Studi Sociali - anno II - n. 15 - 21 novembre 1931

'......,,,,...-......,,,.,,,,,,,,,,,,-===-===========--=--==""·...::.S ___ T...::.U.:....DI SOC~4.:.:L::.:l:.-..-------.,,.....--------,,---.....,,,5 L'Eredità deiCristianesimo Esiste in mezzo ~:i noi un erTore di cui non var• rebbe la pena di :parlare s-e non costituisse la mo– neta corrente dello, propaganda spicciola anticleri– cale. Quante volte ho sentito ripetere: •"La divlni– ta é una creaziona d.ei sac&rdoti" ! Sarebbe come dire, salvo le diffe1·enze elle ci so– no tra un'opera utile e un'opera dam1osa: "Non é yero che l'uomo senta il deaiderio istintivo di ri– ·.pararsi da.lle intemperie; questo bisogno é un'in– venzione dei muratori". Indubbiam-ente, quando si é arrivati a un certo punto, le condizioni esistenti .contribuiscono ad acuira il bisogno o la tendenza (e questo si vede nel circolo vizioso de11a produzio– ne), ma alle ntidièl di questo processo c'é sempre un bisogno reale, mia tenden~1 naturale, buona o cattiva dell'uomo. La tend.enza a credere in un mondo ultraterre– no, in un aiuto soprannaturaile e onnipotente, é na– ta quando é nato l'uomo e, ripeto, morirà forse con lui. Noi potremo farla cambiare di rotta, ma non distruggerla interJ.mente; e, d'altra parte, costi– tuisce un modo di pensaire ,e in molti casi un 1nodo d'essere, che non ha una necessaria intluooza di . bene o di male sulla vita sociale e di cui quindi é inutile occuparci come militanti dell'anarchia. Que– sto é in riassunto quel che dicevo nel mio articolo ·precedente. Ora, ci sono stati, e •ci sono ancora, dei paesi e degli ambienti co~~ generalmente impregna-ti di Te– ligiosit3. che i grandi pensatori e i grandi riforma– tori che sorgono nel loro seno devono essere neces– sariamente pensatori e riformatori 1·eligiosi. Se la Grecia antica, cosi poco credente, ebbe un Socrate, la. mistica Palestina ebbe Cristo; se l'Etiropa mo– derna ha contato fra i suoi costruttori Lenin, l'In– dia segue con entusiasmo travolgente e religioso Mahatma Gand-bi. Ed é da notare che le grandi ani– me religiose che han troocinato dietro di sé le folle SO'DO sempre state in rivolta aperta o latente colle forme 1·eligiose tr;idizionali sostenute dai sacerdo- n-u '6 fondata la chiesa, e lo spirito ·nuido s'é trasformato nella materia pesante ~d oppressiva delle pratiobe Gsteriori, dei dogmi, dell,e !rasi vuote di senso a fu• ria d'essere ripetute. E allora il contenuto morale della dottrina nuova- s'é andato poco a poco per– dendo e tutto é ritornato nello stato di prima. In questa continua uccisione dello spirito per salvare la lettera sta la vera• mostruosit:i. delle varia con_ fessioni religiose servite da eserciti disciplinati di -sacerdoti. Budda, per esempio, fu il vero apostolo della bontà: la sua dottrina é tanto ampia che c ,hiun.qu ,e potrebbe accettarla. ''Prooic6 Ja dottrina di fare il bene pe1· amore del bene senza speranza di premio o timore di castigo e fece cessare ogni indagazio– ne e polemica. sull'esistenza di Dio, dicendo che l'uo– mo é incapa(:e di penetrare l'impenetrabile. Quan– do gli domandavano se c'era un Dio Tispondeva dhe lo ignorava ( Vivekananda - Las epopeyas de la antigua India. p. 143. Ed. Roch., Barcelona). Ed ora anch'egli ha i suoi templi e i suoi sa-rerdoti. I nostri veri nemici, in tutto il mondo, indiscuti– bilmente, sono appunto questi eserciti di parassiti che dirigono tutti i loro E"forzi a rinchiud~re lo spi– nto che é libero, il p-ensiero che é libero ne;1e lare piccole scatole. M,l non voglio entrare ora in un campo riservato a un prossimo articolo. Quanto alle gra•ndi correnti del pensiero re igio– so. io credo che no! non dobbiamo situarci in una posizione di negazione a priori. Dobbiamo esami- 1Jarle nella loro dh·ersit.i e nella loro complessità P v~dere fino :i che punto, inO.ipeudentement_e·, dal contenuto religioso specifico che é in stretta relazio– ne col terreno spirituale su cui la dottrina sorge, arriva la nostra affinità con esse o il nostro disac– cordo. Per esempio, se dobbiamo credere a Romain Rolland, la dottrina predicata Tecentemente nella India da- Ramakrishna é impregnata da un tale spirito di libertft. e di Tispetto alla personalitlt. uma– na che noi ben possiamo riconoscere in quella pre- . dicaztone fatta con tono mistico ed ardente, l'anL ma nostra. Che c'importa se Rama•krishna credeva in Dio? La sua parola prepara il terreno al trionfo Biblioteca Gino Bianco d'una civiltà