Studi Sociali - anno IV - n. 24 - 22 aprile 1933

viduaHsti", i quali si compiacciono in ragionamenti :~s~::cl:ili :~e:::e:: 1 ~::~:1!u01:1::~-~,n~, 1::;ani: Pf: 1~~: . \ stessa causa per cui lottiamo noi. Forse non. si dif• ferenziano da noi, se non perché hanno la testa piena cli nozioni disordinate è ma·1e assimilate, e si accorgeranno cli essere d'a-ccordo con noi. quando avranno digerito i libri letti '"con troppa fretta. Ed infatti il mio contradittore, che a udirlo sem– brava un flagello per la povera umanita, mostr6 poi che in realta egli si preoccupa degli effetti che le azioni •dei singoli possono produrre sulle rJon.dizioni degli altri e che .s'interessa egli pure alla -ca.sa generale, quando conchinse esclamando: Ah! che co– sa avverrebbe se tutti facessero con1e Bonnot! 'Come ·sarebbe pill possibile l'oppressione?! • * * In quella esclamazione vi é la chiave d0ll'errore in cui sono gl'ìndividualisti, o almeno tutti quelli pei quali l'individualismo non ,significa bat-so egoi– smo ed insensibilita pei mali altrui, ma é invece una dottrina, un metodo che si propone l'emanci– pazione integrale -di tutti g.l'indi'viclui. Essi <,redono che l'amore e la solidarietà tra gli uomini possono e debbano rderivare dal contrasto degli egoismi in lotta; che l'emancipazione umana possa e de-bba derivare dalla ribellione dei singo– li, cli tutti i singoli, cia,scuno per suo contO, incu– rante degl'interessi degli altri. Ora, durante tutta quanta la vita dell'u nanit(t, gli egoismi sono stati in contrasto, ed i singoit hanno lottato, come le loro forze permetteva 1 H', p 1 2r i proprii interessi, indifferenti o avve1'SÌ agl'1nteressi altrui. E •quello elle ne é derivato é la società a:– tuale; .la quale, se non é ancora peggioTe e se ha lasciata una certa possibilitci di progrésso e ili svi– luppo, gli é perché, nel corso dell'evoluzione, i ,sen– timenti altruistici - amore, simpatia, spirito di oa• crifizio, mutuo appoggio - hanno sempre corrett~ o attenuati i mali effetti dell'egoismo e clel'.a lotta. .Se tutti facessero ·come Bonnot, vi sarebbero i Bonnot~ più forti, o più abili, o più fortunati, che ., vinoereb:bero, ridurrebberq_ in ~chiavitù gli altri e li coE:tringerebbero a lavorare per loro. Ma se tutta la societa attuale é composto, <li Bon– not, grossi e piccoli, che cercan~, con tutti i mez– zi, di sopraffarsi l'un altro! E)d il Bonnot di cui si tratta, 11011 é -caduto egli vittima cli Bonnots più 'Veri e maggiori, che, pa.T es'Sere stati ladri ed a,ssrussini già molto prima che egli veniS!Se al mondo, hanno accumulato mezzi di difesa e di repressione contro cui si resta impotenti se non si conta che ,sul proprio coraggio pl?rsonale, anche se si é armati di una aU:tomobile e idi una pLstola automatica? L'emancipazione non pu6 venire che quando gli oppressi si ribellano contro gli oppressor! nell'in– te~ss-e di tutti. Una societa in cui sia garantito a tutti gli in– dividui il completo sviluppo della loro pe.rsonalita deve essere fondata sull'amore e su11a solidarieta fra gli uomini e non pu6 derivare che •dall'amore e dallo spirUo di sacrifizio. Dalla lotta fatta per conto individuale non può derivare che la vittoria degli uni e quindi la scon– fitta e la sottomissione degli altri. ERRICO MALATESTA. (Dal ;periodico "Volonta" di Ancona, n. 19 <(el 18 ottobr·e 1913). 