Studi Sociali - VIII - n. 5 serie II - 28 marzo 1937

.A.:\'\',O ,·m :\LO;\l'HDVIDEO 28 :ìLARZO 1937 Sl~R,IE 11. \'.'' .; • RI\IIST A DI llB[RO [SAMt ABBONAJ\IEK'fl: Per ventiquattro numeri Per dodici numeri $ 2.– ,, 1.2~ (Al1'estero lo stesso µrezzo, equivalente in mone– ta degli Stati Uniti a due dollari per 24 numeri ed un dollaro e 25 cent. per 12 numeri.) SOMMARIO La Spagua , la pnce (LtTJ; FABuRJ) D.rdla • pagnn ( P. T.) Testimonianze (LIBERO BA1'TISTEl,LI) Revisionismo antifascista (Ll'CL\ FEnnARI) Lettere di Luigi Fabbi·i Temistocle ilfo71ticelli - ( LucE F.\BBnI) "La ·vita. di ]l.[a/afosta" di Luigi Fabbri (,JosE B. GOMEXSORO) 'l'm le riviste e i giornali (Lux) Scrittori libertciri - Rafael Bai-rett (VLIWILI(I J30TTER0) LaSpagna el pace I popoli d'Europa aspettano la guerra e con la guerra la fine di tutto ci6 che di bello ha la vita e forse della vita stessa, con piena coscienza del pericolo e con lo stesso terrore fatalista con cui le turbe su– perstiziose dell'anno 1000 aspettavano la fi– ne del mondo e il giudizio finale. La guerra é opera umana. La volonta la provoca, la · volonta pu6 evitarla. ·Eppure gli uomini: 1 pallidi di terrore, non muovono un dito per allontanare da sé e dai propri figli la cata– strofe suprema, la morte. Quest'inerzia assurda che fa preferire u– na rovina sicura al rischio d'un'azione energica, fuori degli schemi tradizionali, si pu6 chiamare vilta. La vilta non consiste solo nel fuggire di fronte al pericolo; consiste anche in quella pigrizia spirituale che deriva dalla fobia dell'iniziativa. L'uomo comune, della stra– da, l'uomo che ha paura della guerra come di qualunque altro rischio, segue, non co– mincia. Vive alla giornata, perché il doma– ni é troppo buio ed é meglio non pensarvi. E accumulando azioni ed omissioni ugual– mente codarde, affretta il disastro che, nel suo intimo, vorrebbe che altri evitasse. Ri– cordo le parole d'un marinaio italiano in– contrato per caso poco fa: "Se lei vedesse i nuovi lavori pubblici! Genova non si rico– nosce piu; Roma é trasformata. Ora si pu6 proprio dire che é bella l'Italia. . . Musso– lini vuol fare la guerra. Tutti ne hanno paura, ma in fondo nessuno ci crede. Sa– rebbe troppo orribile. In ogni modo, se mi piglia in mare, al primo porto taglio la cor– da". Ecco il vero tipo dell'imboscato. Cerche– :ra d'imboscarsi quando scoppi la guerra e forse non lo potra. Per ora, con le sue mez– ze lodi verso il fascismo (a cui s'é abituato per amor di quieto vivere), con la sua pas– sivita, con la soluzione individuale, egoista, del problema della sua esistenza, é un im– boscato della lotta per la pace. E, come tut– ti gli altri imboscati della sua specie, dai tuguri alle poltrone ministeriali, paghera caro il suo errore e lo paghera rassegnata– mente. Di fronte a questa massa grigia (bluse da operai, giacche lucide d'impiegati, vestiti corretti e impersonali di professionisti, di àeputati, d'uomini di Stato) i profittatori àella guerra hanno l'iniziativa, e questo fa fa. loro forza. Proprio qui sta ci6 che distin- Per la redazione e l'Amministrazione ri– volgersi a: LUCE }'ABBRI, rivista "Studi Sociali" Cnsilla de Correo 141 ilIO:V'fEVIDEO (Un1guay) _._._,,._........,,._._.__.. .....w -.---.-.w.-.r.._,,._._.._._. _________ Ejido 1412 Redactor responsable HOMERO AMOROSO Montevideo gue i dittatori dai ministri democratici, i trafficanti cli armi dai soldati in atto o in potenza che pur non vorrebbero servire da carne da cannone: nell'iniziativa. Ed é a questo dovere, a questa necessita impre– scindible dell'iniziativa, che bisogna richia– mare non solo gli individui, ma anche le masse. I congressi, gli ordini del giorno, le invo– cazioni ai governi, le proteste, l'eroismo stesso degli obiettori di coscienza, non sono, nel migliori dei casi, che resistenza passiva, quando non rappresentano una vera truf– fa, come la Societa delle Nazioni o l'attuale Comitato di non intervento. Questa verita si presenta con sempre maggior chiarezza agli occhi di tutti e or– mai l'idea che solo la rivoluzione pu6 evi– tare la guerra é entrata nella coscienza dei popoli, benché non riesca a vincere ancora la forza d'inerzia, che é pur la principale forza operante nella storia umana. Dunque nell'azione diretta e violenta dei popoli con• tro i loro governi sta la soluzione dell'an- , gustioso problema. Quasi tutti -in fondo ne sono persuasi. Ma quanti sono coloro che informano a questa convinzione la loro li– nea di condotta? I comunisti fidano nelle alleanze militari della Russia e inneggia– no all'armata. I socialisti fanno credito a Blum, da cui si sentono rappresentati e pas– sano da un disinganno all'altro sul terreno diplomatico, senza modificare d'un apice il loro prudente e scientifico metodo di lotta. Saleng!'o si suicida perché I~ sospettano di non essere stato un buon soldato, quando gli unici pacifisti che possono gloriarsi del– la loro condotta durante la