Studi Sociali - anno II - n. 16 - 10 gennaio 1932

in fatto di rivoluzione che bisogna tener conto del mezzo più economico, poiché per essa la s,pesa sf totalizza in vite um;,.ne. Conosciamo abbastanza le condizioni strazianti materiali e. morali in cui si trova il proletariàto, per spiegarci gli atti di. odi.o, di vendetta, ed anche di ferocia che potranno prodursi. ·comprendiamo che ri siano degli oppressi ci1e, essendo stati sempre trat– tati dai borghesi con la più ignobile durezza e a– vendo sempre visto che tutto era ·permesso al più forte, un bel giorno, diventati per un istante i più forti, si dicano: "Fàcciamo, anche noi, come i bor– ghesi". Comprendiamo -come possa accadere che, nel– la febbre della battaglia, nature originariamente ge– nerose ma non preparate da una lunga ginnastica morale, molto difficile nelle condizioni presenti, .per– dano di vi·sta lo scopo da conseguirsi, prendano la violenza .come· fine a sé stes•sa · e •si lascino trasci– nare ad atti selvaggi. · Ma altro é comprendere o perdonare certi fatti, altrò é rivendicarli e .rendersene solidali. Non sono quelli g1i àtt'i che noi possiamo accettare, incoràg– giare ed imitare. Dobbiamo essere' risoluÙ ed errer– gici, ma dob]Jian10 altr.esi sforz"arci di non oltrepas– sare mai il UmH-e segnato da-Ila necessita. Dobbiamo fare come il chirurgo che taglia quando bisogna tagliare, ina evita di .1nfliggere inuti'li sofferenze; in una parola dobbiamo essere ispirati e guidati dal sentimento dell'amore> per gli uomini, per tutti gli uomini. ci• sembra che questo· sentimento di amore sia il fondo mora,le, l'anima ciel nostro programma; che solo concepend·o la rivo-luzione con1e il più grande STUDI SOCIALI giubileo umano, come la liberazione e l'affratellamen– to di tutti gli uomini - non importa a quale classe o a qual· partito abbiano appartenuto - il nostro idea– le_ potra realizzarsi. La ribellione brutale· avverra cértamente; è 'POtra servir•e, anche, a dare il gran colpo di :Spalla, l'ulti– ma spinta che dovra atterrare il sistema attuale; ma se e·ssa no'n trovera il 'contrappesd né.i rivolu– z-ionari che agiscono per un ideale, una tale rivolu– zione divorera sé medesima. · L'odio non prodtfce l'aniore, e con l'odio non si rinnova il mondo; e la rivoluzione dell'odio, o falli– rebbe completamente, oppure farebbe càpo ad· una nuova oppressione, che' potrebbe magari chiamarsi anarchica, comè s•i chiamano liberali i governanti di oggi, ma che non sarebbe meno per q'.i1esto una oppressione e 1\'on mancherebbe· cli produrre gli ef– fetti che prÒduce ogni 'o'ppres•sione. ERRl,CO MALATESTA. (Tradotto da l"-'En-Dehors" di Parigj, numero _del 17 agosto 1892.) N. d. R. - Questo é uno degli. scritti pi(t iinpo1;tanti che siano usciti dalla penna di 'Malatesta. Esso pre- ~~g!~1Zfo0~a:-~:_afnS~!e~h~a:i?a u,~i~Ie~~i~ce;~~~:• ;~~:~ 1 c1t I~·i= ta anarchica, che si differenzia nettamente da conce– zioni e interpetrazioni che talvolta ne .hanno date o praticate altri anarchici. Eliseo Reclus, condividendo le ·idee· di 1'-'Ialatesta in· proposito,· ripubblic6 Io scritto di questi nglla collezione di opuscoli "BibliothéqtÌe cles Temps Nouveaux" a Bru:Xelles ("Un peu de théorie, par H. Malatesta, ·N.? 15, 1899). Non avendo' presente il testo primitivo, noi abl,)iamo ripubblicata qui la tra– duzione italiana, uscita in ediZione Clandestina a Napo– li nel 1899 còn la falsa: data di Lo ndra, co rreggendone solo gli er_rori cli ~tampa e qualqhe , eviden.te in~sattezza. IL MIO·CREDO SOCIALE La situazione storica in clii siamo entrati, direm· mo quasi fatalmente· molto più a causa delle contra– dizioni, ingiustizie e mostr.uosita dell'economia .ca· pitalista e della sua civilta, che non per la forza, capacita e intelligenza dei . m0Vin1enti sociali .e culturali di rinnovazione. Impone anche ai più in– differenti una sosta nel cammino ed uno sguardo cli osservazione e di riflessione sul panorama pre– sente e le prospettive