Studi Sociali - anno III - n. 20 - 25 luglio 1932

6 pl'incipio ehe costit11iva la base della fisica e de!– la filosofia classiche. Le leggi natul'a/i che conosciamo hanno solo un valore s/a.tistfro; valgono in qnanto sono le pi11 JJl'obabili e in q11an/o non possiamo fare espaimenti che sn nn gl'an n11me1·0 di elementi. Sai·e.bbe molto divel'sa la cosa, se polessi1110 seg11;'.1•c il movimento di nno solo cli qnesli ele– menti. Che sorpresa. riceve1·e,,w10in qnesto 1·a– so, se credessimo nella cal,idil,t rigida del prin– cipio di ca11salifli! IlM'ABL GRI~FBI,D. laCrisi del Partito Republicano Italiano e alcuni suoi possibili effetti Il congresso di St. Louis sembra lniziare un pro– cesso che da tenlpo attendevamo senza osare augu– rarcelo. Il mutamento di direttive si é concretato principalmente in una ·secessione del Partito dal maggiore e più confuso organismo concentrazioni– sta, ma, po.iché la crisi non •era tanto nella Con– centrazione quanto nel partito repubblicano. la se– cessione non l'ha risolta e non poteva risolverla. Accelerarla, poteva. E l'ha fatto. I "minoritari" sia con la pubblicazione di un or– gano frazionale (!'"Italia Libera"}, sia con la per– manenza in cariche concentraz.ioniste dietro unila– terale invito della Concentrazione (Pistocchi), sia con 1ft propaganda svolta in seno alla "Lidu" (che ha provocato un ordine del giorno di condanna, cortese ma certa, delle decisioni di St. Loui'S) di- 1nostrano cltiaramente di non esser disposti a se– guire l'indirizzo maggioritario. E, alla fronda dei minoritari, CIOmindano a rispondere dk:lgli ordini della Direzione ("Iniziativa" del 5 giugno) che sta– biliscono i casi di indisciplina (sempre molto in– certi nel P. R.) e precostituiscono i motivi di richia– mi, censure ed espulsioni. E il tono, contrariamente alle abitudini, si fa asprigno. E, dato il carattere della opposizione minoritaria, é quasi certo che l'e– spulsione di un singolo si convertirebbe nella seces– ·~ione di tutto il gruppo. E', quindi, probabile che avremo tra breve un partito repubblicano anticoncentrazionista ed un partito repubblicano concentraz.ionista. Ma si arrestera a questo punto lo sgretolamento? Ci ·sembra difficile. In primo luogo non bisogna dimenticare che a St. Louis non era rappresentato, né personalmente, né per delega espressa o tacita, tutto il Partito republicano emigrato (tutti gli emigrati che, al mo– mento dell'espatrio, appartenevano al P. R.). L'ap– pàrizione dello Schiavetti fu un colpo di teatro im- 1' previsto (i minoritari non hanno torto nel qualifi– care la suà. "rentrée" come clandestina.) Ma se es– sa fu un colpo maestro po.iché gett6 nelle braccia e ripar6 all'ombra dello Schiavetti - unico, tra i preE:.enti, anticoncentrazionista logico e conseguen– te - la nuova ibrida maggioranza, ci6 non vale a toglierle il suo carattere esclusivamente indiv.iduale. Mario Bergamo, l'ex segretario del Partito, il capo - sino ad un ostracismo di cui i "compagni" son più colpevoli degli avversari - dei ,repubblicani emigrati, colui che, a fatti, in Italia, fu un repubbli– cano-r.ocialista (e ben Io compresero i lavoratori di Molinella scegliendolo - Massarenti, forzatamente lontano, approvava e incitava - a loro rappre-sen– tante e patrono) e che all'estero, in un'opera teo– rica e polemica vasta e importante, é stato il cri– tico maggiore del concentrazionisi:no e dei suoi e– quivoci, non é rientrato nelle file. E non sono rientrati, non ostante il nu'()VO indiriz– zo, i "selvaggi" di Marsiglia: il Volterra e il Chio– dini, che pure han dato vita a un movimento origi– nale di intesa con elementi sociaHsti massimalisti (anticonCentrazionisti) e ad una serie di pubblica– zioni in cui i problemi della rivoluzione italiana so– no Etud·ati da un punto di vista assai più avanzato e spregiudicato di quello repubblicano tradiziona– le. E non é rientrato il Puglionisi, del quale son pur note, attraverso i contatti e le collaborazioni giornalistiche, le simpatie socialiste e addirittura cornun;,;;te. Ora a citi ricordi il periodo eroico del P. R. I. quando la lotta contro il fa,scismo fu volontaria– mente intrappresa (bisogna tener presente questo S'fUDI SOCIALI carattere particolare e nobiliss;mo dell'antifascismo repubblicano, perché per lungo tempo il fascismo evit6 di attaccarlo direttamente ed anzi tent6 di conquistarne le simpatie o, almeno la neutralitft.) e condotla con intransigenza ed ardore sino alle sue estceme conseguenze, non pu6 dimenticare la parte preponderante e decisiva dei Bergamo, dei Volterra, dei Chiodini, dei Puglionisi