ad una lotta a morte contro Io Stato. Se questo vincerA, avremo la scarsitA for– zata in un siatema di capitaliisn10 o socialismo sta– tale (ch'é in fondo la st€:3Sa cosa); se sarà vinto, avremo diver~ia, forme di sociali&1no libertario. Tra le riviste e l r1iornoli !Nello st&ao numero, un articoletto sugosiaaimo sullo Stato e i Truat -in particolare quello dell'e– IettricitA in F1·ancia- dimostra contro l\1arcel Déat, che il cosidetto controllo dello Stato sul trust (che Déat preeenta mz1l'Oeuvre come una conquiata) non é che un ah1to che lo Stato presta, a speBe di tutti, alle im.prese in pericolo. "Molti grandi padro– ni. moltissimi "mediani" e quasi tutti i piccoli, non sarebbero aflfatto malcontenti che .s'0>fifrisseloro qma– ato mezzo d'uscire dal vicolo chluao". Infatti il con– trollo dello Stato non va più in là del finanzia– mento. Non sono i trust in man.o de llo Stato; é lo Stato in mano dei trust. Lo stesao succes.se in Jta,lia con l'"Tstituto di Ricostruzione in < dustrlale". Il fenmneno non é che un sintomo dell'evoluzione pa– rallela e concordante, del Crupltale e dello Stato. L'articolista (J. Compain) cade appunto nell'utO'llia quando s'augura cl,e la collaborazione, ofifer ta da uno Stato economica 1 mente forte, dia a que.st' ultimo il modo d'effettuare le neceSBarie riforme di strut– tura. '.\fel primo numero ,(15 settembre 1938) del "Mon– do", rivista mensile di problemi internazionali che .si pubblica a ~ew Yonk in lingua italiana •:?- in cui collaborano Salvemini. Ferrero, Sturzo, Sfol'za. :-Jitt!, ecc.. mi sembra particolarmente notevole un arlicolo -di Randolfo Pacciar-di, "Il mondo che muore ed il mondo che naace·• in cui la realtA del mo:mento pres,:,nte é colta assai meglio che negli scrittt di molti socialisti. I vertiginosi s-viluppi della tecnica ha111 ridotte al minimo le distanze. "ll mondo é pic– colo. . . Noi marciamo, a veloci LA accellerata. verso la Federazione dei, continenti... La Patria é il mondo. Il nazionalismo é .sempre stato una d for– Jnaziorne del sentimento nazionale. ma oggi é para– dosso, ironta e spesso delitto". Basandosi sugli studi di Dubotn (leader del movtmento "Le droit au tra– vail dans l'abondance" e direttore del giornale "La gramle relève"), Pa,cciardt mette in Iuc,e il tragico disaccordo fra progresso Bcientifico e istituzioni so– ciali, fra superproùuzione e disoccupazione. cioé sot– tocoll:3umo. "L'or,ganizzazione naz.ionale, l'organizza– zione "capitalistica", il vecchio regime sociale. sono contro la tecnica, contro la scienza. contro la civilt8. nuova ... Dal caos deMa rivoluz'ione meccanica che • distrugge la civiltà cooidetta capitalistica. si annun– ciano gli al 1 bori d'1una nuova civllta proletaria ... La massa vuole affrancarsi dalla schiavitù di oligarchie che hanno Il dominio dei capitali e delle macchine. Ma che gioverebbe a!franca,-si dalla schiavitù d1èlle oligar,chte, ,per piombare nella schiavitù dello Stato, p8'drone delle macchine, padrone dei ca,pitali. padro– ne delle coacienze?" Pacciardi risolve il problema con queste formule: "Stato demo cratico. ,Li•bertà in– divi<luale. Capitale e lavoro nelle stes.se mani" (che sarebbe poi il sociaJismo). E qui. secondo noi. l'e– sa<tta visione della realtà é annebbiata dalle vecchie illu~ioni. Uno stato veramente democratico non e– siate. E chiedere alle attuali democrazie di garantire l'evoluzione verso il socialismo, quamdo e.sse stease (com'é fatale) si