Studi Sociali - anno IV - n. 24 - 22 aprile 1933

•aggiunta. E n'é 1·isultato quello che i lettori han veduto. Cercheremo, potendo, di far meglio in seg11ito, - se il segnita1·e non ci sara reso impossibile. Comunisti e Socialisti in un articolo di K. Kautsky Tutti sanno che, a rigore, noi anarchici potremmo rivendicare come nostro il titolo cli Hcomunisti", poi• ·ché per piU di cinquant'anni siamo stati i soli a chiamarci tali. Ma d'altra parte é anche vero che tutti i sistemi comunisti storici furono autoritarii; e dopo che, in seguito ai grandi avvenimenti ini– ziatisi con la Rivoluzione Russa del 1917, tante pa• role ban mutato interamente di significato, compresa la parola "comunismo", sarebbe puerile perder trop. po tempo semplicemente per ridare ad esse il sen– so che loro davamo noi. Senza volerlo, contribui– remmo a. mantenerse con ci6 un equivoco lamente– vole. E' anche troppo grande il numero di coloro -ehe, ignari, vogliono metterci tutti in un sacco con i bolscevichi; e non vogliamo facilitare la confusione rivendicando lo stesso qualificativo che é piaciuto a questi ultimi cli darsi. Lo stesso fenomeno che per noi si é prodotto pei socialisti. Vale la pena cli esumare un notevole m·ti– colo di alcun tempo fa del vecchio I<. Kautsky, il quale fino alla rivoluzione russa era l'oracolo di tutta la social-democrazia, in quanto anch'egli mo– strava di temere una confusione teorica e pratica tra bolscevismo e socialismo. Non é senza inte– resse per noi vedere com'egli si spiegava in pro– posito, poiché da ci6 ch'ei diceva resta ancor meglio lumeggiata la nostra posizione di fronte agli uni ed agli altri. Ecco la conclusione di quell'articolo: "Non voglio qui .sviluppare questo punto che so• cialismo e statizzazione della produzione sono per noi cose assai diverse. 11 sistema comunale ed il sistema corporativo possono e debbono avere gran parte in una produzione socializzata; ma devono essere autonome al piti alto grado 1 perché il si• stema socialista possa giungere a quella elasticità e capacita d'adattamento ai bisogni del consumo che sono indispensabili ad una produzione moderna." Noi potremmo sottoscrivere tutto ci6; ma, mentre noi escludiamo in blocco qualsiasi statizzazione, Kautsky 11ammette, non senza fare per6 alcune osservazioni interessanti. Sentiamolo: "Le J)iti importanti 1 le piti essenziali delle grandi in1prese capitaliste dovranno, nonostante e neces· satiamenle, ùivenire Proprieta dello Stato. Su q.uesto punto, noi ci troviamo senza dubbio cl 1 accordo coi comunisti. Ma questo incontro basta forse a dimo• strare la "comunanza dello scopo finale?" Niente affatto. Ci6 sarebbe vero solo se tutti gli Stati fossero della medesima specie. "Non tutte le statizzazioni sono forzatamente, solo per ci6, delle socializzazioni. Quando, sotto il re• gime imperiale, Bismarck voleva statizzare il com· mercio e la produzione del tabacco, noi social•de– mocratici vi abbiamo fatta una opposizione catego• rica. "Laddove il governo é nelle mani d'una minoranza e costituisce un mezzo di dominare con la forza la grande massa del popolo, ogni statizzazione dei mez· zi di produzione significa un accirescimento del despotismo della minoranza ed un aggravio di schiavitù per le masse operaie. La statizzazione ., realizzata da uno Stato di tal sorta, é tutto il icontrario della socializzazione cui noi miriamo. "La sola statizzazione compatibile con i fini cui mira il isocialismo, é una statizzazione in seno <li uno Stato democratico, che lasci alle masse ope– raie una piena liberta di movimento, una completa indipendenza di organizzazione; che accordi ai co– muni e alle provincie una larga autonomia, impli• cante la liberta cli stampa ed un governo responsa– bile innanzi agli eletti del suffragio universale e segreto." Questo passaggio potrebbe essere interpetrato nel senso che ogni statizzazione .fatta da un governo borghese dovrebbe in con tra re l'opposizione dei so· cialisti. In pratica avviene tutto il contrario. Senta contare che ogni statizzazione, anche in regime so• cial-democratico1 sarebbe per sua natura una dimi• nuzione