guerra passata sono i disertori. Rimangono soli ad avere una visione rea– lista della lotta per la pace, un buon nu– cleo di socialisti rivoluzionari che non so– no in odore di santita. presso le due Inter– nazionali, molti sindacalisti, tutti o quasi gli anarchici. Questa é la situazione. Per6 l'oggetto di quest'articolo non é l'esposizione d'uno sta– to di fatto' o la difesa d'un punto di vista nostro ormai tradizionale, che, come molti altri principi anarchici, si sta introducendo ora, per opera piu della realta che della propaganda, nel campo delle idee correnti. Scopo di queste righe é vedere se e in che misura gli avvenimenti di Spagna abbiano modificato i dati del problema. Nelle pagine della stampa nostra si CO· mincia a sentire il nervosismo che precede le decisioni gravi, che involucrano una grande responsabilita. Evidentemente, se u– na guerra Internazionale dovesse scoppiare adesso, provocata dalla questione spagnola, fra i paesi fascisti da una parte e i cosi– detti paesi democratici (anche se ammala– ti piu o meno gravemente di prefascismo) dall'altra, la nostra posizione di pacifisti rivoluzionari - se i due termini sono com– JJatibili -· non potrebbe essere esattamente la stessa che nel l914. Ma, per vedere bene quel che c'é di di– verso, bisogna cercare di ragionare fredda– mente e di non lasciarsi accecare dalla pas– sione che gli avvenimenti di Spagna hanno suscitato in tutti noi. Sopratutto non bi– sogna confondere la rivoluzione e la. sua difesa armata (ché tale é attualmente la RIYENDITA: Per ogni copia $ 0.05 (Negli altri paesi lo stesso prezzo, equivalente a cent. 5 di d·:>llaro.- Sconto d'uso ai rivenditori.) lmp. CLARlD.\D - Plaza Libertad 1137 ' o-uerra spagnola) con un conflitto interna- ;ionale che modificherebbe gli scopi ed i risultati della lotta. Sarebbe pericolosissimo farsi oggi le stesse illusioni che nel '14 trascinarono al– cuni ingenui ad applaudire il massacro in nome della liberta. Una guerra contro ia Germania e l'Italia sarebbe condotta oggi in ·nome dell'antifascismo, della civilta, del– la democrazia e magari del federalismo, contro il medio-evo fascista, l'assolutismo, l'Inquisizione. Ed i soli a combattere ed a morire per questi scopi sarebbero gli eroici militi spagnoli, i loro compagni volontari provenienti da tutti i paesi e quei soldati che si lasciassero illudere dalla propaganda dei loro governi e della loro stampa. L'eventuale appoggio della Francia e del– l'Inghilterra al "governo legale" di Spagna di fronte all'intensificarsi dell'intervento i– talo-tedesco, sarebbe diretto non a proteg– gere ma a schiacciare la rivoluzione spa– gnola. L'azione deleteria che, riscuotendo il prezzo delle armi mandate nel momento del maggior pericolo, sta svolgendo la Rus– sia nella penisola, non é che un piccolo anticipo di quel che succederebbe nel caso m cui la Spagna diventasse la causa occa– sionale di quel conflitto che, incubato dal trattato di Versailles, arde sotto la cenere m Europa da quasi vent'anni. La guerra, di per sé, genera la schiavitu. Il fatto che la Rivoluzione Francese abbia avuto bisogno della guerra per salvarsi, ha portato alla degenerazione militarista ed imperiale del magnifico impulso del 1789. Lo stesso si pu6 dire della Rivoluzione Russa e si pu6 cominciare a dire della Rivoluzione Spa– gnola. Il destino salvi la Spagna da un Na• poleone iberico! Norman Angeli, in un libro ingenuo che pure ha osservazioni interessanti, "La pace e il popolo", dice: "Noi non abbiamo ab– bandonato quel tanto di liberta, di demo– crazia, di rispetto della vita e dell'ordìne che avevamo prima della guerra, perché a– vessimo deciso deliberatamente che fosser-:> cose cattive: le abbiamo abbandonate per– ché ci impedivano di-vincere la guerra, che esigeva invece l'autocrazia, !'"azione", la violenza, la durezza ed abbiamo preso gu– sto a questi metodi, aprendo cosf la strada al fascismo e a sua cugina la dittatura ùi sinistra. Questi vasti cambiamenti nelle nor– me morali e sociali sono residui, né cer– cati, né previsti, delle necessita militari. Questi cambiamenti morali ·sono accompa– gnati da cambiamenti nella struttura eco– nomica. . . La forma d'organizzazione che meglio s'adatta alla guerra é la forma to– talitaria". Seguono gli esempi, troppo lun– ghi da ripm·tare, ma che ciascuno di noi pu6 ritrovare nella propria memoria. Le restrizioni che i popoli non accetterebbero in tempo di pace, per quanto nobile sia il pretesto sotto cui si presentino loro, sono invece subite senza proteste in tempo di guerra o di preparazione militare. A questo si aggiunga che gli Stati che si suppone abbiano interesse ad aiutare la Spagna hanno anch'essi una paura matt:,, del popolo, tant'é vero che, mentre seguono una politica di debole condiscendenza di fronte al fascismo, introducono tacitamente i sistemi dittatoriali e centralisti nella pro-

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