Studi Sociali - anno II - n. 15 - 21 novembre 1931

STUDI SOCIALI Qualche considerazione proprietà dopo la sul resime Ri\loluzione della nostri avversarii, difensori e beneficiarii del pre– sente sistema sociale, sogliono dire per giustlr!care il diritto di proprieta privata che la proprieta é con– dizione e garanzia di Jiberta. E noi siamo con loro d'accordo. Non diciamo noi continuamente che chi é povero é schiavo? Ma allora per-ché siamo avversarli? Il perché é chiaro, ed é che in realta la proprieta che essi difendono é la proprieta eapitalistlca, cioé quella proprieta che permette di vivere sul lavoro altrui e che quindi suppone una classe di disereda– ti, di senza proprieta, costretti a vendere il proprio lavoro ai proprietarii per un prezzo inferiore al suo valore. Infatti oggi in tutti i paesi del mondo la maggior parte della popolazione deve per vivere mendicare il lavoro presso coloro che monopolizzano il suolo e gli strumenti da lavoro, e quando l'ottiene é com– pensata ,con un salario, che é sempre inferiore al prodotto e spesso basta appena a non morire di fa– me. Il che costituisce pei lavoratori una specie di schiavitU, che pu6 essere pili o meno dura, ma signi– fica sempre inferiorité. socia.le, penuria materiale e degradazione morale; ed é in fondo la causa prima di tutti i mali dell'attuale ordinamento sociale. Affinché tutti sieno liberi, affinché ciascuno pos– sa in piena liberta raggiungere il massimo sviluppo morale e materiale, e godere cli tutti i benefizii che ·natura e lavoro possono dare bisogna che tutti sie– no proprietarii, che tutti cioé abbiano diritto a quel tanto di terra, di materie _prime e di strumenti da lavoro necessario per lavorare ,e produrre senza es– sere sfruttati ed oppressi. E poiché non si pu6 spe– rare ehe la classe proprietaria rinunzii spontanea– mente ai privilegi usurpati, é necessario che i Javo– .ratori là espropriino, e che tutto div,enti la proprietà di tutti. Questo dovrebbe essere il compito della prossima rivoluzione, ed a questo debbono tendere i nostri sforzi. Ma siccome la vita sociale non ammette inter– ruzioni, bisogna nello stesso tempo pensare al mo– d pra-tico-,eome u-t.i-l-i-z-za-r& i beni divenuti comuni, e come assicurare a lutti i membri della societa il godimento di diritti uguali. Il regime della proprietà sara dunque il problema che s'imporra nel momento stesso in cni si proce– derà all'espropriazione. Naturalmente non si pu6 pretendere né sperare che d'un colpo si passi dal sistema attuale ad altri sistemi perfetti e definitivi. Nell'atto della rivolu– zione, quando ci6 che preme sopratutto é di far pre– sto per soddisfare immediatamente i bisogni improro– gabili, si fara some si potra, secondo le volonta de– gi'interessati e le condizioni di fatto che quelle vo– Jonta determinano e limitano. Ma giova avere fin da principio un'idea di quello che si vuol fare per in– (ij;izzare le cose il piU possibile verso quella meta. Dovra la proprieta essere individuale o collet– tiva? E la collettività proprietaria di beni indivisi sara il gruppo locale, il gruppo funzionale, il grup– po di affinita ideale, il gruppo famigliare - o com– prendera in blocco i membri di tutta una nazione e poi di tutta l'nmanita? Quali le forme che prenderanno la produzione e lo scambio? Trionfera il comunismo (produzione associata e consumo libero a tutti), o il collettivi– smo (produzione in comune e ripartizione dei prodot– ti secondo il lavoro di ciascuno), o l'individualismo (a ciascuno il possesso individuale dei mezzi di pro– duzione ed il godimento del prodotto integrale del proprio lavoro), o altre forme composite che l'inte– resse individuale e l'istinto sociale, illuminati dal– l'esperienza, potranno suggerire? Probabilmente tutti i possibili modi di possesso e di utilizzazione dei mezzi di produzione e tutti ! mo– di di ripartizione dei prodotti saranno sperimentati contemporaneamente nelle stesse o In diverse loca– litA, e s'intrecceranno e contempereranno in vario modo, fino a che la pratica avra Insegnato quale é la forma o quali sono le forme migliori. Intanto, come ho gif detto, la necessita di non interrompere la produzione e l'impossibilita di so– spendere il consumo delle ,cose Indispensabili faran– no si che man mano che si procedera all'espropria– zione si prenderanno gli accordi necessarii. alla continuazione della vita sociale. Si fara come si pu6, e purché s'impedisca il