e c 1 .' altri, ap– partenenti alla stessa corrente, nell'orientam-3nto antifascista e proletar.io del Partito Repubblicano e nella fisionomia definitiva da questo assunta. E non si d9-vono trascurare neppure gli elemsnti appartenenti al partito, o fiancheggianti correnti re– pubblicane, (Dolci, Lnssu, Fausto Nitti) che si muo– vono anche all'estero nell'ambito di "Giustizia e Lihe1·t.i." e che pure non figurarono nel congresso di St. Loui-s. La scissione che oggi si profila non é dunque la prima. E neppure la più importante, quando si ten– gan presenti i Yalori individuali piuttosto che quelli numerici. lVIa lo sgretolamento non ha, come dicemmo, al– c11na probabilita d"arrestarsi. La eterogeneita che il gruppo minoritario imputa alla maggioranza ci sembra reale. Tra lo Schiavetti e i suoi eventuali seguaci (che t'assero rima,sti nel Partito pur deplorandone sem– pre l'adesione alla Concentrazione) e gli ex-concen– trazionisti avversari di "Giustizia e Libertà" (Fac– chinetti, Montasini, Giop) pu6 esserci alleanza mo– mentanea, non unione duratura e sincera. E' estremamente sintomatico a tal riguardo il contegno degli avversari di entrambi. Mentre i mi– noritari se la prendono quasi esclusivamente con lo Schiavetti, riconoscendo, per esempio, la quad,rata cullura mazziniana del Facchinetti, Lussu rende omaggio alla coerenza di Schiavetti, anticonc~ntra– zionista per principio e non per ripicca. Ci6 ri– vela, anche ab adverso, che neppure gli obbiettivi negativi sono comuni, essendo, per gli uni, il ber– saglio rappresentato dalla Concentrazione in sé stessa, per gli altri, da ''Giustizia e Liberté.". ,Se poi, a formare la maggioranza, come afferma "Italia Libera" e come non possiamo né confermare né escludere, fossero entrati dei repubblicani tradi– zionalisti (anticoncentirazic:misti perché antisociali– sti) la confusione -sarebbe al colmo, e non tardereb– be a sfociare in nuove scissioni. Più omogeneo sembra, a prima vista il gruppo minoritario. Ma da un lato esso é oreclestinato ad aer..ottigliarsi per l'indubbia forza attrattiva che H Partito Regolare, pe,r il semplice fatto di esser regolare, esercita sulle masse (specialmente se lon– tane o disperse). Dall'altro la sua compattezza é forse più appareute, occasionale, frutto del contra– sto, che effettiva e durevole. I tradizionalisti, per e– ~empio, che ci sembrano più numerosi in questo g,ruppo e che in ogni caso a questo gruppo sru·ebbero attratti da una accentuazione della tinta "schiavet– tiana" nel partito ufficiale, non ci sembra possan far troppo buon menage coi concentrazioni'Sti allea– ti al Partito Socialista. Le conseguenze? Quella logica (riconosciamo che l'esser logica non costituisce una sua maggior pro– bab:lita cli avverarsi) sarebbe la decomposizione del movimento repubblicano nei suoi ele1.nenti indivi– duali: la scomparsa quindi del Partito. Con tutto il rispetto per la !unzione storica svol– ta a tutt'oggi dal Partito Repubblicano, questa con– clusione non si spaventerebbe. Potrebbe anzi essere il prodromo, doloroso, ma necessario, alla formazio– ne cli un partilo nuovo. Che ritenesse quel che c'é di meglio nella tradizione repubblicana: la preoccu– pazione etica, il realismo nazionale (nel senso di adattamento dei fini e dei mezzi alle condizioni par– ticolari italiane). lo spirito rivoluzionario e auto– nomista, il metodo cavalleresco che non esclude l'intransigenza, ma elimina i -settarismi, le incom– prensioni, le brutalita inutili, di linguaggio e cli atteggiamenti, dalla lotta politica. Ma che, nelle stesso tempo, si aggiornasse in senso classista e internazionalista, eliminando ogni equivoco borghese " patriottardo, e tenendo conto delle fondamentali trasformazioni che la guerra, la rivoluzione russa, la razionalizzazione del lavoro, la crisi capitalista, il fascismo, hanno imposto e impongono al mondo moderno. Se uguale processo avesse luogo in seno al par– tito socialista (ne esistono dei sintomi, sebbene as– sai meno pronunziati: l'insuccesso del tentativo u– nitario, l'atteggiamento ideologico più o meno "ere- tico" del JacometLi, del Rosselli, del Sangat occ.) un movimento unito ed unico sul serio, non solo [ormalmen te come la Concentrazione, e non solo "per l'azione'' come "Giustizia e LibertA", potrebbe– nascere dall'attuale sbandamento. E questo sarebbe certo un bene perché la concor– dia e !"unione valgono solo in quanto sorgano spon– taneamente dalla ident'.t(l dei principi e dei fini 0 non da una eliminazione più o meno temporanNl e sincera cli principi e di fini particolari e contra– stantl. Ma