Studi Sociali - anno II - n. 12 - 12 giugno 1931

ha determinato '1a situazione presente; fatti, cause e cir.costanz-e che con le inevitabili conseguenze co– stituiscono tutta una serie cli nuovi, intere·s.santi e incalzanti problemi". (1) Sara poi vero? I giùdizi sulla situazione politico-sociale di un dato momento .sono la cosa più incerta di questo mondo, poiché, :µialgrado tutte le pretese di essere obbiet– tivi ed anche tutti gli sforzi per riuscire ad esserlo, essi riflettono sempre Io stato d'animo di chi li emette. Il desiderio, dice un provsrbio inglese, é padre del pensiero; ed i vecchi sogliono ripetere tutti gli anni che non vi é .stato mai un inverno cosi freddo, senza accorgersi · che sono essi che vanno raffreclclanclosi per il rallentarsi dello scam– bio cli materiali nel loro organismo. Ma non importa. Prima -cli studiare le opportunita del momento e vedere quale é il modo per cavarne il maggior pro– fitto a favore dei nostri propositi, occorre intendersi bene sul fine che ·si vuol raggiungere. Noi vogliamo istituire un nuovo ordine sociale, e siamo convinti che la societa attuale, colle sue in– giustizie economiche e coi suoi organi oppressivi e repressivi, né -si -trasformera automaticamente, né morira p-er volontaria abdicazione dei privilegiati. E siamo convinti anche che le condizioni in cui si trovano le masse impediscono che l'educazione e la propaganda pos•sano penetrarìe e trasformarle profondamente prima che esse condizioni sieno cam– biate per mezzo di una rivo-Juzione. Ci appare dunque come necessaria una insurre– zione per abbattere almeno i più grossi tra gli 05- tacoli che si oppongono al progredire delle masse; •e -questa insurrezione non pu6 essere che l'opera di una minoranza cosciente, preparata, volente, che profitti delle circostanze, o le crei, per trascinare le masse all'assalto dell'ordine esistente. Se il momento presente non é fa'Vorevole, ebbe– ne, lavoriamo per renderlo favorevole. Cerchiamo le cause - deficienze nostre o fatti indipendenti da noi - che rendono difficile l'in– surrezione, e lavoriamo per correggerle o clistrug– gQcie. Cerchiamo i mezzi per aoquistare la forza ne– cessaria ad agire e per predisporre le masse a se– conclare, o almeno non ostacolare, la nostra inizia– tiva. Cerchiamo i mezzi perché l'arma che possiede il governo per impedire o sopprimere l'insurrezione, l'esercito, abbia aid infrangerglisi tra le mani. Questi e simili sono i problemi che qui ci preoc– cupano, ·e che debbono preoccupare tutti coloro che l'insurrezione credono necessaria. Alcuni di noi pos·sono credere l'insurrezione possi– bile domani; altri po•ssono crederla più difficile e più lontana: l'importante é che tutti lavoriamo a facilitarla ed avvicinarla il più che sia possi– bile. Coloro invece che credono che l'insurrezione non sia necessaria, debbono naturalmente seguire una via diversa dalla nostra; e dichiararsi ri<formisti. Coloro i quali, pur credendo l'insurrezione neces– saria, non la cred-essero possibile né oggi né mai, non potrebbero che abbandonarsi allo -scetticismo e la– sciar correre le cose come vanno. Ma non sarebbe meglio che lasciassimo i termini generali- e le pose critiche e ci parlassimo chiaro? (Dal periodico "Volonta" di Ancona. - N. 16 del 27 settembre 1913). Il A PROI'OSITO , DI "REVISIONISMO AN ARCHI CO" Un compagno mi scrive: "Dopo l'atto di con– trizione de1 n. 3 ... é tuo dovere dirci apertamente quali sono i mezzi pratici da seguire per fare la nostra rivoluzione. Allora soltanto possiamo discu– tere." (2) Un. altro domanda ch'io "mi sbottoni"; altri pa– recch-i stanno in attesa come di upa formula magica che debba risolvere tutte le difficolta. (1) Parole. testuali di una Pllblicazione anarchica in Italia di. quell'anno 1913, - Avvertiamo che questo ar– ticolo' di Malatesta portava per sottotitolo, tra parentesi, le parole "Sempre per intenderci". Non era firmato. - N. de R. (2) L'accenno del corrispondente di Malatesta si rife– riva all'articolo di questi "Ideale e Relta" apparso ap– punto nel n. 3 del 1 febbraio 1924, nel qu'.'-le s! augu– Tava una azione ed una propaganda anarchica p11l a<le: rente alla realta. Non lo riproduciamo qui, perché p1u volte ripubblicato in altri periodici, anche di recente.