Studi Sociali - anno III - n. 20 - 25 luglio 1932

tuale, da tutte quelle azioni legali od illegali, ch·e 11011 sono che un .adattamento al sistema capitali– sta e tendono a perpetuarlo. Ad onta cli tutto ci6, l'ambiente sociale é cosi po– tents ed i temperamenti per.sanali sono cosi diversi, che vi possono ben essere tra gli anarchici alcuni che diventano ladri, come ve ne sono che diventano commercianti od industriali; ma in tal caso gli uni •e gli altri agiscono non a causa delle loro idee a– narchiche, ma malgrado queste idee. ERRICO MALATESTA. ( Dalla rivista 11 1I Pensiero", di Roma, n. 6 del 1e marzo 1911.) N. d. R. - Continuando pe1· ordine <:ronologico, dal n. 16 di "fitudi Sociali" in poi, la ripubblicazione degli arti– <·oli di .:\lalatesta sull'uso della violenza in ,·apporto aile nostre idee, l'inserzione dell'articolo qui SO})l'a riprodotto (•oincide all'incirca col suc(·(·df'rsi recente, anche nel Sud ~·\mei-ica, cli fatti del genere di quello avvenuto in Londra eui accennava. ì\falatesla nel 1911. J- 1 .::1·lo meno la ~t.=impa bo1·ghese insiste ad attribuire loro lo ::;tesso carattere. La coincidenza, benché non voluta né ce,·cata, ei porge l'occa.– sionf' di clil'e che il nostro pensiero sull'argomento é il me– desimo cli quelìo espresso nell'artieolo <:he 01·a abbiamo ri– stampato. Data J"inclole cli questa. rh·ista <:h e non ci tie– ne all'attualiti e non si occupa di cose loca.li, non enh'ia– mo in merito a fatti specifici, ch e de l resto non l"Onosciamo tanto da pote1·ne parhu·e col dovuto senso di giustizia e di verità: cosa impossibile a farsi in base a quel l"11ene dicono solo le varie polizie ed il giol'lrnlisrno corrente. Questa ripubblicazione valga per ora co– rno espressione delle nostre Cùnvinzioni in linea di prin– l'ipiu, prescindendo dai singoli fatti 1>articolari cli qui o cli alu·ove. Ci ripromettiamo di trattare a tempo e luogo noi :-5tessi della questione, il piO. serenamente ed equanimemen– te possibile, qua.nclo il farlo non possa servire a specu– lazioni interessate né essere lnterpetntto come concessio– ne r,ppçrtunistic:a alle passioni o pregiudizi dell'ambiente. Coda rolemica Col numero precedente si é definitivamente clùu– sa, per fortuna dei lettori e mia, la serie degli ar– ticoli sul cattolicesimo allungatasi oltre il prevedi– bile fra le mie mani. M'é r.imasta nel ca·asetto, ri– servata a questo numero, solo qualche briciola po– lemica che speriamo non mi si moltiplichi sotto Ja penna. E con quest'ultimo articolo la far6 finita davvero. Devo una risposta a due compagni (Gaberel e Aguzzi) che hanno iSollevato - l'uno sul "Risveglio'' e l'altro sull"'Adunata dei Refrattari" - delle o– biezioni intorno al contenuto del secondo di questi articoli apparso nel n. 14 di questa rivista col tito– lo "Spirito religioso e sent'.mento di libertc't". Le al– tre parti di questo piccolo lavoro che si sono venute pubblicando successivamente non han trovato con– tradditori, sia che fossero più conformi al pensiero comune, ,sia che anche i mie.i dieci lettori iniziali (sensate la presunzione) si siano stancati per via. A Gaberel ho gi.i risposto in gran parte nel "Ri– sveglio" stesso e negli articoli successivi a quello da lui criticato. M'era rimasto per6, a proposito ,delle sue obiezioni, una pulce nell'orecchio, o meglio u,i peso sulla coscienza. Avendo io detto, sulla scor– ta delle più recenti letture, che in questo momento la scienza si sente ni.ancare un po' il terr-eno sicu– ro sotto i piedi, giacché le ultime scoperte tendo– no a rompere il vincolo di rigida cansalita fra un fenomeno e l'altro e giungono perfino acl ammettere una specie di libera iniziativa nel campo della ma- -teria, Gaberel n1'é saltato a cl dosso con cordiale aggressività, dicendomi che affermare che ci siano effetti ·senza cause é un assurdo. Io, che di fisica ho studiato solo i primi elementi, ho dato lf per li una risposta evasiva, riportandomi alle mie fonti. Non ne sono naturalmente rimasta soddisfatta ed ho chiesti maggiori schiarimenti sull'argomento a un noto fisico argentino, R. Grinfeld, professore all'U– niversita della Plata e m.iscredente quanto Gaberel e quanto me. La risposta che ne ho ricevuta e che conferma quanto io asserivo é il breve articolo che si pubblica qui appresso. Aggiungo poi che Gaberel ha ragione di sgridarmi per l'uso ,sbagliato della parola effetto, giacché l'effetto presuppone sempre una causa. Dovevo dire fenomeno o fatto. Ma é questione cli forma. Ed ora, due parole di risposta all'articolo di A– guzzi. Nel suo articolo "Religione e libertA" appar– so nel numero del 10 gennaio 