Studi Sociali - anno III - n. 20 - 25 luglio 1932

fatte da due anarchici della loro fede antica sono un fatto cosi meschino, che non denunziano punto \ma tendenza e non possono a,s.surgere ad indice di uno stato patologico del movimento anarchico. L"'Avanti", menandone quel po' po' di rumore, ha fatto come i ragazzi che quando sono al buio parlan forte per darsi l'illusione che sono in molti e per scacciar la paura. Perché sono proprio "due" quei poveri diavoli che, prosciolti dal domicilio coatto condizionalmente, hanno avuto paura cli perdere i benefici della vi– gilanza speciale ed hanno voluto con quella dichia– razione "pubblica"', con quella compassionevole ri– nunzia consolidarsi i benefizii garantiti dalla legge ai librettati della P. 1 S. Due magri temperamenti cli ambulanza che la marcia ha spos-sato, che la lotta ha demolito, che l'urto quotidiano deHa corren– te ha respinto, invalidi, lungi dalle tempeste minac– ciose, dalle bufere urlanti, nelle pietose insenature sonnolenti e calme in cui l'acqua stagnante e morta del vivere quieto é increspata a,ppena da qualche platonica protesta, da qualcl:i,e -dolente querimonia o dalle chiacchiere eleganti e spirituali di qualche mosaicista di frasi fatte e di propositi timorati. Poveretti! dopo tutto essi meritano bene di ess·e– re compatiti, se noi non possiamo a tutt'oggi Timu– netare la coerenza, l'abnegazione e la fede con una provvida assicurazione in caso d'.infortunio sulla propaganda e con quella più generosa di una con– grua pensione! "Chi non sa Tesiste.re alle misere 5ollecituclini, alle· lusinghe, e non sente uno scopo a cui la vita debba essere ordinata, sdrucciola nella colpa, la i;uale merita comn1iserazione per qu'ésto appunto che muove da debolezz.a". Cosi ammonisce Giovan– ni Bovio in qualche pagina della sua "Filosofia del Diritto", e da parte nostra il compatimento é tanto più indulgente, che per le rare diserzioni noi non possiamo avere alcuna ragione di rancore. I compagni tutti, spontaneamente, ci hanno scritto riaffermando la loro fede costante nell'ideale, la loro fede immutata nella tattica fino ad oggi segui– ta; e tale conforto é a noi tanto più caro ché ci v.iene da compagni in esilio o detenuti per le carce– ri d'Italia o relegati alle isole, in momenti cioé in cui le debolezze, se non scusabili, ·sarebbe.re giustt– ficate, in cui le affermazioni potrebbero essere pe– ricolose e sono certamente tal.i da allontanare l'ora della liberazione. E bisogna esser vissuti, come molti di noi, una diecina d'anni lontani dal mondo che co1nbatte ed ama, lontani dai vivi che ci adorano e ci r.icorda– no, dalle lotte che sono la nostra aspirazione, il nostro orgoglio e la vita nostra, lontani da tutte le o·ioie da tutti i godimenti intellettuali, da tutte le ;este 1 intime del cuore, per saper-e quanto quell'a– spirazione alla libertfl. sia acuta e tormentosa alle anime nostre, quanto bisogno ci asseti di ambiente .,_t meno c 0 rrotto, di contatti men-0 sciagurati, di bat- ·f, tao-lie più aperte e più vaste. ;ppure dice ognuno, che se di qui si deve uscire i.nchù 1 anclo una bandiera che non sia la nostra, se la liberazione clovra essere subordinata ad una tran– ;sazione, se dovremo lasciare questi scogli annove– rando fra le 'nostre giornate una cli cui dovremmo -vergog·nare, se dovremo tornare diminuiti, monchi transfughi, dopo aver bruciato ad idoli che ripudia• mo gli incensi di una adorazione bugiarda. me– glio restare! "Seul, av,ec