Studi Sociali - VIII - n. 5 serie II - 28 marzo 1937

fraterna e non si deve urtare alle considerazioni tattiche, ai compromessi politici. La strada della vittoria, ripetiamolo, é quella che batte la Spagna, e non parte da una riconciliazione. Ancora una volta: l'antitesi Roma o Mosca cade di fronte all'altra più vera, autorita o liberta. I processi di Mosca hanno incupito tulle lo fronti che la rivoluzione del '17 aveva illuminate d'orgo– glio e di gioia. La politica della Russia in Spagna non pu6 rasserenarle. La persecuzione pill feroce schiaccia nella patria del proletarJato ogni vestigio cli vita libera. Gli anarchici furono le prime vit– time; ora tutti i rivoluzionari sinceri sono al bando. In Spagna il P. C., agli ordini dell'ambasciata, si mette sulla stessa strada, cercando di trascinare (con l'inlluenza che gli danno i vapori d'armi che nni;ono da Odessa) i socialisti e l'U. G. T. Conse– gurnza: propaganda contro la rivoluzione sociale e in favore della proprietà privata, persecuzioni e ca– lunnie contro il P. O. U. M., e, in sordina (ma con trenta mo,-ti a Valenza), contro gli anarchici. lì; nello stesso tempo, in Italia, la mano tesa ai fl'a,telli in camicia nera. Ci si rivolge ai fascisti come tali, cioé creduli e disciplinati, per aprir loro gli occhi solo sulla questione economica. Fra tutti questi fatti c'é una catena. Ii comunismo. romc il fascismo, poggia sullo spirito gregario e nlentr gli fa più paU'ra clell'autono,mia, dell'indipen– denza. Non vede la pace che nell'unllormita e nella subordinazione. A misura che va perdendo il suo Jlrimitivo spirito rivoluzionario, le sue tendenze as– .solntislc si fanno pili. pericolose, percl1é possono co– !itituirc il canale per cui l'enorme ondata di rinno– vamento che da decenni si va sollevando, minaccia ·cl! ritornare, senza frangersi, al pantano mortale -cruna nuo\ra Santa Alleanza. Concludendo, se c'é qualcosa da rivedere nell'a– zione antifascista, questo c1ualcosa non é l'inlransi- STUm SOCIALI genza, ma l'intolleranza. La nosti-a propaganda - e la Spagna ci aiuta - deve essere fatta di com– cprensione e non pu6 non abbinare alla lotta per l'emancipazione economica quella per la liberta. La prima senza la seconda é una formula vuota, un inganno. Lo dimostra la Russia, in cui l'oppressione politica torna a creare l'oppressione economica, il privilegio di casta. E propaganda di libertà non si pu6 fare coll'adattamento - sia pure ipocritamentE' provvisorio - alla mentaiita fascista. E la lotta cli classe neppure. Sarebbe lo stesso che valoriziarc la storiella dell'anticapitalismo dei sindacali fascisti. n. cui nessuno (al di sopra dei 16 anni) ha n1ai creduto, e l'altra storiella dell'entusiasmo popolare per il regime, che é semplicemente inerzia e forzata conformita. ' L'economia ha un'importanza innegabile; ma quc: sl'irnportanza é indipendente dalla nostra volonUt, che deve essere diretta a esaltare ci6 cho l'uomo ha. di pili. intimo e prezioso: la sua dignità d'individuo pensante. Dobbiamo cercare che questo sentimento abbia la maggiore influenza possibile nella rivolu– zione italiana, senza trascurare naturalmente di far leva sul fattore oconomico, che, cl'allra parto, é m:i– teria e n~n forma, condizione e non causa cli storia. Bisogna mettere in luce i vincoli che uniscono -questi duo aspetti dell'emancipazione proletaria e dimostrare che la lotta economica che conduciamo é diretta a liberare il lavoro dalle catene che lo degradano, per conferire al lavoratore, insieme al benessere materiale, quella responsabilila che non é solo diritto, ma anche dovere e rauca. E questa re– sponsa billta si ottiene solo attraverso la liberla; non <1uella "democratica" della nuova tattica cli propa– ganda comunista, ma quella sociale, cibe si conquista faticosamente. sanguinosamente. sui campi de11'Ara gona. ne11e fabbriche della Catalogna. LUCIA FERRAR!. lettere di luigi Fabbri Montevideo. 