stanno trasformando in regimi di forza per hnpedire quoot'evoluzione, é una conse– guenza della .stessa utopia che fa vedere a Pac– ciar<li nella Società delle Nazioni (società di go– verni, non di l})Opoli) un primo passo verso la Fe– <leraz.ione internazionalta. Questa si fara, ma le sue radici toccheranno strati assai più profondi e i suoi primi germi stanno non nella !SocietA delle Nazioni, ma nelle Internazionali operale che, malgrado il lo– ro attuale fallimento ad opera d• i partiti di governo, hanno ben altra vitalita e sono destinate a risorgere incoosantemente dalle Joro ceneri. A parte questa divergianza sul 1iroblema dello Sta– to, che non poteYa non esaerci, molte delle ruffer– mazioni di Pacciardi potrebbero essere firmate da noi. ''In I-spagna si ba la visione tragica. ma evi– d1ante del contrasto irreduciblle. au ~la universale, tra due mondi. tra due società, tra due civiltà. La Russia é anch'essa. per il proletariato internazio– nale, una grande .scuola. Nessun'altra rivoluzione proletaria potrebbe esserne esattamente la copia. Gli errori che si sono commesei non si conunettereb– bero probabilmente più, Dovunque il proletariato guarisce d~lle illu•sioni dittatoriali. Dovunque il pro– letariato aeaocia il problema della liberta al proble- ma dell'emancipazione". ,11 problema della guerra é stato -per forza- il centro d'intere.sae del mondo nell'ultimo m,aae. Gia abbiam dette le nostre idee in propooito in altro luogo d&l giornale. Per6 vediamo nel Libertaire cli Parigi dJel 212 settembre un arlicolo che non pos– aiamo non rilevare qui. E' intitolato "La paura é il principio della saggezza'' ed é firmato Maurice Doutreau. Dopo aver lodato il via·ggio di Chamber– lain a Berchtesga,den (gooto di pace inspirato, se– condo l'autore. da ragioni lontane dalle nostre, ma preferibile ai furori bellici del mo,scoviti), egli fi– HI5ce con questo sorprendente perio<1o: "Quanto al– la Cecoslovacchia. che vien fatta a pezzi come un pollo qualsiaai, noi non ci pensiamo neppure. Coloro che, in Cecoslovacchia come negli altri paesi sono cosf stu·pidi da essere patriotti. po~sono pure tarsi il karakiri sull'altare della patria. Ma, til'ate le aom– me, é poco probabile c11e ci6 avvenga. Laggiù come qui i più atìdenti difiensori della nazione devono essere, come Péri. G-rumbach, Kérillis o C'achin dei riformati o delle persone che han raggiunto '1 li– miti d'età". Ecco, il meno che si possa dire é che il fironatario di quest'articolo non ha pasaato nep– pure un giorno in regime fascista e non sa che cosa sia. Non Bi tratta di dilendere la patria. ma l'uomo. E confondere le d11e cose significa non capir niente deMa magnifica lotta d·ei nostri compa·gni ,,pagnoll, che furono saggi (almeno il 19 luglio) appunto per– ch'é non ebbero paura. Finché tnvece di spingere le masse all'azione ri– voluzionaria contro la guerra e contro il predominio fascista (due aspetti della stessa realtà in questo momento) diremo ''N on c'hn.'POrt a'' la guerra non farA che avvicinarBi aggravando.si. P,er fortuna, nello stesso n umero del " l.ii• bertaire" un articolo di F1·émont smaschera il falso pacifismo di chi ha favorito sempre l'espan.sione fascista ed ora. col pretesto della pace, la favorisce una volta di più. Nel "Combat Syndicaliste" del 16 settembre. si legge u11 articolo di Piene Besnar-d che sostiene che la Cecoslovacchia é dalla ,parte del torto e che se ha intenzioni di Hitler non sono pure. quelle dei auoi avversari non sono migliori. II pro,blema é po– .sto male, pe1·ché si pone sul tel'!