Studi Sociali - VI - n. 1 serie II - 20 novembre 1935

2 e piu avanzate di Bakunin e di Kropotkin. In Bakunin e nello Stirner la negazione dell'autorita é puramente dialettica, cioé si basa sulla negazione cli Dio: negando Dio, fonte dell'autorita, si nega logica• mente J'autorita terrena. In Kropotkin la negazione dell'autorita é spiegata e dimo– strata dalla scienza. Le conclusioni a cni giungono contemporaneamente Malatesta e Fabbri sono che l'origine dell'autorita ha basi positive e sociali, in quanto la fanno derivare dai concetto della responsabiliti collettiva. Per chi voglia riflettere un momento sul– le conseguenze di queste ronclusion i. mi bastera accennare che per Stirner e per Bakunin basta distruggere e demolire ogni inciampo autoritario perché la societa si sviluppi naturalmente in senso anarchico. Per Kropotkin é un problema cli studio, cli scienza e di rivoluzione. Per Malatesta e per Fabbri oltre che un problema di distruzione, é anche e sopra-– tutto un problema etico cli coscienza e di volonta di vivere senza capi e senza au– torita. Peccato che tanto Malatesta che Fabbri, i quali s'intendevano tanto bene e si com– pletavano l'un l'altro, siano scomparsi a pochi anni di distanza e nessuno dei due abbia potuto spingere più avanti le ricer– che in questo senso. Per mio conto mi pare che coloro i quali vorranno far fare all'a– narchia un passo in avanti, sara da questo punto che dovranno prendere le mosse. Espulso dalla Francia, dopo una breve stasi a Bruxelles, venne a Montevideo. Ma, disambientato, lontano dall'oggetto princi– pale della lotta immediata, lo preoccupa– vano i progressi del fascismo, l'impotenza, l'incapacita e la divisione delle frazioni di sinistra. Di pili' lo tormentavano il male che doveva condurlo alla tomba e preoccu– pazioni d'indole finanziaria. Ci6 non o– stante. prendendo la vita come una mis– sione, resto sulla breccia fino •all'ultimo. Io l'avevo conosciuto nella primavera I 1919 al cohgre::rso anarc1, Wo i F" 11ze, dove ci eravamo legati di fraterna amici– zia. Benché avessi da anni desiderio di conoscerlo, la mia natura timi-da e un po' selvaggia mi tratteneva dall'avvicinarlo senza motivo giustificato. E poi lui si dava tanto da fare che non aveva un minuto libero. Pero fui meravigliato quando, la ~ ra, all'uscita dalla sala del congresso, sentii posarsi famigliarmente una mano sulla mia spalla. E piu meravigliato ancora quando mi voltai e vidi Fabbri che bonario e sorridente mi tendeva la mano. "A! Sei tu l'Ombra di Marat? (nome col qual-e qual– che volta collaboravo sul "Libertario" du– rante la guerra). Sono contento di cono– scerti e di dirti che sono molto d'accordo con te". Io gli risposi che da anni desideravo di conoscerlo e che, quanto alle mie idee, non era strano che collimassero colle sue, per– ché io m'ero fatto principalmente attra– verso i suoi articoli del "Pensiero". Chi avrebbe detto allora che, conosciutolo quando era cosi forte e pieno di salute, con quel cappello verde a tese strette e rialzate che gli dava un'aria giovanile, quasi go– liardica. e quando tutti eravamo riboccanti di fede e d'entusiasmo nella rivoluzione che batteva alle porte, tocca[lse proprio a me in terra d'esilio vegliarlo le ultime notti in una corsia d'ospedale? Dopo quella prima volta ci trovammo spesso a riunioni, a convegni e poi alcune volte a casa sua, ma