co– stituirsi ed il consolidarsi di nuovi privilegi, si avra tempo a eercare le vie migliori. • " . Ma quale é la soluzione che a me sembra migliore ed alla quale bisognerebbe cercare di accostarsi? Io mi dico comunista, perché il comunismo mi pa– re l'ideale al quale l'umanita si accostera a misura che crescera l'amore tra gli uomini, e l'abbondanza della produzione li liberera dalla paura della fame e distruggera eos! l'ostacolo principale al loro af– fratellamento. Ma veramente phi che le forme prati– che di organizzazione economica le quali debbono necessariamente adattarsi alle circostanze e saran– no sempre in continua evoluzione, l'importante é lo spirito che anima quelle organizzazioni ed il me– todo col quale vi si arriva: l'importante, dico, é che esse sieno guidate dallo spirito di giustizia e dal desiderio del bene di tutti, e che vi si arrivi sempre liberamente e volontariamente. Se veramente vi é liberta e spirito di fratellanza, tutte le forme mirano allo stesso sco~o di emanci– pazione e di elevazione umane e finiranno .col conci• liarsi e confondersi. Al contrario, se manca la liber– ta e la voglia del bene di tutti, tutte le forme di or– ganizzazione posJono generare l'ingiustizia, lo sfrut– tamento ed il despotismo. • • • Diamo uno sguardo ai principali sistemi proposti per risolvere la questione. Due sono i sistemi economici fondamentali che si contendono il campo nelle aspirazioni degli anar– chici: l'individualismo (parlo dell'individualismo co– me modo di distribuzione della ricchezza. senza im– barazzarmi di astruserie filosofiche ehe qni non in– teressano) e il comunismo. ll collettivismo di cui ora poco pili si parla, é un sistema intermedio che riunisce i pregi ed i difetti dei due sistemi •predetti e forse appunto perché in– termedio avra larga applicazione almeno nel periodo transitorio tra la vecchia e la nuova societa; ma io non ne parler6 in modo speciale perché ad esso si possono appltcare tanto le obiezioni a cui si presta l'individualismo quanto quelle a cui si presta il co– munismo. L'individualismo completo consisterebbe nel divi– dere fra tutti la terra e le altre ricchezze in parti presso a poco eguali o equivalenti, in modo che tutti gli uomini ai cominciar della vita fossero forniti di mezzi eguali e ciascuno potesse elevarsi fin dove per– mettono le sue facolta e la sua attivita. Per conser– vare poi questa eguaglianza del punto di partenza bisognerebbe abolire l'eredita e procedere periodi– camente a nuove divisioni per tener dietro al varia– re del numero della popolazione. Questo sistema sa– rebbe evidentemente antieconomico, cioé non conve– niente alla migliore utilizzazione della ricchezza; e se pure fosse applicabile in piccole e primitive co– munitA agrarie, sarebbe certamente impossibile in una vasta collettivita ed in una progredita civilta agrario industriale, dove una parte consideravo}) del– la popolazione non adopera dfrettamente la terra e gli strumenti per produrre beni materiali, ma lavora a rendere servizii utili e necessarii per tutti. E d'altra parte, come dividere la terra con giusti– zia almeno relativa, visto cbe il valore dei diversi appezzamenti é tanto vario per procluttivita, salnbri– ta ,e posizione? E eome dividere i grandi organismi industriali che per funzionare banno bisogno dell'o– pera simultanea di nn gran numero di lavoratori? E come stabilire il valore delle cose e praticare lo scambio senza ricadere nello stesso tempo nei mal! della concorrenza ed in quelli dell'accaparramento? E' vero che il progresso della chimica e dell'Inge– gneria tende ad eguagliare la produttivita e la salu– brita delle varie terre; che lo sviluppo dei mezzi di trasporto, l'automobile e l'areonautlca finiranno col rendere tutte le posizioni egualmente vantaggiose; che il motore elettrico discentra l'industria e rende possibile il lavoro a maecblna agl'individnl isolati ed ai piccoli gruppi; che la scienza potra scoprire o fabbricare in ogni territorio le materie prime oc– correnti al lavoro. E allora, quando questi ed altri progressi saranno realizzati, la facilita -e l'abbondan– za della produzione leveranno alla questione economi– ca l'importanza prepoderante che ha oggi, ed il cre– sciuto sentimento di fratellanza rendera lnutil! e ri– pugnanti i calcoli minuti su quello che spetta all'u– no e all'altro: allora il comunismo si sostituira auto– maticamente, quasi Inavvertitamente aU'individnal!