cli democrazia, sta di fatto che, in tutti i paesi del mondo in pieno regime borghese razione parlamentare socialista ha sempre sopratutto favo– rito le statizzazioni, - benché le condizioni di li· berta, d'autonomia e di responsabilitA di cui parla Kautsky fossero ben lungi dall'esservi realizzate. Quante volte non abbiamo noi detto che le sta– tizzazioni aumentano la tirannia· dei governi e ag. gravano la servitù dei lavoratori 1 facendoci rimbrot• tare aspramente dalla stampa riformista! Ed ecco che Kautsky ha detto qualche cosa di simile. Cosi pure egli constata: "Nello Stato modello dei comunisti, in Russia sovietica, lo Stato incarna, non la nazione, ma un partito -che non raccoglie neppure l'uno per cento della popolazione. El questo partito medesimo é interamente sotto la dipendenza d'una cricca che detiene il potere. La statizzazione dei mezzi di pro• duzione é cosi di fatto la proprietà privata della cricca che governa. Questa dispone sovranamente dei mezzi di produzione statizzati. Ogni lavoratore che le dia ombra, anche se appartenente al partito comwnista, é gettato snl lastrico, diventa un dtsoc- S'J'U])I SOCIALI cupato, vien privato dei mezzi di produzione di cui ha bisogno. Egli comprende cosi, in modo irrefu· tabile, che non é lui, né la sua classe, né la nazione che possiede i mezzi di produzione, ma soltanto quella cricca che s 1 é impadronita dello Stato." Come sono esatte queste -costatazioni! Ma allora, si pensera, non più Stato e non più fazioni di Stato! No, Kautsky non la pensa cosi; lo Stato resta sem· prn l'unica speranza di tutti i socialisti. E Kautsky ce ne dei..questa immagine perfezzionata: "Lo Stato che abbisogna al proletariato per libe– rarsi, lo Stato che noi vogliamo instaurare, lo Stato veramente democratico, é tutto il contrario dello Stato che ci propongono i comunisti. Cosi la statiz· zazione che vogliamo noi non ha nulla di comune con quella realizzata dal bol,scevismo. In realt:i non abbiamo di comune con esso che una parola, "statizzazione", e non la cosa. Noi intendiam.o per socializzazione tutt'altra cosa di ci6 che i comu• nisti intendono con cotesto termine. "Questa dif[erenza, su cui noi qui insistiamo, non é affatto un ca villo. Essa ha un grande significato pratièo. Poiché i nostri avversari borghesi non si stancano di dire che "lo scopo finale del sociali• smo'' si trova realizzato in Russia, se anche noi riconoscessimo tale "comunanza cli scopo,i rischie• rtmmo cli addossarci tutta la spaventevole banca• rotta morale ed economica del governo russo, mal• grado tutti i nosfri sforzi per sottolineare Hla con• tradizione tra i fini e i mezzi'' del bolscevismo."' Pu6 esser [astidioso che la prima realizzazione f:Sdicente socialista avvenuta nel mondo, sia quel· lo che é, giustificando in ogni punto la -critica anar• chica. Ma noi non ci possiamo far nulla. Non é agevole del resto spiegare come un governo possa somigliare stranamente ad una cricca, e come "le più importanti, le più essenziali delle grandi im· prese" possano diventare sua propriet;-i senza fargli acquistare una forza temibile straordinaria. Che si voglia lasciare nel conto dei bolscevichi tutte le loro realizzazioni, sotto pena di fornire ai borghesi i migliore argomenti contro la propaganda rivolu· zionaria, ci6 é ben comprensibile. V'é del resto in Russia un sistema esclusivamente capitalista. Capi• talismo cli Stato e capitalismo privato vi si confon· clono in una misura diversa che altrove, questo é vero; ma insomma, ci6 che non é proprieta. privata é proprietà dello Stato, ecl il salariato vi sus~iste con tutte le sue piti stridenti disuguaglianze. Una vera grande esperienza di socializzazione é cosi ve• nuta a mancare, ed é cosa davvero rincrescevole. Kautslcy fa poi questa costatazione di fatto per– rettamente esatta: "Fino al colpo di Stato in Russia del novembre J 917, bisogna riconoscerlo, v'e stata, tra il bolsce· vismo e noi, assoluta comunanza, non senza dubbio di "mezzi", ma di "fini". Perché. fino a Quel mo· mento, i bolscevichi hanno, anch'essi, avuto per scopo lo Stato democratico e la statizzazione