non siamo profeti né figli di profeti e ci li-• mitiamo quindi ad un esame del presente. Senza disperare, in nessun caso, dell'avvenire. LIBERO BATTISTELLI. Nota della Redazione. - Non mettiamo né sale. né pepe su questo esame della situazione del Par– tito Repubblicano, dell'amico Baltistelli. Ne abbia– mo pubblicato l'articolo, benché egli non sia dei nostri (é repubblicano), perché lo scritto contri-. buisce a chiarire ci6 che nel numero scorso di "Stu– di Sociali" L. Fabbri diceva su la crisi dell'antifa– scismo. Ci pare anzi che qualche conclusione di Bat– UsteHi coincida con qualcuna delle eventualita pro– spettate da Fabbri la volta passata. Ma qui non in– tendiamo entrare in merito, né sulla sostanza né (tanto meno) sulla valutazione di cose e persone, di cui lasciamo naturalmente al Battistelli tutta la· responsabilit8.. Ci limit:amo ad augurare, in linea generale, che di scissioni nel campo antifascista se ne facciano meno ch',é possibile, e che quelle ine– vitabili che si facessero s,i mantengano tutte in una atmosfera di serenita, di reciproca comprensione e– di superiore solidarieta contro il nemico comune. Responsabilita personale e responsabilita collettiva Qualche compagno ha rimesso, ultimamente, sur terreno della discussione, il principio della "respon– sabilita collettiva" come base d'una possibile or-• ganizzazione anarchica. A dir vero, almeno tra i com-– pagni italiani, la questione non é stata presa mai con troppo calore. Non crediamo che siano più di due o tre gli amici che hanno accettato quel principio; e se poi si sentono le spiegazioni che essi ne danno, s,; ne trae- l'impressione che, forse, con la formula nuo– va di loro gusto non intendano significare che -alcune vecchie idee comunissime fra anarchici (solidar~r-ta, dovere cli mantenere gl'impegni presi, contratto i'O– lontario, ecc.), le quali, se dette altrimenti, non avreb– bero dato certamente luogo a tante discussioni. Ridotta la questione a differenza di parole, la si potrebbe trascurare se non restasse come sorgente– cli e-quivoci, sia perché vi sono altri compagni, spe– cialmente fra i russi e i francesi, che non danno alle parole lo stesso significato anodino, sia perché iJ., seguito le nuove parole introdotte nell'uso della propaganda, come indicazione di una attivit:i prati– ca, non mancherebbero prima o poi di rip'!'e!.ulere il loro significato più preciso e proprio e t:li influire sulla pratica stessa nel m.1ùo pili ~1P.(asto, magari contro l'intenzione di col:>ro sta::;si :!hc !l'?.i l)rimi le– introclussero. Anche le p?..roìe h.muo la bro impor– tanza; e spc;;so succede nelln. ,.;.ta eh.e 'Jn equi•:Jco, di parole finL~ca col gensr:u:; fat.tì ·,tltr0ttanti) equi– voci, contradclitori!, in~1J01·enti e dannosi. Specialmen– te la cbiarezz~. s'imr,01~'!, co! da!'t al\9 fJar ole i! loru proprio e preciso significato, in mrtleria di orgauiz.za– zione anarchica, dato il pregiuJir.LJ tutt<J borghese che non sia possibile organizzaz:,)11'J senza aut0rita. Il quale pregiudizio es-ercita la s:.1 .. 1 inC:t:enza anclte su non pochi anarchici, alcuni d9i 1•.1aline so1w cvn– dotti a respingere ogni idea di org:tnizzazh.1n~, ect altri ad accettarla a malincuore 'J.Uasi i:.ome 111'!. male necessario, oppure a lasciarsene s 311z'alt!.·,) tra3einu– re consapevolmente sul terreno antoraari 1 J, e quindi a mettersi in contrasto coi fini st~s:.:;i {t,3ffanar(!!1ism0. Quest'nltimo pericolo non esist~'l.l, o era ins;gei– ficante in passato, prima della n:volu;.r,ion1J. russa; ma dopo, per l'influenza nefasta del s1.1ccesso ma– teriale e politico del holscevismo, il peric:Jia ~i é manil'€stato e purtroppo ingrandito anche tra gli anarchici. Si deve infatti al malo esamnio sngge– stionatore del comunismo dittatoria}') russo, quPsto morbo.so serpeggiare nelle file anal'i::hiChL, di im– pazienze autoritarie, confuse e impredsn, :!he si af– facciano qua e 18. sotto nomi e appar~nzc diverse (piattaformismo, revisionismo, sindacaHsm•J, ecc.), aventi per6 tutte la stessa tendenza comune a. m tradurre nell'anarchismo qualche idea o quaìche pra– tica autoritaria, più o meno governativa o dittato– riale. Alcuni sono spinti su questo pendio pericoloso dal– la voglia di essere "pratici''; ma essi non si accor– gono che, in realtà, in pratica, non fanno che raf– forzare da un lato il pregiudizio antiorganizzatore e nel rendere sterile dall'altro a priori qualsiasi ten– tativo di organizzazione anarchica, indebolendo sem– pre piJ il nostro movimento e portandovi dentro iì

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