la verlté, contre tout le monde, rné– me dans un grenier, c'est une douce et consolante solitude", scriveva Bla1tqui da Belle-Ile nel 1852; e meglio relegati qui anche noi, colla veritA, contro tutti se per uscirne dobbiamo fare qualche inde– cen~ capriola per le fiere elettorali a divertire il pubblico più scipito che si possa sognare, quello degli elettori, a cui neghiamo inlanto, in modo pre– ciso ed esplicito, il diritto di coinvolg-ere i no.stri principii ed i nostri nomi alle loro illustri ciarlata– nerie elettorali! Noi sappiamo attendere! ribelli per tutti, noi sap• piamo essere rassegnati quando non si tratta che di noi; e se ad istanti .inevitabili ci urge l'impazienza di tornare fra i compagni che com battono la buona battaglia, se a volte ci tormentano le constatazioni disperate della nostra impotenza, se ci arde .sovente la sete d'un bacio, il bisogno di un sorriso, la feb– bre d'una carezza e il r.icordo persistente fino allo spasimo di voci e cli volti cari e lontani, noi non sappiamo tuttavia piegairci a smancerie deformi né a smorfie ributtanti, che abbiamo sempre rjpudiato S'l'UDI SOVIALI e ripudiamo ora più che mai! Altro il nostro viaggio. Nei colloqui intimi dell'anima e dell'esperienza, della rifless.ione peno-Sa e d,elle aspirazioni indomi– te, nella solitudine fiducioaa e paziente noi ]'·abbia– mo riveduta, illuminata ,dai bagliori radiosi della speranza, la buona via che conduce alla vittoria e alla libertà. Non facile né piana certo; ma cli là, tra l,e funebri pietre miliari che numerano, chiazzate di sangue, i sacrifizii dei nostri miglior.i, ci chiamano ancora i ricordi più belli, i nomi più cari, le fantasìme pallide di coloro che non vollero la felicità per se, n~ la cercarono e la vollero per tutti, dando alla causa il fiore della gioventù, senza mesti atteggiamenti di vittime, con turgida esubsranza di ·t'orza e di vita, per intimo rigoglio di fede nell'icle'lle. Non facile né piana certo, ma di I.i tra il ferro e 'I fuoco, al piano, al monte, cantando in fieri accenti, coi piedi scalzi e la vittoria in fronte, e le bandiere ai venti, ascenderanno ancora, libere la mente e l'animo dal– le torbide ubbie servili, alla redenzione suprema, le innumeri legioni della Santa Canaglia Per di 18., per di 18., ancora, sempre, riguadagnan– do il tempo perduto, obliando le logomachie bizan– tine, le distinzioni viziose, i paradossi strani, le ciancie pettegole, i bisticci dottrinali; per di la, ancora, .sempre, subito, 1se non vogliamo perpetua– ta l'ignavia mortificante a cui le beghe di metodo d hanno condannato. Mentre a Bi 1 sanzio distinguevasi sottilmente di transubstanzazione e di transubstanzialita, Mao– metto II sventrava le mura della festosa e vana figliuola di Roma, e guardava al cl-ecrepito occidente come a pr,eda -sicura; mentre noi distinguia~no con altrettanto bizantinismo certo, e quasi con uguale vanita, tra azione collettiva ed iniziativa individua~ le, forme inevitabilmente diverse di temperamenti e di momenti diversi, ma di energ.ie egualmente sin– cere, efficaci e fedeli; mentre le nostre accademie rafforzano la reazione, consentono l'equivoco e sfi– duciano gli ardenti d•ell'azione, Crispi celebra il suo ottantesimo anno di vegete ribalderie, Bava Bec– caris calca impunito fra la comune vilta sottoll sole di Milano che fu il suo Austerlitz, il regime borbonico matura, "mutato nomine", le sue prov• vide restaurazioni; e lassù negli -empirei impertur– bati