1 Con questo articolo terminiamo la ripubblica– zione degli scritti di E. Malatesta sulla violenza e argomenti affini cli data meno recente, iniziata, com-apevole l'autore, dal n. 16 ciel 10 gennaio 1932 cli questo periodico. Ne abbiamo lasciato fuori due o tre brevi note di minore importanza apparse ne "L'Agitazione" e in "VolontA" di Ancona, di carat– tere esclusivamente polemico e conting~nte, che non modificherebbero in nulla il pensiero dello scrittore . .Altri ve ne sarebbero, usciti posteriormen– te, dal 1920 in poi, in "Umanita Nova" di Milano e Roma ed iu "Pensiero e Volonta" di Roma. Ma que,. sti sono certo ancora presenti nella memoria della ma·ggior parte dei nostri lettori; ed in ogni modo é assai più facile ritrovarli, e molti cli e.ssi saranno di sicuro compresi nella ristampa degli scritti di Malatesta che sta preparando presentemente il no– stro Luigi Bertoni per "Il [Risveglio" di Ginevra. Dal prossimo numero ripr-enderemo la pubblica– zione di altri scritti meno conosciuti e pill vecchi di argomento diverso. STUDI SOCIALI XX Marzo 1933 Altra data da ,segnare nell'albo d·el martirologio proletario, diei vinti, degli oppressi. Giuseppe Zan– gara, per aver attentato alla vita del presi:de·nte eletto degli Stati •Uniti (non lo colpi, e ,rimase uc– ciso per errore un altro dei 1 presenti), il 20 marzo u. s. veniva bruciato sulla sedia ielettrica nel peni~ tenziario statale di Raiford, Florida. Cosi pass6 la vendetta statale; e il "rogo senza fiamma" ha ripetuto la barbarie che nel '500 e inel '600 l'Inquisizione opponeva ai ribelli alla 1Chiesa. Allo istef,s)o modo si puniscono oggi dalla .classe bor– ghese coloro che si ,ribellano armata mano ial 'Capi– talismo. Non facciamo disquisizioni giuridiche. Pu6 darsi che la fredda lettera ,della legge sia ,;tata ~P· plicata con ,esattezza contro il giovane 1ribelle, che pure aveva compiuto il suo atto tragicO sotto la epinta ,di una esasperazione piU forte di lui, d.eter– minata da una .malattia che lo tormentava (e ,dalla miseria -che lo perseguitava, oltfe che dalla visione della spaventosa ingiustizia ,oggi piU che mai i,mper 4 versante ,nel mondo. Pu6 darsi ... Ma non dimenti– chiamo che la ~tessa legge é piena di 1riguardi, non giunge mai all'estremo della pena •di morte, e spesso mand.a completamente impune il responsabile, quan– do chi colpisce é. qualcuno dei privilegiati ie la vit– tima qualche appartenente alle classi piU po.vere della societa. ' Ci limitiamo a ,costatare che l'omicidio a mente calma, 1 al riparo· delle leggi e della forza statale, premeditato e preparato s.enza pieta attraverso una procedura irresponsabile, é aesai maggior delitto,– in cospetto della legge morale, - di quello ,di chi ha già sconta~o in antecedenza con una vita di dolore il suo atto 1disperato e a questo fu trascinato dalla forza irresistibile della passione o della pro– vocazione ,sociale. Non é teoria usovversiva" questa; é. la semplice voce d'ella ragione umana che, sin dalla fine del secolo XVIII, sulla guida dell'alto int:~gnamento di Cesare Beccaria, spingeva tutti gli uomini di sentimenti elevati, filosofi, giuristi e pen• s:atori, a "Chiedere l'abolizio:ie della pena di m,orte. · Altri tempi, ~li odierni! Il progresso ha sostituito la ,sedia elettrica alla mannaia o al rogo; ma il senso morale 1ha fatto un tremendo sbalzp all'in– dietro. Nessuno sembra ac·corgersi di queste tragedie individuali, mentre un .ciclone furioso di reazione e di morte s'abbatte 1sui d 1 ue emisferi e stronca col ferro, col fuoco e con la fame migliaia di vite uma– ne. La tragedia collettiva sommerge e scolora