piii libera ed ·egli é un nostro fratello. So bene che queste mie p1rc,le urteranno un po– co l'avversione tra.dizionale in m-euzo a noi all'idea di Dio, anzi alla paro.a "Dio'' e la tendenza, pure tradizionale, a· è~nside;a;e 1 a~•;e\.sari tutti quelli che nc-n militano nel nostro campo. Ma io credo che dobbia-rno modificare un po' la nostra concezione 1del mondo. Siamo gli unici che si propongano come scopo principale la liberta. pç,bbi~mo dunque ten– dere a far rispettare e a saper rispettare noi stessi (cosa assai più di!ficile di quel che. sembri) 13: 11- bertà degli a'tri. .E la, scuola della libertà é scuola di comprensione. Bisogna abbattere i muri ohe cin– gono il nostro campo -a ci impediscono di vedere Cuori. Di fronte a ciascun problema dobbiamo fare tutti gli sforzi non per accentuare il disaccordo, ma p,er trovare i punti di contatto 1 i ponti che possono aiutarci a passare dal nostro pensiero alla compren– sione di quello degli altri. Dobbiamo ridurre al mi– nimo le nostre animositA, e-areare di diminuire il numero dei nemici nel terreno delle idee e fare tra di lo-ro distinzione di grado. Non bisogna disperde– re le nostre forze e non bisogna trascurare o peg– gio comba,tter€, per non averli compresi, tutti i compagni di latra che senza -saperlo aiutano il no– stro lavoro in campi diversi dal nostro. Per tornare all'argom0'Ilto di cui ci occupiamo, noi, in Europa e per riflesso in America, troviamo Plle ra-dici della nottra -storia e del nostro pens!ero un grande fatto che é un fatto religioso: il cristia– nesimo. Ora, siccome il pensiero cristiano non é solo un fenomeno storico del passato, ma é anche 1·.na ,.ealtA vivente nella vita moderna, é necessa– rio che noi rdeterminiaimo la nostra posizione di fronte ad esso. Non c'é nessuna af.fermazione che susciti tanto l'ira d'un cattolico, quanto la constatazione che il cattolicesimo non. ba nie.nte a che fare coll'ampio respiro della pairola di Cr"isto. E il pi(t sicuro meztzo per far andare in bestia un luterano consiste nel dirgli che Lutern r•on é il vero rappresentante del pensiero cristiano. Pure non c'é niente di più vero. 1JV1nremo---sp1rtniam che da Crl<!to 11rende--11--11u me (e non c'importano qui le questioni su11'esis– tenza della personn di Cri-sto, sull'autenticità dei vangeli, etc.) ha, informato di sé tutta Ja civiltà eu– ropea e non 1ha ancol'a esaurita la .sua funzione sto– rica. Trascende nella sua ampiezza ttitte le chiese pie.cole o grandi che hanno tentato di imprigio– narlo ed é presente in tutto o in parte, a volte nel– le sue ultime con:;-eguenze ormai lontane dalle sue origini religiose, in tutti i grandi movimenti spiri– tuali della nostra civiltà. E una buona parte del pensiero cristiano é vivo anche in noi. Certo, noi non accettiamo il contenuto religioso del cristiane– simo. Ma quel Clhe pit1 conta nella predicazione di Cristo é la parta ni.orale e ai quella mi voglio ri.fe .. rire. Cristo non fu nel suo tempo il creatore d'una religione nuova. ma semplicemente il rHormatore <li quella dei suol padri; e quando al Dio ·'giusto" e vendicativo, il Dio degli eserc:ti dell'antica Pales– tina, che era, in certo modo un Dio nazionale, egli ,sostituiva il Dio di misericordia per cui tutti gli uomini e tutti i p0poli sono uguali, la sua riforma, anche nel campo religioso. era d'ordine morale. La parte ancora Oggi vitale del cristia-nesimo é ap– ,-unto questa. sua particolare visione della vita e della posizione dell'uomo di fronte alla vita. In questo campo siamo figli del cr~stianesimo a-s– sa.i più di quel che non sembri, noi assai piU dei so– cialisti. Il nos!To ideale, che é ideale di libertà, non puf> poggiare esclusivamente sulla leva de:l'inte– resse, riel vantaggio materia-le, non pu6 acconten– tarsi della fredda bilancia della giustizia. Una con– vivemza libera no~ é possibile senza ramare. Ri– cordo la commozione che ho provat3., recentemen– te nel ritrovare in uno scritto di Malatesta appun_ to questa mia vecchia idea: che la nostra vistane della vita va al di là della giustizia e si basa sopra un ampio sentime.i1to d'amore. E che cosa fece Cristo se non sostituire all'ideale antico che sognava una peTtetta giusti.z~a. una Cor– rispondenza perfetta dei castighi e delle colpe, delle ricompense e dPi meriti, l'ideé.ile nuovo clell'amo1~e che non pesa e non misura? L'operaio che aveva lavorato un'ora era pagato, nella pa-rabola bellissi- ma, colla stessa moneta che