degli iperstatisti della greppia e ,della giberna si preparano ai ventri vuoti del prossimo inverno le- consuete razioni di piombo, ai freddolosi i pesanti gabbani matr.icolati, agli irre-quieti la calma implacabil-e -degli ergastoli paterni o l'esule accidia del domicilio coatto. . . E i nostri martiri son giA lontani. lontani! Per di I::i senza indugio se, come speriamo con buona pace· dell"'Avanti!" e dell'on. Ferri, anarchi– ci in Italia ve ne sono ancora! Pantelleria, 10 ottobre 1899. LUIGI GALLEANI. (Dal numero unico 11 1 Morti'' del 2 novembre 1899, pubblicato in Ancona a cura degli anarchici relegati in quel tempo a domicilio coatto nelle va– rie isole d'Italia.) Ricorcl·iamo il dovere cli ai1dare le vittime politiche! Ragioni di spazio e 'impediscono cli i·iproclun·e appelli, cfrco/cwi, resoconti, ecc. che appaiono in alti-i perioclirì, diffusi fm compa– uni a11corpili cle!la nos/l'a 1·ivista; ma ci6 é 11- na rngione eh pi11 per noi di rncconw ndare ai lettori il cornpimento ala.ere e sole1·te ciel sacro impegno clel/a solidarietà, cloi•nta cla fotti ai caduti nella lotta ccl alle loro famiglie. Dicono qui, pei· nonna clei volenterosi, gli in– dirizzi cli alrwni dei pi·incipali Comitati cli soc– corso. cui ;·ivolgersi con le offerte per venire in 11·1:10 olle vittime politicÌw·,· ('0mitalo Nazionale Ana1·chico pro Vittirne poli:d1e. ··- Rivolgersi a: JEAN REBEYRO:::--T, 51. rne Pernetty, P ARIS, 14 (Francia). Comitcdo pro figli dei Carcei-ati polit,ici cl'l– tctlia. - Rivolgersi a: CARLO FRIGERIO, Case poste Stand 128, GI:::--TEVRA (Svizzera). Comitato Internazionwle Libertario cl'assi– sfenza alle vittime politiche. - Rivolgersi a: COMTl'A'l'O IN'l'ERNAZIONALE LIBERTA– RIO, P. O. Box '565, WES'l'FIELD, N. JER- SEY (Stati Uniti). Comitato pro vittime politiche del! 'UnlÌone Sindacale ltalia.na . - Rivolgersi a: Muclame .\NDRl~E PIWHE (U. S. I.), 15. Faubourg St. · Drnis, PARLS 10 (J<~rancia). Capitalisti e ladri A proposito delle tragedie di Houndsditch e Sidney Street. In una viuzza della City, si fa un tentativo di furto contro una gioiell-eria; e i ladri, sorpresi dalla poli· zia, si danno alla fuga, facendosi strada a colpi di rivoltella. Più tar-di, due dei ladri, ,s.coperti in una casa dell'East-End, si difendono ancora a colpi cli revolver, e muoiono nella battaglia. In fondo, nulla in ci6 v'é di straordinario, nella societa attuale, se si toglie l'energia eccezionale con la quale .i ladri si ,sono difesi. Ma questi ladri erano rus,si, forse dei profughi rus– si, e pu6 darsi pure che si .siano re~ati in qualche club anar,chico nei giorni di riunione pubblica, quand'.era aperto a tutti. E naturalmente la stampa capitalista se ne serve per attaccare una volta di più gli anarchici. Al leggere i giornali borghe.si , si direbbe che l'anarchia, qu,e,sto sogno di gi·ustizia e d'amore tra gli uomini, non 'Sia altro che il furto e l'ass.aissjnio; e certamente si riesce, con menzogne e calunni-e simili, ad allontana.re da noi molti che sarebbero con noi, solo se sapessero ci6 che VO· gliamo. Non sani quindi inutile cli ripetere quale é la no· stra attitudine di anarchici di fronte alla teorla eél alla pratica del furto. Uno dei puliti fondamentali clell·anarchismo é l'a– bolizione del monopol.io della terra, delle materie prime •e degli :strumenti di lavoro, e conseguentemen· te l'abolizione dello sfruttamento del l:l.Yoro a~'Lrri esercitata dai detentori dei mezzi di produzione. O· gni