31-1-193 I. l\lio caro C., .. lo non nego affatto l'utililfi e necessita ùeiror– grinizzazione sindacale. ma essa é utile. dal nostro imnto di vista, solo in quanto e finché resta in rap– porto col fine generale che ci proponiamo. Se diventa ossa un fine. fallisce subito, anche praticamente. e pu6 diventare la negazione più assoluta della libert{1 umana. come in Russia, come in Italia. Dei resto é cosi per tulle le specializzazioni che non sono mantenute in continuo rapporto con un fine superiore. Lu lettera uccide lo spirito. Tu hai t>Prfettamente ragione della necessita di studiare e risolYere i problemi locali e i problemi speciali. - dell'Italia. dell'Emilia. di Bologna. o edllizio. ferro– 'vial'io, sanitario.· scolastico. ecc. - e non l'estare solo sulle generali. Ma non capisco perché vedi un ,ùitetto nel cominciare lo studio dal vedere che rav• r,orti quei problemi possano avel'e con le idee anal'– chiche. Queste sono la lrnssola, per dirigerci nello stuello di Quelli. Secondo me lo studio dev'esser qne– .sto: vedere come si possono risolvere quei problemi 110I senso anarchico. cioé della libertà. perché d6 che vogliamo sopratutto é la conquista della libertà uer tutti. Se no. se cerchiamo la soluzione dei pro– blemi speciali 1>er loro stessi. potrebbe essere anche comoda e possibile la soluzione offertaci dalla ti· rannide. Ma questa noi non la vogliamo a priori, perché non vogliamo tiranni, e a posteriori P<~rché .siamo convinti che tutte le soluzioni autoritarie sono t~lse o le più difettose. Se ci si dovesse convincere ,che quei problemi. tutti i problemi pratici piil im– ,portanti della vita. non possono osse1·e risolti anar– chicamente. ci6 significherebbe che avremmo torto .di essere e di dirci anarchici; che cioé vogliamo i"impossibile. Di qui la necessita di cominciare. 1>er ogni problema, dai vedere se esso é risolvibile o ne in armonia con ci6 che vogl1amo e che siamo. - per non fare azione cont1·additor1a e sconclusio– nata. col risultato di fallire in praticn e in teoria. Ma la soluzione ùi quei pi-oblemi bisogna cercarla. ,e su ci6 ti do ragione. e do torto ai semplicisti o paurosi che, per timore di veder barcoJlare i proprii :apriorismi. preferiscono ignorare i problemi suddetti e chiudere gli occhi di fronte ad essi. A 1iroposito di questi problemi pratici. ai quali vuoi dedicarti, permettimi ch'io ti metta in guardia ,cont1·0 un errore di metodo o di svolgimento che ho notato in proposito in qualche tuo articolo: per esempio. in quello su11a difesa contro la delinquenza ("Lotta Umana") e in un altro più recente ("L'Adu– nata") sulla questione della Chiesa come associa– zione, ecc. Sul primo abbiamo discusso abbastanza e non ci ritorno. Del secondo. leggendolo. io sono con te nelle arrennazioni più importanti cosi vera– mente lil>ertarie. Ma l'errore che anche li ho notato é che non fa.i la distinzione necessaria fra le solu– zioni possibili e relative in regime non nostro e quelle pili 1ontaue augurabili e raggiungibili solo in una societa anal'chica. E' un cnore di procedimento Jog-ico che impedisce di veder chiara l'una soluzione e l'altra. la provvisoria e 1a definitiva. Secondo me. la chiesa-associazione che avr{t diritto di esistere anche in anarcnia e una cosa. ed altra sarà quella che persisterft. in regime democratico borghese di tronte a cui clovremo tenerP ben altro contegno. Credo (;he sarai d'accordo con me che bisogna. pro– spettarsi ambedue i problemi: quello di una solu– zione provvisoria in u11 mondo ancora contrario a noi. riguardante il nostro atteggiamento di combut– tenli, e !"altra definitiva di noi vincitori col con• senso di tutti. uli é che per ciascun problema. anche clal punto di vista anarchico. non c'é una soluzione sola. ma diverse, fl'a cui una finalistica ed un'altra contingente e di lotw. - ,Ma basta cli tutto ci6! comincio ad essere stanco e le idee non mi vengono più Uen chiare come vorrei. -Ti ringrazio delle notizie che mi clai sull'Italia. Concordano con altre che mi giungono da altra fonte. Speriamo! Tuo Gigi. ~lontevicieo. 