é in esilio che ho po– tuto apprezzare e conoscere nell'intimita la sua bonta d'animo, la delicatezza dei suoi sentimenti e la sua infinita bonta. Un esempio fra i tanti. Una sera vegliavo Fab– bri insieme ad un compagno uruguayo. Il male di tanto in tanto gli strappava grida che straziavano il cuore. Durante una di queste crisi un malato, seccato, gli disse di piantarla perché egli voleva dormire. Fabbri si tacque immediatamente contor– cendosi nel letto e facendo sforzi di$perati per non gridare. Passata la crisi, egli disse sottovoce: "Il vicino ha ragione; egli ha diritto di dormire ed io non devo molestar- S 1 rUDI SOCIALI -----------------····--·--·-- lo". Il compagno uruguayo si meravigli6 del suo stoicismo, ma io, che lo conoscevo bene, mi limitai a sorridergli e a stringergli la mano. 1 rORQUATO GOBBI. Guerra La tragedia vecchia cvme ruomo, no, ,,ecc·hia come il monùo, tinge di sangue ora i Je::i?rti c. le montagne dell'Africa oricalale, dopo essersi trasci– nata per anni ,sulle immP.nse frontiere cinesi e nei boschi p:intanosi del Cbaco. l!l Europa si trattiene il respiro, in attesa della catastrofe. E si sc.1·ive, .si scrive come e~ giovasse a qualcosa. E ancor pill si parla: nei cornizi e nelle conferenze diplomatiche, nei congressi rpacifisti •e ne.lle commissioni e sub– commissioni .cli iGinevr'.1. L'inchiostro e le, 1)arole scorrono come il sangue, ma sono impotenti a eta– gnare iI sangue. Volevamo oggi, ,dalle r1oloune di "Studi Sociali", 1limitarci a parlare dell'uomo che fece ,di questa rivist11 l'ultima sua arma <li combattimento. Ma il grido d'angoscia che viene dall'Italia, che viene dal- 1' Africa, non pu6 non mescolaTsi al no-stro <lolore. L'umanitA é ormai tutta una piaga. sanguinante, e la tombe si tra.6formano in trincee tanto fra le rupi etiopiche come per le lunghe vie dell'esilio. Dal 1914 non si piange più, perché il pianto é poco ed é vile. La guerra, 13. pace tormentosa, la guerra di nuovo in vari punti del pianeta, preparazione della cata– strofe finale ... Di fronte alla tragedia chF) si ripete, mentre i pochi che ne profittano dimenticano per il van– ta·ggio immediato la nemesi inevitabile, mentre i molti s'a,bbandonano all'orgia ,cli sangue con la -ce– cita ,sa{lica d'un vuoto e sonoro nazionalismo, gli uomini veri, preparati a ,tutto ,da una el,ementare chiaroveggenza. cercano disperatamente la parola nuova ohe liberi i -Oifenaori ,della vita <1al circolo vizioso <!ella blanda opposizione sentimentale. Gli spiriti ansiosi di pace sono moltissimi, sono Illaggioranza, senza dubbio. Eppur-e la. rpace, ,stato naturale e normale della ·società, secondo la fin• zione giuridica, si trasforma sempre pili. in utopia. E' facUs e ,eamnd!ul.hbandonarsi fflio scoraggiamentQ fatalista. Per6, se é rimMta all'uomo una scintilla di •dignita che gli ricordi -cl'essere :una creatura ra– zionale, non pu6 non presentarsi sponta110a la do– manda: ,perché ,quest'impotenza dello spirito di paco di fronte agli interessi omicidi, -del lavoro creativo di fronte allo sforzo -di distruzione, della vita di fronte alla morte? La ragione di questa tragica inerzia sta nella poca fiducia degli inclivi:lui in se .stessi. Le innu– merevoli associazioni pacifiste aspettano che il ra– moscello d'ulivo caschi dall'alto. Il loro sguardo si dirige più spesso alle ,!te sfere della diplomazia in cui la guerra