nell' orbita della democrazia. Ma, appena giunti al po· tere, essi hanno gettati ùalla finestra tutti quei prin• cipii democratici per i quali avevano fino allora combattuto ardentemente. Essi non sono il primo partito che abbia, giunto al governo, praticato pre· cisamente il contrario di ci6 che avevano rivendicato mentre erano all'opposizione. Ma nessun partito ave– va ancora operata una tale conversione con tanta rapidita e con meno riguardi. Nessuno aveva avuto un simile cinismo di continuare a pretendersi l'u• nico guardiano fedele d'una dottrina cla lui difesa a parole, e di infamare col nome di traditori coloro che in realtA la praticano ancora. Ci6 é stato possi– bile soltanto perché la grande massa dei lavoratori russi é totalmente ignorante cli cose politiche e sociali, ed anche perché nell'Europa occidentale la guerra mondiale ha spinto nelle file cli coloro che combattono per la liberazione del proletariato una quantitA di elementi del tutto digiuni di conoscenze politiche." Bisogna per6 a questo punto dire al Kaustky che, non soltanto l'andata al potere dei bolscevichi, ma tutte ,quante le ascese al governo, di qualsiasi par– tito, in qualsiasi paese, sono state sempre seguite da tradimenti. Ci6 che stanno in questo momento facendo i socialisti democratici al potere in Spagna non é senza significato. Senza dubbio il voltafaccia clei bolscevichi ;,, Russia appare d'un raro cinismo, se si paragona il loro programma clell'aprile 1917, quando si chiama– va.no ancora -social.:democratici, ,con le loro po!t&– riori teorie dittatoriali; ma sara. sempre cosi con tutti gli "arrivati .. al potere. Certo, vi sono dell& differenze, sfumature diverse, tra le varie tiran– nie statali, ma i loro mezzi e fini variano piU tor• malmente che sostanzialmente. Il Kautsky cosi conclude: "Io temo che, continuando a parlare anche oggi di una comunita cli scopi coi bolschevichi, noi sem• breremmo riconoscere che questi sono restati fe• deli al nostro scopo, e renderemmo cosi ,più dif– ficile ancora la iniziazione politica tanto assoluta• mente necessaria. Io credo che sia sempre più in– dispensabile insistere di nuovo su questo fatto, che ogni statizzazione non é forzatamente una socializ• zazione nel senso socialista della parola, cioé una emancipazione del proletariato." E' sempre pericoloso darsi un governo, sia pur quello che più sembra augurabile, giacché studia.n· dolo bene non é difficile scoprirvi tutti i difetti, se non tutti i delitti, -degli altri governi anche i più ripugnantL Del resto, nnlla v'é di più assurdo che di riferirsi sempre alla dittatura russa, a proposito del mòvimento rivoluzionario universale. La storie. ci insegna che 1 ogni volta che una rivoluzione sboc• 5 ca nella dittatura, essa -corre verso la rovina; senza che, naturalmente, qualcuna delle sue conquiste non resti con ci6 meno definitivamente acquisita. Da parte nostra, non v'é pericolo che possiamo mai confondere socializzazione e statizzazione. Piti ancora, noi affermiamo che i due termini si esclu· dono reciprocamente. Non vi sarà socializzazione se non quando tutto ci6 che appartiene ancora allo St:.to (oltre che ai privilegiati) ritornerà alla So· cieta. Non potendo lo Stato esser confuso con la Societa, l'economia statale é in opposizione diretta con J'economia socialista nel senso genuino ,della parola. Noi non abbiamo presentemente che capi• talismo privato e capitalismo cli Stato: la socializ• zazioue non pu6 rea1;iz~'lrsi che \Contro 1runo e contro l'altro. LUIGI BERTONI Il "Revisionismo,, fuori della "Realta" rivoluzionaria (Continuazione e fine; vedi numero precedente.) "Parclaillan" potrebbe clirmi che la difesa della libertA contro i possibili ritorni statali avra biso· gno di qualche organo coordin8.tore. Certamente! e non é certo a chi va sostenendo da quarant'anni la necessità dell'organizzazione ch'egli pu6 inszgnarlo ctopo averla, forse anche lui, avversata fino a ieri. Ma io m! rifiuto a dare all'organizzazione, - appunto perché sono anarchico, - funzione, facoltA, carat• tera e nome cli "governo ... lo capisco che chi ha com• battuto