22 luglio l 932. Mio caro C., Ho seguito e seguo la tua polemica anticoncentra– zionista. rn tutto o c1uasi tutto ci6 che dici c'é molto Cli giusto. e potrei dir tutto. Ma é il "tono" che 1ni pare troppo accentuato. l'animus. Inutile che mi spieghi. perché tu sai come la sento, e avrai letto l'articolo nel numero 19 di "S. S.". - Quello che mi spiego meno. poi. é l'atteggiamento tanto ostile a "C. e L.". lontana da noi, avversaria. da. non con- 5 fondercisi in nessun modo, ma sempre pill simpatica e più "un passo avanti" della Concentrazione co– m'era prima clei distacchi e prima de11e polemiche. Che lo stare tanto lontano mi faccia cadere in equi– voco? pu6 darsi. Ma la lettura dei due numeri usciti di "G. e L." e cli qualche bollettino mi ha dato il senso di qualcosa di nuovo, di vivo, di sincero. Forse torner6 a occuparmene. Vedo ii tuo atteggiamento nei confronti dei repub– lJlicani. Mi é piaciuto moltissimo, fra l'altro, la tua risposta a Pacciardi sul "Diritto alla critica" nel n. 27 deli""Adunata". Giusfissimo e bene intonato. lo ho avuto sempre simpatia pei repubblicani, forse perché da ragazzo fui mazziniano. C'é indubbiamente una aff\inita psicologica tra noi e loro, e qualcosa in comune come l'odio alla monarchia e lo spirito insurrezionale. E .e é sempre fra loro qualche gio– vane che finisce col diventare anarchico. - benché in ci6 ora ci sono i comunisti a farci concorrenza e far loro degli adepti che potrebbero essere nostri. Più motivo materiale di contatto é costituito poi dalla nostra osti1it8 comune al socialismo panto– folaio. conservatore ed elettorale. Ma (JUi sta un pericolo. - perché l'ostilita dei repubblicani é 1>iù 1 a; concorrenza politica (di potere e cli bottega), per lo meno derivazione de11a vecchia lotta di concor– renza di quasi 50 anni, che una sostanziale diffe– renza programrnatica. E quando c'é reale differenza programmatica. i repubblicani sono nella sostanza p!il conservatori, più "borghesi". dei socialisti: più vecchi. Quelli che conoscono e s'ispirano a Fenari e Cattaneo (in realta molto più socialisti che re– pubblicani. e il primo cli prima del '60 pili liber– tario) sono pochissimi. da contar sulle dita e non sono essi che prevalgono. A me pare che gli a– narchici, a parte 1a cooperazione volta per volta in qualche siugoio fatto possibile, debbano evitar la brace del pollticantismo repubblicano altrettanto che l,i 1>adella dei poiiticantismo sociai-democratlco e concentrazionista. 1;•31· da sé, ed evitare di servire oa pedina avanzata nella lotta di concorrenza degli uni cont1·0 gli altri. 6 agosto. Uho orribile intenuzione a questa 1ettera. caro L:. mfo! Smisi quel giorno, il 22, di scrivere per– ché mi si faceva. tardi per andare alla posta. Uscii. e nella casella trovai tra l'altro una letteru di Nr– rico e un telegl'amma transoceanico. Que::;to mi fece tremare e lo misi in tasca, senza coraggio d'aprirlo.· Lessi la lettera. in cui il nostro ca1·0 mi diceva di star meglio, e solo si lamentava della stagione. Ma un'acclusa lettera dell'Elena. mi faceva capire che le cose anelavano pPggio. l\li feci animo e aprii il te– lègramma, dopo che ebbi camminato un pezzo 11uasi senza badare aove mettevo i piedi. Tre parole sole: ''Errico morto Elena". Tutto era finito. Non ti dico altro. Tu sai quel che era per me. ecl anche per tutti noi di casa, quell'Uomo. Ho voglia a dirmi che la cosa era inevitabile! non ci posso pensare ... A te voleva tanto Uene. Sempre si é intPi-~ssato di tutto cl6 che ti riguardava. Prima di quest'ultima disgrazia ero stato impres– sionato dal sacrificio del nostro ultimo eroe. Cile ctestlno inrame! Ed il terribile é che ogui fatto man– cato rende più ditficile ii susseguente. Le circo– stanze che hanno accompagnato l'u1Lhn6 fatto penso suggeriranno più di una norma p1·attca per l'a,;rve– nire. Ma io credo poco ai giornali. Gran parte di cl6 che si é attribuilo a dichiarazioni di S. e altri. di certo la polizia l'ha o inventato o desunto da quel che sapeva già dalle sue ·spiP. Ti pare? Ho visto anche ii disorientamento concentrazionista di (Juesta volta. Ma per giudicarne bisognerebbe saper troppe cose che ignoro. Dei resto lo si spiega. dati gli uomini e le circostanze. Tu hai rn.gione, quasi certamente: pure mi semb1·i troppo severo. come dicevo sopra. Del resto la miglior critica da farsi mi sembra quella di fare praticamentp di pi(1 e me– glio cii loro. sia nella propaganda che nell'azione. Due volte m'hai invitato a rare 1111 commento al lJrOgramma di "G. e L.''. - Ho già detto che quei programmi li lasciano quasi sempre il tempo che trovano: e all'atto pratico i loro stessi autm~ si troveranno assai imbarazzati a metterli in pratica. Lolmo sul "Martello" ne <lette un giudizio abbastan– za giusto. Ca11irai: dal nostro punto di vista la cri-

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