e la pace sono, anche tra le migliori intenzioni, oggetti di compra-vendita, che alla vera potenza, senr.a cui non si pu!) fa1· la guerra e la cui volontA unanime potrebbe imporre la pace: il popolo. r1 maggior pericolo d'una guerra non sta mai nella totalita d'una nazione, mf\ nelle ambizioni ,di predo– minio interno o esterno del suo governo. La guerra d'Africa non é voluta •dal popolo italiano, ma da Mussolini. E la politica ester~ •delle grandi e piccole potenze é dettata più dalle esigenze dell'alta ,banca e dell'alta industria (più o meno legate al gioco d'interessi -che prep:ua l!!, condizioni favorevoli allo .scoppio della guerra) che dalla volontà popolare. Per questo nessun organismo che -abbia per .base l'autorità statale 1rn6 assicura-re la -pace. La parola d'ordine che s'é fatta sentire questi ultimi tempi, in -occasione -della .guerra '(}'.Africa, ( stata: "Appoggiamo Ginevra". La Lega •delle Na– zioni, ,dopo il rumoroso ecacco in -Manciuria, ,dopo i tentativi inefficaci nieilla guerra ,del ,Chaco, arrivi ancora a ,entusiasmare una iquantitfl. enorme d'inge– nui ch·e vedono in Jei la roccaforte •deJI1..pace, quando non é se non Io .strumento d'un imperialismo occa– sionalmentf' avverso all'imperialismo mussoliniano. ·Come Ginevra non 1•iesce ora\ ad arrestare una guerr:i. in Africa, non riuscirebbe domani ad impe– dire un conflitto italo-ing~ e.se nel 1\fediterraneo, né potrebbe idifendere uno dei ,suoi membri, .l'Etiopia, da un eventuale accordo fra i due l)Otenti avversari per il suo smembramento. La resisteuza alla guerra d'una. coalizione di stati non pu6 essere se non incerta e temporanea; 1)81' la natura ~tessa •dell'ietituzione . .statale ·e delle rela– zioni interstatali é sempre ,soggetta a sboccar-e In un'aHra guerra. L'unica resistenza ,seria ,é quella delle masse popolari contro lo stato. Bisogna at– taccare il male alle radici. iSarebbe ben pili. rapida la tSO.luzione àel problem.'.l se tutti gli uomini che vogliono la pace, invece <li dire: "Appoggiamo Ja 1Lega delle Nazioni", dicessero: "Appoggiamo il po– polo italiano nella sua lotta contro il governo far:;ci– sta che l'opprime e lo .trascina suo malgrado alla guerra". ll popo.lo italiano •ha sofferto una lunga passione; s'é ,difeso molto pili. di quanto si cre<la con.tra le catene che il capitalismo -della peni,sola, aiutato dal capitalismo internazionale, é riuscilo ad imporgli. E mentre tanti comuni-sti erano torturati bestialmente nelle carceri fasciste, Balbo era ricevuto trionfal– mente <lai governo sovietico ad Odessa; mentre la stampa liberale era soppressa e Amendola ammaz– zato a bru;tonate, Mac Dona!{] stringeva la mano a Mussolini. ·Mentre in Italia si esaltava lo spirito •bel– lico ,dei giovani e si preparava osten3ibilmcnte la guerra, \Livtinoff dirigeva, -Pa:rtendo, a .Mussolini, parole 'Cli cortesia che suonavano elogio, il governo inglese chiu,deva le -sue porte ai profughi antifa.aci– sti che pel solo fatto di esserlo -combattono per la paoe e la democratica Francia li cacciava in gran numero dal suo territorio. L'unica solidarietà che il popolo italiano ha ricevuta nella sua lotta oscura contro il fascismo, l'ha trovata fuori delle sfere uf– ficiali, nell'aiuto umile delle masse che soHrono e lavorano. E questa é la solidarieUi che reclama an• cara una volta il popolo italiano contro questa nuova sciagura