riceveva l'operaio che aveva lavorato un gior1ti.o. E -il puntiglioso senti– mento di giustizia. era offeso. Ma non c'é libertà possibile senza questa larga tolleranza. Quella stessa noncuranza che Cristo dimostra per il potere politico, quel suo nfiuto d'occuparsen& (4'11 mio regno non é di questa terra") per dirige– re tutti i suoi sforzi all'-elevazione interiore dell 1 uo- 1no, se é da un lato un 1 omissione dannosa - ma ognuno lavora nel proprio campo e il campo di Cristo era tutto spirituale - dall'altro é un colp'> portato all'idea di stato. Nei· m'ondo antico il fine supremo era lo st~to, la res t>ublica; con Cristo il fine diventa l'uomo, ed il pili piccolo ed il phl. ignorante ha tanta importanza quanto il pili poten– te o il pili intelligente. Certo, neli'uomo Cristo ve– deva solo lo spirito. Il fine supremo per lui era la perfezione interiore; e il suo torto é stato quello di non aver contato tra i faittori dell'elevazione spiri– tuale anche il fattcre deJ benessere materiale. In questo caso dunque il pensiero cristiano non é da combattere ma da completue. ·"Urn altro princip'io cri<Stiano che va, contro la concezione dello Stato - mi scriveva tempo fa un amico e compagno carissimo che, senz'essere creden– te ,e r"imanendo un buon anarchico, é a,ssai vicino allo spirito del cristianesimo - é il principio del perdono delle 9ft:_<l8e~_Q,ue,sto. l!ril)ci_pio applicato a-I– lo stato lo distrugge~ giaèché uno stato che perdo– llli é un impossibilità pratica e un assurdo politico. Dunque il fatto stesso che lo stato non pu6 pratica– re ,la morale cristiana é la prova migliore del suo ca– rattere anticristiano". Ohe il principio cristiano del perdono sia un. principio antistatale non vuol dire che sia necessa– riamente e per tutti noi un principio anaTchico. Dico questo perché so quanto suoni ma!e agli or-ec– chi d'un combattente in una lotta cosi aspra come l'attuale, Ja parola "perdono". Io stessa, trascriven– ,do piU .sopra le parole dell'amico mio, avevo l'im– pressione d'una stonatura. Per ora siamo dei vin– ti e non vogliamo perdono né lo concediamo. Pure, lasciando da parte il fatto che, anche nella situa– ion-e PJ.: ente J ua&t-ra giu--st-a-- vi-o lenza dovrebbe ess11re ispi ata più alle dolorose necessità della lot– ta che al cieco impulso della vendetta, é indiscuti– bile che in una societa futura basata sulla libera convivenza si rendere\. necessaria la predicazione di quella morale di reciproca. tolleranza che é senza dubbio un'eredità cristiana. Date le imperfezioni dalla natura umana, se non cercheremo, nella vita di tutti i giorni, di i.mporre un freno spirituale aHe nostre naturali tendenze che ci portano a rendere due colpi per uno, di rispondere a un male con un altro male, presto ritorneranno le caTceri e i cara– binieri. Naturalmente io non arrivo al punto a,: cui arri– vava Tohstoi, che, lui, era veramente e completa– mente cristiano. Io credo che bisogna difendersi o che, per lo meno, esiste il diritto d"i difendere la, propria persona (diritto a cui ciascuno é Iibel'O di rinunciare) e il dovere "imprescindibHe di dif,endere gli altri tiall'ingiustizia. Per6, se questa violenza di legittima difesa, necoosaria oggi come il pane che mangiamo, sara. ammessa nei rapporti fra gli uomi– ni anc-he nella nostra futura "citté.. del buon accor– do", ben diverso é il ca-so della violenza che é iii ri– sultato del rancore. dello spirito di vendetta. La so– cieta pre6ente si vendica su chi commette un de· litto: é il suo criterio della giustizia.' Il mo.ndo ru– turo, se vuol essere libero, deve per ,forza sostituire al castigo il principio cristiano del perdono, solo subordin~to alla necessità della difesa. So bene che non é ancora giunto il momento di fare simile predica. Viviamo fra i lupi e non possiamo farci pecore. Pure anche ora- nella lotta il princ,ipio di cui s·é parlato pu6 avere un vrulor.e jn questo senso: se pensassimo meno in questa ridda di colpi feroci dati e ricevuti, al nostro p,er• sanale rancore contro chi ,ci ha colpiti e ci pr-eoc– cupassimc, di più del trion[o del nostro ideale, la, nostra viùlenza sarebbe assai più efficace. 6pero d'es·sermi spiegata bene, giacché mi dis– piacerebbe esser-e fraintesa su questo punto. Non sono affatto tolstoiana- e non voglio sembrarlo. S'é detto che la predicazione cristiana soffoca lo spirito di rivolta. Ma non bisogna confonde1·e •

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