dell'avvenire. C11iudere. gli occhi ai problemi. della vita significa abbandonare a volonta estranee la ricostruzione del mondo in rovina, e sv"olgere attìv1ta erronee, senza comprensione né capacita, senza chiari obiettivi e senza esame dei n1ezzi impiegati o ilnpiegabili, é come appuntellare la veccJhia casamatta ciel ne– mico. Fermiainoci un istante, o compagni! Un momento di riflessione non pu6 esserci dannoso in quest'ora. Cessino le piccole preocupazioni, gli sforzi abitu– dinari, le pratiche inadeguate, i sacrifici sterili. Bi– sogna fissare l'attenzione sui destini del mondo, sul quadrivio attuale della storia e sul futuro del– la no.stra ldea. Meditiamo. Tenevaino fin qui, qualunque fosse il nostro campo favorito di attivita, una ii:Jea dominante. La nostra ragion d'essere consisteva nella seminagio– ne delle nostre idee col periodico ed il libro, coi comizi e le assem blee, in tutti gli ambienti che ci erano acceseibili. E.ra il nostro un movimento forse troppo concentrato in tale funzione, troppo lontano talvolta dall'aspirazione detta "utopica" ciel vec– chio socialismo che preferiva predicar con l'esem– pio. Ricordiamo che la "propaganda col fatto" nel senso dei Malatesta e Cafiero non trov6 imitatori, che le "colonie libertarie" furono un episodio di pochissima importanza, che un Gustavo Landauer fu qualcosa come un isolato, come una pianta eso– tica dentro dell'anarchismo "ufficiale", e che, oggi stesso, la maggioranza dei compagni nutre una SJl(l· cie cli orrore per tutto ci6 che sia cominciare, fare qualche cosa a fatti, nella vita. La fede poderosa dei nostri più valenti propagan_ disti in una rivoluzione immediata ed inevitabile trenta o quarant'anni fa ha dato all'anarchismo mondiale una orientazione tendente al proselitismo, con un disprezzo funesto- per ogni rea-lizzazione pratica in piccolo. Cosi oggi ci troviamo in una crisi della ·propaganda, perché anche l'idea più feconda si sterilizza se non viene alilnentata e resa vita– le coi fatti o almeno con g_li sforzi per arrivare ai fatti; ed in gran parte senza una vera fede nella nostra capacita di vivere in coerenza con le idee per tanti anni seminate con fervore e costanza am– n1irevoli. Necessita pertanto che torniamo a cominciare. ,,,,. La lunga seminagione d'idee di mezzo secolo di proselitismo ci dara i suoi frutti solo se poniamo mano all'opera sul terreno dell'azione realizzatri– ce, come forza socia,le che vuole affermarsi e te– stimoniare praticamente la ragione delle proprie critiche ai sistemi imperanti di economia e di con– vivenza politica. Altrimenti, se resteremo sul ter– reno della sola propaganda, la nostra voce sara ,a– •scoltata sempre di meno, e i popoli seguiranno piut– tosto i cultori delle novissime demagogie dittato– ria-Li; e la storia ritornera ai suoi errori, sulle Vie Bi bWolec~tGin on Eri 1 a 0 ncct tro che il vocabolario, la fon1ia, non il fondo. Sia1no cli fronte all'agonia di 1111 mondo, ma non s'intravede ancora l'aurora del mondo nuovo. Il . capitalismo si trova in crisi, non una crisi più o meno grave n1a superabile, bensi una crisi dì tut– to i'! suo sistema; ha fattà bancarotta e no;, pu6 salvarsi, almeno nelle sue forme attuaH. Non cli– -cian10 questQ. per seguir.e una mera. consuetudine del linguaggio rivoluzionario: si tratta di una veri– ta confessata tanto dagli economisti quanto dagli ·stessi uomini cli Stato ·della bor,ghesia. I lettori più incolti han potuto leggere sulla ·crisi del capita– lismo le opinioni più o meno sincere delle più di– verse personalita e i:Jei partiti più opposti. Non occorre che n1enzioniamo' qui tali o"pinioni; sono ormai un argomento volgare di cui usa ed anche abusa tutta la stampa quotidiana del capita_ lismo. Sono perci6 nella coscienza di· tutti; ed é in certo modo una sorpresa sentire perfino dalla boc– ca di portavoce della reazione confessioni sulla ne– cessita di moditicare il concetto della proprieta, di cambiare le forme