1932 sull"'Adunata dei Refrattari" di New York, egli sostiene che il sentimento religioso é tm maie sociale e come tale va combattuto. Il ragionamento su cui basa questa affermazione é il seguente: "Dio non é Dio se non é l'infallibile ed omnipotente creatore cli tutte le cose e quindi il loro governatore supremo, incon- -trastabiie. Non é Dio se noi non siamo esecutori S'l'U))I SOCIALI della sua volonta, se tutto ci6 che é non é da lui voluto ed approvato. La stessa societa umana qual'é strutturata da millenni é da lui voluta e -disposta. Ribellarvisi, é ribellione a Djo, anche se ci si ri– bella in nome suo, attribuendogli, come fra CriM stoforo, le nostre convinzioni ~ la nostra volonta. Voler trasformarla é compiere ingiustizia, perché ci6 che é viene da Dio e corrisponde perci6 a giu– stizia... Credete il contrario e non crederete in Dio". Ora, lasciando stare che perfino i cattolici cre– dono il contrario, in quanto affermano come dogma il libero arbitrio, non si pu6 dire davvero che l'es– senza del sentimento religioso .sia questa. Il ra– gionamento di cui parla Aguzzi pu6 essere una par– ticolare manifestazione dello spirito religioso (cer– ti protestanti ragionano press' a poco come dice lui) che bisogna certamente combattere, giacché es.;;o induce ad una fatalistica accettazione della r.ealtcl. presente, che era del resto la conseguenza logica anche del determinismo materialista del secolo scor– so. Io dicevo nell'articolo incriminato che non il sentimento religioso in sé bisogna combattere, ma certe sue manifestazioni che rappresentano uer noi 1,111 pericolo. E tra queste mettevo appunto le reli– ~-·o:1i dogmatiche. Per non allontanarmi troppo dal mio soggetto, ho parlato solo del cattolicesimo, ma se mi fossi estesa cli più certamente avrei detto che nei paesi prote– stanti la ragione principale e il principale argomento della nostra lotta contro la religione ufficiale dovreb– be essere appunto la visione deterministica ·e quindi in fondo conservatrice che il protestantesimo ha del– la vita. Per6 non bisogna generalizzare un fatto par– ticolare. Basta confrontare la storia della Chiesa con quella delle eresie, per vedere che i1 sentimento religioso pu6 essere sia reazionario che rivoluzionà– rio, a seconda delle forme che prende e degli uomini che lo professano. Ripeto a questo proposito un esempio gia citato. La predicaz'.onc di Rnmakrishna ha dato origine nel– l'India a tutta una corrente di pensiero religioso di cui il movimento gandhista é una derivazione. Ora in un paese come l'India, in cui c'é la tendenza diffusa a considerare il mondo dello spirito tanto reale co– me é per gli occidentali il mondo dei sensi, é natu– rale che le correnti cli pensiero ed anche lo correnti sociali nascano come correnti religios.e. Non pu6 es– sere per noi un nemico l'uomo ,che non insegna ai suoi discepoli una teoria, che non da loro degli articoli di fede, ma dice loro che il dovere di ciascuno é di cercare con ardente desiderio la propria verita ("Dio conosce i segreti del vostro -cuore; importa poco che voi prendiate un cammino sbagliato: quello che jm. porta é essere sinceri"), l'uomo che, quando gli chie– dono di definire Dio, risponde: "E se vi do una defi– nizione di Dio, che ne farete? Un articolo cli fede per fondare una nuova religione in mio nome? Non sono venuto sulla terra per fondare un nuovo culto". Quando una religione parla -questo linguag·gio, non é un pericolo sociale. E' semplicemente un'altra stra– da, che a •quelli cli noi che non sono credenti (cioé a quasi tutti noi) pu6 sembrare sbagliata, per arri– vare a quel geloso rispetto della personalità umana a cui noi giungiamo per altre vie. Per6 niente impe– direbbe a un .seguace di Ramakrishna d'essere anar– chi~o, né ci sarebbe in lui, se lo fosse, nessuna con– traddizione. In ogni modo, anche senza coincidere, possiamo benissimo, al margine delle discussioni teo– riche, trovarci a fianco a fianco nella lotta contro i comuni nemici, cosa assolutamente impossibile coi cattolici, coi protestanti o, mettiamo, coi moamet– tani. Anch'io combatto la credenza in Dio, non perché sia un male sociale o perché sia in se stessa idea autoritaria, 11,1a1semplicemente perché non ci credo e perché ciascuno é spinto dall'impulso stesso del pensiero a discutere cogli altri e a cercare di convin– cere gli altri di ci6 che pensa. Per6 quando cerco di persuadere una persona della probabilita che l'i– dea cli Dio sia semplicemente un ripiego infantile del– la nostra ignoranza di fronte al mistero dell'universo, non credo affatto cli star facendo propaganda. Discu– to, come