che Ja dittatura fascista ,ba fatto piombare sul paese. L'opposizione di Ginevra alla. guerra italo-etiopica, pu6 essere una circostanza. favorevole •da mettere a profitto, ,senza darle 'llll valore morale che non ha; ma é una circostanza transitoria, r 1 hC', :l'altra parto:', sembra incubare i motivi d'una [ulura nuova guerr':l. proo:sima o •·emota. -Riporre in essa tutte le sp3• ranze di pace sarebbe un vero suicidio. Bisogna insistere su questo: l'impotenza •del pad– fismo •sta in questa fiducia n(¼J}'azione ufficiale tìei poteri ,costituiti e sta anche nell'orrore che gli !==l~i– riti nobili sentono per l'u,so <1ei mezzi Yiolenti. L'av• versione a11a guerra non é per molti se non avver– sione alla violenza. Ed é naturale che questo 1 i br zzo produca, in un mondo in• cui impera la fnr:!a bruta, una sensazione di scoraggiamento. Pure ne!!J. dir;pcrata-corrh"o--1a-d1~ t .... , lTO'T ;:; Dtrare questo ribrezzo arriva ad C'3Sere vilt:i. Guerta alla guerra vuol ,dire guerra allo atato; e non Ll 1 ·11 conflitto elle -si risolva con 11arole e neanche enn quegli eroici sacrifici jndividuali che sono lo co:.:;i– def te "obiezioni di coscienza". rJa guerra é una conseguenza del contrasto fatala fra gli interessi capitalistici; é anche un'esigenz:t politica intermittente ,cli~1ualunqne potere statale; ~; combatte contro .cli lei Jottanclo contro ropproosion~ economica e 1politica. .L'unica guerra per far finire le guerre (anche se gli alleati dissero che -era quei– la riel 14-18, 2.nche se ora diranno che é la difes., della. Russia, o la guerra contro l'Italia) non pu6 ess re .altro che la guerra civile, del popolo .contr 1 chi l'opprime, non pu6 essere altro che la rivolu– zione. 1)~inohé il popolo non capir.i che i suoi •destini e•tanno nelle sue mani, perché nelle sue mani sta la forza ,d,el numero contro Je armi dei meno, :a forn •dello spirito contro ,quella del danaro, du1·er:, l'incertezza !3 il disorientamento. Tutti pensano ai Joro piccoli interessi immediati; é vero. Pur di <lare un po' di pane ai loro figli, gli operai fabbricano le granate, i fucili, le bombe; e cim•wuna di queste cose rappresenta una o parecchie sentenze 'Cli morte. [)i questo tradimento allg leggi sacre della vita tutti, direttamente o indirettamente, , sia.mo complic'i. La preparazione •della guerra é una catena immeMa, che va dalle miniere ai piroscafi, da.~li uffici comm·erciali .alla fabbrica cli armi, dal;a scuola al cinematografo. Perché la catena non r::i rompe? Non ,é so.lo determinismo economico; é an– elli} e •soprntntto for.se, paralisi della volontà. Si vive alla gi-oTnata per paul'a ,di gu:i.r-dare più lontano ,di ·<1.omani. S'intui,sce ,che la picco.la e in– sicura tranquillitA •di oggi ~i '!)aga con una cata– strofe prossima •e l'interesse materiale stesso consi– glierebbe la ribellione. Ma la volontà collettiva rimane inerti?-, perché gli individui, isolati e 'Sfidu– ciali, aspettano Ja salveZ3a dall'alto: aspettano 11 vii a dalle fonti della morte. Ognuno disprezza il proprio grano di sabbia di fronte all'immensità del pericolo e Io lascia cadere. invece -di portarlo alla costTuzione comune. Per qu~– sto coloro che ,cred,ono in se stessi e nell'uomo, coloro elle hanno te-de neUa forza della propria voce e rlella propri~ mano, .sono spe1'duti. nel de<lerto.

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