quella dell'individuo isolato. Eppure questa deriva da quel• la; ,ed anc.he l'atto di Giuseppe Zangara ne é la conseguenza logica e inevitabile, come tan•ti altri; allo stesso modo del fulmine ,che ,solca a intervalli le nubi negre e folte che ,oscurano l'atmosfera in un giorno di tempesta. L'attentato di Miami, Fla. del 15 febbraio u. s. cui segui rapida la 1vendetta legale del 20 marzo, ha carattere sociale, piuttosto che specificamente politico. Il suo autore non parve appartenere a nes– sun partito o corrente politica determinata; egli non fece altre di1chiarazioni fuori quelle di un o.dio ed ira profondi contro la tirannide capitalista di cui si sentiva vittima. Il che non gli ha impedito fino all'ultimo istante idi mostrare una ,coscienza diritta ed un coraggiosissimo sprezzo della morte, sdegnando e rifiutando tutti i conforti civili e reli– giosi offertigli dall'ipocrisia dominante. Si avvi6 so– lo al patibolo, non volle essere sorretto e accom– pagnato dalle guardie e, sedutosi sulla triste se.dia d'acciaio, egli stesso invoc6 la scarica micidiale. Giuseppe zangara non era un anarchie.o, come er– roneamente lo aveva .detto qualche giornale sud– americano. Ma che importa? Gli anarchici sono sem– pre dalla parte dei vinti, delle vittime, dei caduti, Epecialmente quando questi son della famiglia innu· mere degli sfruttati e degli oppressi. E noi c'inchi– niamo, dinanzi a quest'altra tomba ignota e lontana, col simbolico saluto della fraternita rivoluziona_ria ed umana. LA REDAZIONE. I problemi della ricostruzione Noi non sappiamo quali sorprese ci riserver:i la prossima o lontana caduta del fascismo. I fenomeni storici non sono prevedibili a distanza come le com– b.inazioni chimiche né si svolgono secondo le in· flessibili regola della logica. L'imprevisto e, molte volte, l'assurdo regnano S•ovrani nel campo intri– cato delle attivita umane. La nostra volonta non si pu6 quindi riposare nel fatalismo scientifico di Marx (divenuto misticismo fanatico nelle _mani de– gli ultimi suoi successori, i -bolscevichi) e neppure nell'onda lirica d'un ottimismo campato a mezz'a ria, senza Tadici nella realta mutevole della vita. Le cose vanno male, in tutto il mondo. per glj uomini che vogliono e cercano la liberta. Per6 si aV'vicinano fatti gravi e decisivi per tutti, per noi e per i nostri nemici. Si ·avvicina il momento della p.rova del fuoco per tutti i valori, per tutti gli ideali. Noi non sappiamo che cosa uscirà dal cruogiolo; r.olo una cosa sappiamo: che il mondo capitalista sta crollànclo e che quelle forze che più saranno pre– parate, che pill terranno aperti gli occhi e tesa la volont4 riusciranno a dare una pii1 profonda e dure– vole impronta di sé al mondo nuovo che sorg,era dal caos. E' un disc.orso vecchio quello che sto facendo. Tutti sappiamo a mente per averlo ripetuto e sen– tito ripetere mille volte, che il problema della vit– toria é duplice: é un problema di forza (d é un problema di preparazione, di capacita. Ma non é sempre vero che porre un problema equivalga a ri– solverlo. Tra il dire e il far-e c'é cli me~zo i] mare: anche questo é un proverbio vecchio. Abbiamo di– scusso come organizzare le nostre forze, ma abbia– mo organizzato assai poco; a,bbiaplo affermato che é necessario studiare, ma a questa affermazione ~•é ridotto quasi tutto lo studio. O, per meglio dire, il lavo-ro che s'é fatto sin ijUi é stato molto frammentario e ben p.JCO siste– matico da un lato, e dall'altro s'é mantenuto