si discutono tanti problemi che ci interes– sano e ci tormentano al di fuori dell'azione pratica per la conquista cli migliori condizioni di vita nel campo materiale e spirituale. Sento invece di f?.r propaganda anarchica quando cli.co che le nostre idee, le nostre credenze, cli qualunque specie esse siano, devono essere un frutto nato liberamente dalla no– stra personale investigazione o -clal nostro person~le impulso, quando dico che l'uomo si degrada accet– tando ciecamente di credere in ci6 che é proibito discutere, accettando cli sottomettere la sua coscien– za al dominio cli altri uomini e al fascino intorpi– dente delle formule incessantemente ripetute. L'or– ganizzazione ecclesiastica, il dogma, sono mali socia– li, lo spirito religioso no. Siccome poi io volevo pre– seutare più che altro il problema pratico della lotta anticlericale, affermavo che, confondendo la lotta contro la Chiesa con la questione religiosa, si perde in efficacia ·quel che si guadagna in ampiezza e si la– scia al nemico il suo puntello più solido, quando sarebbe in nostra ma.no prìvarnelo. Credo poi che Aguzzi abbia torto quando dice che la religione cli Tolstoi e di Mazzini é questione di parole. Tanto l'uno che l'altro erano profondamente impregnati di spirito religioso. Anzi per il primo il cristian_esimo - inteso in forma assai personale - rappresenta una strada per arrivare all'anarchia. Anch'io nel re1igiosismo particolare cli Tolstoi vedo 1111 pericolo: ma non é pericolo autoritario. Al contra– rio io credo che il suo sentimento religioso lo co11- duca verso una speciale forma d'individualismo. Ma non voglio dilungarmi su questo punto. Cosi pure ci sarebbe da discutere sul concetto che Aguzzi ha del misticismo (ci sono person3 profonda– mente credenti che so!1::>la negazione vivente dello spirito mistico), ma un simile problema ci portereb– be fuori della questione. Mi preme di pili stabilire un'altra cosa. In fond l l'ateismo d'Aguzzi differisce assai poco dal mio: nessuno dei due é credente; né l'uno né I'a1tre é disposto a dimostrare scientificamente (come rnre si la in genere nella propaga,nda antireligiosa) che Dio non esiste. Ora é verissimo che chi afferma, non chi nega, rie– ve portare le prove. Ma per chi ha la fede, :1:1est:.t stessa fede é una prova. E siamo noi che dovre,nmc, dimostrargli, in un'eventuale discussione, che qu:~st:i prova non regge. Ora, non potendo dargli una ~i~n– rezza contraria, il solo mezzo di toglierlo ,111 SUt) dogmatismo é inculcargli il dubbio, che é fern1er1to cli ricerca e di vita. Non é vero che il dubbio paralizzi l'azione e geli l'entusiasmo. Io credo fermamente, con feci~ e con entusiasmo, nel nostro dovere di combattere J?r il bene cli tutti, per la dignita nostra e dei n11.::tr: simili; sono appassionatamente convinta della ne– cessita d'uno sforzo continuo verso il meglio, in tl1t– ti i campi. E il compagno Aguzzi pu6 star sicuro che il mio stato cli dubbio {che non esclude l'interasa.:t– mento) sul problema religioso, non raffredda in mc l'amore per i miei simili; anzi mi permette (.> mi sembra) di capire meglio i loro atteggiamenti, anc!10. quando siano lontani dai miei, e d'amarli di più! Ed ora l'argomento é chiuso e si passa all'ordine del giorno. LUCIA FERRAR!. Il principio d' indetermina– zione e quello di causa lita' nella fisica moderna I nnovi fatti scopei·li clai .fisici negli ultimi anni hanno condotto ad un'accenfllazione e ad nnct genernlizzazione clel clnal·ismo fra onda e corpuscolo, introdotto da Einstein 1;el 1905 pe'I' spiegare l'effetto fotoelettr-ico. Questa generaliz– zazione si deve rtl geniale fisico Dc Bron'lie. Gl·i sforzi dei pia gmndi scienziati pe; intei·– prctcu·e i fenomeni conosciuti elci uno solo cleidue P!t11ficlivista., corpuscolo o onda, (materia e spi– nto), cozzai·ono coni 1·, un 'impossibilitri essen– zwle. Oggi come oggi, l'1inica teo1·ictcoe,.ente e l'u– nica che renda conto di tntt i i fenomeni cono– sciuti 6 fondata snll'ipotesi cli una "incktermi– nazione" (Heisem berg) n<'i processi elementari. Indetel'minazione che equivale a quanto segue: consicle,.anrloe/ne elettroni cipal'i/,i,di condizioni ini.ziali e_sui quali agiscano fo,.ze uguali in tem– pi identici. non possiamo affel'mal'c che, dopo un cei·to tempo, avl'anno /Jel'c·oi·so II na tmiettoria uguale, come cloVl'ebbeesser-ese v·igesse stretta– mente il pi·incipio cli ccwsalitci. . Arriviamo cos-iall 'andace negazione çlel pl'in– cipio di causalitci.nei processi elemenlal'i ( pei· esempio, nel movimento cli elettroni e fotoni),

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