·eno scelto dai no– stri nemici; e su quel terreno non c'é soluzione pos– sible. Si nota in quest'articolo, come in quasi tutta la nostra stampa francec--e, una sottovalutaz.ione del fenomeno fascista. Le democrazie. per quanto poco democratiche siano, portano in sé i germi del fa– scismo, ma non sono il fascismo. Esse vanno com– battute aopratutto in quanto sono un ostacolo a una vera lotta antifascLsta, che non pu6 essere che popolare, anticapitalista, antistatale. Nel numero del 30 settembre, lo stesso Besnard. riportando un col– loquio con un esperto di problemi internazionali ri.oonduce la que.stione ai suoi veri termini, dimo~ strando che l'e.sistenza di minoranze malcqntenba- é strettamente legata all'esistenza delle frontiere e che solo una rivoluzione europea a 1carattere sociale e federalista, pu6 assicurare la pace. In fondo, il •E' uscito Il primo numero di "Pensiero e realtà" (,settembre 191&8·), rivista fatta in Francia e negli Stati Unitt da un grnppo d"'ana:rchici revlsiontstt". Luigi Fabbri ha discusso a<l>bastaina, da queste co– lonne, con i compa.gni di questa tendenza (anche gli appunti suoi che pubbli-chlamo in questo num<>ro si riferiscono a questo ,problema) pe.r risparmtarci di tornare sull'argomento, :finché non si presenttno a– spetti nuo-vl. Per ora ci limitiamo quindi all'unica cosa nuova che cl dicano La,querc!a e Sc!,pione da ciuesta rivlata: l'lnterpreta:oion<> •'revisionista" della situazione spagnola. ''Arvevamo ragione noi'' e.sai di– cono. "Che cosa han fatto 1a CJN.T. e la F.1A.1I.se non applicare ci6 che noi rcUcevamo?" ili che é vero. Il minister!allsmo spagnolo é stata la prova del fuoco delle teorie revliSionlste. appli– cate sotto Il •Illmgolo degli avvenimenti da anarchie! nella gran maggioranza non. revisioniati. Da quoota prova, il collaborazioni.simo governativo é uscito tut– t'altro che vittorioso. Una cosa. é ooser,e,gradualisti (noi non siam quelli del "tutto o nulla" con cui -se la prende -a ra– gione- Laiq,uercia) e un'altra é andare al governo. dove 1a nostra azione, sempre feconda alla base. é de,3tinata ad annullarsi. Noi l'abbiam sem,pre sost~ nuto e i fatti di S,pagna lo confermano. Per non ripetenmi. credo pili conveniente rimandare i I.attori a quanto scrissi a suo tempo sull'argomento ("Il problema del governo'' nel num1ero 8 della nuova serie di "Stucli Sociali", ripubblicato poi in 01rnacolo a Ginevra). Il tempo trasconso da allora non h1 fatto che metter e maggiormente in luce le conse– guenze danno.se d'un atteggiamento, che ancora non si pu6 stabilire fino a che punlo foose nece.s:aario in quel momento di suprema angoscia. Anche am– mettendo ch'esso foose ineluttabile (io non mi pro– nuncio su questo, che pu6 e~sere suscettibile d'un giudizio storico, a poste-riori, ma non d'un giudizio mora-le, sulle intenzioni, giacché la maggioranza dei co 1 mpagni spagnoli, contrairia in teoria, credette al– l'im,possibilità di sfuggire a,i dilemma tragico), ci so– no ineluttaibilita che traacinano seco disastri. ~i ente si pu6 rimproverana ai compagni spagnoli: sono gli unici che hanno agito e solo l'inerzia é inunune da errori. Solo che purtroppo gli errori - e anche le disgrazie-- si pagano, specialmente quan• do. come in questo caso, é cosi dlfiflcile tornare in– dietro.

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