molto spesso nel campo generico delle previsioni postri– voluzionarie adattabili a qualunque paese del globo. -Noi vogliamo abolire le frontiere, ma, per il fat– to stesso che siamo libertari, non pretendiamo d'ar– rivar-e a un livellamento .slpirituale di tutti i popoli della terra, né c'importa che spari~cano le carat– teristiche essenziali che 'clistinguono (non dividono) un paese dall'altro. I partiti àutoritari possono esco– gitare un sistema standart e possono sognare d'im– porlo dapertutto, -senza p'reoccuparsi se ci r.iano dei luoghi in cui esso non corrisponda a11e tendenze clegii abitanti o alle condizioni materiali della re– gione. Noi no. Noi vogliamo essere i liberatori e i suscitatori delle energie spontanee che, sotto l'op– pressione della societa statale e ca1iita,lista, giac– ciono latenti nell'anima dei popoli e che F:ole pos– sono, se si coor-tlinano convenientemente, salvare il mondo dalla rovina. Noi vogliamo abbHttere gli ostacoli materiali e spirituali che in1p~disr•ono agli individui come ai popoli cli dare ciascuno il suo frutto. Per questo non possiamo riedificare :I mondo nuovo so,pra una base generale e quindi rtstratta; Io studio delle possibilita rivoluzionarie e delle poss_ibilita ricostruttive deve essere condotto, da noi più che dagli altri, sulla scorta d'una documen• tazione speciale per ogni paese: In tutti i continenti, in tutte le regioni, siamo co– munisti libertari: vogliamo abolire lo stato, vo~ gliamo che la societa si organizzi sulla base del libero accor-clo, vogliamo che ciascuno dia. secondo le 1ime forze e riceva secondo i zuoi bisogni. Per6 la produzione, la distribuzione, i servizi pubblici, la vita culturale non si organizzano con un colpo di bacchetta magica, specialmente se questa organiz– zazione deve essere il resultato d'un consern:-0 spon– taneo. Percl1é ci sia spontaneita nell'accordo biso– gna essere arrivati a un certo grado di capacità e bisogna sopratutto cl1e il s·istema di co.ordiuazione che si a,dottera aderisca nei limiti del possibile a11e necessita particolari, locali delle sfngole regioni e alla mentalita tradizionale dei loro abitanti. Non c'é bisogno d'accettare il materiaHsmo sto– rico per comprendere che specialmente nei periodi rivoluzionari n' fattore economico ha una immensa . importanza; non é la cau.sa delle manifestazioni pill elevate della vita, ma ne é il piedistalki. Se riu• sciremo a risolvere libertariamente il problema del– le necessita materiali della produzione e del con– sumo, il pericolo autoritario nel campo politico sara qua~i -eliminato. E, ripeto, ri,solvere libertariamente il pro-blema vuol dire risolverlo caso per caso, pae– se per paese, pur senza trru,~'urare la questione delle coordinaz.ioni internazionali. -Il movimento anarchico Haliano, benché conti– nui ad esistere in Italia, non può parlare, organiz– zarsi e compiere il necessario lavoro di elabora– zione collettiva delle idee se non all'estero. Uno fra i com·piti più importanti dell'emigrazione anar~ chica italiana deve essere dunque lo studio delle possibilita economiche dell'Italia per la risoluzione nostra del problema rivoluzionario e ricostruttivo. Nel campo antifascista s-'é fatto e si continua a fare uno studio frammentario delle condizioni del popolo italiano, ma le statistiche e i documenti che ,si cita'no servono solo allo s'copo cli dimos~rare che il fasqsmo conduce il popolo alla fame -e l'Jtalia

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