presenti del capitali– smo, di mutare la struttura dello Stato. Tutto ci6 era fino a pochi anni fa ' 1 tabii", e per molto meno tanti di noi andava mo in carcere, subivamo processi o eravamo tratta.ti da pazzi. Non c'é bisogno che insistiamo nello spj.egare la situazione cli bancarotta del regime dominante nel quale viviamo, forte ancora solamente nella re– pressione, per colpire, ma· impotente in modo asso– luto a risolvere le sue contradiziqni, a superare il suo sfacelo. Si é giunti al limite estremo delle pos– sibilita di sfruttamento e di dominazione dell'uomo sull'uomo; continuare ancora sarebbe suicidarsi. Bi– sogna cambiare rotta, lo riconoscono gli stessi macchinisti della macchina capitalista, essi per i primi e più francamente della maggioranza delle forze sociaUste. Tra i partiti sociali cli rinnovazione é entrata la paura della responsabilita ciel nuovo ordine di cose che pu6 sorgere dal loro intervento attivo nella ri– costruzione del mondo; il socialismo di Stato nelle sue,frazioni pili moderate social-democratiche, per paura della rivoluzione, si é .legato al capitalismo ed allo Stato capitalista, costituendo un semplice par– tito di opposizione addome-sticata e dimenticando del tutto il suo socialismo, che é originariamente e nel suo genuino significato l'antitesi del capitalismo. Il r.ocialismo di Stato secondo la concezione moscovi– ta fa progressi dovunque; e siccome, almeno nel linguaggio, non rifugge dalla rivoluzione e nel tem– po stesso lusinga bassi istinti di dominazione e di vendetta, trova sempre masse disposte ad ascoltare i suoi ordini. Per6 l'esperienza russa ci ha detto gia che cosa possiamo aspettarci dalla "dittatura del proletaria– to", se anche l'intuizione critica non fosse basta– ta per prevederlo. Non aumentera per quella via la somma di benessere, di giustizia e di liberta dei popoli; ed il cambiamento sociale e politico che ù– na rivoluzione bolscevica presuppone, almeno se_ condo il modello moscovita, é lontano dal sedurre colòro che aspettano dalla rivoluzione qualcosa di più e diverso che un cambio di dominio e di go- verno. 3 Restan~ le forze della liberta, ognora più limitat@ e con ·me;10 seguaci, non tantò perché in questa era di fascismo e di industrialismo la mentalita -clell'uo.. Ìno si é fatta nieno sensibile per la liberta, quanto per le loro vacillazioni ed esitazion'i che danno l'impressione di non saper dove anclar•e e di dubi' tarè di se stessi. Tra queste forze di liberta, l'anar' chismo' é la piJi definita e più· radicata nelle mas– se pÒpolari, specialmente in alcuni paesi dove hà saputo mante'nere stretti vincoli col proletariato, appoggiandolo e consigliandolo nelle sue organizza– zioni e nelle sue lotte quotidiane. Non ci illudiamq sulle nostre forze effettive, per6 siamo convinti che la nostra· minoranza attuale, anche dove si trova estrema1nente ridotta, si convertirci in una potenza se riuscisse· a incamminarsi da_oi·a in avanti nel sen– so della lotta rivoluzionaria c!1retta contro il mo– nopolio capitalista, concretanclo le sue aspirazioni immediate e presentandosi ai PO]/Oli come una a– spirazione realizzabile - in brev~ tempo, e non co~ 1ne ·un .lontano paradiso terrestre per un'epoca da cui saran lontani anche i figli dei nostri figli; Dicevamo che nèll'agonia clel regime attt\ale non s'intravede. ancora l'aurora della successione. Si sa che un· perio_do ·Stol'.i.cp_ teÌ·n1ina, 111anon si" potreb– be affermare matemàticame.nte ciò che dovra segui– re Nonosta1ite, possiamo •enumerare queste tende1,ze principali: 1à ,trasformazione delle forze a,ttùalf ciel capitalismo e dello Stato in una collaborazione fra ~ocialden10.crazia, liberalismo e ,borghesia per creare una nuova s·itu~zione (risoluzione almeno. Parziale d·el problema agra,·io, statizzazìone del capital'il, con– versione dello Stato in strum ento politico e cli ge– stione econàmica) ·;. la ìi' rn.sa ,del potere in nome del proletariato da pa1;te dei