sempre l'orgnnhzazione, perché crede a torto che organizzazione e autoritA siano inseparabili, quando alfine si convince che l'organizzazione é ne• cessaria, si pieghi ad accettare l'autorita come un male necessario anch'esso, e arrivi a sentir bieo• gno perfino d'un goveruo... magari apparente. Ma iC' e gli anarchici che la pensano come ine, siamo fuori del suo errore logico che lo fa cadere dalla padella nella brace. La coordinazione della difesa della liberta sarà necessaria, ma essa pu6 essere organizzata liberta– riamente, senza bisogno d 1alcun governo cli nome o ,11 fatto, attraver•o le assemblee popolari, le asso• ciazioni cperaie e rivoluzionarie, i gruppi d'inizia• tiva, ecc. e gli organismi che ne scaturiranno avran• no facolta e funzioni diametralmente opposte a quel• le di un governo/ e confonderli col governo sarebbe ridicolo. Ma della questione cli lana caprina sul nome ho giA parlato; ed é inutile riparlarne. A pensarci bene, rinsistenza di "Parclaillan·· a volere un governo che appaia e non sia potrebbe cli• pendere anche da un ragionamento più o meno sub• cosciente ma puerile come questo: Le masse non sono ia maggioranza anarchiche; appena si sono li· berate cli un governo credono di non poter anùare avanti senza farne un altro? Contentiamole! diamo loro l'apparenza di un governo 1 un governo di carta pesta, che serva solo a dar loro l'illusione a·esser governate; e se quel governo l'avremo noi nelle mani, evitando che cada in mano di quelli che vor· rebbero governare sul serio, potremo dietro quel paravento realizzare una societa libertaria. Se é cosi, francamente, mi pare roba eia matti! una specie di gherminella, come quella con cui si canzonano i bambi, dicendo loro che per acchiappare un passero basta mettergli un pizzico cli sale sulla coda .. Intanto il ·solo dire fin da ora ai quattro venti, come se le masse no·n aves-r.ero orecchie per ascl'}l· tare e occhi per leggere, - e non vi fossero a:tri interessati a scoprir loro, qualora non se ne fosser.) accorte, gli altarini nostri 1 - il dire pubblicamente che vogliamo dare alle masee l'illusione d'un governo senza la realtl.t, é più che bastante perché le massi"3, giunto il momento, si burlino cli noi come di scioc• chi ciarlatani. Eppoi, per "sembrare" governo 1.!i vogliono certe apparenze indispensabili di poter(•, 1,rima di tutto l'apparenza della forza materiale. Ci sarebbe dunque qualèosa che "sembri' 1 polizia, e::;~r– cito, tribunale, ecc.? Mi si risponderA cli ho, imma· gino. !Ifa allora, che cosa dara a quel gruppo di "libertari" che si daran l'aria di governo rapparcnza di un potere qualsiasi? Il solo fatto di emana!· ctei cl.ecreti? Troppo poco! Dopo un giorno, il giochet t.::> sarebbe scoperto, ili capirebbe, che il governo non e-onta nulla, nessuno gli darebbe retta. E se le maggioranze popolari, incapaci di far ùa. sé, vorranno un governo 1 se ne faranno uno sul serio con uomini di veri partiti di governo, il cui primo atto sarà di organizzare una !orza armata, ·che C'.O· irincera, se pure lo crederà necessario, col manùare a. carte quaranfotto quel povero ecl inerme •·go· verno libertarion armato solo delle sue ottime il~· tenzioni. Ad impedire c.:he questo "governo re~t8·• se• costituisca 1 o, se si costituisse malgrado 1a no· stra opposizione, a renderlo meno forte ed oppres• sivo, a salvare contro di lui la maggior somma di liberti poslidbile, a garautire alle minoranze ìiber– tarie i maggiori diritti possibili di autonomia, rli propaganda e di sperimentazione, non ,ci sara. altro mezzo che la resistenza organizzata, armata e co– ordinata dal basso delle stesse minoranze liberta· rie, alle quali il "governo libertario" non avr{t ser– vito a niente. Al contrario, es-so sarei stato per quelle un equivoco compromettente, un perditempo ed un motivo di debolezza e di sconfitta di pm, per averle allontanate in un momento critico e decisivo dalla esatta visione della realta. .. * * Non faccio la polémica per la polémica; e quindi non sto a rilevare, solo pel gusto cli confondere rav•

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