- 3 smo per il maggior vantaggio, la maggiore soddisfa– zione e la maggiore liberta effettiva di tutti gl'indi– vidui. Ma queste sono cose che avverranno in un av– venire pilJ.o meno lontano; e qui si tratta invece del– l'oggi e del prossimo domani. Ed oggi un'organizza– zione sociale basata sulla proprieta individuale de! mezzi di produzione, mantenendo •e creando antago– nismi e r. valita tra i produttori e contrasto d'inte– ressi tra i produttori ed i eonsumatori, sarebbe sem– pre minacciata dal possibile avvento di un'autorita, di un go ,erno che ristabilirebbe i privi!agi abbattu– ti. In ogni modo non potrebbe "ussist.,,re nemmeno provvisoriamente se non fosse tetnperata ed inte– grata da ogni specie di associazioni e di eooperazio– nì volontarie: Il dilemma innanzi a cni si trovera la rivoluzione resta sempre: o organizzarsi volontariamente a van– taggio di tutti o essere organizzati per forza da un governo a vantaggio di nna classe dominante. • " . Parliamo ora del comunismo. Il comunismo appare teoricamente il sistema idea– le che sostituirebbe nei rapporti umani la solida– rieta alla lotta, utilizzerebbe nel miglior modo pos– sibile la energie naturali ed il lavoro umano e fa– rebbe de:l'umanita nna grande famiglia di fratell! intenti ad aiutarsi ed amarsi. Ma é esso praticabile nelle attuali condizioni mo– ra!i e materiali dell'nmanita? ed in quali limiti? Il corr . 1ismo universale, cioé una comuntta sola fra tutt Li esseri umani, é un'aspirazione, un faro ideale ve. so il quale bisogna tendere, ma certamen– te non pJtrebbe essere ora nna forma conereta di organizza ione economica. Questo, s 1 intende, per i tempi nostri e probabilmente per parecchio tempo dopo di roi: al più lontano avvenire penseranno i futuri. Per ora non si pu6 pensare che a comunita mul– tiple tra popolazioni vicine ed affini, che avrebbero poi tra 11:·o rapporti di vario genere, comunistici o commerc ali; ed anche in questi limiti s'impone sempre i problema di un possibile antagonismo tra comunismo e liberta. Poiché, salvo restando il sen– timento c .te, assecOndato dall'azione economica, spin– ge gli uomini verso la fratellanza e la solidarieta cosciente "'voluta e che indurra. noi a propugnare e praticare il più di comunismo possibile, io credo che, come il completo individualismo sarebbe antie– conomico ed impossibile, cosi sarebbe per ora im– possibile ed antilibertario il completo comunismo, specie se asteso a un vasto territorio. Per or anizzare in grande una societa comunistica bisognere·,~e trasformare radicalmente tutta la vita economic:1: modi di produzione, di scambio e di con– sumo; e •uesto non si potrebbe fare che gradual– mente, a misura che le circostanze obbiettive lo per• mettesse· ~ la massa ne comprendesse i vantaggi e sapesse rrovvedervi da se -stessa. Se invece si voles– se, e poi ~se, fare d'un tratto per il volere ed il prepotere di un partito, le masse, abituate ad ubbidi– re e serv:re, accetterebbero il nuovo modo di vita come una nuova legge imposta da un nuovo governo, ed aspett·rebbero che nn potere supremo imponesse a ciascuno il modo di produrre e gli misurasse il eonsumo. f:d il nuovo potere, non sapendo e non po– tendo soddisfare bisogni e desiderli immensamente varii e spesso contradittorii, e non volendo dichia– rarsi inut"ie lasciando agl'interessati la liberta di fare come vogliono e possono, ricostituirebbe uno Stato, fondato come tutti gli Stati sulla forza mili– tare e poliziesca, il quale, se riuscisse a durare, non farebbe che sostituire ai vecchi dei nuovi e più fa– natici padroni. Col pretesto, e magari colla onesta e sincera intenzione di rigenerare il mondo con un nuovo vangelo, si vorrebbe imporre a tutti una re– gola unica. si sopprimerebbe ogni liberta, si rende– rebbe impossibile ogni libera iniziativa; e come con– seguenza si avrebbe lo scoraggiamento e la paralisi della produzione, il commercio clandestino o frau– dolento, la prepotenza e la corruzione della burocra– zia, la miseria generale ed infine il ritorno phi o meno completo a quelle condizioni di oppressione e di .sfruttamento che la rivoluzione intendeva abolire. 'L'esperienza russa non deve essere passata invano. • • • In conclusione, a me sembra che nessun sistei!.a. possa e8s"'re vitale e liberare realmente l'umanffll dall'ata•r1ro servaggio, se non é il frutto di nna li– bera evoluzione.

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