partiti comunisti; e infine una soluii'òne··nOef"tària per opera·· clegli- anarchici e delle forze con loro simpatizzanti. In alcuni pae– si é più._pro.b·abile:: Ja .Prima soluzioi,1\èl, in altri la seconda ed in' 'alcuhi ·di,. più la terza .. Sanò pre'.vecli– bili altresi combinazioni ed incroci possibili e con– tatti- si'nniltanei di· tutte è tre le soluzioili. In generale si pu6 affermare che il predominio esclusivo cli ·una delle sudclette correnti sarebbe, al– meno presentemente, possibile solo co.I .ricorso alla dittatura, distruggendo fisicamente i dissidenti ed avversari o riditcendoli al silenzio e ·all'obbedienza for·zata. Purtroppo l'idea unicista, deffesclusivita, della so– luzione unica, sta tanto radicata in tutte le correnti sociali e politiche, che forse pu6 apparire come una deviazione inopportunà la nostra insistenza nell'in– tervénire come anarchici nel crogiuolo del mondo nuovo nella veste di fautori· di tolleranza e propa– gandisti della varieta di soluzioni e della possibili– ta cli una coesistenza di modalità economiche, so– ciali e politiche diverse. Eppure non vediamo oggi altra via Per essere conseguenti con noi~ stessi e per s·a1vare l'un1anita dagli ·interminabili esperi– menti della tirannia e del clespotismo. Che voglian).o? che cosa siamo? dove andia.1110? Vogliaino la lìberta e la rivenclichia1no, convinti che senza cli lei né l'indiv.iduo, né -le collettivita potranno raggiungere il loro pieno sviluppo, la lo– ro espansione naturale, e produrre tutti quei valor.i che farebbero della vita sulla terra, non una valle di lacrime quale l'han ridotta il capitalismo e il principio cl'autorité., bensi un Paradiso. Viviamo in un periodo in cui dai più diversi can1pi si levano inni di un giubilo artificioso e teatrale alla mort\) della liberta, al disprezzo della liberta; e si parla della libertà con1e di un pregiudizio. Perfino nelle file dell'-esercito socialista si vanta come una coll– quista dell'era nuova ·iJ seppellime nto di questa L dea, animatrice cli tutti i progres.si della storia e del cervello umano. _ Contro tutto questo gergo, contro tutte queste voci di mal'augurio, noi continuiamo a credere, né ci mancherebbero argomenti storici e biologici a dimostrarlo, che senza la liberta la vita dell'indivi– duo é abiezione e la vita dei popoli é schiavitù, me– dioevalism o, barbarie. · Come sul terreno della sci-en.za, in lotte eroiche e tenaci cui non é alien.o un glorioso martirologio, i dotti han conquistato il libero esame, la supeTazione dei dogmatismi e la liberta di pensiero e di sperimentazione, cosi noi, continuatori• dello stesso spirito, vogliamo che quel– la medesima conquista sia applicata sul terreno e– conomico e in quello politico e sociale. Tutto il no– stro "credo" rivoluzionario si riduce a ci6, a por· tare nelle sfere cli atti vita dove tuttora predomina– no la schiavitù, il dogmatismo e il privilegio sacro e intangibile, la gran conquista della scienza moder– na: il libero esame e la libera sperimentazione. Non chiediamo altro, per cominciare e per convincere. E fra pochi decenni le nuove generazioni saranno in– capaci di capire i motivi della resistenza feroce dei privilegiati attuali ad uno stato di -cose tanto na– turale, logico e benefico per tutti. Per questa affermazione d·ella liberta in tutti gli aspetti della vita dell'uomo, di questa .liberta ehe secondo Prouclhon non é figlia ma madre dell'ordi– ne, siamo anarchici, negatori del principio di go– verno ed esaltatori della personalita umana contro tutte le forze materiali, contro tutti i sistemi reli– giosi, contro tutte le astrazioni o realta che .pre– suppongono l'individuo sottomesso, obbediente, me_ ra ruota o anello o strumento senza autonomia e senza autodecisione. Sono ancora molte le catene da rompere perché l'umanita si presenti tal qual'é, in tutta la sua forza creatrice ed in tutto il suo splendore dl

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