– N. de R. STUDI SOCIALI Strana men talita, per d-egli anarchici! Premetto che di "atti di contrizion·e'.' non ne ho fatto alcuno. Io potrei facilmente documentare che quello Clh-edico ad-esso sono andato clic.endolo da an– ni; e se ora v'insisto di più ed altri vi fa più attenzio– ne di prima si é p-erché i tempi ,sono più maturi, in quanto la esperi,enza ha p.ersuasi molti, quali prima si pa-scevano di ,quel -beato ottimismo kropotkiniano, che io solevo chiamare "provviden– zialismo ateo", a scendere dalle nuvole e tener cal– colo delle cose quali sono, tanto differenti da quelle che si vorrebbe che fossero. Ma lasciamo •questi ricordi storici d'interess-e per– sonale, e veniamo alla questione generale ed attuale. Noi di questa Rivista, al pari di altri compagni in altre pubblicazioni nostre, non abbiamo per nulla preteso di avere bella e pronta la soiuzione in– fallibile ed universale di tutti i problemi che ci si affacciano alla mente; ma, riconos-ciuta la neces' sita di un programma pratico, adatta:bile alle varie circostanze che possono presentarsi nello svolgerai della vita sociale pTima, durante e dopo la rivolu– zione, abbiamo invitato tutti i compagni che hanno delle idee da esporre e delle proposte da fare a concorrere alla elaborazione di° detto programma. Quindi, que'lli che trovano che tutto é andato ben-e finora e che bisogna continuare come per il pas– sato, non hanno che da difendere il loro punto di vista; mentre gli altri che d'accordo con noi pen– sano che bisogna prepararsi intellettualmente e ma– terialmente alla funzione pratica spettante agli anar– chici, anziché aspettare passivamente il verbo no– stro dovrebbero cercare di dare essi stessi il loro contributo al dibattito· che 1i interes•sa. Per conto mio, io credo che non vi sia "una so– luzione" ai problemi sociali, ma mille soluzioni diverse e variabili, come é diversa e variabile, nel tempo •e nello spazio, la vita sociale. In fondo, tutte le istituzioni, tutti i progetti, tutte le ·utopie sarehbero egualmente buone a risolvere il problema, cioé a contentar la gente, .se tutti gli uomini avessero gli stessi desideri e. le 'stesse opi– nioni e si trovassero nelle stesse condizioni. Ma que§.1:a u~nimita di pensiero e questa iclentita di condizioni sono impossibili ·e a dir vero non sa– rebbero nemmeno de-siderabili; e perci6 nella no– stra condotta attuale e nei nostri progetti d'avveni- • re dobbiamo tener presente che non viviamo, e non vivremo neppure domani in un mondo popolato da soli anarchici. Invece siamo e saremo ·ancora per lungo tempo una minoranza relativamente pic– cola. Isolarsi non é generalmente possibile, e qualora lo fosse sarebbe a detrimento della missione che ci siamo data, nonché del nostro benessere perso– nale .. Bisogna dunque trovare il modo cli. vivere in mezzo ai non anarchici nel modo il più anarchi– co possibile e con il maggior vantaggio possibile per la propaganda e per l'attuazione delle nostre idee. Noi vogliamo fare la rivoluzione, perché credia– mo nella necessita di un cambiamento radicale, che non pu6 essere pacifico a causa della',resistenza dei poteri costituiti, negli ordinamenti politici ed -economici vigenti per creare un nuovo ambiente sociale che renda possibile quell'elevamento morale e materiale delle masse che la propaganda, l'eùu– cazione, é impotente a produrre nelle circostanze attuali. Ma non potremmo fare una rivoluzione esclu– sivamente "nostra" appunto perché siamo piccola minoranza, perché non abbiamo il consenso delle masse e non vorremmo, anche potendolo, imporre con la forza la volonta nostra per non andare _con– tro i fini che ci proponiamo. Dunque, per uscire dal circolo vizioso, dobbiamo contentarc,i-. di fare una rivoluzione il più "nostra" che sia pos-sibile, favo– r~ndo e partecipando, moralmente e materialmente, ad ogni movimento diretto nel senso della giusti– zia e cl-ella lib.erta, e, ad insurr-ezione trionfata, ado– perarci perché la rivoluzione non si arresti e' pro– ceda sempre verso maggiore liberta e maggiore giu– stizia. E questo non :significa "accodarci" agli altri partiti, ma spingerli avanti e mettere le masse in pre-se1iza •dei vari metodi _afofinché possano gtudi– care •e scegliel'e. Potremo ess-ere abbandonati, tra– diti, come ci é avvenuto altre volte; ma bisogna ben correrne il rischio s-e non si vuol restare prati– camente inattivi e rinunziare ad apportare la forza delle nostre idee e della no.stra azione· ne\ cono dEllla -storia. 