appropriazione del lavoro d'altri, di tutto quanto serve a un uomo per vivere s-enza .dare alla ,società H suo contributo di produzione, é al punto di vista anarchico e socialista, un furto. I proprietari, i capitalisti hanno rubato al popolo, con la violenza o con la frode, la terra e tutti i mez– zi di produzione, -e in seguito a questo furto iniz'.ale, pos,sono sottrarre, ogni giorno, ai lavoratori il pro– dotto del loro lavoro. Ma sono stati clei la.dri fortu· nati, sono divenuti forti, hanno fatto delle leggi per legittimare la loro situazione, ed hanno organizzato tutto un siistema di repressione per di-fendersi tanto contro le rivendicazioni dei l:lvoratori q·uanto contro coloro eh-e vogliono sostituirli col fare come hanno fatto ,essi stessi. Ed ora, il furto di lor signori si chiama propri eta, .commer.cio, industria, e-cc.; il no– me di ladri, é invece ri,serbato, nel Lng·uaggio comu– ne, a coloro che vorrebbero seguire l'esempio dei capitali-sti, ma che, giunti troppo tardi e in c·rco· stanze sfavorevoli, non pos,sono farlo che ribellan– dosi alla legge. Per6, la differenza dei nomi usati comunemente non basta a cancellare l'identita morale e sociale delle due sit,uazioni. Il capitalista é un ladro èhe é riuscito p-er merito suo o dei suoi avi; il ladro é un aspirante capitalista che aispetta soltanto cli di– venirlo in realta, per vivere senza lavorare del pro– dotto ,del suo furto, os,sia del lavoro altrui. Nemici dei capitalisti, non possiamo aver simpati-a pel ladro che a,spira. a diventar capitali-sta. Partigia– ni dell'-espropriazion-e fatta dal popolo a profitto di tutti, non possiamo, come anarchici, aver nulla di comune con un'operazione in cui non si tratta ch-.3 l~i far passare la ricchezza dalle mani di un proprie– tario in quelle di un altro. Naturalmente, intendo parlare del ladro di profes– sion-e, di colui che non vuol lavorare e cerca i mez– zi per poter viv,ere come un parassita del lavoro al– trui. Il caiso é ben ,diverso quando si tratta d'un uo– mo a cui la societa nega i mezzi di lavorare e che ruba per non morir cli fame e non lasciar morir di fame i suoi figli. In questo caso il furto (1s9.cosi pu6 v-enir chiamato) é una rivolta contro l'ing:ustizja so– c'a1e, e può divenir,e il più sacro dei diritti ed anche il più imperioso dei doveri. Ma di questi casi la stampa capitalista evita di parlare, perché dovrebbe contemporaneamente fare il processo dell'ordine •so– ciale che ha la missione di difendere. Certamente, il ladro professionale é, lui pure, una vittima dell'ambiente sociale. L'esempio che viene dall'alto, l'educazione avuta. le condizioni ripugnanti jn cui si é sovente costretti a lavorare, spiegano fa· cilmente come uomini, che non sono moralmente su– periori ai loro contemporanei, messi nell'alternati– va d 1 es.sere degli sfruttati o degli sfruttatori, scel– gano d',essere sfruttatori e cerchino cli diventarlo coi mezzi di cui sono ,capaci. Ma queste circo,stanze attenuanti possono applicarsi pure ai capitalisti, e quindi ne risulta soltanto meglio provata l'identita sostanziale delle due professioni. Le idee anarchiche, dunque, come non possono spingere la gente a div-entare capitalisti, non la pa,ssono spingere a diventare ladri. Al contrario, col dare ai malcontenti un'idea di vita superiore ed una speranza d'emancipazione collettiva, li distol– gono, nella misura del possibile, aato l'ambiente at-

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