3 Altra osservazione. Vi sono stati molti anarchici, e tra i più noti, e dir6 anche i più eminenti, i quali, o perché lo ~redes•sero realmente o perché lo giudicavano, utile alla propaganda, han propagato l'idea che la quantita cli merci prodotte ed esistenti nei depositi dei proprietarii é talmente sovrabbon– dante che non ci .~arebbe che da attingere libe– ramente in •quei ,d,epo-siti per soddisfare am– piamente bisogni ed i desideri di tutti •senza che per lungo tempo occorresse preoccuparsi dei problemi del lavoro e della produzione. E· natural– mente trovarono la gente disposta a credervi. Gli uomini hanno purtroppo la tendenza a scansare la fatica ed i pericoli. Come i socialisti democratici trovavano largo· consenso nelle masse facendo cre– dere che bastava per emanciparsi il mettere un pez– zo di carta in un'urna ed affidare ad altri la propria sorte, cosi certi anarchici trascinavano altre masse dicendo loro che bastava un giorno di lotta epica per poi godere senza sforzo, o con un minimo sforzo, il paradiso dell'abbondanza nella liberta. Ora questo é precisamente il contrario della ve– rita. I capitalisti fanno produrre per vendere con profitto, e perci6 arrestano la produzione non appe– na si accorgono che il profitto diminuirebbe o spari– rebbe. Essi trovano generalmente maggior vantag– gio nel mantenere i mercati in uno stato di rela– tiva penuria: -e lo prova il fatto che basta una cattiva raccolta perché la roba .scarseggi e manchi realmente. In modo che si pu6 dire che il maggior danno del si-sterna capitalista non é tanto l'esercito di parassiti ch'•e•sso alimenta quanto gli ostacoli che esso pone alla produzione cli cose utili. L'affamato, il mal vestito resta abbacinato -quando passa innanzi ai magazzini rigurgitanti di generi di tutte le spe– cie; ma provatevi a di-stTibu-ir-e quelle riochezze fra tutti i bisognosi e vedrete quanto poco ne spet– terebbe a ciascuno! Il socialismo, nel s·enso largo della parola, l'aspi– razione al socialismo si presenta quale problema di distribuzione in -quanto é lo spettacolo della mi-seria dei lavoratori di fronte all'agiatezza ed al lusso dei paras·siti e la rivolta morale contro la patente in– giustizia social·e che hanno spinto i sofferenti e tut– ti gli uomini cli cuore a ricercare ed immaginare dei modi migliori di convivenza sociale. Ma la rea– lizzazione del sociali-smo - sia esso anarchico o autoritario, rnutualista o individualista, ecc. - é eminentemente problema di produzione. Quando la roba non c'~, é vano cercare il miglior modo cli distriquirla, e se gli uomini .sono ridotti a conten– dersi il tozzo di pane, i sentimenti di amore e di fratellanza si trovano in gran pericolo di cedere il passo alla lotta brutale per la vita. Oggi fortunatamente i mezzi di produzione ab– bo!l'dano. La meccanica, la chimica, l'agraria, ecc. hanno centuplicata la potenza produttiva del lavoro umano. Ma bisogna lavorare, e per lavorare util– mente bisogna sapere: sapere come si deve lavorare e come si pu6 economicamente organizzare il la– voro. Se gli anarchici vogliono agire efficacemente fra la concorrenza dei diversi partiti bisogna che si approfondiscano, ciascuno nel ramo in cui si sente più adatto, nello studio di tutti i problemi teorici e pratici del lavoro ùtile. Ancora. Noi_ non sia. mo più in tempi ed in paesi in cui bastava ad una famiglia un pezzo di terra, una vanga, un pugno di semi, una vacca ed un po'di galline per vivere soddisfatta. Oggi i bisogni si sono moltiplicati e complicati in modo enorme. La ine– guale distribµzione natu·rale delle materie prime obbliga ogni agglomerazione di uomini ad avere rap– porti internazionali. La stessa densita della p_opo– lazione rende, nonché· miserabile, assolutamente im– possibile la vita dell'eremita, se fossero molti ad avere di quei gu~ti. Noi abbiamo bisogno di ricevere i , prodotti di tuUo il glopo, noi vogliamo la scuola, la ferrovia, la posta, il telegrafo, il teatro, la pubblica igiene, il libro, il giornale, ecc. ecc. Tutto -que·sto, che é il frutto della civilta, bene o male funziona: funziona a vantaggio principalmente delle· classi prjvilegiate, 'ma funziona; ed i benefizii possono con relativa facilita essere estesi a tutti quando fosse abolito il monopolio della ricchezza e del potere. Vogliamo noi distruggerlo? O_sia~o in grado '-di organizzarlo subito in modo migliore?

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